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Il Latino del Colloquium Heptaplomeres: aspetti stilistico-letterarî e problemi di attribuzione

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN FILOLOGIA E STORIA DELL

'

ANTICHITÀ

TESI DI LAUREA

Il Latino del Colloquium Heptaplomeres

aspetti stilistico-letterarî e problemi di attribuzione

RELATORI

prof.ssa Chiara Ombretta Tommasi prof.ssa Simonetta Bassi

CANDIDATO Paolo Pezzuolo

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INDICE

ABBREVIAZIONI DELLE OPERE BODINIANE ... III

PREFAZIONE ... 1

I QVAESTIO BODINIANA ... 5

I.1 LA TRADIZIONE DEL COLLOQUIUM HEPTAPLOMERES ... 6

I. 1. 1 Le testimonianze contemporanee a Bodin ... 6

I. 1. 2 La prima fase della tradizione secentesca ... 9

I.2 LA PATERNITÀ BODINIANA MESSA IN DUBBIO ... 13

I. 2. 1 La prima teoria di Faltenbacher ... 16

I. 2. 2 Das Colloquium Heptaplomeres und das neue Weltbild Galileis ... 21

I. 2. 3 La critica di Jean Letrouit alle tesi di Faltenbacher ... 24

I. 2. 4 I convegni di Parigi e di Villa Vigoni ... 26

I. 2. 5 Noel Malcolm e la difesa della paternità bodiniana ... 35

I. 2. 6 Der kritische Dialog des Colloquium Heptaplomeres: Wissenschaft, Philosophie und Religion zu Beginn des 17 Jahrhunderts ... 48

I. 2. 7 Stato attuale della questione ... 51

II QUESTIONI PRELIMINARI: GIUDIZI SULLO STILE LATINO DI BODIN E IL PROBLEMA DELL'ETOPEA ... 53

II.1 IL GIUDIZIO DI GROZIO ... 53

II.2 GIUDIZÎ MODERNI ... 70

II. 2. 1 Chauviré ... 70

II. 2. 2 Roellenbleck ... 77

II.3 LE FIGURE DEL COLLOQUIUM HEPTAPLOMERES E IL PROBLEMA DELL'ETOPEA ... 81

(4)

III ANALISI DELLA LINGUA DEL COLLOQUIUM HEPTAPLOMERES IN

RAPPORTO ALLE OPERE BODINIANE DI SICURA ATTRIBUZIONE ... 95

III.1 INTRODUZIONE: UN GIUDIZIO DI BODIN SULLO STILE LATINO DI PIETRO BEMBO ... 95

III.2 ANALISI LINGUISTICA DEL COLLOQUIUM HEPTAPLOMERES ... 99

III. 2. 1 Morfologia e ortografia ... 99

III. 2. 2 Lessico ... 107

III. 2. 3 Sintassi ... 122

III. 2. 4 La statua di Gesù a Cesarea ... 127

III. 2. 5 Modi dell'influenza erasmiana ... 129

III. 2. 6 Risultati dell'indagine linguistica ... 135

III.3 ULTERIORI ELEMENTI A FAVORE DELLA PATERNITÀ BODINIANA ... 136

III. 3. 1 La catalogazione del sapere ... 136

III. 3. 2 Sulla preghiera degli ebrei ... 139

III. 3. 3 Jean Bodin e la Repubblica Veneta ... 141

III. 3. 3 a - Venezia nella Methodus ad facilem historiarum cognitionem ... 143

III 3. 3 b - Venezia nella République ... 153

III.4 CONCLUSIONE ... 156

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ABBREVIAZIONI

DELLE OPERE BODINIANE

Coll. Hept. I. Bodini Colloquium Heptaplomeres de rerum sublimium arcanis e codd. mss. bibliothecae academicae gissensis cum varia lectione aliorum apographorum nunc primum typis describendum curavit Ludovicus Noack, Suerini Megaloburgensium 1857.

Dém. De la Démonomanie des sorciers par I. Bodin, Paris 1580.

De rep. I. Bodini Andegavenis De republica libri VI latine ab autore redditi multo quam antea locupletiores 1586.

Meth. I. Bodini Methodus ad facilem historiarum cognitionem Parisiis 1566. Paradox. J. Bodin, Paradosso sulla virtù, a cura di A. Suggi, Milano 2009. Rép. Les six livres de la République de I. Bodin Angevin, Lyon 1579.

Theatr. Universae naturae theatrum, in quo rerum omnium effectrices causae, et fines contemplantur, et continuae series quinque libris discutuntur, autore Io.

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PREFAZIONE

Sette dotti, ognuno proveniente da un paese diverso, ognuno aderente ad una diversa fede religiosa, si ritrovano a vivere insieme in un palazzo veneziano, condividendo l'un con l'altro i frutti dei proprî studî e disputando di filosofia e religione in un'atmosfera di amicizia e di fratellanza. Questo è lo scenario del

Colloquium Heptaplomeres, un dialogo che secondo l'opinione tradizionale

sarebbe stato scritto da Jean Bodin intorno all'anno 15931. L'opera, a lungo divulgata solo clandestinamente attraverso copie manoscritte, è stata stampata per la prima volta nel 1857 da Ludwig Noack; da quel momento, si è creato un grande interesse intorno a quest'opera, con una considerevole mole di pubblicazioni che ha raggiunto il culmine nella seconda metà del Novecento.

Viele Reden darüber, aber wenige haben das Werk gelesen: l'appunto che

Faltenbacher muoveva nel 1988 a chi, tra i suoi colleghi, si avventurava nello studio del Colloquium Heptaplomeres era, al tempo, abbastanza corretto. Sfogliando i numerosi saggi e articoli pubblicati nel secolo scorso a proposito dell'"ultimo dialogo umanista"2, si ha spesso l'impressione che gli autori di queste ricerche siano senz'altro in grado di analizzare con acribia singoli temi e passaggi dell'opera, ma che difettino di una visione d'insieme. Si fa così strada il sospetto che molti di loro non abbiano avuto il tempo o la volontà di affrontare un testo la cui lettura integrale può risultare talvolta ostica, spesso monotona e poco piacevole. Oggi, a trent'anni di distanza da quando Faltenbacher pubblicò

1 I problemi di datazione verranno discussi nel capitolo I.

2 L'espressione, che ha avuto una certa fortuna, è di Roellenbleck, cfr. G. Roellenbleck

Venezia scena dell'ultimo dialogo umanista: l'Heptaplomeres di Jean Bodin (ca. 1590), in "Quaderni

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il suo primo lavoro, sono senza dubbio di più gli studiosi che mostrano di aver letto per intero e con cura il Colloquium; e tuttavia restano sempre in pochissimi quelli che l'hanno letto in latino. Nel dir questo non mi riferisco alla citazione e analisi di singoli passi in lingua originale, ma piuttosto alla capacità di immergersi in una lettura estesa del dialogo, che renda conto dello stile latino nei suoi vari aspetti, ovvero dei colori e delle risonanze letterarie, dei tic e delle ripetizioni, e infine dell'ideologia linguistica che trapela dall'insieme. Che un approccio del genere manchi è abbastanza comprensibile: il Colloquium

Heptaplomeres è un'opera che interessa di più gli storici del pensiero che i

filologi, e con la crescente tecnicizzazione delle discipline umanistiche è raro trovare uno studioso di filosofia che, trovandosi davanti a un volume di trecento pagine scritte in latino, non preferisca ricorrere ad una traduzione in una delle lingue moderne.

Lo stesso Faltenbacher si sottrae al problema utilizzando la traduzione francese dell'opera, redatta da un anonimo intorno all'inizio del Seicento, e spiega questa scelta accampando la "pessima qualità" dell'edizione Latina di Noack. Quest'ultima, stampata nel 1857 e basata soprattutto sul lavoro Heinrich Christian von Senckenberg3 integrato dalla collazione dei manoscritti di Giessen, Göttingen e Altona, ha costituito fino ad oggi il principale punto di riferimento per gli studiosi del Colloquium Heptaplomeres. È chiaro che un'edizione critica costituirebbe una base più solida per condurre ricerche su questo testo; comunque, in mancanza di essa, la forma fissata da Noack ci

3 Sui sei manoscritti collazionati da von Senckenberg cfr. E. G. Vogel, Zur Geschichte der

ungedruckten Werks: Colloquium Heptaplomeres sive de abditis rerum sublimium arcanis, verfasst von dem Franzosen Jean Bodin in "Zeitschrift für Bibliothekwissenschaft, Handschriftenkunde und

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permette, tenendo conto di possibili oscillazioni testuali 4 (in genere minime), di lavorare in modo abbastanza sicuro.

Uno studio approfondito dello stile del Colloquium Heptaplomeres potrebbe di per sé portare dei contributi sostanziali per la comprensione del pensiero dell'Angevino, del suo sviluppo e del suo posto all'interno del quadro del tardo rinascimento; oggi che la stessa paternità bodiniana è stata messa in dubbio, un'analisi in questo senso può rendersi decisiva. Nel dibattito sollevato da Faltenbacher, l'unico aspetto del Colloquium che non è mai stato discusso seriamente è stato proprio quello stilistico. In questo Faltenbacher si affida al proprio fiuto5, affermando che lo stile del Colloquium sarebbe vivace, troppo vivace per essere uscito dalla penna del grigio giurista di Angers. Noel Malcolm, l'ultimo ad aver approfondito questo tema pronunciandosi a favore della paternità bodiniana, proprio su questo punto si affida al parere di Grozio, che in una lettera del 1634 ad un corrispondente di Parigi affermava di aver letto il dialogo e di avervi riconosciuto l'impronta di Bodin. Si tratta, come si vede, di argomenti tutt'altro che soddisfacenti. Ora, davanti all'ipotesi - sostenuta da Pantin, Céard e Wootton - che l'Heptaplomeres sia opera di un falsificatore provetto, che avrebbe a bella posta messo in circolazione un testo anticristiano facendolo passare per opera di Jean Bodin, niente può essere più decisivo di un'analisi stilistica: la lingua e lo stile possono infatti rivelare ciò che non è riproducibile - o lo è solo in parte - vale a dire l'andamento delle frasi, le ripetizioni, gli errori, e tutto ciò che nello scrivere v'è di inconscio e di irriflesso.

4 Sugli errori dell'edizione Noack cfr. R.Chauviré, Colloque des secrets cachez de choses

sublimes, Paris 1914, pp. 9-10; p. 13.

5 A richiamare la sua attenzione sulla differenza stilistica tra Colloquium e opere di sicura

attribuzione bodiniana era stato il lavoro di G. Roellenbeck, Offenbarung, Natur und jüdische

(10)

In questo studio mi propongo, dopo aver ripercorso la storia della quaestio

bodiniana, di offrire un'analisi della lingua del Colloquium Heptaplomeres, e di

affrontare il problema dell'attribuzione a partire dalla prospettiva stilistica. Lo studio linguistico sarà preparato da un capitolo in cui discuterò diversi giudizî espressi sullo stile di Jean Bodin.

(11)

I

QVAESTIO BODINIANA

"Quaestio bodiniana": mi permetto di chiamare così, in omaggio alle celebri

quaestiones della filologia classica, il dibattito sorto intorno alla paternità del Colloquium Heptaplomeres. Esso nasce nel 1988. Fino a quell'anno si dava infatti

per certo che il dialogo dei sette sapienti - detto anche De rerum sublimium

arcanis abditis6 - fosse opera del giurista Jean Bodin, che vi avrebbe atteso

nell'ultimo decennio del Cinquecento. Questa convinzione fu messa in dubbio per la prima volta in uno studio intitolato Das Colloquium Heptaplomeres, ein

Religiongespräch zwischen Scholastik und Aufklärung: Untersuchungen zur Thematik und zur Frage der Autorschaft, pubblicato nel 1988 a Francoforte. L'autore di

questo lavoro, Karl Friedrich Faltenbacher, esponeva in esso una serie di argomenti di ordine filologico, storico e letterario, i quali a suo giudizio dimostravano senza ombra di dubbio che il Colloquium non poteva essere stato scritto da Jean Bodin. A breve esamineremo il ragionamento di Faltenbacher nello specifico. Prima è però necessario che ripercorriamo l'accidentata tradizione di questo testo.

6 Questo titolo, il primo di cui si abbia testimonianza, è attestato per la prima volta nel 1633:

si trova infatti nella Bibliographia politica di Naudé (ed. 1633 p. 33). Contrariamente a quanto dice Faltenbacher nella premessa al volume del 2009 Der kritische Dialog des Colloquium

Heptaplomeres, Darmstadt 2009,p. 11, dove si fa passare come prima attestazione quella contenuta

(12)

I.1

La tradizione del Colloquium Heptaplomeres

I. 1. 1 Le testimonianze contemporanee a Bodin

Del Colloquium Heptaplomeres non esistono né manoscritti autografi, né testimonianze contemporanee alla vita di Bodin: i primi esemplari databili di questo testo risalgono a circa trent'anni dopo la morte dell'Angevino, avvenuta a Laon nell'estate del 1596. Il codice più antico di sicura datazione7 risale all'anno 1627: secondo chi nega la paternità bodiniana la falsa attribuzione sarebbe entrata in circolazione proprio in quegli anni.

Esistono ad ogni modo tre episodî della vita dell'Angevino che taluni mettono in relazione con questo testo.

Il primo riguarda una denuncia a carico di Bodin presentata nel giugno del 1587 alle autorità di Laon: egli veniva accusato di attendere alla scrittura di un "libro sospetto"8. Il processo, nel quale furono coinvolti dieci testimoni fra i quali due preti cattolici, si risolse con l'assoluzione di Bodin. Alcuni studiosi ritengono probabile, sulla scorta delle ipotesi di Devisme e Vogel9, che il libro in questione fosse proprio il Colloquium Heptaplomeres, benché non sussista nessuna testimonianza relativa alla natura del libro incriminato10.

7 il Ms Lat. 6566, donato nel 1627 a Guy Patin da Charles Guillemeau.

8 Su questa notizia cfr. Malcolm, Jean Bodin and the authorship of the Colloquium

Heptaplomeres, in "Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, p. 97.

9 J.-F.-L. Devisme, Notice historique et criticque sur Bodin; auteur celebre, qui fleurissoit, a Laon,

dans le XVIIe siecle, in A. L. Millin (ed.)"Magasin encyclopedique, ou journal des sciences, des

lettres et des arts", ed., 1801, pp. 42-59; e E. G. Vogel, Zur Geschichte der ungedruckten Werks:

Colloquium Heptaplomeres sive de abditis rerum sublimium arcanis, verfasst von dem Franzosen Jean Bodin in "Zeitschrift für Bibliothekwissenschaft, Handschriftenkunde und ältere Literatur", I,

1840 pp. 113-116; 132-138, 152-155.

10 Guhrauer, in Das Heptaplomeres des Jean Bodin, Berlin 1841 p. XLV ha espresso dei dubbi:

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V'è poi una lettera del 1590, in cui Bodin scrive ad un corrispondente:

Vray est que ie voudrois deuant, iouyr de vostre presence; n'y aiant personne par deça à qui ie puisse communiquer les beaux & notables discours don ie desire vous faire part: & vn oeure qu'il faut que vous voyez au parauant qu'il soit publié11.

Normalmente l'oeuvre viene identificata nell'Universae Naturae Theatrum; dietro i discours taluni hanno voluto scorgere il riferimento ad un'altra opera: per Franck von Bezolt12 si tratterebbe del Paradoxon Virtutis, scritto in forma dialogica, mentre per Malcolm13 non è fuori luogo supporre che qui Bodin alluda ad una prima stesura del Colloquium. Personalmente, trovo poco probabile che il termine discours assuma qui il significato di "opera scritta in forma dialogica", dal momento che l'Universae Naturae Theatrum, che pure è un dialogo, viene chiamato oeuvre. È più facile immaginare che, parlando di discorsi che desiderava communiquer, Bodin intendendesse dire di aver un gran desiderio di conversare con l'amico e di metterlo a parte di certi suoi pensieri.

Il terzo indizio sarebbe ricavabile dal testo di una lettera che Bodin inviò nel 1595 a Roland Bignon, avvocato presso il Parlamento di Parigi.

Bodin si sia dedicato alla stesura del Colloquium (1593); in secondo luogo, dacché viene nominata la deposizione di due preti cattolici a favore di Bodin, parrebbe assai strano che questi avessero letto il testo del Colloquium Heptaplomeres, che li avrebbe senza dubbio indotti a parlare contro Bodin. Malcolm (in Jean Bodin and the authorship of the Colloquium Heptaplomeres, p. 97) fa però notare che l'anno normalmente assegnato alla scrittura del Colloquium (1593) non è così sicuro da escludere completamente questa possibilità, e che d'altra parte non v'è alcun elemento che induca a pensare che i due preti abbiano letto l'Heptaplomeres.

11 Jean Bodin, Selected Writings on Philosophy, Religion and Politics, ed. P.L. Rose, Geneva

1980, p. 87.

12 F. Von Bezolt, Jean Bodins Colloquium Heptaplomeres und der Atheismus des 6. Jahrhunderts,

in "Historische Zeitschrift", CXIII 266-67.

(14)

Il me déplaist que je ne puis faire imprimer le libvre pur en faire présent à celui dequel après Dieu je tiens la liberté e la vie par deux fois14.

Bodin avrebbe desiderato far dono a Bignon di un certo libro: voleva manifestare così la sua gratitudine per i buoni uffici resigli dall'avvocato in occasione di due inchieste che erano state aperte contro di lui nel 1587 e nel 159015. Purtroppo però "non ha potuto stamparlo", e quindi non gli è possibile presentare il testo a Bignon, cosa di cui Bodin si mostra profondamente rammaricato. Secondo Chauviré e Berriot16, è probabile che l'opera di cui si parla qui sia proprio il Colloquium Heptaplomeres. Anche su questo punto restiamo sul piano dell'ipotesi: in assenza di ulteriori indizî, è altrettanto probabile che qui l'Angevino si riferisca ad una delle molte opere inedite che diede ordine di bruciare sul letto di morte 17. Personalmente propendo per la

seconda ipotesi: questi scritti, che trattavano materie giuridiche (De imperio, De

iurisdictione, De decretis, De legis actionibus, De iudiciis), erano più appropriati

come dono da fare ad un giudice. Inoltre, è verosimile che Bodin si sarebbe fatto scrupolo a presentare un testo pericoloso come il dialogo dei sette sapienti ad una figura come Bignon, che nella lettera egli tratta con la deferenza dovuta ad un superiore (bisogna inoltre ricordare che al Parlamento di Parigi competevano anche le cause di empietà).

Diversi manoscritti riportano la subscriptio: H.E.J.B.A.S.A.Æ. LXIII che i

sostenitori della paternità bodiniana sciolgono così: "Haec ego Joannes Bodinus Andegavensis scripsi anno aetatis sexagesimo tertio". Da ciò concludono che il

14 Chauvirée, Jean Bodin auteur de la République, p. 534. 15 Chauviré, ibid., p. 534-535, note 1 e 2.

16 Chauviré, ibid. nota 2; Berriot (ed.) Colloque entre sept sçavans qui sont de diverses sentimens,

Genève 1984, p. 228, nota 8

17 L'informazione è riportata da Pierre Bayle, Dictionaire historique et critique, Rotterdam

1720, vol. I, p. 589. A questo proposito cfr. Lloyd Jean Bodin. This pre-eminent man in France. Oxford 2017, p 239; Malcolm, Jean Bodin and the authorship of the Colloquium Heptaplomeres, p. 96.

(15)

dialogo fu composto - o, meglio, ultimato - nel 1593. La questione è particolarmente delicata, perché coinvolge direttamente il rapporto tra il

Theatrum, il Paradoxon e il Colloquium, che condividono parecchio materiale e dei

quali si è cercato di stabilire l'ordine di composizione18. Non mi addentro ulteriormente nella questione: per il momento ci limitiamo ad osservare che questa subscriptio è interpretata diversamente da Faltenbacher e da quanti con lui espungono il Colloquium dalle opere dell'Angevino

I. 1. 2 La prima fase della tradizione secentesca

Le prime testimonianze databili che ci permettono di ricostruire la tradizione del Colloquium Heptaplomeres risalgono agli anni venti del Seicento. Sulla prima pagina del manoscritto latino 6566 conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi si legge Guido Patinus, Bellovacus, doctor medicus parisiensis. 1627. Ex dono

Caroli Guillemeau, Regis Christianissimi medici ordinarii. Il libro apparteneva

dunque a Guy Patin (1601-1672), che lo aveva ricevuto in dono dall'amico Charles Guillemeau (1588-1613), fisico e chirurgo al servizio di Luigi XIII.

Nello stesso anno fu pubblicato il libro di Gabriel Naudé (1600-1653) intitolato Advis pour dresser une bibliothèque, dove egli, discorrendo di autori famosi non ancora pubblicati, cita tra gli altri Bodin:

18 È chiaro che, nel caso venisse appurata la paternità bodiniana, questa datazione dovrà

essere considerata cum grano salis, non solo per l'ovvia considerazione che un libro così lungo deve aver richiesto più di un anno per essere composto, ma anche per i dubbi sull'anno di nascita di Bodin, che oscilla fra il 1529 e il 1530. Come sottolineato da Malcolm, Jean Bodin and

the authorship of the Colloquium heptaplomeres, p. 96, l'anno di composizione potrebbe

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... livres de Postel, Bodin, Marsille, Passerat, Maldonat, etc. les manuscripts desquels se rencontrent assez souvent dans les estudes des particuliers, ou en la boutique des libraires19.

Si è pensato che qui Naudé, parlando degli inediti di Bodin rinvenibili nelle librerie e nelle biblioteche dei privati, alludesse proprio all'Heptaplomeres: infatti nelle righe precedenti, discutendo degli impedimenti che ostacolarono la pubblicazione di queste opere, egli cita tra le altre cose l'apprehension des diverses

censures e jugemens20.

Tale ipotesi è confermata da quanto Naudé scrive, anni dopo, nella sua Bibliographia politica (1633):

Ioannes Bodinus composito sed nondum edito (atque utinam numquam edatur!) de rerum sublimium arcanis ingenti volumine21.

Allusione, questa, che rimanda direttamente a quanto tramandato concordemente da tutti i codici come sottotitolo del Colloquium Heptaplomeres. Nel medesimo anno, in una lettera a Pereisc, in cui discute del saggio su Epicuro cui stava attendendo Gassendi, Naudé si raccomanda che quest'ultimo rediga il libro in modo tale che esso possa essere trascritto come l'opera di Bodin De rerum sublimium arcanis, la quelle aussi ne se peut imprimer22. Naudé

deve essere venuto a conoscenza dell'Heptaplomeres intorno al 1626, dal momento che nella sua Apologie, stampata nel 1625, discutendo il caso di Bodin, non fa alcuna menzione del Colloquium in un passaggio in cui il riferimento a quest'opera sarebbe stato ineludibile.

19 G. Naudé, Advis pour dresser une bibliothèque, Paris 1623, p. 56. 20 G. Naudé, ibid.

21 G. Naudé, Bibliographia politica, Lutetiae 1633, p. 33.

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Un altro testimone della tradizione secentesca del nostro dialogo è Ugo Grozio, che tra il 1632 e il 1634 ne ricevette una copia in prestito dal suo corrispondente parigino Jean Descordes (detto latinamente Cordesio). A questi egli inviò, nell'autunno del 1634, una lettera in cui descriveva le sue impressioni di lettore. Torneremo nel dettaglio su questo episodio nel secondo capitolo; per ora mi accontento di anticipare che la lettera di Grozio è vista da molti come un'importante conferma della paternità bodiniana, in quanto in essa egli afferma di riconoscere nell'Heptaplomeres diversi tratti caratteristici dello stile e dell'orizzonte intellettuale di Jean Bodin23.

Ad ogni modo è probabile che Grozio abbia restituito il manoscritto a Cordesio nel 1635 - l'anno del suo ritorno a Parigi - forse dopo averne commissionato una copia. Si sa per certo che Cordesio, riavuto il manoscritto, lo prestò al matematico Claude Hardy24. Dopo il 1643, con la morte di Cordesio, si perdono le tracce del manoscritto, ma è assai probabile che esso sia passato nelle mani del cardinal Mazzarino, che rilevò la biblioteca del defunto su consiglio di Naudé.

Si sa che il teologo e matematico Marin Mersenne (1588-1648) era a conoscenza del Colloquium Heptaplomeres intorno al 1641, quando si adoperò per far copiare il testo da un esemplare posseduto da alcuni amici che si trovavano in Inghilterra25. Anche il suo caso è interessante per quanto riguarda la prima fase della tradizione del Colloquium. Marsenne, che in diverse opere mostra di aver familiarità col pensiero di Bodin e in particolare con la République e il Theatrum, non fa menzione del Colloquium nel suo trattato del 1624 L'impieté

23 Per un'esposizione approfondita del giudizio di Grozio vedi infra, pp. 53-69.

24 La notizia è ricavata da Pauli Columesii Opera, Hamaburgi 1709, p. 86. Per la

contestualizzazione di questa notizia cfr. Malcolm, Jean Bodin and the authorship of the Colloquium

Heptaplomeres, p. 103, n. 41.

(18)

des Déistes: se egli avesse conosciuto il nostro dialogo, di sicuro non avrebbe

omesso di citarlo.

L'ultima testimonianza significativa in merito alla tradizione del Colloquium riguarda un evento occorso intorno alla metà del XVII secolo. Uno dei manoscritti conservati alla Biblioteca Nazionale di Parigi (ms. lat. 6564) reca impresso sulla rilegatura lo stemma di Henri De-Mesmes. Costui era il figlio di Jean Jacques De-Mesmes il quale, avendo sposato la pronipote della suocera di Jean Bodin, intratteneva con quest'ultimo rapporti assai cordiali (questo almeno è quanto si ricava dal loro carteggio26).

Johann Diecmann, nel suo scritto sul naturalismo del 168327, riferisce di un processo di qualche decennio prima in cui sarebbero stati coinvolti gli eredi di Bodin. Questi avrebbero prestato una copia del Colloquium Heptaplomeres al presidente della corte Henri De Mesmes, probabilmente in nome della lontana parentela che li legava, e senza dubbio con l'intenzione di accattivarsi i suoi favori. Come fonte di questa storia, egli cita una parte del carteggio tra Naudé e Patin di cui non resta traccia. Se la storia sia degna di fede, non è sicuro, anche per il fatto che la copia di De Mesmes presenta un testo pesantemente corrotto, ed è quindi assai improbabile che essa rifletta un autografo conservato fino ad allora dagli eredi. È comunque interessante il fatto che il suddetto manoscritto riporti la trascrizione di una lettera di J. Bodin intitolata Epistre de Jean Baudin

touchant l'institution de ses enfans a son nepueu; il nipote non è nominato, ma

Malcolm propone di pensare che proprio lui - o un suo discendente - facesse parte del gruppo di eredi presentatisi davanti al tribunale di Des Mesmes. Il

26 A. Ponthieux, Quelques documents inedits sur Jean Bodin, in "Revue du seizieme siecle",

1928, pp. 56-99.

27 Johann Diecmann, de naturalismo cum aliorum, tum maxime Io. Bodini ex opere eius

(19)

fatto che questa lettera si trovasse all'interno della copia presentata al giudice costituirebbe quindi un elemento a favore della paternità bodiniana.

Si vede dunque come gli indizî desumibili dalla fase più antica della tradizione del Colloquium Heptaplomeres convergano verso la figura di Naudé. Egli era amico di Pantin e Guillemeau, compagno di studî di Cordesio, nonché bibliotecario di De Mesmes negli anni 1622-1626. Il suo ruolo in questa vicenda è comunque dubbio. Per chi sostiene la paternità bodiniana, è assai invitante l'ipotesi che egli, entrato presto in possesso dell'autografo del Colloquium o di un esemplare molto vicino ad esso, si sia industriato per favorirne la copia e la circolazione (salvo dissimulare, nei suoi scritti ufficiali, l'interesse per quest'opera scrivendo quod utinam ne umquam edatur!). Chi invece nega che questo dialogo sia stato scritto da Bodin preferisce immaginare Naudé e il suo circolo di eruditi non già come un semplice centro di irraggiamento dell'opera, ma come l'officina in cui essa venne confezionata in segreto per essere poi diffusa clandestinamente sotto il nome del defunto giurista.

I. 2

La paternità bodiniana messa in dubbio

Malgrado la prima fase della tradizione del Colloquium sia così oscura, a lungo nessuno si pose la domanda se l'attribuzione a Jean Bodin fosse corretta. Il primo a mettere in dubbio questo fatto considerato fino a quel momento assodato fu Karl Friedrich Faltenbacher. Nel 1988 egli pubblicò infatti uno studio in cui, esaminando una serie di aspetti del dialogo, giungeva alla conclusione che quel testo non poteva essere uscito dalla penna di Jean Bodin.

La proposta di Faltenbacher fu accolta con l'ostilità che normalmente si riserva a chi osa gettar dubbi su certezze ormai consolidate: i più preferirono

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passare la cosa sotto silenzio, mentre altri si affrettarono invece a raccogliere materiale per confutare queste tesi, mettendo in campo argomenti anche piuttosto validi. In generale però queste prime repliche appaiono viziate, se non da vera e propria faziosità, dall'ansia di togliere di mezzo quanto prima i fastidiosi dubbi che si trovavano ad ostacolare il cammino della ricerca.

Fra i primi studiosi che cercarono di rintuzzare gli argomenti di Faltenbacher vi furono Roellenbleck e Letrouit, con argomentazioni che non erano però sufficienti a risolvere la questione. Infatti Faltenbacher proseguì con le sue ricerche, correggendo e corroborando la propria tesi del 1988; nel 1993 pubblicò i risultati dei suoi studî nel volume intitolato Das Colloquium

Heptaplomeres und das neue Weltbild Galileis. Le sue idee trovarono seguito, e

negli anni successivi sfociarono in due convegni (il primo tenutosi a Parigi nel 1994, il secondo a Villa Vigoni nel 1999), nei quali si distinsero, per il peso delle argomentazioni a sostegno della tesi di Faltenbacher, gli interventi di Isabelle Pantin, di Jean Céard e di David Wootton.

Tra i difensori della paternità bodiniana Noel Malcolm è stato forse il primo - e per ora l'unico - ad aver affrontato la questione con rigore e con una certa equanimità. Nel suo articolo pubblicato nel 2006 sul Journal of the Warburg and

Courtauld Institutes, egli passa in rassegna tutti gli aspetti della questione toccati

da Faltenbacher e dai suoi colleghi, giungendo alla seguente conclusione:

The Colloquium Heptaplomeres is a Bodinian work through and through. One is tempted to say that only Jean Bodin could have written it; but perhaps it is sufficient to say that there are, in the end, no convincing reasons for thinking that he did not28.

(21)

Egli infatti nel corso del proprio ragionamento ridimensiona la portata di molte prove addotte dai negatori della paternità bodiniana; quindi propone prove che dovrebbero confermare la tesi opposta. Si tratta di argomenti di varia consistenza, alcuni molto persuasivi, ma perlopiù ex negativo e talvolta reversibili. Gi studiosi che più recentemente si sono dedicati allo studio del

Colloquium hanno trattato l'articolo di Malcolm come una dimostrazione

inoppugnabile a favore dell'attribuzione a Jean Bodin29, benché i suoi argomenti siano ben lontani dal permetterci di pronunciare una sentenza definitiva in merito. Infatti Faltenbacher nel 2009 ha pubblicato un volume in cui risponde, talvolta in modo convincente, alle obiezioni di Malcolm.

Per quanto riguarda l'oggetto di questa tesi, occorre rilevare che uno dei punti più fragili dell'argomentazione di Malcolm è proprio il discorso intorno allo stile del Colloquium. Egli liquida infatti la questione rimettendosi pienamente al giudizio di Ugo Grozio, che in una lettera del 1634 diceva di aver letto il dialogo in questione e di avervi ravvisato Bodinum, qualem semper

existimavi.

Per quanto il giudizio di Grozio possa avere, in mancanza d'altro, una certa attendibilità, esso non può essere accettato acriticamente come risolutivo. Nell'analisi stilistica del dialogo, che costituisce il nucleo di questo lavoro, cercherò di affrontare questo problema nello specifico. Prima di ciò ripercorreremo nei particolari la storia della quaestio bodiniana- finora mai descritta nella sua interezza - soffermandoci sui principali nodi argomentativi.

29 In particolare Suggi, Sovranità e armonia: la tolleranza nel Colloquium Heptaplomeres di Jean

Bodin, Roma 2005 pp. 37-42; G.Paganini, La civil conversazione nell'epoca delle guerre di religione: il "Colloquium Heptaplomeres" di Jean Bodin, in "L'antidoto di Mercurio", Firenze 2013, pp. 12-43:

p. 13, n. 1; H.A.Lloyd, Jean Bodin: This Pre-eminent man of France. An Intellectual Biography. Oxford 2017, pp. 239-243.

(22)

I. 2. 1 La prima teoria di Faltenbacher

Come dicevamo, la quaestio bodiniana nasce nel 1988 con la pubblicazione da parte di Faltenbacher del saggio Das Colloquium Heptaplomeres: Untersuchungen

zur Thematik und zur Frage der Autorschaft. In questo lavoro l'autore si

concentrava su diversi aspetti del dialogo - di natura cronologica, stilistica, ideologica - che a suo giudizio contrastavano insanabilmente con l'idea che il testo fosse opera di Jean Bodin.

Per esempio, il nostro dialogo si apre con una lode di Venezia e della libertà che regna in tutto il territorio ad essa soggetto, e che la rende omnium fere

gentium vel potius orbis universi portus communis. In un'Europa devastata dalle

guerre civili, piegata sotto il giogo delle tirannidi e del terrore inquisitoriale, con le condizioni di vita aggravate da tasse insostenibili, la Serenissima è la sola

propemodum civitas omnibus his servitutum generibus immunis et libera: è inoltre

l'unico luogo in Europa in cui popoli diversi possono convivere pacificamente conservando ciascuno la propria fede e i proprî costumi. È proprio questa condizione che permette a sette sapienti - un cristiano, un calvinista, un luterano, un ebreo, un musulmano e due personaggi difficilmente inquadrabili- di discutere liberamente di teologia, senza che la censura e la paura per la propria incolumità inibiscano il confronto.

Secondo Faltenbacher, le lodi di Venezia contrasterebbero troppo con i sentimenti antiveneti di Bodin30. Egli infatti nella Methodus, dove non risparmia frecciate alla Serenissima, ad un certo punto si esprime così:

Aut igitur praestantia Venetorum est in bellica virtute, aut in legum aequitate, aut in imperii magnitudine et opibus, aut in artium varietate. Bellica laude

30 K.F. Faltenbacher, Das Colloquium Heptaplomeres: Untersuchungen zur Thematik und zur

(23)

omnibus fere populis inferiores sunt; imperii magnitudine paucis admodum superiores; arte gubernandi et quaestuosa mercatura, cedunt Hispanis; artium varietate Germanis; quam quisque religionem privatim colant, non magnopere curant, et Pontificibus quaestiones impietatis ademerunt. Restat legum praestantia, quae qualis sit ex moribus civium intelligitur31.

Venezia viene disprezzata perché mediocre: nonostante sia lodata da molti, essa non può reggere il confronto con nessuno stato moderno né per potenza militare, né per l'estensione del dominio, né per i commerci e l'abilità marinara, né infine per le arti (che qui intenderei nel senso di "tecniche"). È singolare che un altro motivo di critica sia fornito proprio dall'aspetto più decantato nel

Colloquium Heptaplomeres, cioè l'atteggiamento liberale della Serenissima in

materia di religione, il quale viene attribuito non già a sapienza, ma a noncuranza. Forse si può riconoscere ai veneziani il merito di governare lo stato con leggi assennate? Basta guarda i costumi dei cittadini - evidentemente corrotti - per capire quanto siano efficaci queste leggi.

Come conciliare dunque - si chiede Faltenbacher - la virulenza di questo giudizio con le righe iniziali del Colloquium Heptaplomeres?

Nam cum Adriatici maris littora post difficilem navigationem legissemus, Venetiam appulimus, omnium fere gentium vel potius orbis universi portum communem, quia non modo adspectu et hospitio peregrinorum Veneti delectantur, sed etiam illic summa cum libertate vivi potest; et cum caeteris civitatibus et regionibus civilia bella aut tyrannorum metus aut vectigalium acerbae exactiones aut studiorum cujusque molestissimae inquisitiones impendeant, haec sola propemodum civitas omnibus his servitutum generibus immunis et libera mihi videtur. Quo fit, ut illuc undique confluant, qui summa

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cum libertate ac tranquillitate vitam agere decreverunt, seu ad mercaturam seu ad opificia seu ad otia liberis hominibus digna animum adjungant32.

Secondo Faltenbacher, questo è un primo aspetto che dovrebbe indurci a dubitare dell'attribuzione del Colloquium a Jean Bodin. Vediamo gli altri argomenti.

Faltenbacher espone poi una serie di prove di natura cronologica33: egli riconosce infatti, nelle pieghe di questo testo, dei riferimenti a fatti storici avvenuti dopo il 1596, anno della morte di Bodin.

Per esempio nel libro sesto Curzio, discorrendo contro il razionalismo di Salomone e Toralba, cita fra gli altri il nome del teologo calvinista Philippe de Mornay (Philippus Mornaeus), di cui egli lamenta l'approccio intellettualistico alle verità di fede:

Quare nec probare possum Eusebii, Galatini, Augustini, Eugubini scripta, e quibus Mornaeus demonstrationes evangelicas promere conatur. Non enim prospexerunt, scientiam et fidem, quam infusam appellant, simul stare non posse34.

Faltenbacher ritiene, sulla scorta di quanto già segnalato da Marion Kuntz35, che qui l'autore si riferisca al trattato di Mornay De l'Institution sage et Doctrine

du Saint sacrement de l'Eucharistie en l'Église ancienne, pubblicato nel 1598, in cui

la validità dell'eucarestia viene dimostrata attraverso un complesso ragionamento.

32 Coll. Hept. p. 1

33 Le presunte incoerenze cronologiche vengono discusse in K. F. Faltenbacher, Das

Colloquium Heptaplomeres: Untersuchungen zur Thematik und zur Frage der Autorschaft, pp. 29-36

34 Coll. Hept. p. 236

35 Cfr. J. Bodin, Colloquium of the Seven About Secrets of the Sublime, ed. M. L. Kuntz (ed.),

(25)

Un'altra prova di ordine cronologico riguarda l'episodio della mummia del libro I. Il dialogo si apre infatti con Ottavio che narra del suo soggiorno in Egitto, durante il quale un compagno di viaggio lo avrebbe convinto a penetrare in una piramide e a trafugarne una mummia da riportare in patria (le mummie erano particolarmente ricercate dai medici). Riesumata una mummia e liberatala dalle bende e dall'involucro aureo che la ricoprivano, scoprono una statuetta di Iside al posto del cuore:

[OCTAVIUS:] Sacra Isidis abrogata sunt, ni fallor, Constantini Magni dominatu, ex quo constat, cadaver illud ante MCCC annos conditum fuisse, et fieri potest, ut ante annorum duo triave millia sepultum fuerit.

Il fatto che qui Ottavio dica che il culto di Iside fu abrogato mille e trecento anni prima non combacia col periodo di vita di Jean Bodin: l'accenno ai provvedimenti di Costantino rimanderebbe al 324, o comunque a non prima del 313: per Faltenbacher sarebbe dunque giocoforza datare il Colloquium intorno al 1620.

Nella disputa sulla natura dei demoni del secondo libro, Curzio riferisce la storia di un non meglio identificato Pietro Corso il quale, inviato a Costantinopoli per ottenere aiuti militari dal sultano, avrebbe assistito al seguente prodigio: l'ambasciatore francese, chiamato in latino Vinea, sarebbe stato in possesso di uno specchio stregato. Attraverso questo strumento, egli sarebbe stato in grado di spiare dentro la sua casa di Marsiglia e di assistere agli adulterî di sua moglie standosene a Costantinopoli. Al ritorno dalla missione, egli avrebbe ucciso la donna insieme alla serva di questa e ai figli nati dall'adulterio36. Per Faltenbacher, questo Vinea andrebbe identificato col

36 Coll. Hept. p. 12 CURTIUS: Memini Petrum Corsum, cum auxiliares copias una cum Vinea

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diplomatico francese Du Vignau, che svolse incarichi a Costantinopoli nel XVII secolo37.

Faltenbacher tenta anche una critica stilistica: la lingua del Colloquium sarebbe infatti troppo fantasiosa e vivace (lebhaft) per poter essere uscita dalla penna di Jean Bodin, le cui opere latine sarebbero perlopiù improntate ad una grigia monotonia. Tale contrasto risulterebbe particolarmente evidente confrontando il nostro testo con la "rigida didatticità" del Theatrum, che pure appartiene al genere del dialogo: in esso assistiamo ad una tediosa successione di domande e risposte, mentre nel Colloquium abbiamo un acceso dibattito, inframmezzato da note di colore38: Nel fare queste osservazioni, Faltenbacher non si spinge però oltre la propria personale impressione, formatasi, peraltro, più sulla traduzione francese che sull'originale latino.

Per Faltenbacher anche la partizione del testo è singolare: da un pedante come Bodin ci aspetteremmo una divisione dell'opera in sezioni di lunghezza simile (come nella Démonomanie e nel Theatrum), mentre nel Colloquium l'estensione dei libri varia dalle 10 (il primo) alle 200 pagine (il quinto)39.

Per quanto riguarda la tradizione del testo, Faltenbacher fa notare che, in assenza di autografi e di codici databili con sicurezza a prima del 1627, l'idea della paternità bodiniana diventa ancora più fragile.

adulteris ex urbe Constantinopoli moechantem videbat, et adultera vicissim maritum in speculo contuebatur, quem cum portu solveret ac pridie quam Massiliam appelleret redeuntem perinde aspiciebat, ac si praesens adfuisset. Sed antequam rediret maritus, sui sceleris conscia fugit Antipolim, quo maritus illam perse- cutus una cum liberis adulterio quaesitis et ancilla contrucidavit. Recens est ac toti provinciae notissima historia...

37 Faltenbacher, Das Colloquium Heptaplomeres: Untersuchungen zur Thematik und zur Frage der

Autorschaft,. p. 35.

38 L'osservazione era già di Roellenbleck, Offenbarung, Natur und jüdische Überlieferung bei

Jean Bodin p. 47, Gütersloh 1964, p. 41.

39 In realtà, l'osservazione è già smentita dalla Methodus ad facilem historiarum cognitionem, in

cui, su un totale di quattrocento e cinquanta pagine distribuite in dieci capitoli, più della metà sono occupate dai soli capitoli quinto e sesto.

(27)

V'è inoltre la dedica all'inizio del primo capitolo "ad N.T.": nessuno è ancora riuscito a rintracciare, tra gli amici e i corrispondenti di Bodin, una persona con un nome con queste iniziali. Per quanto riguarda le subscriptiones (H.E.J.B.A.S.A.Æ. LXIII), Faltenbacher avanza l'ipotesi che siano state proprio

quelle a dare adito alla falsa attribuzione: egli non fornisce un'interpretazione alternativa ma immagina che, una volta individuati altri possibili autori, la

subscriptio possa essere sciolta altrimenti.

Il libro si chiude con un confronto tra alcuni passaggi del Colloquium

Heptaplomeres -segnatamente quelli di polemica anticristiana - e l'opera "contro i

gentili" di Leon Modena Magen we-ḥerev (Scudo e spada, 1643): la conclusione è che il Colloquium Heptaplomeres sia stato confezionato da uno scrittore giudeo o giudaizzante, attivo probabilmente a Venezia nel circolo di Leon Modena40.

I. 2. 2 Das Colloquium Heptaplomeres und das neue Weltbild Galileis

Il volumetto di Faltenbacher fu recensito lo stesso anno da Georg Roellenbleck, che aveva già dedicato uno studio al Colloquium Heptaplomeres41. Nel lavoro di

Faltenbacher, Roellenbleck individua diversi punti stimolanti (la visione della Serenissima, il contrasto stilistico con il Theatrum, l'idea che a fornire il modello di questa disputa siano state delle discussioni teologiche avvenute veramente in una casa patrizia di Venezia). Egli individua però diversi punti deboli del ragionamento: per esempio, dove Curzio cita le dissertazioni teologiche di Philippe de Mornay, non è necessario far risalire questo riferimento al De

l'Institution, du saint sacrement de l'eucharistie, pubblicato nel 1598; per quanto si

40 K. F. Faltenbacher, Das Colloquium Heptaplomeres: Untersuchungen zur Thematik und zur

Frage der Autorschaft, pp. 101-115.

41 La recensione di Roellnbleck al lavoro di Faltenbacher è contenuta in "Romanistisches

(28)

evince dal passaggio in questione, il calvinista potrebbe qui alludere ad un'altra opera teologica di Mornay, il Traité de la verité de la religion chrétienne, già alle stampe nel 1581. Per quanto riguarda la polemica anticristiana, secondo Roellebleck niente ci costringe ad ipotizzare una dipendenza del Colloquium dal

Magen we-ḥerev: molti argomenti che vengono individuati come tipici di Leon

Modena rientrerebbero nella topica delle controversie tra ebrei e cristiani, benché la cosa vada accertata attraverso ulteriori studî. Per concludere, Roellenbleck non nega che alcuni argomenti di Faltenbacher siano validi e stimolanti per la ricerca; essi rimangono comunque mere "ipotesi" a sostegno delle quali non sono ancora state messe in campo delle prove stringenti. In assenza di queste ultime, non gioverebbe accogliere la proposta di Faltenbacher:

Welche neuen Perspektiven ergäben sich dann? Unser bild von Bodin würde an Farbe[...] einbüssen, aber unsere Sicht auf di Spannweite des Denens im 16. Jhd. müsste sich nicht ändern, vom 17 Jhd. gar nicht zu reden42.

Negli anni successivi Faltenbacher tornò due volte sull'argomento, con l'intervento Examen de conscience à Venise: le Colloquium Heptaplomeres43 e,

soprattutto, col volume Das Colloquium Heptaplomeres und das neue Weltbild

Galileis. Zur Datierung, Autorschaft und Thematik der Siebenergesprächs. In

quest'ultimo lavoro egli discute degli elementi del Colloquium che sarebbero da ricondurre, a suo avviso, alle teorie copernicane e all'orizzonte scientifico galileiano: per esempio, il passaggio del dialogo in cui i sette discutono del passo biblico in cui Giosuè ordina al sole di fermarsi44, la spiegazione

42 Roellebleck, ibid. p. 222.

43 L'originale italiano è stato ripubblicato da Faltenbacher nel 2009 in coda al volume K. F.

Faltenbacher (ed.), Der kritische Dialog des Colloquium Heptaplomeres: Wissenschaft, Philospphie und

Religion zu Beginn des 17. Jahrhundert: Ergebnisse der Tagung vom 6 bis 7. November 2006 am Frankreich Zentrum der freien Universität Berlin, Darmstadt 2009, pp. 316-326.

(29)

razionalistica di Salomone rifletterebbe la celebre interpretazione del medesimo passo data da Galileo.

Inoltre l'insistenza sulla libertà di Venezia risentirebbe di fatti contemporanei, in particolare del periodo dell'Interdetto (1606-1607): mai la fiera indipendenza della Serenissima era entrata in così aperto contrasto con la prepotenza pontificia.

Faltenbacher allega inoltre nuove prove di natura cronologica per confermare l'idea che questo testo rifletta il clima culturale e gli eventi storici dell'inizio del Seicento.

Nel libro primo, durante la disputa demonologica, il luterano Federico parla di una "femminetta" che, posseduta da un demone, avrebbe profetizzato in Greco una guerra di religione destinata a mettere a ferro e fuoco "quasi tutta la Germania".

Et Philippus Melanchthon tradit, mulierculam quandam, cum a daemone cruciaretur, graece loqui solitam ac bellum sacrum, quo Germania pene tota deflagravit, hoc carmine denunciasse: ἔσται ἀνάγκη ἐπὶ τῆς γῆς καὶ ὁρµὴ ἐν τῷ λαῷ τούτῳ 45

Faltenbacher ritiene che l'unica guerra di religione di cui si possa dire che fece ardere "quasi tutta la Germania" è la guerra dei trent'anni (1618-1648): ne conseguirebbe che il nostro testo non poté essere scritto da Jean Bodin.

Un altro passaggio rivelatore sarebbe la citazione di Ateneo all'inizio del libro VI: Faltenbacher ricorda che la prima edizione di Ateneo ad aver goduto di un'ampia diffusione fu quella pubblicata da Casaubon nel 1597, l'anno dopo la morte di Bodin46.

45 Coll. Hept. p. 34.

46 Faltenbacher, Das Colloquium Heptaplomeres und das neue Weltbild Galileis, Mainz 1993,

(30)

Infine, il tentativo di trasportare la mummia in Europa sarebbe stato ispirato dalla figura di Nicolas Fabri de Pereisc e dai suoi tentativi di farsi consegnare delle mummie dall'Egitto, frustrati proprio per il rifiuto dei naviganti, convinti che imbarcando un carico simile sarebbero incorsi in una tempesta47: ciò renderebbe necessario datare il Colloquium ai primi decenni dei XVII secolo.

I. 2. 3 La critica di Jean Letrouit alle tesi di Faltenbacher

Se si esclude la recensione di Roellebleck, per diversi anni la comunità scientifica ignorò quasi completamente le ricerche di Faltenbacher48. Una risposta seria ai suoi argomenti si ebbe nel 1995 quando Jean Letrouit, in un articolo pieno di indignazione apparso su La lettre clandestine49, cercò di minare

le basi della teoria faltenbacheriana confutando le sue proposizioni più decisive, quelle relative alla cronologia.

A proposito di Ateneo, Letrouit ci rammenta che quest'opera era già disponibile a stampa prima dell'edizione di Casaubon del 1597, da cui Faltenbacher ritiene siano state ricavate le citazioni del libro quinto del

Colloquium: l'editio princeps del testo greco era stata pubblicata nel 1514 da

Manuzio, mentre nel 1556 era stata stampata - sempre a Venezia - la traduzione Latina di Natale Conti. Il bellum sacrum, quo Germania pene tota deflagravit, non

47 Faltenbacher, ibid. p. 1993.

48 Un'eccezione è costituita da Jozef Ijsewijn, che nel suo Companion to Neo-Latin Studies

Leuwen 1990, che nella sezione dedicata a Bodin tiene conto della teoria faltenbacheriana.

49 J.Letrouit, Jean Bodin: auteur du Colloquium heptaplomeres, in "La Lettre clandestine:

Bulletin d’information sur la littérature philosophique clandestine de l’age classique", n. 4, pp. 509–23.

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avrebbe invece nulla a che vedere con la guerra dei trent'anni: la frase è infatti tratta da una lettera di Melantone e riguarda le rivolte contadine degli anni 1524-1525, la cui repressione fu uno degli eventi più cruenti che la Germania avesse visto fino ad allora. Bodin si sarebbe imbattuto in questa lettera durante la lettura del libro di Wier De praestigiis daemonum, da cui trasse molto materiale per la composizione della Démonomanie.

Per quanto concerne invece la mummia e i milletrecento anni passati dall'abolizione dei culti isiaci, Letrouit rammenta che Bodin è spesso impreciso nel riferire date ed eventi storici. Segnatamente, in un brano del sesto libro della

Methodus si trova un passaggio da cui si dovrebbe dedurre, seguendo lo stesso

ragionamento applicato da Faltenbacher al racconto di Ottavio, che il libro sia stato scritto nel 1512. Infine, il riferimento a Mornay viene ricollegato, con Roellenbleck, al Traité de la verité de la religion chrétienne del 1581.

Letrouit si pone nell'atteggiamento di chi pronuncia un giudizio senza appello, esibendo peraltro un certo fastidio per la leggerezza con cui Faltenbacher avrebbe turbato i lavori della comunità scientifica con le sue idee balorde; egli ritorce inoltre contro il collega tedesco lo stesso rimprovero che questi aveva mosso agli studiosi del Colloquium Heptaplomeres (Viele Reden

darüber, aber wenige haben das Werk gelesen), accusandolo di essersi formato una

cultura in merito solo squadernando dizionarî storici ed enciclopedie.

Come prove positive a favore dell'attribuzione del dialogo a Jean Bodin Letrouit adduce i seguenti argomenti:

a) nel Colloquium si ravvisano molte idee tipiche del pensiero di Bodin b) si riscontrano molti paralleli fra il Colloquium Heptaplomeres e i testi

bodiniani (non allega esempî)

c) nel Colloquium si ritroverebbero inoltre diversi riferimenti alla biografia dell'autore

(32)

d) i manoscritti ascrivono concordemente il dialogo a Bodin.

Con questa dimostrazione Letrouit considerava la questione chiusa. La replica di Faltenbacher non tardò ad arrivare: i toni della disputa si facevano sempre più aspri.

I. 2. 4 I convegni di Parigi e di Villa Vigoni

Nel 2002 fu infatti stampato Magie, Religion und Wissenschaft im Colloquium

Heptaplomeres, un volume in cui si raccoglievano gli atti di due convegni indetti

da Faltenbacher nel 1994 e nel 1998 sul dialogo dei sette sapienti. Le teorie dello studioso tedesco sul problema dell'attribuzione si erano infatti arricchite di nuovi contributi. Se la maggior parte degli scritti contenuti nel volume mostrano un'adesione più o meno convinta alla posizione di Faltenbacher, tre di questi - gli studî di Pantin, di Céard e di Wootton - segnano un notevole progresso nelle ricerche sulla paternità del Colloquium: essi inserivano la questione in un quadro del tutto nuovo, presentando una serie di prove tali da rendere impossibile eludere il problema.

Prima di esaminare questi nuovi contributi vale la pena di percorrere i passaggi fondamentali dell'introduzione, in cui Faltenbacher dedica diverse pagine alla difesa della propria teoria contro le critiche di Letrouit. Con una punta di acredine pienamente giustificata dall'astio con cui era stato attaccato, lo studioso tedesco rileva che in più punti le sue affermazioni vengono fraintese da Letrouit, o in cattiva fede o per l'incapacità di comprendere einen

deutschsprachenden Text50. Per quanto riguarda i punti che abbiamo riportato,

50 K. F. Faltenbacher (ed.) Magie, Religion und Wissenschaften im Colloquium heptaplomeres.

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Faltenbacher ammette che il riferimento all'edizione di Casaubon del 1597 non è stringente51.

A proposito del bellum quo pene tota Germania deflagravit, Faltenbacher ricorda che il riferimento alla lettera di Melantone veniva già individuato nel suo studio del 1993, e che comunque il nodo della sua argomentazione sta nel fatto che, mentre Melantone nella lettera citata da Wier parla di una guerra di religione che devastò la sola Sassonia, nel Colloquium Heptaplomeres si parla della Germania intera52.

Quanto alla questione di Mornay e del trattato De la verité de la religion

chrétienne, il silenzio di Faltenbacher ci fa sospettare che egli incassi tacitamente

il colpo.

Rimane quindi intatta la possibilità che qui il riferimento sia alla Guerra dei trent'anni. Quanto all'argomento della mummia, Faltenbacher lo affronta rinfacciando a Letrouit un'incoerenza nella valutazione dei dati:

Nach dem Motto "wie es beliebt" wird einerseits das Vorhandensein von Bodins Namen aud den Abschriften ernstgenommen - geradezu irrsinnig bei dieser vehementen Kritik der Religionen und insbesondere des Christentums - andererseits kann eine in die zwanziger Jahre des 17. Jahrunderts führende Datierung nur deshalb nicht gelten, weil Bodin grundsätzlich ein wenig schlampig mit historischen Daten umgeht53.

Nell'articolo citato Letrouit insisteva sul fatto che, poiché il nome di Bodin si legge sui più antichi manoscritti, l'attribuzione non dovrebbe essere messa in dubbio; al contrario, davanti ad un chiaro riferimento al XVII secolo, Letrouit minimizza appigliandosi alla scarsa precisione di Bodin in materia di date.

51 ibid. p. 24. 52 ibid. p. 25. 53 ibid. p. 26.

(34)

Faltenbacher sta insomma invitando Letrouit a scegliere uno dei due argomenti e a lasciar perdere l'altro. Più che una critica di metodo, questo pare un invito ad una sorta di lealtà eristica.

Di seguito Faltenbacher cerca di fare il punto sullo status quaestionis. Critica Schröder54prima di tutto per la sua adesione acritica alle proposizioni di Letrouit, e in secondo luogo per il suo giudizio in merito agli intenti dell'autore del Colloquium. Secondo Faltenbacher il dialogo è infatti pervaso da un "cripto-ateismo", mentre per Schröder l'atteggiamento dell'autore del dialogo sarebbe "oscillante" (schillernd). Questo punto ha una certa rilevanza poiché, qualora si accettasse l'idea di un Heptaplomeres ateistico, ciò contrasterebbe insanabilmente con la posizione di Bodin il quale, come sottolineato da Faltenbacher, è tutto fuorché ateo55.

Faltenbacher esamina poi diversi interventi apparsi nella raccolta Bodinus

Polymeres56, da una parte lamentando il fatto che le sue ricerche vengano passate

sotto silenzio, dall'altra correggendo alcuni errori: per esempio l'idea che Coroneo sia originario di Roma, Podamico di Augsburg, Toralba di Siviglia. Per quanto questi siano particolari di secondaria importanza ai fini interpretativi, essi rivelano, da parte degli autori, una conoscenza superficiale del Colloquium, probabilmente formatasi più sulla letteratura secondaria che sul testo del dialogo. Tuttavia Faltenbacher rileva l'importanza del contributo di Häfner il

54 W. Schröder, Ursprünge des Atheismus. Untersuchungen zur Metaphysik- und Religionskritik

des 17. und 18. Jahrhunderts. In "Quaestiones: Themen und Gestalten der Philosophie", v. 11,

Stuttgart- Bad Cannstatt 1998.

55 La teoria sull'ateismo di fondo del Colloquium, fu avanzata da Faltenbacher nel suo primo

lavoro su Bodin, il contributo al convegno di Angers del 1984 (Comparaison entre le “Colloquium Heptaplomeres" de Jean Bodin et les “Coloquios y Doctrina Cristiana” de Fray Bernardino de

Sahagun, in "Jean Bodin: Actes du colloque interdisciplinaire d’Angers", 24–27 mai 1984, vol. II

453–8.), e ribadito in tutte le sue opere successive. Per la sua ultima posizione in merito, vedi

Der kritische Dialog des Colloquium Heptaplomeres: Wissenschaft, Philosophie und Religion zu Beginn des 17 Jahrhunderts, Darmstadt 2009, pp. 44-48.

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quale, malgrado non si allontani dall'opinione tradizionale in merito alla paternità bodiniana del testo, nondimeno rileva la notevole discrepanza fra l'andamento "fluido e vivace" del Colloquium, in cui le opinioni di ciascun interlocutore si intrecciano e si confrontano tra loro senza che nessuna prevalga definitivamente sulle altre, e l'impostazione assertiva, "dogmatica" della

Methodus, République, e soprattutto del Theatrum.

Di un certo interesse, all'interno di questo volume, sono gli studi di Jean Céard e Isabelle Pantin. Jean Céard elenca una serie di paralleli testuali in cui nel Colloquium vengono riportati dei passi del Theatrum Naturae quasi parola per parola. Questa ripetizione rivelerebbe non già la mano dello stesso autore, bensì l'opera di un falsificatore provetto che, volendo spacciare il Colloquium

Heptaplomeres per un'opera di Jean Bodin, avrebbe copiato interi brani bodiniani

con il preciso scopo di ingannare il lettore. Normalmente - spiega Céard - non avviene mai che un autore ripeta pedissequamente ciò che ha già scritto in un altro libro, ma riformula le idee e le proposizioni, aggiungendo o eliminando particolari, e mostrando talvolta di aver cambiato idea o di aver approfondito le proprie convinzioni57. Lo studio di Isabelle Pantin accoglie i risultati di Céard e cerca di collocare l'ipotesi della falsificazione all'interno di un ragionamento attinente le concezioni cosmologiche di Jean Bodin: in particolare, la Pantin rileva una serie di paralleli relativi al concetto dell'onnipotenza divina, e che testimonierebbero l'azione di un falsificatore intento a copiare pedissequamente quanto leggeva nella Methodus, nella Démonomanie e nel Theatrum58.

57 J. Céard, Du Théâtre de la nature universelle à l’Heptaplomeres in K. F. Faltenbacher (ed.)

"Magie, Religion und Wissenschaften in Colloquium Heptaplomeres" pp. 53-69. Le prove più decisive apportate da Céard a questo proposito verranno discusse infra, p. 45-46, insieme alla confutazione che ne propone Malcolm.

58 I. Pantin, L’ordre du monde naturel dans le Colloquium Heptaplomeres, in K. F. Faltenbacher

(ed.) "Magie, Religion und Wissenschaften im Colloquium Heptaplomeres" pp. 163-175. Dio è, nella riflessione più matura di Bodin, completamente svincolato dalle leggi del cosmo, anche da

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È però David Wootton che, muovendosi su questa linea, riesce a sferrare l'attacco più deciso all'attribuzione tradizionale. Egli infatti, dopo aver considerato alcune prove testuali normalmente addotte a favore della paternità bodiniana, riesce a mostrarle in una prospettiva del tutto ribaltata, per cui esse funzionano non già come conferme dell'idea che il Colloquium sia opera di Bodin, ma all'opposto come ciò che dovrebbe minare più radicalmente quest'opinione. Sulla scorta degli studî di Céard e Pantin, egli vede l'Heptaplomeres come una straordinaria opera di falsificazione confezionata da uno scrittore anticristiano a metà degli venti del XVII secolo. Questo contraffattore - coinvolto, secondo Wootton, nell'ambiente dei libertins érudits- avrebbe messo in circolazione la sua opera sotto il nome di Jean Bodin, in modo che le proprie proposizioni, di per sé inaccettabili per i cristiani di qualsiasi confessione, potessero essere divulgate tra i dotti non già come tesi eretiche, ma piuttosto a titolo di curiosità bibliografica, quasi che si trattasse di raro materiale per lo studio della figura di Jean Bodin. Egli infatti sarebbe stato già in vita in odore di eresia59.

La parte più stringente del ragionamento di Wootton - che comunque discute svariati aspetti della quaestio bodiniana - consiste nella disamina dei paralleli che legano il Colloquium Heptaplomeres alla Démonomanie des sorciers: si

quelle volute da lui stesso. Dei tre studî qui presentati, quello di Isabelle Pantin il meno decisivo ai fini dell'attribuzione. La Pantin conclude infatti notando la difficoltà di spiegare gli elementi che collegano il Colloquium alle opere bodiniane: "Dans l'oeuvre signée de Bodin, cette cosmologie trouve assez bien sa fonction... Mais s'agissant du Colloquium l'embarras est plus grand. Si son auteur n'est pas Bodin se recopiant lui-même, quelle valeur accorder à cet emprunt?".

59 Sul problema della fama di empio ed eretico che si diffuse intorno alla figura di Bodin e

ai problemi relativi alle fonti, un'ottima esposizione è fornita da A. Suggi, Sovranità e armonia: la

tolleranza nel Colloquium Heptaplomeres di Jean Bodin, Roma 2005 pp. 45-52. Cfr. anche Couzinet, Note biographique sur Jean Bodin in Y.Ch.Zarka (ed.) "Jean Bodin. Nature, droit et politique", pp.

(37)

tratta di riprese testuali individuate in parte da Marion Kuntz e citate da Letrouit come prove incontestabili della paternità bodiniana del dialogo. L'analisi di Wootton rivela però che in alcune di queste riprese il testo della

Démonomanie viene equivocato.

Per esempio, nella Démonomanie Bodin scrive:

L'interprete Caldean, dict, que l'Ange Raziel se faict entendre par tout le monde, et le sacrificateur Elia a descouvert à tous les habitans de la terre, les choses qui se sont a couvert.

In un passaggio del Colloquium, in cui sembra essere richiamato proprio questo passaggio della Démonomanie, si legge:

Chaldaeus paraphrastes haec Salomonis verba interpretabatur de angelis Raziele et Elia, quos occultissima quaeque scelera patefacere scribit.

Ciò che stupisce è il fatto che qui Raziele ed Elia siano trattati entrambi come angeli. Ora, è a malapena immaginabile che Bodin, con la sua vasta cultura veterotestamentaria, abbia scambiato il profeta Elia per un angelo: un errore simile può essere spiegato, secondo Wootton, ipotizzando che il falsificatore, riversando il materiale della Démonomanie nel Colloquium, abbia frainteso il testo che aveva davanti o, più probabilmente, gli appunti che aveva raccolto durante la lettura.

Un altro esempio riguarda un racconto della sezione demonologica. In un passaggio della Démonomanie si legge di uno spirito sotterraneo dalle sembianze di cavallo, che avrebbe ucciso dodici uomini in una miniera tedesca:

(38)

Georges Agricola au livre qu'il a fait des Esprits subterrains, escript que à Aneberg en la mine nommee Couronne de la roze, un esprit en forme de cheval tua douze hommes: tellement qu'il fit quitter la mine pleine d'argent.60

La medesima narrazione viene riferita nel Colloquium in questi termini:

[OCTAVIUS:] Scribit enim Philippus Melanchthon, Magdeburgi duodecim sortilegos thesaurum effodientes casu turris obrutos et in argentifodina Rosae plerosque a daemonibus subterraneis caesos fuisse61.

Secondo Wootton in questo punto si rilevano le tracce di un fraintendimento simile a quello riportato sopra: "What happened here? One

wonders if the author of the Colloquium was working, not directly from the text of the Démonomanie but from notes he had made earlier, notes which he misinterpreted"62.

Applicando delle correzioni alla critica di Wootton, valida nella sostanza ma viziata da alcuni fraintendimenti63, le discrepanze tra i due testi sono le seguenti: come fonte della storia nel Colloquium si dà il nome di Melantone, non di Agricola; il nome della miniera d'argento ("della Rosa") e il numero delle vittime (dodici) ci rivelano che la vicenda di cui si parla è la medesima; nel

Colloquium si parla del crollo di una torre e dell'intervento successivo di più

"spiriti sotterranei", mentre nella Démonomanie lo spirito è uno e ha la forma di cavallo.

60 Dém. p. 135. 61 Coll. Hept. p. 67.

62 D.Wootton, Pseudo-Bodin's Colloquium Heptaplomeres and Bodin's Démonomanie, in

Faltenbacher (ed.), Magie Religion etc... pp. 175-204, p. 193.

63Egli infatti, seguendo probabilmente la traduzione francese del Colloquium, sbaglia ad

interpretare il testo in più punti. La sua analisi è la seguente: But in the Colloquium the story is

attributed to Melancthon, not Agricola; moreover the mine is at Roze, not Aneberg [Rosa è il nome

della miniera, e nel Colloquium si indica Magdeburgo come luogo]; no mention is made of a horse;

and the numer twelve is transferred to an earlier story. Al contrario, il nome della miniera e il

numero dodici sono entrambi presenti nel racconto del Colloquium, e anzi ci confermano che la storia narrata è la medesima; le incongruenze sono invece quelle che ho indicato sopra.

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