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L’attività delle multinazionali italiane all’estero

DELLE IMPRESE ITALIANE: IL QUADRO DI SINTES

Capitolo 2 | Il quadro di sintes

2. L’attività delle multinazionali italiane all’estero

Le prospettive dell’internazionalizzazione del Paese devono essere esaminate in termini dinamici. Nel seguito di questo paragrafo, dedicato alla presenza italiana all’estero, descriveremo in dettaglio le tendenze emerse negli anni più recenti. L’analisi parte dal 2005, il primo anno per il quale è stato possibile ricostruire la serie storica delle partecipazioni anche per i settori di nuova inclusione nella banca dati REPRINT, e

termina con le stime preliminari riferite al 2016.8 Il periodo analizzato è di particolare

importanza, essendo caratterizzato dalla crisi economica e finanziaria globale che nel nostro Paese ha determinato la più forte recessione dopo quella degli anni Trenta dello scorso secolo.

La Fig. 2.1 illustra la dinamica delle partecipazioni all’estero nel periodo 2005-2016 con riferimento al numero dei dipendenti delle imprese estere partecipate.

Figura 2.1 – Numero di dipendenti delle imprese estere a partecipazione italiana,

2005-2016

(a) 2016: stime preliminari.

Fonte: banca dati REPRINT, R&P – Politecnico di Milano – ICE Agenzia.

8. Tali stime si basano sulle informazioni disponibili alla data di chiusura delle elaborazioni (31 luglio 2017). Poiché a tale data la maggior parte dei bilanci 2016 delle imprese (italiane ed estere) non erano ancora disponibili nelle banche dati internazionali, le stime tengono conto delle imprese oggetto di nuova acquisizione/costituzione/disinvestimento individuate attraverso l’analisi dei bilanci delle imprese quotate, delle banche dati riguardanti le fusioni e acquisizioni, della rassegna stampa e di varie newsletter. Infine, i dati economici delle imprese partecipate sono per lo più riferiti al 2015 e non tengono conto delle variazioni di dipendenti e fatturato intervenute nel corso del 2016.

600.000 800.000 1.000.000 1.200.000 1.400.000 1.600.000 1.800.000 2.000.000 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 (a) Totale partecipazioni Partecipazioni di controllo

(a)

(a)

Capitolo 2 | Il quadro di sintesi 32

32 L’internazionalizzazione tramite IDE delle imprese italiane

2. L’attività delle multinazionali italiane all’estero

Le prospettive dell’internazionalizzazione del Paese devono essere esaminate in termini dinamici. Nel seguito di questo paragrafo, dedicato alla presenza italiana all’estero, descriveremo in dettaglio le tendenze emerse negli anni più recenti. L’analisi parte dal 2005, il primo anno per il quale è stato possibile ricostruire la serie storica delle partecipazioni anche per i settori di nuova inclusione nella banca dati REPRINT, e

termina con le stime preliminari riferite al 2016.8 Il periodo analizzato è di particolare

importanza, essendo caratterizzato dalla crisi economica e finanziaria globale che nel nostro Paese ha determinato la più forte recessione dopo quella degli anni Trenta dello scorso secolo.

La Fig. 2.1 illustra la dinamica delle partecipazioni all’estero nel periodo 2005-2016 con riferimento al numero dei dipendenti delle imprese estere partecipate.

Figura 2.1 – Numero di dipendenti delle imprese estere a partecipazione italiana,

2005-2016

(a) 2016: stime preliminari.

Fonte: banca dati REPRINT, R&P – Politecnico di Milano – ICE Agenzia.

8. Tali stime si basano sulle informazioni disponibili alla data di chiusura delle elaborazioni (31 luglio 2017). Poiché a tale data la maggior parte dei bilanci 2016 delle imprese (italiane ed estere) non erano ancora disponibili nelle banche dati internazionali, le stime tengono conto delle imprese oggetto di nuova acquisizione/costituzione/disinvestimento individuate attraverso l’analisi dei bilanci delle imprese quotate, delle banche dati riguardanti le fusioni e acquisizioni, della rassegna stampa e di varie newsletter. Infine, i dati economici delle imprese partecipate sono per lo più riferiti al 2015 e non tengono conto delle variazioni di dipendenti e fatturato intervenute nel corso del 2016.

600.000 800.000 1.000.000 1.200.000 1.400.000 1.600.000 1.800.000 2.000.000 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 (a) Totale partecipazioni Partecipazioni di controllo

Il quadro di sintesi 35

Il grafico evidenzia come l’entità delle partecipazioni estere abbia conosciuto una consistente crescita negli anni immediatamente precedenti lo scoppio della crisi finanziaria, grazie soprattutto alla dinamica delle partecipazioni di controllo, ovvero della componente di maggiore rilevanza strategica. La crescita di questa componente si arresta nel 2009, in concomitanza con lo scoppio della crisi anche nel nostro Paese, mentre prosegue la crescita delle partecipazioni totali, sostanzialmente per effetto della partecipazione assunta in quell’anno da Fiat in Chrysler. Nel biennio successivo si registra una leggera ripresa e la consistenza complessiva dell’occupazione delle parte- cipate estere raggiunge il massimo storico nel 2011, quando si sfiora la soglia di 1,8 milioni di dipendenti.9

A partire dal 2012 si osserva un’inversione di tendenza e la consistenza dell’occupa- zione delle partecipate estere inizia a declinare. A fine 2016 si stima che i dipendenti delle partecipate estere si assestino poco sopra gli 1,6 milioni di unità, con una perdita di oltre 150mila unità rispetto al dato del 2012. Migliore di quello complessivo è l’anda- mento delle partecipazioni di controllo, che dovrebbero superare la soglia di 1,3 milioni di addetti all’estero, con una riduzione di sole 50mila unità rispetto al 2012.10

L’andamento degli anni più recenti si spiega in larga parte con la progressiva rarefa- zione delle operazioni di cross-border M&As di ampio respiro (si veda in proposito la tab. 2.5, che riepiloga le operazioni di valore di oltre un miliardo di euro che hanno visto come protagoniste attive le imprese italiane tra il 2005 e il 2016). Parallelamente, sono venute a mancare dal computo delle attività italiane all’estero le partecipazioni di alcu- ne importanti IMN italiane, passate sotto il controllo di gruppi esteri.11 A ciò si aggiunge

un aumento delle dismissioni, come già era avvenuto nelle precedenti fasi recessive, l’ultima delle quali all’inizio degli anni Duemila.

Va tuttavia osservato come in questa occasione, a differenza di quanto avvenuto in passato, non si sia verificata una ritirata sistematica delle imprese italiane dai mercati internazionali. Pur non mancando casi di disinvestimento totale delle attività estere, in genere collegati all’avvio di procedure di liquidazione o di fallimento d’investitori italiani travolti dalla crisi, si assiste per lo più alla cessione di partecipazioni di minoranza e allo scioglimento di joint venture non più strategiche, spesso alla ricerca di un riequili- brio patrimoniale, con relativa riduzione dell’esposizione debitoria.12

9. L’impennata relativa alle partecipazioni di controllo nel 2011 è dovuta all’operazione Fiat-Chrysler. Trattandosi di un passaggio da precedente minoranza a controllo, essa ha effetto sulla consistenza delle partecipazioni di quest’ultima tipologia, ma non su quella delle partecipazioni totali.

10. Oltre la metà della riduzione della consistenza delle partecipazioni minoritarie e paritarie si spiega con la cessione avvenuta nel 2013 della partecipazione nel gruppo svizzero SGS da parte di Exor.

11. Tra di esse si ricordano: nel 2011, Parmalat e Bulgari; nel 2012, Edison; nel 2013, Marazzi e Loro Piana; nel 2014, Indesit Company; nel 2015, AnsaldoBreda, DelClima e Pirelli; nel 2016, Itacementi, Comdata, Ferroli e Riello; nel 2017, Brevini. Si rimanda alla tab. 2.6 per un elenco delle principali imprese italiane acquisite da gruppi esteri tra il 2014 e il primo semestre 2017; molte di queste avevano un assetto multinazionale al momento dell’acquisizione e ben tre di esse (Indesit Company, Italcementi e Pirelli) figuravano tra le dieci maggiori IMN italiane per addetti e/o fatturato all’estero. Come già segnalato, quando un’IMN italiana viene acquisita da un gruppo estero, le sue attività estere non sono più incluse tra

le partecipazioni italiane all’estero.

12. Tra i più importanti, si ricordano i disinvestimenti compiuti da Exor, Enel, Eni, Finmeccanica e Telecom Italia (si veda l’analisi di dettaglio in Mariotti et al., 2015).

34 Il quadro di sintesi

Tabella 2.5 – Le principali acquisizioni italiane all’estero, 2005-2016

Anno Investitore italiano Impresa acquisita Nazione Attività principale Investimento (md. Euro)

2005 Unicredito Italiano HVB Germania Banca 13,3 2005 Mariella Burani Bernie's Svizzera Abbigliamento 2,2 2005 Unicredito Italiano Bank Austria Creditanstalt (da 77.5% a 95%) Austria Banca 2,1 2005 ENI AgipKaz. North Caspian Operating Co. (da 75.01% a 91.68%) Kazakistan Estrazione di petrolio 1,4 2006 Unicredito Italiano Bank BPH (71,03%) Polonia Banca 4,3 2006 Lottomatica GtechHoldings USA Lotterie on-line 3,7 2006 SanPaolo IMI Bank of Alexandria Egitto Banca 1,3 2006 Exor Sequana Capital (buy-back 54.31%) Francia Cartotecnica, zucchero 1,2 2007 ENEL Endesa (67%) Spagna Energia elettrica 28,5 2007 ENI (60%), ENEL (40%) Attività ex Yukos Russia Gas naturale 4,3 2007 ENEL OGK-5 Russia Energia elettrica 4,0 2007 ENI DominionResources USA Petrolio 3,6 2007 Mediaset-Telecinco Endemol (33%) Paesi Bassi Produzioni televisive 2,6 2007 FIAT Auto Fiat Automóveis Brasile Autovetture 1,9 2007 Unicredit JscAftBank Kazakistan Banca 1,7 2007 Pirelli & C. Real Estate Baubecon Germania Immobiliare 1,6 2007 Unicredit Ukrsotbank (USB) Ucraina Banca 1,6 2007 Luxottica Oakley USA Occhiali e lenti 1,6 2007 Tenaris Hydril USA Macchine per l’ind. petrolifera 1,6 2007 ENI Maurel&Prom Congo Petrolio 1,4

2007 RCS Mediagroup Recoletos Spagna Editoria 1,1

2007 Assicurazioni Generali Generali-PPF Holding (51%) Rep. Ceca Assicurazioni 1,1 2007 Assicurazioni Generali Banca del Gottardo Svizzera Banca 1,1 2008 Finmeccanica DRS Technologies USA Elettronica 3,4 2008 ENI Distrigas (controllo) Belgio Distribuzione gas 2,7

2008 ENI Burren Energy Regno Unito Petrolio 2,4

2008 Autogrill Aldeasa (da 49,95% a 99,5%) Spagna Ristorazione aeroportuale 1,0 2009 ENEL Endesa (da 67% a 92%) Spagna Energia elettrica 9,5 2009 ENI Distrigas (OPA obbligatoria) Belgio Distribuzione gas 2,0 2009 Edison Egyptian General Petroleum Corp. Egitto Petrolio e gas naturale 1,4 2011 Assicurazioni Generali Bank VTB (10%) Russia Banca 2,4

2011 FIAT Auto Chrysler Group (da 25% a 53,5%) USA Autoveicoli 1,4 2011 Prysmian Draka Paesi Bassi Cavi 1,0 2013 Assicurazioni Generali Generali-PPF Holding (da 51% a 76%) Rep. Ceca Assicurazioni 1,3 2014 FIAT Auto Chrysler Group (da 58,5% a 100%) USA Autoveicoli 2,7 2015 Assicurazioni Generali Generali-PPF Holding (da 76% a 100%) Rep. Ceca Assicurazioni 1,2 2015 GTECH International Game Technologies USA Slot machines, sw e hw per giochi 4,7 2016 Exor PartnerRe Bahamas Riassicurazioni 5,5

Fonte: banca dati REPRINT, R&P – Politecnico di Milano – ICE Agenzia.

Infine, non sembrano assumere un impatto significativo i casi di back-shoring, ovvero di rilocalizzazione in Italia di attività manifatturiere precedentemente svolte all’estero, anche se per il fenomeno – che riguarda soprattutto la filiera tessile-abbigliamento, l’Europa centro-orientale, la Cina e, in misura meno rilevante, l’Africa settentrionale – si

Capitolo 2 | Il quadro di sintesi 34

34 Il quadro di sintesi

Tabella 2.5 – Le principali acquisizioni italiane all’estero, 2005-2016

Anno Investitore italiano Impresa acquisita Nazione Attività principale Investimento (md. Euro)

2005 Unicredito Italiano HVB Germania Banca 13,3 2005 Mariella Burani Bernie's Svizzera Abbigliamento 2,2 2005 Unicredito Italiano Bank Austria Creditanstalt (da 77.5% a 95%) Austria Banca 2,1 2005 ENI AgipKaz. North Caspian Operating Co. (da 75.01% a 91.68%) Kazakistan Estrazione di petrolio 1,4 2006 Unicredito Italiano Bank BPH (71,03%) Polonia Banca 4,3 2006 Lottomatica GtechHoldings USA Lotterie on-line 3,7 2006 SanPaolo IMI Bank of Alexandria Egitto Banca 1,3 2006 Exor Sequana Capital (buy-back 54.31%) Francia Cartotecnica, zucchero 1,2 2007 ENEL Endesa (67%) Spagna Energia elettrica 28,5 2007 ENI (60%), ENEL (40%) Attività ex Yukos Russia Gas naturale 4,3 2007 ENEL OGK-5 Russia Energia elettrica 4,0 2007 ENI DominionResources USA Petrolio 3,6 2007 Mediaset-Telecinco Endemol (33%) Paesi Bassi Produzioni televisive 2,6 2007 FIAT Auto Fiat Automóveis Brasile Autovetture 1,9 2007 Unicredit JscAftBank Kazakistan Banca 1,7 2007 Pirelli & C. Real Estate Baubecon Germania Immobiliare 1,6 2007 Unicredit Ukrsotbank (USB) Ucraina Banca 1,6 2007 Luxottica Oakley USA Occhiali e lenti 1,6 2007 Tenaris Hydril USA Macchine per l’ind. petrolifera 1,6 2007 ENI Maurel&Prom Congo Petrolio 1,4

2007 RCS Mediagroup Recoletos Spagna Editoria 1,1

2007 Assicurazioni Generali Generali-PPF Holding (51%) Rep. Ceca Assicurazioni 1,1 2007 Assicurazioni Generali Banca del Gottardo Svizzera Banca 1,1 2008 Finmeccanica DRS Technologies USA Elettronica 3,4 2008 ENI Distrigas (controllo) Belgio Distribuzione gas 2,7

2008 ENI Burren Energy Regno Unito Petrolio 2,4

2008 Autogrill Aldeasa (da 49,95% a 99,5%) Spagna Ristorazione aeroportuale 1,0 2009 ENEL Endesa (da 67% a 92%) Spagna Energia elettrica 9,5 2009 ENI Distrigas (OPA obbligatoria) Belgio Distribuzione gas 2,0 2009 Edison Egyptian General Petroleum Corp. Egitto Petrolio e gas naturale 1,4 2011 Assicurazioni Generali Bank VTB (10%) Russia Banca 2,4

2011 FIAT Auto Chrysler Group (da 25% a 53,5%) USA Autoveicoli 1,4 2011 Prysmian Draka Paesi Bassi Cavi 1,0 2013 Assicurazioni Generali Generali-PPF Holding (da 51% a 76%) Rep. Ceca Assicurazioni 1,3 2014 FIAT Auto Chrysler Group (da 58,5% a 100%) USA Autoveicoli 2,7 2015 Assicurazioni Generali Generali-PPF Holding (da 76% a 100%) Rep. Ceca Assicurazioni 1,2 2015 GTECH International Game Technologies USA Slot machines, sw e hw per giochi 4,7 2016 Exor PartnerRe Bahamas Riassicurazioni 5,5

Fonte: banca dati REPRINT, R&P – Politecnico di Milano – ICE Agenzia.

Infine, non sembrano assumere un impatto significativo i casi di back-shoring, ovvero di rilocalizzazione in Italia di attività manifatturiere precedentemente svolte all’estero, anche se per il fenomeno – che riguarda soprattutto la filiera tessile-abbigliamento, l’Europa centro-orientale, la Cina e, in misura meno rilevante, l’Africa settentrionale – si

Il quadro di sintesi 39

trovano crescenti riscontri anche in Italia (Fratocchi et al. 2015).13

La composizione settoriale delle partecipazioni all’estero non è significativamente muta- ta nel periodo considerato (Fig. 2.2). La grande maggioranza delle imprese partecipate all’estero continua a concentrarsi nell’industria manifatturiera e nel settore a essa colle- gato del commercio all’ingrosso, per lo più popolato da filiali e joint venture commerciali d’imprese manifatturiere. In tali comparti, è proseguita anche negli ultimi anni la crescita del numero d’iniziative, per effetto del progressivo affacciarsi sulla scena internazionale di molte PMI. Modesto è stato però l’incremento della consistenza economica comples-

siva delle partecipazioni all’estero, poiché alcune significative acquisizioni (valga per tutti l’operazione FIAT-Chrysler) sono state controbilanciate da un incremento delle dismis-

sioni e dal venir meno del contributo delle IMN italiane di grande e media taglia interna-

zionale, che sono state oggetto di acquisizione da parte di gruppi esteri.

Figura 2.2 – Numero di dipendenti delle imprese estere a partecipazione italiana,

per comparto, 2005-2016

(a) 2016: stime preliminari.

Fonte: banca dati REPRINT, R&P – Politecnico di Milano – ICE Agenzia.

13. Si osservi come il back-shoring riguardi non infrequentemente attività precedentemente svolte da terze parti, anziché da filiali e joint venture direttamente partecipate dall’impresa protagonista del rimpatrio delle attività. 0 200.000 400.000 600.000 800.000 1.000.000 1.200.000 1.400.000 1.600.000 1.800.000 2.000.000 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 (a)

Settori primari Industria manifatturiera Costruzioni e utilities Commercio Altri settori terziari

2016 (a)

40 Il quadro di sintesi

Il contributo alla consistenza aggregata delle attività estere dei rimanenti settori, pur cresciuto negli ultimi anni, appare ancora oggi relativamente modesto per un’economia avanzata. L’unica eccezione è rappresentata dai settori dell’industria estrattiva e della produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua, peraltro in gran parte grazie alle iniziative di due sole grandi imprese, Eni ed Enel. In particolare, alquanto debole appare la proiezione internazionale delle imprese italiane nei vari settori del terziario (avanzato e non) e nel commercio al dettaglio, a evidenza di uno specifico gap di competitività internazionale rispetto ai concorrenti delle altre economie avanzate, che sembra sempre più approfondirsi.

Sulle dinamiche descritte pesa il persistere di una sofferenza peculiare dell’industria italiana. Come già segnalato in precedenza, l’assetto multinazionale delle nostre impre- se ha un carattere spiccatamente geo-gravitazionale, essendo principalmente circo- scritto all’Europa e al Mediterraneo, mentre appare modesta o marginale la presenza nelle aree del mondo a più forte attrattività di IDE, sia avanzate, sia in via di sviluppo, le quali sono state sempre più oggetto di concorrenza tra i principali investitori esteri. A parziale modifica di questa condizione ereditata dal passato, si registrano alcuni re- centi cambiamenti nelle destinazioni geografiche degli investimenti (Fig. 2.3).

Figura 2.3 – Numero di dipendenti delle imprese estere a partecipazione italiana,

per localizzazione geografica dell’impresa partecipata, 2005-2016

(a) 2016: stime preliminari.

Fonte: banca dati REPRINT, R&P – Politecnico di Milano – ICE Agenzia.

0 200.000 400.000 600.000 800.000 1.000.000 1.200.000 1.400.000 1.600.000 1.800.000 2.000.000 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 (a)

Europa occidentale Europa centro-orientale Nord America America Latina Africa Asia e Pacifico

2016 (a)

Capitolo 2 | Il quadro di sintesi 36

40 Il quadro di sintesi

Il contributo alla consistenza aggregata delle attività estere dei rimanenti settori, pur cresciuto negli ultimi anni, appare ancora oggi relativamente modesto per un’economia avanzata. L’unica eccezione è rappresentata dai settori dell’industria estrattiva e della produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua, peraltro in gran parte grazie alle iniziative di due sole grandi imprese, Eni ed Enel. In particolare, alquanto debole appare la proiezione internazionale delle imprese italiane nei vari settori del terziario (avanzato e non) e nel commercio al dettaglio, a evidenza di uno specifico gap di competitività internazionale rispetto ai concorrenti delle altre economie avanzate, che sembra sempre più approfondirsi.

Sulle dinamiche descritte pesa il persistere di una sofferenza peculiare dell’industria italiana. Come già segnalato in precedenza, l’assetto multinazionale delle nostre impre- se ha un carattere spiccatamente geo-gravitazionale, essendo principalmente circo- scritto all’Europa e al Mediterraneo, mentre appare modesta o marginale la presenza nelle aree del mondo a più forte attrattività di IDE, sia avanzate, sia in via di sviluppo, le quali sono state sempre più oggetto di concorrenza tra i principali investitori esteri. A parziale modifica di questa condizione ereditata dal passato, si registrano alcuni re- centi cambiamenti nelle destinazioni geografiche degli investimenti (Fig. 2.3).

Figura 2.3 – Numero di dipendenti delle imprese estere a partecipazione italiana,

per localizzazione geografica dell’impresa partecipata, 2005-2016

(a) 2016: stime preliminari.

Fonte: banca dati REPRINT, R&P – Politecnico di Milano – ICE Agenzia.

0 200.000 400.000 600.000 800.000 1.000.000 1.200.000 1.400.000 1.600.000 1.800.000 2.000.000 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 (a)

Europa occidentale Europa centro-orientale Nord America America Latina Africa Asia e Pacifico

Il quadro di sintesi 41

Nel periodo post-crisi si è ridotta la consistenza delle partecipazioni in Europa (sia occi- dentale, sia centro-orientale), a segnalare un pur lento allontanarsi dal modello geogravi- tazionale. Si registra di contro una forte crescita delle partecipazioni in America setten- trionale, dove la presenza delle imprese italiane era assai debole. L’espansione è stata guidata dal comparto industriale, nel quale l’operazione Fiat-Chrysler si somma a nume- rose iniziative di imprese di grande e media taglia, in un ampio spettro di attività mani- fatturiere. In crescita anche le partecipazioni nei principali paesi emergenti dell’Asia e in ripresa quelle in America latina, dopo la forte contrazione nei due decenni precedenti. Soprattutto, a prescindere dagli aspetti meramente quantitativi, si coglie una progressiva crescita dello spessore strategico delle iniziative anche nelle aree meno sviluppate, dove l’investimento è per lo più greenfield. Gli investimenti resource-seeking, volti alla deloca- lizzazione di attività in paesi a più basso costo degli input produttivi, prevalenti negli anni Novanta, soprattutto a opera delle imprese minori, hanno lasciato il passo a investimenti

market- e strategic asset-seeking, a segnalare una modifica significativa del modello di

internazionalizzazione del nostro sistema di imprese.

Infine, con riferimento all’origine territoriale delle imprese investitrici si osserva come il

club degli investitori mantenga una forte concentrazione, senza significativi mutamenti

nel tempo. Vi è un’ampia parte del Paese – tutto il Mezzogiorno, ma anche zone del Centro – che continua a partecipare in misura marginale ai processi di internazionaliz- zazione, a conferma del ritardo accumulato nei confronti delle regioni più avanzate. In sintesi, l’evoluzione più recente evidenzia una sostanziale tenuta a mantenere le posi- zioni raggiunte negli anni precedenti, soprattutto con riferimento alle partecipazioni di controllo, che rappresentano la componente di maggiore rilievo strategico, e se si tiene debito conto della profondità della crisi che ha colpito il Paese. Tuttavia, ciò non basta per colmare il gap rispetto alle altre economie avanzate. Le analisi svolte in queste pa- gine evidenziano e/o sono espressione di una serie di criticità. Nel comparto dei servizi si contano sulla punta delle dita le imprese italiane capaci di conquistare una posizione di rilievo nello scenario internazionale. Il Mezzogiorno ha partecipato e partecipa in misura marginale ai processi d’internazionalizzazione, con un ritardo crescente rispetto alle regioni più avanzate del Paese. Nel comparto delle grandi imprese, alcune di esse sono apparse in difficoltà nel sostenere la competizione internazionale, mentre altre sono uscite dal novero delle IMN italiane, essendo state acquisite da gruppi esteri. Tali

uscite non sono state controbilanciate negli ultimi anni da operazioni di M&A di rilievo verso l’estero e solo nel corso del 2017 si sono avuti segnali di risveglio, con l’annuncio di alcune operazioni di grande rilievo strategico (Luxottica-Essilor, Autostrade-Abertis, Fincantieri-STX France, Ferrero-Ferrara Candy). Dal punto di vista geografico, nono-

stante la positiva dinamica degli anni recenti, la presenza internazionale delle nostre imprese mantiene la sua principale espressione in un ambito geografico circoscritto all’Europa e al Mediterraneo, con posizioni ancora modeste o marginali nelle aree del mondo a più forte attrattività di IDE, sia avanzate, sia in via di sviluppo.

Rimangono dunque le storiche carenze del modello di crescita multinazionale dell’Italia, già più volte evidenziate: un assetto che riflette i limiti strutturali di un Paese popolato da poche grandi imprese e da imprese minori che stentano a intraprendere i percorsi «più ardui» di crescita all’estero, quando essi coinvolgono investimenti a rischio medio-alto e ritorni differiti nel tempo.

38 L’internazionalizzazione tramite IDE delle imprese italiane

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