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L’EMPATIA E I LIMITI DEL LINGUAGGIO ORALE

Importante attenzione merita l’empatia, cioè la capacità di riconoscere e di rispondere in maniera appropriata alle emozioni degli altri. E’ una delle competenze più importanti dell’Intelligenza Emotiva ed identifica il grado in cui le risposte che diamo alle persone sono

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appropriate alle loro emozioni, cioè a quello che stanno provando in quel momento. L’empatia afferisce alla sfera dell’accettazione dell’altro e, per essere esercitata, ha bisogno che nel rapporto tra un soggetto e gli altri si sviluppino la fiducia e l’ascolto. Si comprende subito come questa abilità sia determinante per garantire il successo nelle relazioni umane e lavorative. Queste due componenti infatti, derivano dalla percezione che l’altro ha del reale e autentico desiderio di interessarsi a lui. Solo se si è interessati alla persona che si ha di fronte e, soprattutto, se si è interessati alle sue emozioni, a quello che prova e a cosa sente, si saprà applicare l’empatia. Inoltre, è importante prendere consapevolezza che stabilire un contatto con l’altro non significa giudicarlo, ma accettarlo in modo disinteressato e sincero J.Freedman 2011.

Secondo Goleman, l’empatia si basa sull’autoconsapevolezza: quanto più aperti siamo verso le nostre emozioni, tanto più abili saremo anche nel “leggere” i sentimenti altrui. In qualunque tipo di rapporto, la radice dell’interesse per l’altro sta nell’entrare in sintonia emozionale, ossia nella capacità di essere empatici. Questa capacità che ci consente di sapere come si sente un altro essere umano, entra in gioco in svariate situazioni, da quelle tipiche della vita professionale, a quelle della vita privata, come nelle relazioni sentimentali e nei rapporti fra genitori e figli.

Un punto su cui riflettere riguarda il fatto che raramente le emozioni dell’individuo vengono verbalizzate; molto più spesso esse sono espresse attraverso altri segni, cioè il linguaggio non verbale: “Se è vero che la normale modalità di espressione della mente razionale è la parola, quella delle emozioni è invece di natura non verbale. Quando le parole di un individuo non sono in armonia con quanto egli comunica con il tono di voce, i gesti o altri canali non verbali, la verità va ricercata nel come quell’individuo sta comunicando, non tanto in ciò che dice”D.Goleman 2011.

La psicologia contemporanea ritiene infatti che, attraverso le nostre parole, cioè quello che diciamo, siamo in grado di comunicare circa il 7% dei nostri messaggi. Il restante 93% viene trasmesso per mezzo di altri canali espressivi. Ecco che la chiave per comprendere i sentimenti altrui, sta proprio nella capacità di leggere i messaggi che viaggiano su canali di comunicazione non verbale: il tono della voce, i gesti, l’espressione del volto, la direzione dello sguardo o la melodia del linguaggio utilizzato. Sono tutti fattori che ci permettono di addentrarci nell’interiorità di una persona, per permetterci di entrare in sintonia con essa. Come già ribadito, l’espressività del volto, con tutte le sue possibili tensioni, fa parte di un arcaico sistema di manifestazione delle emozioni. In alcuni casi, al minimo contatto visivo

riusciamo a percepire innumerevoli stati d’animo: per esempio, la preoccupazione, la tristezza, la gioia, e i sentimenti più elementari, ci vengono trasmessi nel modo più veritiero al di là delle parole e con la sola vibrazione del volto. Il nostro linguaggio orale è un codice limitato che, per acquistare forza espressiva, ha bisogno di manifestarsi attraverso il gesto e di riempirsi con il sentimento. Non bisogna infatti dimenticare che per conoscere a fondo una persona è necessario entrare in contatto con il mondo dei suoi sentimenti J.C. Herrero 2004.

In particolare, l’attenzione verso ogni forma di espressione, al di là della parola, costituisce la base di una conoscenza più precisa e approfondita. Infatti, chi riesce ad essere più sensibile ai gesti, alle sfumature della voce o allo sguardo del proprio interlocutore, sarà in grado di capire lo stato d’animo ed altre caratteristiche importanti come la personalità ed il carattere.

“Una disposizione all’empatia rende maggiormente efficace il nostro atteggiamento di ‘ascolto attivo’. L’empatia aggiunge al dialogo una qualità particolare e un nuovo valore” J.C. Herrero 2004, p.114. Ogni incontro dovrà iniziare con il prestare attenzione al codice di valori dell’altra persona, ai suoi gusti, alle sue preferenze, alla sua sensibilità, ai principi che regolano la sua vita, a quali obiettivi cerca di perseguire. Questa analisi permette di acquisire empatia, cioè permette di acquisire quelle capacità che ci consentono di metterci al posto dell’altra persona, riuscendo a vedere il mondo attraverso i suoi occhi, e comprendendo tutte le sue motivazioni e valori.

Un’altra considerazione su cui soffermarci, concerne l’esistenza di persone che si mostrano poco recettive nei confronti dei segnali lanciati dagli altri; le potremmo considerare come affette da una certa sordità emotiva, una carenza che impedisce loro di stabilire un contatto perfino con se stesse. E’ stato constatato che, in numerosi casi di violenza, la causa risale proprio a questo limite personale, che, la maggior parte delle volte, non è frutto dell’educazione o dell’ambiente sociale, ma di una carenza neurologica J.C. Herrero 2004. Anche D. Goleman ha constatato, in un articolo pubblicato nel 1975, l’esistenza di diversi casi di pazienti con particolari lesioni localizzate nel lobo frontale destro del cervello, con uno strano deficit: erano incapaci di comprendere i messaggi emozionali dal tono di voce, sebbene fossero perfettamente in grado di capirne le parole. Mentre nel 1979,in un altro studio, sempre su pazienti con lesioni localizzate in altre regioni dell’emisfero destro del cervello, constatò che questi soggetti erano incapaci di esprimere le proprie emozioni con il tono di voce e i gesti.

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Infine, è interessante notare che l’empatia è una competenza che ci appartiene sin dalla nascita: ciascuno di noi possiede inizialmente un certo grado di empatia, basti pensare ai bambini. Questo vuol dire che siamo geneticamente in grado di dare risposte empatiche agli altri attraverso il minimo sforzo. Tuttavia, una volta cresciuti, le nostre attitudini primordiali subiscono forti trasformazioni; ecco quindi che dovremo cercare di recuperare o di sviluppare l’empatia. Essa si può sviluppare in diversi modi: il più importante è l’esercizio all’ascolto e al riconoscimento delle emozioni dell’altro. Il punto di partenza è saper riconoscere le emozioni dell’altro, identificare il suo stato d’animo e cercare di comprendere quello che il nostro interlocutore sta provando. Solo dopo questo passaggio potremmo arrivare a mettere in pratica azioni “empatiche”. E’ interessante notare che l’empatia, come ogni fattore umano, è perfettibile. In essa hanno un ruolo molto importante l’educazione, l’ambiente, l’insieme di valori che ci sono stati trasmessi fin dall’infanzia. Possiamo addirittura individuare 5 fasi per esercitare l’empatia:

1) Riconoscere il linguaggio del corpo: i segnali che derivano dal corpo ci permettono di capire le emozioni delle altre persone;

2) L’importanza dell’ascolto: è importante saper ascoltare le idee degli altri, cercare di comprendere anche ciò che non hanno espresso con le parole;

3) Percepire il dolore: con le parole e il linguaggio del corpo una persona può lasciar trasparire il proprio sentimento di dolore;

4) Rispondere verbalmente: usare le parole per riflettere su quello che l’altra persona sta dicendo, sottolineare ciò che l’altro ha espresso, anche se non si è del tutto d’accordo;

5) Rispondere con l’azione: per esercitare empatia non bastano solo parole ma bisogna anche agire; l’azione empatica non serve a risolvere il problema, ma a far percepire alla persona che gli si è emotivamente vicini J.Freedman 2011.