Un ulteriore aspetto, tanto problematico quanto spesso trascurato, relativo alla nuova disciplina introdotta con la legge n. 85 del 2009, concerne la mancanza di espressa regolamentazione per le ipotesi di prelievi ed accertamenti medici effettuati con il consenso dell’interessato.
Dalla regolamentazione in esame si trae una summa divisio, tanto implicita quanto netta, tra le attività di prelievo e accertamento poste in essere coattivamente e quelle effettuate in presenza del consenso del soggetto interessato.
Solo la prima eventualità risulta espressamente disciplinata dalla legge, in ragione del fatto che la necessità di una coazione fa scattare il limite costituzionale della libertà personale.
Per contro, la normativa non prevede alcunché con riferimento al caso in cui la persona presti il proprio consenso, creandosi così una situazione in cui il legislatore, di fatto, non ha avvertito l’esigenza di prevedere una tutela ad hoc, dimenticando le altre norme costituzionali altrettanto rilevanti319 (artt. 2 e 32 Cost.).
Le questioni riguardano, innanzitutto, l’assenza di qualsivoglia limite al tipo di attività che può effettivamente essere compiuta: in presenza del consenso dell’interessato nel codice non si riviene alcun tipo di sbarramento.
Dovrà dunque ritenersi che le attività di prelievo e accertamento su consenso dell’interessato possano essere effettuate dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero e dal giudice nell’ambito e nei limiti degli ordinari poteri di accertamento. Così, tali attività potranno essere eseguite a prescindere dalla gravità del reato per il quale si procede e dall’esistenza di particolari requisiti di necessità investigativa o accertativa (si pensi all’indispensabilità a fini probatori) e si inquadreranno
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rispettivamente nei rilievi della polizia giudiziaria, negli accertamenti tecnici disposti dal pubblico ministero e nella perizia320.
Inoltre, negli accertamenti consensuali le tipologie dei prelievi e degli accertamenti sfuggiranno alla necessità di una indicazione tassativa. Peraltro, quando il prelievo avviene su consenso, non è prevista la distruzione del campione biologico321.
Spicca, inoltre, il totale silenzio normativo in relazione all’esistenza di limiti inderogabili relativi alle modalità di svolgimento di prelievi e accertamenti qualora il soggetto interessato consenta322.
Eppure, come ricordato, esiste un nucleo costituzionale indisponibile, legato all’inviolabilità della dignità umana, alla tutela della salute ed al rispetto dell’integrità fisica e psichica: una gamma di valori che restano incomprimibili nella vicenda processuale penale, anche in presenza del consenso dell’interessato.
Di tale problematica non vi è alcuna traccia all’interno del codice e l’individuazione dei confini è lasciata totalmente all’interprete.
Si tratta di lavorare in via ermeneutica, ricavando divieti probatori impliciti sulla scorta dell’art. 5 c.c. Questi sbarramenti, la cui individuazione risulta indispensabile, si atteggiano come divieti probatori impliciti e richiedono una valutazione ad alto connotato di discrezionalità. Al riguardo soccorre il meccanismo ormai consueto: in relazione ad un singolo accertamento o prelievo consensuale sulla persona, occorre stabilire se, nel caso
320 In tal senso, P. TONINI, Manuale di procedura penale, cit., p. 337. 321 P. TONINI, Manuale di procedura penale, cit., p. 337.
322 A meno di non ritenere che l’art. 224-bis, comma 4, c.p.p., nella parte in cui afferma
«non possono in alcun caso essere disposte operazioni che contrastano con espressi divieti posti dalla legge o che possono mettere in pericolo la vita, l’integrità fisica o la salute della persona o del nascituro, ovvero che, secondo la scienza medica possono provocare sofferenze di non lieve entità», si riferisca, con la locuzione «in alcun caso» anche alle ipotesi in cui si versi al di fuori della perizia coattiva. In tal senso, A. PRESUTTI, L’acquisizione forzosa dei dati genetici tra adempimenti internazionali e
impegni costituzionali, cit., p. 552. Tuttavia, la collocazione della disposizione all’interno
dell’art. 224-bis c.p.p., rende quanto meno ardua un’estensione generalizzata dei predetti limiti a tutte le attività consensuali.
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concreto, vengano in gioco simili interessi ed a quale livello di compressione ogni tipologia di attività li possa sottoporre.
Muovendosi con cautela, in base ad un’interpretazione ragionevole e costituzionalmente orientata, si dovrà concludere che neppure con il consenso dell’interessato l’autorità inquirente o giudicante potrà disporre il compimento di atti che ledano la vita, l’integrità fisica e psichica o, ancora, la dignità dell’individuo323.
Risulta, invece, più problematico stabilire se il consenso valga ad autorizzare atti che possano comportare un pericolo o un danno per la salute. L’esigenza di effettuare un ragionevole bilanciamento tra quest’ultimo diritto ed i valori sottesi al processo penale, parrebbe indurre a concludere che, in un ordinamento ad impronta fortemente personalistica, la salute costituisca un limite all’attività accertativa anche in presenza del consenso324.
In assenza di indicazione del legislatore, anche in tali casi occorrerà ritenere operante un divieto probatorio implicito ricavabile da un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’impianto codicistico. Esistono, infatti, fondamentali istanze che restano incomprimibili nel processo penale, anche dove l’interessato consenta: qualora si oltrepassino simili limiti, troverà applicazione l’inutilizzabilità ai sensi dell’art. 191 c.p.p.
Risulta chiaro che una maggiore chiarezza da parte del legislatore al riguardo sarebbe stata senz’altro auspicabile325.
La disciplina introdotta con la novella del 2009, si limita, dunque, a considerare l’assenza di consenso dell’interessato come criterio discretivo per attivare l’esecuzione coattiva.
323 Così C. CONTI, Scienza e processo penale. Nuove frontiere e vecchi pregiudizi, cit.,
p. 125.
324 Così rileva C. CONTI, Scienza e processo penale. Nuove frontiere e vecchi pregiudizi,
cit., pp. 125-126.
325 Così evidenzia C. CONTI, Scienza e processo penale. Nuove frontiere e vecchi
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Concentrandosi esclusivamente sui limiti alla coazione, il legislatore non ha curato la previsione di alcun requisito in relazione al consenso: non è, cioè, richiesto che l’atto dispositivo sia informato e volontario326.
L’aspetto problematico resta, dunque, quest’ultimo, anche avuto riguardo al rilievo elementare che un consenso inconsapevole, a ben vedere, rinnega del tutto la propria natura, perdendo la sua essenza ed il suo significato.
326 L’art. 224-bis, comma 6 c.p.p. si occupa, viceversa, di verificare l’eventuale
sussistenza del consenso anche successivamente alla comparizione della persona, subito prima dell’esecuzione delle operazioni.
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CAPITOLO IV
LA LEGGE N. 41/2016: IL PRELIEVO DI CAMPIONI BIOLOGICI
NELL’AMBITO DEI NUOVI REATI DI OMICIDIO STRADALE E DI
LESIONI PERSONALI STRADALI
4.1 Quadro introduttivo
La riforma dei reati connessi alla circolazione stradale – introdotta con la legge n. 41 del 23 marzo 2016 – ha generato un dibattito particolarmente vivace in ragione della loro forte incidenza sul tessuto sociale327.
I terreni su cui si è sviluppata la discussione sono molteplici, spaziando dalle questioni politiche – per la innegabile spinta emotiva esercitata sul legislatore da chi invocava pene più severe con l’obiettivo di ottenere una maggior sicurezza sulle strade – alle tematiche giuridiche, ai profili medico-legali.
Su questi ultimi vale la pena di svolgere alcune considerazioni ai fini della nostra analisi in tema di prelievi biologici coattivi, essendo evidente che l’intervento riformatore ha aperto una serie di problemi interpretativi e di applicazione pratica, lasciando la loro soluzione ai vari operatori ed in specie agli organi di polizia, alle strutture sanitarie e all’autorità giudiziaria. Più in particolare, la riforma pone seri problemi di raccordo fra i tre soggetti citati per l’accertamento dell’eventuale alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze alcoliche o stupefacenti.
Tali problematiche si ponevano già prima della riforma, ma oggi, avendo il legislatore previsto l’arresto del conducente che abbia cagionato eventi
327 Ex multis, M. MANTOVANI, In tema di omicidio stradale, in Dir. pen. cont.- Riv. Trim.,
n. 2, 2015, p. 152; E. SQUILLACI, Ombre e (poche) luci nella introduzione dei reati di
omicidio e lesioni personali stradali, in Dir. pen. cont., 18 aprile 2016; A. FLORIO, Omicidio stradale: il travagliato percorso e le perplessità della nuova legge, in Altalex, 25
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lesivi o mortali sotto l’influenza di sostanze alteranti, essi si acuiscono, mettendo l’operatore in condizione di assumere le proprie determinazioni in tempi molto stringenti, legati alla flagranza del reato.
Non è un caso che, all’indomani della riforma, tante Procure della Repubblica abbiano sentito l’esigenza, spesso indotta da richieste esogene, di emanare linee guida per indirizzare la polizia giudiziaria verso scelte operative compatibili con la disciplina dettata dalle nuove norme328. Uno dei problemi più spinosi in tema di accertamenti tossicologici è certamente quello del consenso del soggetto interessato al prelievo di campioni biologici, essendo evidente che, in caso di rifiuto di sottoporsi agli esami, l’organo inquirente si trova di fronte ad un impasse. Si impone, allora, la necessità di ricercare presupposti e limiti del prelievo coattivo di materiale biologico a fini di accertamento del reato. Le difficoltà in proposito possono essere di ordine strettamente medico, legate alle metodiche di acquisizione coattiva di campioni biologici, ma anche di natura prettamente giuridica.
Prima di entrare nel merito di tali questioni, è necessario soffermare l’attenzione su come si è arrivati alla legge n. 41 del 2016, qual è il sostrato normativo entro il quale va ad inserirsi, quali sono le sue caratteristiche e soprattutto le modifiche e le novità che ha introdotto sia in relazione al piano sostanziale sia a quello processuale, in modo da aver ben presente il particolare contesto entro il quale si innesta la tematica dei prelievi biologici coattivi.
328 In particolare la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Roma ha coinvolto le
Procure del distretto e le competenti direzioni generali della Regione Lazio in un progetto di collaborazione tra uffici di polizia, organi giudiziari e strutture sanitarie, teso ad approntare una rete in grado di dare risposte operative in tempi compatibili con le determinazioni dell’autorità giudiziaria.
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4.2 Uno sguardo all’excursus normativo in materia di circolazione stradale: dal D.lgs. n. 285/1992 alla L. n. 120/2010
Prima di scendere nel dettaglio in merito alle novità introdotte dalla legge n. 41 del 2016, è necessario aprire una parentesi in merito a quelli che sono stati i precedenti interventi normativi in materia di circolazione stradale, i quali si sono succeduti negli anni dettando una disciplina particolareggiata e puntuale soprattutto per quanto concerne l’ipotesi di guida sotto l’influenza di alcool e di sostanze stupefacenti, il cui accertamento si mostra così rilevante ai fini della nostra analisi.
Innanzitutto, le norme sulla circolazione stradale attualmente in vigore sono state approvate con il decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992, mentre il loro regolamento di esecuzione e di attuazione è stato approvato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 16 dicembre 1992.
Immediatamente dopo l’approvazione del “Nuovo codice della strada” ha avuto inizio un incessante processo di riforma delle disposizioni ivi contenute a causa sia di errori di progettazione originaria del testo del 1992, sia, soprattutto, della velocità con la quale è mutato il contesto sociale, economico e normativo disciplinato dalle suddette norme.
Le riforme più incisive nell’ambito delle disposizioni generali in materia di circolazione stradale sono contenute in cinque interventi legislativi: il decreto legge 27 giugno 2003, n. 151329, il decreto legge 3 agosto 2007, n.
117330, il decreto legge 23 marzo 2008, n. 92331, la legge 15 luglio 2009, n. 94 ed , infine, la legge 29 luglio 2010, n. 120.
La legge n. 214 del 2003 merita di essere ricordata poiché, a suo tempo, introdusse notevoli modifiche alle disposizioni penali contenute nel codice della strada. In particolare, con riferimento ai reati previsti dagli artt. 186
329 Convertito con modificazioni nella legge 1 agosto 2003, n. 214. 330 Convertito in legge dall’art. 1, comma 1, legge 2 ottobre 2007, n. 60. 331 Convertito con modificazioni nella legge 24 luglio 2008, n. 125.
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(“Guida in stato di ebbrezza”) e 187 (“Guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti o psicotrope”) cod. strad., fu trasferita la competenza del giudice di pace al Tribunale e furono previsti accertamenti preventivi per l’acquisizione di elementi che giustificassero la prova del tasso alcolemico del conducente da parte degli organi di polizia stradale332.
La necessità di contrastare il crescente fenomeno di gravi incidenti stradali, causati sempre più spesso dalla guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, indusse il Governo ad emanare il d.l. 3 agosto 2007, n. 117 - “Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione” - contente modifiche alle disposizioni penali in tema di guida senza patente e di guida sotto l’effetto di sostanze alteranti. La finalità del decreto era quella di ridurre i rischi connessi alla circolazione stradale attraverso un complessivo inasprimento delle sanzioni e la previsione di interventi volti garantire il rispetto dei limiti di velocità333. La riforma, in linea con le richieste di interventi più severi, apportò significative modifiche agli artt. 186 e 187 cod. strad., inasprendo il relativo trattamento sanzionatorio e diversificando le pene sulla base del tasso alcolemico rilevato
332 La riforma ha altresì completamente innovato la normativa in materia di corse
clandestine sulla quale il legislatore era già intervenuto con il d.lgs. 9/2002 che aveva previsto due distinti reati contravvenzionali: il primo, contemplato dall’art. 9, comma 8-bis, cod. strad., che puniva l’organizzazione e la partecipazione a gare in velocità non autorizzate; il secondo, previsto dall’art. 141, comma 9, cod. strad., che puniva la gara in velocità nei casi non sussumibili nell’art. 9. A poco più di un anno dall’entrata in vigore delle suddette fattispecie, che elevavano a reato comportamenti in precedenza puniti con semplice sanzione amministrativa, il legislatore inserisce ex novo nel codice della strada due distinti articoli, ossia gli artt. 9-bis e 9-ter, elevando al rango di delitti le competizioni non autorizzate che si svolgono grazie ad una organizzazione e le competizioni “spontanee”.
333 In effetti, il sistema sanzionatorio previgente al decreto legge n. 117 era inadeguato
per contrastare comportamenti alla guida pericolosi e sempre più diffusi che mettevano a repentaglio la sicurezza nelle strade. Basti pensare alle depenalizzazione del reato di guida senza patente operata dal d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 nell’ottica di deflazione dei processi penali, nonché alla modesta pena edittale della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, pari a trenta giorni di arresto e all’ammenda fino a 1032,00 euro.
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nell’organismo del conducente334. Tale intervento introdusse, inoltre, una
circostanza aggravante ad effetto speciale con raddoppio delle pene ed il fermo del veicolo nell’ipotesi in cui il conducente ebbro o sotto l’effetto di sostanze alteranti avesse provocato un incidente stradale.
Il decreto n. 92 del 2008 introdusse, a sua volta, sostanziali modificazioni volte ad inasprire le pene dei reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose commessi con violazione delle disposizioni sulla disciplina della circolazione stradale. Per tentare di arginare il crescente fenomeno di incidenti stradali causati dall’abuso di alcool e stupefacenti, il legislatore inserì una circostanza aggravante ad effetto speciale per l’ipotesi in cui l’omicidio fosse stato commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale da chi guidava in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di droghe. Analoga aggravante fu stabilita anche per il reato di lesioni personali colpose335.
L’aggravamento delle pene previste per i reati colposi si proponeva come risposta al malcontento dell’opinione pubblica verso la ritenuta mitezza delle sanzioni previste per i suddetti reati, avendo avuto scarsa efficacia deterrente l’inasprimento sanzionatorio delle fattispecie prodromiche previste dagli artt. 186 e 187 cod. strad.
Il decreto legge n. 92, infine, inasprì ulteriormente le pene dei reati di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti stabilendo, per gli illeciti più gravi previsti dalle lett. b) e c) dell’art. 186, comma 2 cod. strad., la confisca del veicolo a seguito di sentenza di condanna o ex art. 444 c.p.p. Il legislatore intervenne altresì sull’art. 222
334 Vengono, infatti, distinte tre fasce di gravità della violazione a seconda che
l’accertamento dell’alcolemia, superata la soglia di liceità pari a 0,5 g/l di sangue, indichi un valore entro lo 0,8 g/l, oppure superi tale soglia ma rimanga entro il limite di 1,5 g/l, oppure si riscontri un valore superiore a 1,5 g/l.
335 Inoltre, il decreto legge ha introdotto nel codice penale l’art. 590-bis che, in deroga
all’art. 69 c.p., detta una speciale disciplina del concorso tra circostanze aggravanti ed attenuanti che sottrae le aggravanti menzionate dal giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti (ad eccezione di quelle previste dagli artt. 98 e 114 c.p.) prevedendo che queste ultime non possano essere ritenute equivalenti o prevalenti e che le relative diminuzioni vengano calcolate sulla quantità di pena risultante dalla precedente applicazione delle stesse aggravanti.
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cod. strad., disponendo l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente qualora il conducente in stato di alterazione avesse commesso una violazione del codice della strada da cui fosse derivata la consumazione dei reati di omicidio o di lesioni colpose.
Proseguendo nell’analisi dei più rilevanti interventi normativi in materia, la legge 15 luglio 2009, n. 94, recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, introdusse alcune modifiche al codice della strada intervenendo ancora una volta sugli artt. 186 e 187 cod. strad., inasprendo ulteriormente le pene e le sanzioni accessorie336.
Da ultimo, il legislatore è intervenuto con la legge n. 120 del 2010, la quale ha apportato significative modifiche all’art. 186 cod. strad. ed ha introdotto una nuova fattispecie prevista dall’art. 186-bis cod. strad. in materia di guida sotto l’influenza dell’alcool per i conducenti di età inferiore a ventuno anni, per i neo-patentati e per chi esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone o di cose, per i quali vige il divieto assoluto di mettersi alla guida dopo aver assunto alcolici337. La novella, da un lato ha
336 Intervenendo sul comma 2 dell’art. 186 cod. strad., il legislatore ha stabilito che la
durata della sospensione della patente, prevista dal comma 2, lett. c) della citata disposizione, sia raddoppiata quando il veicolo condotto da una persona con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l non possa essere oggetto di confisca perché appartenente a persona estranea al reato. Il comma 50 dell’art. 3 della riforma in esame è intervenuto anche sulle disposizioni dell’art. 75 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, stabilendo che nei confronti di chi fa uso di droghe o le detiene per uso personale, il prefetto possa irrogare la misura della sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori, nonché il divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni. Infine, la legge n. 94 ha introdotto nel testo degli artt. 186 e 187 cod. strad. una nuova circostanza aggravante nell’ipotesi in cui il reato venga commesso dopo le ore 22 e prima delle ore 7, stabilendo che le circostanze attenuanti concorrenti con tale aggravante siano sottratte al giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p. Un’ulteriore modifica riguarda, inoltre, il Fondo per l’incidentalità notturna a cui deve essere destinata una quota pari al venti per cento dell’ammenda irrogata con la sentenza di condanna che ha ritenuto sussistente l’aggravante sopra menzionata.
337 Per tali categorie di guidatori è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria qualora
venga accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a zero e non superiore a 0,5 g/l, mentre, in caso di superamento delle soglie indicate nell’art. 186 cod. strad., le relative sanzioni sono aumentate da un terzo alla metà.
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depenalizzato la fattispecie prevista dalla lett. a) dell’art. 186 cod. strad., trasformandola in illecito amministrativo, dall’altro ha innalzato i limiti edittali per le fattispecie incriminatrici previste dall’art. 186, comma 2, lett.
b) e lett. c) cod. strad. e per il reato di guida in stato di alterazione
psicofisica per uso di sostanze stupefacenti338. La legge di riforma ha, infine, introdotto, per il reato di guida in stato di ebbrezza o di alterazione da droghe o sostanze psicotrope, la possibilità per il giudice di sostituire, per non più di una volta e salvo il caso in cui il conducente abbia provocato un incidente, la pena dell’arresto e dell’ammenda con quella del lavoro di pubblica utilità339.
Naturalmente, i gravi rischi connessi al fenomeno della guida in stato di ebbrezza non si cancellano con un tratto di penna e le continue riforme, pur se improntate quasi sempre alla logica della “tolleranza zero” e, pertanto, ad un forte irrigidimento della risposta sanzionatoria, determinano assuefazione anche tra gli automobilisti più attenti e rispettosi, mentre è noto che non è tanto la severità della pena, ma la sua certezza a garantire l’efficacia preventiva della minaccia.
La certezza della pena, in questa materia è a sua volta direttamente condizionata dalla frequenza dei controlli in strada, largamente insufficienti