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Verso la Legge n 85 del 2009: il Trattato di Prüm ed il quadro

Prima di analizzare la L. n. 85 del 2009, ovvero l’attuale normativa vigente nel nostro ordinamento in tema di acquisizione di campioni biologici e di trattamento del dato genetico, occorre puntare l’attenzione sulla genesi di tale intervento legislativo.

Sotto questo profilo, è necessario prendere le mosse dal diritto internazionale ed europeo, i quali costituiscono un sostrato fondamentale, un vero e proprio terreno fertile per quella che, negli anni, è stata la lunga e complessa elaborazione della attuale regolamentazione della materia. Un’importanza rilevante è stata assunta, senza alcun dubbio, dal Trattato di Prüm, concluso il 27 maggio 2005 tra sette Paesi membri dell’Unione europea e, in particolare, Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria.

Con la sottoscrizione, le parti contraenti si sono poste la precisa finalità di raggiungere, nello spazio di libera circolazione dell’ordinamento comunitario, un «un livello il più alto possibile in materia di cooperazione, in primo luogo attraverso un migliore scambio di informazioni, con

203 Una consapevolezza che traspare qua e là anche nel dibattito parlamentare sulla

conversione in legge del d.l. n. 144 del 2005: cfr. ad es. L’intervento del sen. Brutti, Commissioni 1° e 2° riunite, Res. somm. del 27 luglio 2005, n. 18.

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particolare riguardo ai settori connessi con la lotta al terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (...)»204.

Il testo, composto da 52 articoli e suddiviso in 8 capitoli, disciplina settori e modi attraverso i quali rendere concreta la cooperazione, la quale viene assicurata attraverso la creazione di una rete di punti di contatto, designati dalle parti contraenti al momento del deposito della ratifica.

Le aree di intervento individuate come determinanti sono:

• La raccolta dei dati e lo scambio di informazioni dei dati sul DNA;

• La raccolta e lo scambio di informazioni sulle impronte digitali;

• Lo scambio dei dati dei registri di immatricolazione dei veicoli;

• Le misure finalizzate a prevenire reati terroristici;

• Le misure dirette a contrastare l’immigrazione illegale.

Per quel che concerne l’argomento in questione, cioè la raccolta e lo scambio di informazioni dei dati sul DNA, le parti contraenti si impegnano «a creare e gestire degli schedari nazionali di analisi del DNA al fine di perseguire le violazioni penali (art. 2, par.1)»205.

La disciplina della protezione dei dati è totalmente riservata alla scelta dei legislatori nazionali, anche per quel che riguarda la durata massima della conservazione delle informazioni raccolte nelle Banche dati. Infatti, salvo diversa previsione da parte dei Trattato, i dati, una volta raccolti e archiviati negli schedari, vengono trattati e regolati sulla base della legge interna dei Paesi coinvolti.

Fondamentale è la previsione ex art. 2 del Trattato, la quale sancisce il principio dell’anonimato assoluto del profilo identificativo: i dati indicizzati non devono contenere informazioni dalle quali i soggetti possono essere identificati e, di conseguenza, i profili potranno essere riferibili ad un singolo solo attraverso operazioni ulteriori di elaborazione. Si tratta di una garanzia funzionale al meccanismo di collaborazione investigativa tra gli

204 Così al punto 2 delle Premesse al Trattato.

205A. MUSMECI, La ratifica del Trattato di Prüm, in Banca dati del DNA e accertamento

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Stati, i quali mirano a limitare al massimo il trasferimento internazionale di dati sensibili206.

Lo scambio di informazioni può avvenire tramite due modalità: per un verso, servendosi dell’accesso automatizzato in tempo reale alla Banca dati interessata da parte dei punti di contatto nazionale (art.3); per altro verso, con il trasferimento delle informazioni richieste, a seguito di una domanda dell’autorità di un altro Paese (art. 4). In ogni caso, i dati e le informazioni accessibili on-line sono solo gli indici di consultazione, che permettono di accertare se le informazioni richieste si trovano o meno nella Banca dati, non rendendo possibile una immediata identificazione del soggetto al quale si riferiscono.

É prevista, inoltre, la possibilità di un raffronto automatizzato tra i profili DNA non identificati con quelli indicizzati provenienti dagli schedari nazionali: nel caso in cui la ricerca comparativa dia esito positivo, spetterà alla parte richiedente sollecitare l’altra parte per ottenere informazioni sull’identità del soggetto, secondo le regole di quest’ultimo e facendo uso degli strumenti internazionali di cooperazione (art.5)207.

Infine, l’art. 7208 del Trattato prevede la possibilità per uno Stato di

richiedere ad un altro l’esecuzione del prelievo di materiale genetico di persona che si trovi sul suo territorio e l’invio del profilo DNA estratto da quel materiale, a condizione che venga specificato lo scopo della richiesta, che venga palesato un mandato di indagine o un esposto della competente autorità e sempre che siano soddisfatte, in base alla legge della parte richiesta, le condizioni preliminari al prelievo e all’analisi del materiale genetico, nonché alla trasmissione del profilo del DNA.

206 G. LEO, Il prelievo coattivo di materiale biologico nel processo penale e l’istituzione

della banca dati nazionale del DNA, in Riv. it. Medicina legale, 2011, p. 936.

207 E. CALVANESE, Adesione al Trattato di Prüm e cooperazione transfrontaliera per il

contrasto alla criminalità, in Prelievo del DNA e banca dati nazionale, Padova, 2009, p.

25.

208 A. MUSUMECI, La ratifica del Trattato di Prüm, in Banca dati del DNA e accertamento

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Analizzando il Trattato di Prüm, ci si trova davanti ad un Trattato multilaterale negoziato e concluso da alcuni degli Stati membri dell’Unione europea al di fuori dello spazio giuridico dell’Unione stessa. Questa circostanza riveste una grande importanza, poiché fa sì che il Trattato non trovi la sua base legale tra le disposizioni del Titolo VI del TUE sulla cooperazione di polizia giudiziaria in materia penale (il c.d. terzo pilastro). Nonostante questo, è fuori discussione la contiguità del Trattato con l’ordinamento comunitario, sia per le parti contraenti che per l’oggetto e, sotto questo profilo, si può agevolmente constatare la differenza con l’accordo di Schengen del 14 giugno 1985, che sebbene frutto della negoziazione di alcuni Stati, trovò da subito la sua base legale nelle disposizioni del TUE.

Tuttavia, già nelle premesse del Trattato, le parti coinvolte manifestano la volontà di giungere ad un raccordo tra le sue disposizioni ed il patrimonio giuridico dell’Unione, cominciando dal rispetto dei diritti fondamentali previsti dalla Carta dei diritti, dalla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, delle tradizioni comuni dei Paesi interessati, dichiarandosi «desiderose di trasferire le disposizioni del presente Trattato nel quadro giuridico dell’Unione europea allo scopo di giungere ad un miglioramento dello scambio di informazioni (...), in particolare nei settori riguardanti la lotta contro il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale, nonché di creare le basi giuridiche e le premesse tecniche necessarie»209. Tra l’altro, il Trattato di Prüm è

rinominato, da subito, “Schengen II”, comparendo con tale nome in molti documenti ufficiali, proprio per evidenziare ulteriormente la comunanza di interessi con le finalità dell’Unione, nonché la prosecuzione degli obiettivi raggiunti con l’accordo di Schengen e con quelli del relativo Codice, approvato col regolamento CE del 15 marzo 2006 n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone.

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Già la previsione dell’art. 1, par. 3 del Trattato metteva bene in luce tale aspetto, annunciando che le parti avrebbero assunto «una iniziativa in previsione della trascrizione delle disposizioni del presente Trattato nell’ambito giuridico dell’Unione europea [...] di concerto con la Commissione europea o su proposta della Commissione europea [...]». Sulla scorta di quanto previsto dall’art. 47 del medesimo Trattato, in base al quale «le disposizioni [...] sono applicabili solamente nella misura in cui risultano compatibili con il diritto dell’Unione europea»210, si apre la discussione che porterà alla trascrizione di molte sue disposizioni all’interno dell’ordinamento europeo.

Il 15 gennaio 2007, per iniziativa dei Paesi contraenti il Trattato insieme ad altri otto Stati dell’Unione211 (tra cui l’Italia) viene presentata al Consiglio una proposta di decisione sul rafforzamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera212. Tale mossa viene fatta oggetto di diverse critiche e polemiche da parte degli organismi interni alla stessa Unione europea: gli

210 Nell’art. 47, par. 1, è detto inoltre: «(...) Se l’Unione europea stabilirà in futuro dei

regolamenti riguardanti il settore di applicazione di tale Trattato, il diritto dell’Unione europea prevarrà sulle relative disposizioni del Trattato quanto alla loro applicazione. Le parti contraenti possono modificare o sostituire le disposizioni del presente Trattato in funzione delle nuove disposizioni previste in materia dal diritto dell’Unione».

211 Successivamente alla stipulazione del Trattato la Finlandia, l’Italia, il Portogallo, la

Slovenia, la Svezia, la Romania, la Bulgaria e la Grecia avevano dichiarato la loro intenzione di aderirvi.

212 Sulla proposta di decisione, il Garante europeo della protezione dati, in data 4 aprile

2007, ha emanato, di sua iniziativa, un parere in cui ha denunciato le criticità del testo. Le obiezioni dell’Autorità garante riguardavano, in primo luogo, la strategia adottata dai quindici Stati proponenti, i quali, prima, sottoscrivevano un Trattato multilaterale, e dopo, al fine di evitare la procedura rafforzata in materia di cooperazione, di cui agli artt. 40, 40 A, 43 e 43A del TUE, sceglievano la strada della decisione, da presentare al Consiglio, per recepirne il contenuto in sede europea. Il Garante denunciava anche la mancanza di un’appropriata ponderazione delle misure legislative già esistenti (Europol, Eurojust, Sistema di informazione Schengen ecc.) al fine di accertare eventuali carenze che giustificassero e rendessero necessaria la trasposizione a livello comunitario delle disposizioni contenute nel Trattato di Prüm. Inoltre, sempre a giudizio del Garante, la decisione in oggetto doveva essere preceduta dall’adozione, da parte del Consiglio, di un quadro sulla protezione dei dati che garantisse un livello adeguato di protezione. Il parere del Garante è pubblicato sulla GUCE, serie C, n. 169, del 21 luglio 2007.

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Stati coinvolti vengono accusati di voler blindare il testo del Trattato, seguendo una procedura affrettata ed elusiva di un processo legislativo e democratico e neppure rispettosa delle già limitate prerogative nell’ambito del terzo pilastro213, il quale avrebbe consentito una elaborazione mediata e partecipata dei principi relativi alla nuova materia214.

A favorire l’adozione della decisione ha contribuito non poco il mutamento culturale venutosi a creare nell’Unione, sul tema della cooperazione transfrontaliera e sullo scambio di informazioni tra gli Stati, registrato già dall’epoca del vertice di Tampere nel 1999, ove se ne sottolineò l’imprescindibile necessità.

Una tappa altrettanto significativa è rappresentata dal Programma dell’Aia in materia di rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea, adottato dal Consiglio europeo del 4-5 novembre 2004, il quale segna un enorme cambiamento nella politica dell’Unione in materia, affermando e dando attuazione al “principio di disponibilità”215 delle informazioni tra gli Stati membri nella lotta contro la criminalità216.

213 Cfr. in tal senso il Parere del Garante europeo per la protezione dei dati, appena

citato. Anche il Parlamento europeo, nella procedura di consultazione, ha deplorato i tempi ristretti imposti per esprimere con urgenza il proprio parere, senza il tempo necessario per una revisione parlamentare, e per la mancanza sia di una valutazione completa di impatto e di uno studio aggiornato sull’applicazione del Trattato di Prüm. La Commissione europea aveva, tra l’altro, elaborato nel contempo una proposta di decisione sul miglioramento della cooperazione di polizia tra gli Stati membri, che modifica la Convenzione Schengen.

214 G. LEO, Il prelievo coattivo di materiale biologico nel processo penale e l’istituzione

della banca dati nazionale del DNA, in Riv. it. Medicina legale, 2011, p. 936.

215 Secondo il Programma dell’Aia, il principio di disponibilità significa che «in tutta

l’Unione, un ufficiale di un servizio di contrasto di uno Stato membro che ha bisogno di informazioni nell’esercizio delle sue funzioni può ottenere tali informazioni da un altro Stato membro, e che il servizio di contrasto nell’altro Stato membro che dispone di tali informazioni è tenuto a trasmettergliele per i fini dichiarati (...)». Il Programma sottolinea, inoltre, che lo «scambio di informazioni dovrebbe sfruttare appieno le nuove tecnologie e i metodi utilizzati dovrebbero essere adeguati ai diversi tipi di informazioni, se del caso attraverso l’accesso reciproco o l’interoperabilità di banche dati nazionali, oppure l’acceso diretto (on-line).

216 Il Programma prevedeva di arrivare entro il 1 gennaio 2008 alla condivisione di tutte le

informazioni e non, come avveniva precedentemente, dei soli dati espressamente indicati nella richiesta. Le conclusioni del Consiglio furono accolte dalla Commissione con la

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Il Consiglio europeo, dopo aver accertato la sussistenza dei requisiti necessari, e verificata la necessità di potenziare la cooperazione transfrontaliera nei settori disciplinati dal titolo VI del Trattato UE, ha deciso di adottare la decisione presentata dai 15 Stati membri, la n. 2008/615/GAI217 del 23 giugno 2008, unitamente alla n. 2008/616/GAI218 che le dà attuazione, precisando che l’atto contiene «disposizioni basate sulle principali disposizioni del Trattato di Prüm (...)»219. La conseguenza è che le disposizioni così “attinte” da quest’ultimo entrano a far parte a tutti gli effetti della legislazione dell’Unione europea. In particolare, le disposizioni che divengono oggetto di “trasmigrazione” sono quelle relative ad ambiti specifici: il trasferimento automatizzato dei profili del DNA, dei dati sull’immatricolazione dei veicoli, nonché della trasmissione di dati in occasione di grandi eventi e per prevenire atti terroristici.

Occorre sottolineare che la Decisione 2008/615/GAI merita attenzione, non solo in quanto prevede la creazione di Banche dati nazionali del DNA entro 3 anni dalla sua entrata in vigore, ma anche perché impone agli Stati membri di rendere disponibili i dati indicizzati di tali archivi, in modo da rendere concreto ed effettivo lo scambio di informazione tra i Paesi. In merito, è prevista la procedura di consultazione automatica tramite la comparazione dei profili genetici e la possibilità di richiesta da parte di uno Stato nei confronti di un altro di prelevare ed analizzare materiale genetico appratente ad un soggetto che si trovi nel territorio del secondo, secondo i

presentazione di una proposta di decisione quadro, COM(2005)490, sullo scambio in informazioni in virtù del principio di disponibilità, che anticipava la modalità cooperativa dei punti di contatto, al fine di rendere più veloci le procedure tradizionali. Il procedimento di approvazione della proposta non è mai giunto a conclusione.

217 Decisione 2008/615/GAI del Consiglio del 23 giugno 2008 sul potenziamento della

cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera, in G.U.U.E. L. 210 del 6 agosto 2008, 1-11.

218 Decisione 2008/616/GAI del Consiglio relativa all’attuazione della decisione

2008/615/GAI sul potenziamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella

lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera, in G.U.U.E. L. 210 del 6 agosto 2008,

12-72.

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meccanismi e le modalità già predisposte dal Trattato di Prüm ed esaminati sopra.

Per concludere, ciò che preme mettere in risalto è che, proprio in virtù di tale decisione, in quanto atto vincolante per gli Stati destinatari, tra cui l’Italia, il nostro ordinamento, di lì a poco, avrebbe finalmente dato il via a quell’iter parlamentare che avrebbe condotto all’adozione di una normativa di attuazione del Trattato, conforme ai parametri basilari in tema di acquisizione del materiale organico e di trattamento del dato ottenuto dalle conseguenti operazioni di tipizzazione.

É proprio allo scopo di adeguare il nostro Paese a questo disegno sovranazionale che interverrà la legge n. 85 del 2009, la quale, tra le novità che ha introdotto nel disciplinare una materia così delicata e densa di valori e di interessi che vanno, necessariamente, contemperati a vicenda, vanta soprattutto il merito di aver disposto l’introduzione della Banca dati nazionale del DNA, fino ad allora del tutto assente dalla scena istituzionale italiana.

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