• Non ci sono risultati.

II. 2 2 Roellenbleck

II. 3 L E FIGURE DEL C OLLOQUIUM H EPTAPLOMERES

Le figure del Colloquium Heptaplomeres e il problema dell'etopea Tra tutte le particolarità letterarie del Colloquium, l'aspetto forse più eccezionale, nel confronto con le opere bodiniane di sicura attribuzione, è l'etopea: i sette interlocutori vengono infatti dipinti con una finezza ed una coerenza artistica che fa meraviglia, se confrontata con altre opere bodiniane.

Sieben Gestalten treten vor uns, von denen jede lebhaft empfundet und so gezeichnet ist, daß die Repliken in allgemeinen nicht nur ihres Lehrgehalts wegen, sondern schon ihres Tonfalls einem bestimmten Teilnehmer zugehören müssen161.

Roellenbleck, di cui abbiamo appena parlato, ha dedicato alla caratterizzazione dei personaggi del Colloquium delle pagine che si distinguono per una particolare profondità d'osservazione e sottigliezza interpretativa. Anche altri studiosi, dopo di lui, hanno toccato questa questione, ma nessuno, a mio avviso, ha sinora proposto una sintesi altrettanto precisa e contemporaneamente attenta agli aspetti letterarî. In questo paragrafo, mi propongo di ripercorrere l'analisi di Roellenbleck, commentando singoli punti e apportando alcune correzioni e aggiunte ove sembrerà opportuno.

Fridericus, aufbrausend, unbedacht, dabei "homo minime malus" wie es V 178

heißt, stets seiner Sache sicher, leicht hinzureißen zu bissigen, ja verletzenden Repliken162.

Federico si esprime infatti senza dubbi o esitazioni, in forza della sua piena e incondizionata adesione alla dogmatica luterana; dalla sua bocca escono gli

161 G. Roellenbeck, Offenbarung, Natur und jüdische Überlieferung bei Jean Bodin, Gütersloh

1964.

attacchi più aspri contro giudei e musulmani, facendo con ciò da contrappeso all'atteggiamento conciliante del cattolico Coroneo. Dal primo libro apprendiamo ch'egli è un rinomato studioso di scienze matematiche e astronomiche163; mentre dai numerosi interventi sulla demonologia che fa nel libro secondo e terzo, deduciamo ch'egli è particolarmente interessato alle arti magiche e chi le pratica: la maggior parte degli aneddoti su demoni, esorcismi, malefici sono riferiti da lui164. Per quanto riguarda il nome, Podamicus indica in latino il lago di Costanza: è quindi verosimile che dietro di esso l'autore immaginasse un nome tedesco in cui fosse presente la parola "Boden". Questi elementi potrebbero costituire un punto di partenza per verificare se il personaggio di Podamico rifletta, totalmente o in parte, una figura realmente esistita.

Se Federico è matematico ed esperto di demonologia, l'altro protestante che prende parte al colloquio, il francese Antonio Curzio, è giureconsulto: lo dice esplicitamente nel primo libro, dove difende la jurisprudentiam, quam profitemur

ac tuemur165; nei libri successivi, egli contribuisce spesso alle discussioni con

esempî e aneddoti tratti dalla propria esperienza di giurista166.

163 Coll. Hept. p. 14: [TORALBA:]Sed cum Fridericus, mathematicarum disciplinarum praestantia

clarus, ea quae sunt artibus magorum comprehensa studiose legerit, ut quidem ex ejus disputationibus saepius audistis, non video quis melius ac certius earum rerum nobis aperire causas, quam ipse, possit, modo velit.

164 Nel primo libro capiamo ch'egli ci tiene a tracciare una linea di demarcazione fra i proprî

studî e i malefici degli stregoni, che mostra di aborrire. S'indigna che nel codice di Giustiniano i maghi siano designati col nome di mathematici: Coll. Hept. p. 14 FRIDERICUS: Saepe

jurisconsultis jure succenseo, qui principia legitima scientia quam profitentur hujusmodi providere: Error jus facit, licet se invicem decipere, jus esse etiam cum praetor inique decernit. Sed nunquam justius illis iratus sum, quam quod mathematices et magiae i.e. sapientiae divinae nomina foedissimis ac facinoro- sissimis hominibus concedant. Est enim titulus in Codice Justiniani Augusti de maleficis et mathematicis, et utrique eadem scelerum immanitate aut impietate damnati, quo quid iniquius fieri potest?

165 Coll. Hept. p. 14.

166 Per esempio, vedi infra pp. 84-85, dove la discussione di Salomone con Curzio e Federico

Curtius, ein feiner, scharfsinniger Jurist, stets gelassen, nie ausfallend, wie

Fridericus167.

Non è però molto corretto, a mio avviso, descrivere Curzio come "composto" (gelassen): al contrario, mi sembra ch'egli sia, insieme a Federico, la figura più irrequieta e turbolenta del dialogo. Nella disputa cristologica dei libri quinto e sesto è lui che prende di petto i nemici del cristianesimo, che s'irrigidisce allorché Toralba afferma il primato della ragione umana sulla rivelazione, che cerca - insieme al suo alleato luterano - di zittire Salomone opponendogli l'incontestabilità dei dogmi, che s'indigna per la conversione di Ottavio all'islam. Si confronti l'atteggiamento tenuto da Curzio negli ultimi due libri del dialogo con la liberalità e la pacatezza di Coroneo e si vedrà come l'aggettivo gelassen sia poco adatto a descriverlo.

Salomo, der älteste und verehrteste Mann des Kreises, dem Weisheit und

lebenslang gepflegte Meditation eine starke, ruhige Sicherheit im Sprechen geben, der dabei der Begeisterung wie der Schärfe fähig ist 168.

Salomone è la figura forse più venerabile del Colloquium: durante tutto il dialogo egli è trattato con gran rispetto da tutti gli interlocutori, eccetto Curzio e Federico, estremamente ostili all'ebraismo. Egli è il custode di un sapere cui gli altri ospiti di Coroneo aspirano pur non potendo attingervi pienamente. La conoscenza profonda dell'Antico Testamento e della lingua ebraica permettono a Salomone di avere l'ultima parola su tutte le questioni in cui queste conoscenze sono implicate, come per esempio nel dibattito sul significato delle presunte profezie cristologiche e in generale in tutta la discussione trinitaria dei libri quinto e sesto. In questi ambiti non v'è nessuno che possa tenergli testa -

167 G. Roellenbeck, Offenbarung, Natur und jüdische Überlieferung bei Jean Bodin, p. 42. 168 G. Roellenbleck, ibidem, p. 41.

l'unico infatti che possieda una conoscenza sufficiente dell'ebraico è Coroneo, che comunque non può competere con Salomone - tanto ch'egli nel libro quinto infligge una sonora batosta a Federico e a Curzio, i quali, tentando di dimostrare attraverso le profezie veterotestamentarie la natura messianica di Gesù, finiscono per impelagarsi in una discussione da cui non riescono ad emergere se non profondamente umiliati169. In generale, dal punto di vista dell'etopea, si può senz'altro dire che Salomone è una figura costruita con accuratezza e coerenza: egli è saggio, ammaestra pacatamente i proprî interlocutori sulle cose ebraiche e, allorché viene sfidato, riesce a fare a pezzi gli avversarî dall'alto delle proprie conoscenze bibliche, senza comunque scomporsi minimamente. Si consideri, per esempio, il dibattito del quinto libro citato sopra, dove, davanti all'accuratissima analisi storico-filologica di Salomone, Federico e Curzio sono costretti a barricarsi dietro un sordo dogmatismo, facendo appello all'autorità della Chiesa e bollando le opinioni contrarie alle proprie come "eresie"170. Se dunque il personaggio di Salomone è artisticamente ben riuscito, viene da domandarsi quanto vera sia la sua figura, ossia se egli possa essere considerato un rappresentante fedele dell'ebraismo dell'epoca. Il problema è stato studiato dal giudaista Saverio Campanini il quale, dopo aver esaminato gli interventi di Salomone nel Colloquium, dimostra

169 Coll. Hept. pp. 225- 232.

170 Un esempio, p. 223-224: SALOMO: Oseas propheta hoc loco non futura denunciat, sed res

duorum annorum millibus ante gestas, quam Christus nasceretur, scilicet Israëlem ad avitas majorum sedes Deum arcessere voluisse. Sic enim appellatur in sacris litteris: Primogenitus filius meus Israel. Quanquam absurdum est, ut praenotionem sequatur res futura, quia praedictum sit, sed prospicitur ac praedicitur, quia futurum est, ut Julianus Augustus Galilaeis ac Celsus Christianis saepissime objecerunt.

CURTIUS: Jam pridem haec omnia veterum haereticorum sophismata fregit autoritas Augustini, Hieronymi, Theophili, Chrysostomi, Cyrilli, ut nulla ratione possit evangelicae veritatis clarissima lux talium argutiarum caligine obscurari. At vero facilius est, stellam ad reges deducendos creari, quam solis et lunae cursum Josuae imperatoris arbitrio sisti.

come ciò che Bodin171 vuol far passare per genuinamente ebraico è in realtà ricavato quasi interamente dalla letteratura cristiana sull'ebraismo, oltre a contenere diversi errori ermeneutici e sviste. Salomone non è un ebreo reale, ma è piuttosto "una costruzione intellettuale, un ritratto immaginario" formato da uno scrittore di cultura cristiana. A conferma di ciò vengono citati passi tratti da polemisti antigiudaici ma spacciati come cavati da opere di autori ebrei172; nozioni imparaticce di lingua ebraica173; una cultura cabalistica desunta integralmente da scrittori cristiani (Pico, Reuchlin, Ricci, Postel)174. In definitiva, Salomone si rivela come appartenente al novero dei cosiddetti "giudei utopici", figure di ebrei ideati da scrittori cristiani nel tentativo di "osservarsi

dall'esterno"175.

Un discorso particolarmente complesso richiede il personaggio di Senamo, che buona parte della critica ha sbrigativamente bollato come "pagano". Leggendo integralmente il Colloquium, ci rendiamo conto che il testo non ci fornisce alcuna base per classificare la posizione di Senamo come pagana o paganeggiante. È vero che in diversi punti Senamo dimostra una certa simpatia per i culti Romani e Greci, e ch'egli ha inoltre contezza delle divinità venerate in

171 Campanini tratta la questione senza citare il nome dell'autore per non parlare- uso la sua

stessa espressione- "di corda in casa dell'impiccato"; è però evidente ch'egli propende per la paternità bodiniana.

172 ... Per esempio, Salomone in Coll. Hept. p. 266 pronuncia il tetragramma ineffabile

secondo la vocalizzazione proposta da Pietro Galatino; un ebreo reale non avrebbe mai pronunciato il nome ineffabile o, se avesse deciso di farlo in contrasto coi precetti dell'ebraismo, di sicuro sarebbe ricorso a fonti ebraiche, non al ben poco affidabile trattato di Galatino. S. Campanini, Ut latere possit neminem. Riflessi dell'ebraismo nel Colloquium Heptaplomeres, in K. F. Faltenbacher (ed.) "Der kritische Dialog des Colloquium Heptaplomeres" p. 283.

173 Come nel caso dell'epiteto רש"sar" (principe) ingenuamente retrotradotto dal latino e

affibiato ad Abraham Savasorda, il cui vero epiteto era ישאנה ha-nasi. Cfr. S.Campanini, ibidem p. 262.

174 S.Campanini, ibidem p. 264 e 277-280. 175 Saverio Campanini, ibidem p. 283.

Asia e in America meridionale176, ma in nessun luogo si trova da parte sua una professione di fede pagana; anzi, in alcuni passaggi abbiamo persino l'impressione che egli aderisca, in qualche forma, alla fede cristiana. L'immagine di Senamo "pagano", già affermata da Guhrauer, viene resa canonica nella prefazione di Noack, dove di Senamo si dice che omnium

ethnicarum religionum... causam tuetur. Probabilmente Guhrauer e Noack

dovevano aver ritenuto l'atteggiamento tollerante di Senamo e la sua conoscenza dei culti pagani degli elementi sufficienti per classificarlo come

ethnicus. Più corretta è l'idea di chi vede - con Faltenbacher - in Senamo uno

"scettico". Così lo descrive Roellenbleck:

Eine eigene Atmosphäre umgibt Senamus. Er akzeptiert nicht die Voraussetzungen der andern (außer der, die Gottlosen zu verabscheuen), aht vielmehr seine eigenen und steht damit in gewisser Weise den sechs allen allein gegenüber. Nicht die Kontemplation ist ihm das höchste, sondern das moralische Handeln. Seine Skepsis gegenüber allen ontologischen Aussagen der Freunden, seine Bescheidung - oder auch sein agnostizistisches Beharren - bei den Sinnenfälligen, bei den einfachsten religiösen Aussagen und Vorschriften bringen es mit sich, daß er selten länger an der Debatte beteiligt, selten längere Ausführungen macht. Er ist der Mann der ironischen Einwürfe, der skeptischen Fragen, er beunruhigt und belebt die Debatte, ohne ihr - auch am Ende des Ganzen - seinen Geist nachdrücklich einhauchen zu können. Es ist etwas Gefährliches, übertreibend gesagt, umheimliches, um ihn, ein Geist, dem sich die Debatte nicht öffnet, von dem sie sich absetzt. Seine Blickweise ist auch dem toleranten Denken des Kreises nicht gemäß und wird von diesem im Grunde als Partersposition nicht akzeptiert; in ihr meldet sich eine andere Welt zu Wort. Sicher ist es auch kein Zufall, daß allein Senamus keine Verse vorträgt177.

176 Moltissimi contributi al dialogo relativi alle religioni delle Indie orientali e occidentali

sono pronunciati da Senamo: p.es. Coll. Hept. p. 170, p. 192, p. 225, p. 344.

A parte la giusta definizione di Senamo come "scettico", il ritratto offertoci da Roellenbleck è difettoso sotto diversi punti di vista. Innanzitutto, l'immagine di un Senamo isolato, emarginato dagli altri, poco aperto allo spirito di tolleranza che s'instaura tra gli altri interlocutori non è accettabile così com'è posta. Per comprendere questo personaggio, è innanzitutto importante ricordare che esso svolge, nel corso del dialogo, due ruoli assai distinti, con una lieve incoerenza che non giunge mai a risoluzione. Nei primi tre libri egli ci viene presentato come un assertore della più rigida ortodossia tomistico- aristotelica. In questa sezione, egli è effettivamente isolato dagli altri interlocutori: per esempio, nella discussione sulla natura dei demoni. Egli è l'unico ad insistere sulla loro natura "immateriale" e "maligna" e, in generale, nel suo sforzo di far trionfare ovunque i principî scolastici, fa spesso una magra figura. Dunque, se nei primi tre libri la sua cultura ottusa e imparaticcia lo rendono quasi un precursore del Simplicio galileiano, nel prosieguo il suo ruolo viene completamente ribaltato. È così che, a mano a mano che ci si addentra nei problemi eminentemente confessionali, Senamo si rivela la figura più aperta alla diversità di opinioni: davanti all'inasprirsi del dibattito, quando il dogmatismo di ciascun personaggio entra seriamente in gioco, è soprattutto lui (affiancato ora da Ottavio, ora da Coroneo) a mediare, a smussare i contrasti, a intravedere le possibilità di accordo dietro le divergenze dottrinali. Il libro quarto, in cui viene toccato il cuore del problema della tolleranza religiosa, è dominato dalla figura di Senamo. Nei libri successivi i suoi interventi, benché più rari, sono essenziali per l'economia del discorso: è lui che, durante l'infocato dibattito cristologico, interviene per placare la tempesta quando la tensione fra i cristiani e i loro avversarî si fa insopportabile; è lui che, quando il dibattito sembra giunto ad un vicolo cieco per l'irrigidirsi di ognuno sulle proprie posizioni, si fa avanti sollevando nuove questioni che permettono alla disputa

di proseguire. È quindi fondamentalmente scorretto - almeno per quanto riguarda il Senamo degli ultimi tre libri - dire che "la visione di Senamo non si

accorda con lo spirito di tolleranza che s'instaura tra gli interlocutori". Al contrario, è

proprio Senamo a dar voce, nei momenti più critici, a questo spirito di tolleranza.

Nativo della zona di Volterra178, Ottavio Fagnola rivela solo a metà del dialogo, con gran stupore dei presenti, di essersi convertito all'islam179. Egli appartiene alla nutrita galleria di cristiani rapiti dai saraceni che, dopo anni di prigionia e di servitù, si convertono spontaneamente all'islam180. Reduce dalle terre moresche, all'epoca particolarmente aperte alla varietà di costumi e di culti, Ottavio si fa portavoce delle più avanzate istanze di tolleranza religiosa costituendo, insieme a Senamo e a Coroneo, la linea più moderata e antidogmatica all'interno del circolo. Egli è inoltre poeta, e la lettura della tragedia da lui composta sull'esecuzione dei figli di Saladino fa, negli ultimi tre libri, da proemio alle discussioni delle singole giornate.

Octavius, ein beweglicher, gestreicher, hitziger Mensch; auch er führt eine

scharfe Klinge und ist der Hauptdichter der sieben.181

Finora, i contributi dell'arabistica e dell'islamistica al Colloquium si sono limitati all'indagine delle citazioni coraniche in rapporto al problema delle

178 Quest'informazione si ricava dalla sezione sui prodigi della natura, dove Fagnola ad un

certo punto parla dei "Volterrani a noi confinanti" Coll. Hept. p. 53: Saepe cum Volaterranis

finitimis nostris non sine admiratione spectavi.

179 Coll. Hept. pp. 169-171; p. 169: Cum ad hanc orationem caeteri conticuissent ac mirarentur,

Octavium a Christianis ad Ismaëlitas defecisse...

180 L'esempio più famoso di questo filone di narrazioni sui cristiani apostati è la vicenda del

cautivo narrata da Cervates nel Don Chisciotte (II, capp. 39-41). Sul tema delle apostasie di

cristiani cfr. L. Scaraffi, Rinnegati: per una storia dell'identità occidentale, Bari 1993; e F. Cardini,

Europa e islam, Bari 1999.

traduzioni latine e della loro diffusione nell'Europa del tempo182. Potrebbe essere interessante, a proposito del personaggio di Ottavio, verificare in che misura esso rifletta l'immagine della società turca e del suo multiculturalismo. In generale, mi sembra che, tra tutte le dottrine rappresentate, quella musulmana sia la meno presente nel dibattito. I contributi più significativi di Ottavio riguardano, dal punto di vista sociale, le istanze di tolleranza e di pace all'interno del corpo cittadino; sotto l'aspetto religioso, l'unico intervento di una certa consistenza riguarda la critica all'idolatria, derivata dalle posizioni rigidamente aniconiche dell'islam. Per il resto, tutto ciò che vi è di peculiare nell'islam - la figura di Maometto, la sua ascensione in cielo in groppa ad un cavallo, il paradiso di voluttà - è oggetto di aspre critiche da parte di tutti gli interlocutori183.

Toralba, nativo della penisola iberica, è probabilmente il personaggio più discusso del Colloquium. La sua visione del cosmo e del divino, fondata esclusivamente sulla ragione ed estranea alle rivelazioni dei monoteismi classici, ha indotto taluni a pensare che, siccome le sue posizioni non sono inquadrabili in nessuna dottrina dell'epoca, Toralba non possa rappresentare altri che il pensiero dell'autore stesso184. Per altri, come Wootton, egli è invece portavoce del deismo herbertiano, interpretazione che sta in piedi solo a patto che si rigetti la paternità bodiniana e si collochi la stesura del dialogo a metà del XVII secolo. Toralba giustifica la sua teologia come la forma più antica di religione: essa sarebbe stata infatti il credo di Noè, di Abramo, di Giobbe. È profondamente avverso al cristianesimo, che gli sembra contrario ai più basilari

182 Sulla presenza dell'islam nel Colloquium, cfr. H. Bobzin, Islamkundliche Quellen in Jean

Bodins Heptaplomeres in "Jean Bodins Colloquium Heptaplomeres", ed. G. Gawlick and F.

Niewohner, Wiesbaden 1996, pp. 41-57 (57); Bobzin, Jean Bodin über den Venezianer Korandruck

von 1537/38, in "Wiener Zeitschrift fur die Kunde des Morgenlandes", 1991, pp. 95-105.

183 Coll. Hept. pp. 169-172.

principî di ragione; simpatizza invece col giudaismo, tanto che Faltenbacher, nel suo primo lavoro, arrivò a proporre di immaginare Toralba come uno dei tanti marrani iberici rifugiatisi nei dominî della Serenissima per sfuggire alle repressioni in Spagna e Portogallo. In effetti, la cultura di Toralba è innervata di letture veterotestamentarie, e in generale si potrebbe dire ch'egli propone le proprie idee come afferenti ad una sorta di giudaismo "premosaico". Di lui Roellenbleck scrive:

Toralba, leidenschaftlich von der Liebe zur Vernunft und vom Vertrauen in den Menschengeist beseelt, zugleich in Natur und Vernunft überall Gott erspürend; sehr methodisch, ein wenig trocken, mehr spöttisch als scharf, wenn scharf, stets sachlich185...

Questo ritratto coglie nel segno: le proposizioni di Toralba, innervate da una fede assoluta nella ragione, hanno un che di arido ed eccessivamente schematico. È però difficile dire quanto quest'impressione sia ascrivibile al bagaglio culturale del lettore moderno e quanto essa potesse essere percepita dai contemporanei di Jean Bodin: ulteriori ricerche sul personaggio di Toralba e sulle reazioni degli interlocutori alle sue affermazioni (in particolare nei libri IV, V e VI) potrebbero contribuire a gettare luce sul peso che questo personaggio riveste nell'economia dell'intero dialogo. Resta il fatto che, se la sua figura domina in diversi passaggi del libro (nella polemica antiaristotelica dei libri II e III, e in quella anticristiana nei libri V, accanto a Salomone), nondimeno i suoi interventi nel libro VI scemano, e nelle ultime dieci pagine del dialogo egli se ne sta zitto- il che sarebbe particolarmente strano se assegnassimo a Toralba il ruolo di portavoce delle opinioni di Bodin.

Per quanto riguarda invece la figura di Coroneo, sono stati fatti diversi tentativi di scorgere un reale personaggio storico dietro il suo nome. L'autore anonimo della traduzione secentesca del Colloquium lo chiama "Coroni", con un'italianizzazione meccanica del latino Coronaeus. Vasoli, nel già citato intervento sul rapporto tra il nostro dialogo e l'immagine di Venezia di Jean Bodin, parla del "ritratto immaginario del patrizio Paolo Coroneo (Correr186)", senza

ulteriori spiegazioni. La somiglianza dei due nomi e l'idea che Coroneo sia un patrizio veneto (ma questo, occorre ricordarlo, non è mai affermato esplicitamente nel dialogo), devono essere sembrate sufficienti a Vasoli per assegnarlo alla casata Correr. Questa identificazione è però del tutto arbitraria: il nome latino di questa famiglia, appartenente alle case nove, è Corrarius e Bodin, che conosceva Venezia soprattutto attraverso la letteratura in lingua

Documenti correlati