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L’economia come espressione delle proprie tecnologie

Capitolo I TECNOLOGIA E INNOVAZIONE À LA ARTHUR

1.3 L’economia come espressione delle proprie tecnologie

Riprendendo i concetti precedentemente trattati, una tecnologia e le novità, in termini di processi, componenti, pratiche che essa porta con sé, trovano molto spesso una larga diffusione all’interno di una circoscritta porzione di territorio, dove le caratteristiche del nuovo corpo tecnologico possono essere sfruttate grazie all’insieme di saperi che Arthur ha definito come “mestiere”.

Ora, le nuove tecnologie nascono come combinazione di quelle esistenti, ma si originano solamente se c’è un bisogno o per, usare un termine più adatto, una opportunità. Quest’ultima si manifesta sotto forma di possibili nicchie tecnologiche che le tecnologie stesse possono sfruttare per dare vita ad ulteriori novità. Le nicchie si generano come conseguenza della manifestazione di determinati bisogni umani (riparo, cibo, trasporto, salute, abiti, intrattenimento e così via) i quali, a loro volta, dipendono in maniera sensibile e complessa dallo stato della società e si elaborano quando questa prospera. La società prospera quando la sua tecnologia si sviluppa, dunque di conseguenza i bisogni crescono con l’espansione della tecnologia.

È dunque una successione di causa ed effetto che genera continuamente nicchie di opportunità ma la stragrande maggioranza non è creata dai bisogni umani, ma da quelli delle tecnologie stesse, secondo alcune ragioni: ogni tecnologia crea l’opportunità di soddisfare il suo scopo in maniera più economica o efficiente; quindi ogni tecnologia sottende un’ulteriore opportunità. Ogni tecnologia poi richiede tecnologie ausiliarie (per fabbricarla, organizzare la produzione, mantenerla e migliorarla) che a loro volta richiedono sottotecnologie ausiliarie. Potremmo dunque dire che i bisogni umani e tecnologici creano nicchie di opportunità e la creazione di nuove tecnologie genera la possibilità di ulteriori combinazioni e dunque la cattura di nuovi fenomeni naturali, facendo così crescere ed espandere la tecnologia nella sua totalità.

Arthur definisce poi una sorta di meccanismo che regola l’espansione di una determinata tecnologia. Egli innanzitutto immagina la totalità delle tecnologie come una rete che cresce da sé e si espande in maniera organica. In questa rete ogni singola tecnologia è rappresentata da un nodo, ognuno dei quali ha un collegamento. Non tutte le tecnologie sono in uso nel sistema economico nello stesso momento: le singole tecnologie e i rispettivi nodi e collegamenti, effettivamente attivi, vengono chiamati “totalità attiva” delle tecnologie; gli altri invece sono sostanzialmente morti, spariti da questa totalità, e potrebbero (di rado) essere riattivati per essere utilizzati in altre combinazioni. Di tanto in tanto nuove tecnologie si aggiungono all’insieme degli elementi attivi e man mano che l’insieme si espande vengono modificate le

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nicchie di opportunità. Difatti, quando un nuovo elemento va ad aggiungersi alla rete può rendere obsoleti gli elementi che soddisfacevano quel determinato scopo in precedenza, oppure altri che cessano di essere economicamente vantaggiosi. Questo processo, afferma Arthur, è mediato dall’economia, un sistema che determina i costi e i prezzi, che quindi segnala le opportunità da soddisfare con nuovi elementi, e che decide inoltre quale nuova tecnologia possa entrare o meno nella totalità attiva.

Nel momento in cui una tecnologia fa la sua comparsa, si genera una potenziale soluzione ad un problema, resa possibile da una combinazione di tecnologie precedenti, e che si è fatta strada all’interno dell’economia dopo aver battuto le concorrenti. A questo punto, l’economista individua una serie di fasi che spiegano la crescita tecnologica:

1. La nuova tecnologia entra nella totalità attiva come nuovo elemento. Diventa un nuovo nodo della rete attiva.

2. Il nuovo elemento è disponibile per sostituire alcune tecnologie e componenti preesistenti. 3. Il nuovo elemento crea ulteriori bisogni o nicchie di opportunità per tecnologie ausiliarie

e nuove combinazioni organizzative.

4. Se le vecchie tecnologie, sostituite dalla nuova, spariscono dalla totalità attiva anche i rispettivi bisogni scompaiono. E di conseguenza anche le nicchie di opportunità create da quelle tecnologie vengono meno.

5. Il nuovo elemento diventa un componente potenziale di nuove tecnologie, di nuovi elementi.

6. L’economia si assesta in base ai cinque passi precedenti; mutano i costi e i prezzi e quindi gli incentivi per le nuove tecnologie.

Quello che Arthur descrive attraverso queste sei fasi può essere considerato come un algoritmo per l’evoluzione della tecnologia all’interno di una data economia la quale rispecchia in tutto e per tutto i cambiamenti delle proprie tecnologie, non solo limitandosi a riaggiustare le proprie modalità di produzione o consumo, ma anche alterando la propria struttura, ad ogni livello, man mano che le sue tecnologie evolvono.

L’economia, inizialmente percepita come “un sistema di produzione, distribuzione e consumo” di beni e servizi, diventa, in questo contesto, simile ad un contenitore di tecnologie, un’enorme macchina con questi moduli o parti costitutive, ovvero le sue tecnologie o mezzi di produzione. Dunque l’arrivo di una nuova tecnologia (ad esempio la ferrovia) rappresenta un nuovo modulo, un aggiornamento per una particolare industria: il vecchio modulo specializzato (i rulli) viene

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estromesso e il nuovo lo rimpiazza. Il resto della macchina si riequilibra automaticamente, le sue tensioni e i suoi flussi (prezzi, beni prodotti e consumati) si riassestano di conseguenza. Arthur compie un ulteriore passo in avanti nel definire il cambiamento strutturale in atto all’interno di un’economia: accanto alla definizione precedente, ne accosta una nuova, intendendo l’economia come “l’insieme degli assetti5 e delle attività tramite cui una società

soddisfa i propri bisogni”. I vari assetti, inclusi all’interno di una tecnologia, fanno sì che l’economia non venga più vista tanto come un contenitore di tecnologie, quanto come un insieme costruito a partire dalle tecnologie; come un insieme di attività, comportamenti e flussi di beni e servizi mediato dalle proprie tecnologie. Naturale conseguenza è che i metodi, i processi e le forme organizzative formano l’economia, che diventa l’espressione delle proprie tecnologie. La struttura dell’economia è formata dalle proprie tecnologie, ovvero la tecnologia è lo scheletro dell’economia, mentre tutte le attività che ruotano attorno alle tecnologie (attività commerciali, strategie, decisioni dei vari attori, flussi di beni e servizi, investimenti) rappresentano i muscoli, i nervi e il sangue dell’organismo economico, così definito dall’economista.

A partire da questo ragionamento si generano una serie di conseguenze: se si considerano le tecnologie come lo scheletro dell’economia, allora quest’ultima nasce o scaturisce dalle proprie tecnologie; dunque non si limita ad aggiustarsi quando quelle cambiano, ma si forma e si riforma continuamente con esse; significa che l’identità di un’economia cambia con il mutare delle proprie tecnologie; essa crea costantemente se stessa a partire da quelle tecnologie e decide anche quali novità tecnologiche possono entrare a far parte di essa. Quello che si forma è un meccanismo causale e circolare: la tecnologia crea le strutture dell’economia e l’economia media la creazione di nuove tecnologie (e quindi la propria creazione). Il meccanismo appena descritto non è visibile in un arco temporale ristretto, ma occorre osservarlo in un periodo ultradecennale, durante il quale si potrà notare come i vari assetti e i diversi processi che la formano nascono, interagiscono e scompaiono: soltanto in un lasso di tempo sufficientemente lungo è possibile osservare questa continua creazione e ricreazione dell’economia.

Riprendendo un concetto, espresso in precendenza, l’ingresso di nuove tecnologie in economia mette in moto una sequenza di cambiamenti strutturali, muta l’insieme degli assetti attorno ai quali l’economia si forma. Una nuova tecnologia può incentivare la nascita di nuove industrie all’interno di un determinato territorio; può richiedere nuovi assetti organizzativi; causare nuovi

5 I mezzi di produzione; comprendono una miriade di apparecchi, metodi e sistemi finalizzati, definiti tecnologie.

Comprendono ospedali e procedure chirurgiche, mercati e sistemi di tariffazione, accordi commerciali, sistemi di distribuzione, organizzazione e commercio, sistemi finanziari, bancari e così via.

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problemi tecnici e sociali e dunque creare nuove nicchie di opportunità. Questo può suscitare ulteriori cambiamenti strutturali.

Abbiamo visto come Arthur descrive il meccanismo di evoluzione della tecnologia attraverso le sei fasi di cui sopra: nel momento in cui una tecnologia si sviluppa ed entra nell’ambito economico, essa rimpiazza le vecchie tecnologie che svolgevano il medesimo compito (rende dunque obsoleti interi settori e tecnologie che dipendevano da queste) e provoca gli aggiustamenti economici all’interno dell’economia stessa. Le naturali conseguenze sono due: in primo luogo, la nuova tecnologia fornisce nuovi elementi che potenzialmente si prestano ad essere utilizzati come componenti interni di altre tecnologie, generando quindi ulteriori tecnologie e di conseguenza nuove organizzazioni che andranno ad ospitarle. In secondo luogo, la nuova tecnologia può andare a generare nicchie di opportunità per ulteriori tecnologie; nicchie causate da eventuali problemi di natura tecnica, economica o sociale, dovuti a loro volta all’arrivo della nuova tecnologia. È un ciclo continuo quello che si genera: la novità tecnologica offre soluzioni a problemi non risolvibili dalla precedente tecnologia; si generano successivamente nuovi problemi e nasce il bisogno di nuove soluzioni e dunque nuove tecnologie. In questo modo le tecnologie evolvono e di conseguenza l’economia costruita su di esse.

Arthur chiama questa evoluzione “cambiamento strutturale”, attraverso il quale un’economia si forma e riforma in ondate di cambiamenti in cui novità, assetti e nicchie di opportunità si avvicendano incessantemente. E a questo proposito, concretizza il concetto tramite un esempio: la comparsa delle prime macchine tessili nel 1760 in Gran Bretagna, si presentò come un’alternativa ai metodi artigianali in uso all’epoca (lana e cotone venivano filati e tessuti a mano, attraverso un sistema di distribuzione domestica del lavoro). Inizialmente, le nuove macchine ebbero un successo parziale perchè, al contrario dei metodi tradizionali, richiedevano un’organizzazione del lavoro su larga scala. Per questo motivo, crearono l’opportunità per lo sviluppo di un assetto organizzativo di livello superiore, lo stabilimento tessile. La tessitura stessa necessitava di uno strumento organizzativo complementare per la macchina, ovvero la manodopera e i lavoratori provenivano in gran parte dalla campagna e ciò rese necessaria la costruzione di alloggi presso gli stabilimenti (sorsero quindi dormitori e case per gli operai). Tutto ciò permise la crescita e lo sviluppo delle prime città industriali e, grazie alla continua domanda di strumenti e assetti organizzativi complementari alla nascita della tecnologia fondamentale (la macchina tessile), si sviluppò la struttura economica industriale vittoriana. Questo esempio ci fa capire come con l’arrivo di una nuova tecnologia fu possibile non solo rimpiazzare la tecnologia precedente ormai obsoleta (la lavorazione manuale), ma creò

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l’opportunità per l’introduzione di un assetto di livello superiore (la manifattura industriale) in cui la macchina stessa divenne un semplice componente. L’ulteriore sviluppo poi comportò una serie di conseguenze e problematiche (dalla manodopera agli alloggi per il personale) la cui soluzione portò ad ulteriori bisogni fino a giungere ad una nuova era, il sistema industriale vittoriano. Un processo che richiese più di un secolo affinchè si potesse arrivare alla conclusione del famoso cambiamento strutturale.

Come detto le tempistiche affinchè questo meccanismo di sviluppo volga al termine possono essere ultradecennali, ma non è detto che che il ciclo debba per forza cessare: lo sviluppo determinato da una tecnologia come il computer o la macchina a vapore può persistere anni senza che questo cessi di efficacia nel tempo.

Per questo motivo, l’economia non è statica. Cambia di continuo fino ad arrivare ad un possibile punto di equilibrio finchè non arriva una nuova tecnologia che sconvolge lo status quo creando versioni migliori dei beni e dei metodi esistenti. Può inoltre avviare una serie di aggiustamenti e nuovi problemi, creando nuove nicchie di opportunità che originano ulteriori combinazioni, le quali a loro volta, introducono altre tecnologie e dunque ulteriori problemi. L’economia di un paese è per questo motivo soggetta al cambiamento, in qualsiasi momento può presentarsi una novità che sconvolge l’apparente equilibrio e ne modifica la struttura e gli assetti.

È un processo in costante evoluzione dal punto di vista tecnologico che prima poi potrebbe arrestarsi, ma solo in teoria. La cessazione del meccanismo potrebbe essere causata ad esempio dal fatto che non vengono più scoperti nuovi fenomeni o effetti naturali; oppure le possibilità di ulteriori combinazioni si esauriscono; o ancora i nostri bisogni pratici vengono interamente soddisfatti dalle tecnologie esistenti, senza avere il bisogno dunque di altre soluzioni che risolvono problemi che in realtà non verrebbero più posti. Tutte questi aspetti sono però fortemente improbabili poichè ci sarà sempre all’interno di un’economia l’insorgenza di nuovi bisogni o all’interno di un territorio la scoperta di un determinato fenomeno, che potrà dare vita ad una nuova opportunità e allo sviluppo conseguente di una determinata area ad alta tecnologia.

Generalmente, conclude Arthur, in economia, le soluzioni generano problemi, i quali richiedono ulteriori soluzioni. È quindi improbabile che in futuro questo nesso tra soluzioni e problemi cessi. Il risultato sarà sempre un progresso, determinato dal continuo e parallelo cambiamento dell’economia e della tecnologia.

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