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L’età della Repubblica delle Province Unite

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1550-1800. L’età della Repubblica delle Province Unite 133 Il 17 agosto del 1585 è una data epocale per i Paesi Bassi. Alessandro Far-nese, duca di Parma e Piacenza e governatore generale delle Fiandre per conto di Filippo II di Spagna, espugna Anversa. La Rivolta delle Province Unite contro gli Asburgo (Opstand), iniziata nel 1566 per motivazioni religio-se e di difesa di antichi privilegi e particolarismi, in reazione all’intransi-genza della corona spagnola, tocca così il punto più basso. Morto il padre della patria, Guglielmo d’Orange, assassinato da un fanatico cattolico a Delft nel 1584, cade ora la città portuale più importante per volume di commerci, mercato finanziario e produzione di cultura dei Paesi Bassi, uno degli epi-centri della diffusione del luteranismo, dell’anabattismo e poi del calvini-smo. Se gli Stati Generali riusciranno a tener testa alla reconquista spagnola nel ventennio successivo, sarà soprattutto per merito dello statolder Mauri-zio, figlio di Guglielmo, che a differenza di Farnese, grande condottiero all’antica, fa furore in Europa per le tecniche militari moderne, basate sui principi matematici di Simon Stevin, suo precettore e professore a Leida, prima università riformata in Europa.

L’Europa guarda a queste Province ribelli con un misto di ribrezzo e cu-riosità: una compagine statale che ha osato dichiarare decaduta la sovranità di Filippo II nel 1581, in base a una visione contrattualistica della sovranità – due secoli prima della Dichiarazione d’Indipendenza americana – e che si fonda sull’Unione di Utrecht del 1579, che contiene un articolo fortemente voluto da Guglielmo in cui, nello spirito di Erasmo e Coornhert, si sancisce la libertà di religione e di culto. La Repubblica delle Province Unite è e si confermerà nei decenni successivi inoltre un laboratorio culturale di prim’ordine: di sapere umanistico in latino (storia, poesia, retorica, edizioni di classici, con nomi come Lipsius, Heinsius, Scriverius, Dousa, partecipi della Repubblica internazionale delle Lettere), ma anche di pensiero giuridi-co e politigiuridi-co (Ugo Grozio, più tardi i fratelli De la Court) e di scienza e filoso-fia moderne. Nell’università di Leida vengono formati anche, in lingua vol-gare, i vernuftelingen (ingegnosi), dotati di un sapere pratico, che tanto con-tribuiranno alla rivoluzione scientifica. Si pensi ad esempio agli ottici Sacha-rias Jansen e Hans Lippershey di Middelburg e Antoni van Leeuwenhoek di Gouda, inventori del microscopio e del cannocchiale, o comunque tra i primi a perfezionarne l’uso. Poco dopo Galilei punterà il cannocchiale al cielo in un’altra culla della scienza moderna, Padova, in quella Serenissima repub-blica marinara a cui spesso le Province guarderanno come a un modello, an-che ideale, a cui ispirarsi. Il cerchio si chiuderà quando l’editore Elsevier di Leida pubblicherà nel 1638 i Discorsi e dimostrazioni matematiche sopra due

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Intorno al 1600 la Repubblica è ancora giovane: gli assetti istituzionali so-no incerti, il ruolo dei principi d’Orange so-non chiarissimo e fonte di discordia, la guerra con la Spagna ancora in corso – riprenderà nel 1621 dopo la pausa della Tregua dei Dodici Anni – il riconoscimento della diplomazia interna-zionale solo de facto e non de jure (arriverà alla fine della guerra, nel 1648), la compagine sociale in rapida evoluzione, con immigrazione in massa di cal-vinisti dai Paesi Bassi meridionali, ma anche di ebrei portoghesi e spagnoli (safarditi) e, dopo, dall’Europa dell’Est (askenaziti), nonché di lavoratori stagionali dalla Germania. Le tensioni politiche, religiose e sociali latenti, po-tenzialmente esplosive, sfoceranno durante gli anni della Tregua nello scon-tro tra le fazioni Rimostrante e Conscon-trorimostrante della chiesa calvinista. La disputa teologica cela in realtà scontri di natura puramente politica tra Mau-rizio d’Orange e la classe ‘borghese’ dei commercianti-reggenti, guidata dal Gran Pensionario d’Olanda Johan van Oldenbarnevelt, messo a morte per alto tradimento nel 1619.

Di tutte queste evoluzioni e tensioni si fanno cartina di tornasole e prota-goniste le opere dei letterati, in una Repubblica con un tasso di alfabetizza-zione altissimo per lo standard europeo e con una grande densità di editori-stampatori: basterà ricordare i nomi di Plantin, Blaeu, Elsevier e poi anche donne imprenditrici, come la vedova di Abraham de Wees e la poetessa Ka-tharyne Lescailje. Soprattutto ad Amsterdam, fulcro indiscusso della Repub-blica, insieme alle altre città della provincia costiera d’Olanda, operano pan-flettisti, spesso anonimi, poeti infiammati da ideali civili e religiosi (come Joost van den Vondel), drammaturghi che non esitano a mettere in scena temi che alludono all’attualità più scottante e su essa intervengono, al pari dei sermoni di predicatori delle segnature più varie, prontamente pubblicati e distribuiti. I testi drammatici vengono poi diffusi anche a mezzo stampa, da tanti editori concorrenti e sempre sfidati da colleghi pirati in agguato.

Le scene teatrali testimoniamo al meglio le evoluzioni di questi anni. Le Camere di Retorica, da un secolo e mezzo infrastruttura portante della cultu-ra urbana nei Paesi Bassi, entcultu-rano in crisi (almeno ad Amsterdam): la vecchia camera In Liefd’Bloeyende (Fiorente nell’Amore), riaperta nel 1578 dopo il pas-saggio della città dalla parte dei rivoltosi, assiste nel 1617 alla scissione di un gruppo di giovani cameristi. Samuel Coster, G.A. Bredero, P.C. Hooft so-stengono infatti la necessità di un rinnovamento dei repertori in senso rina-scimentale e di una maggiore professionalizzazione dell’attività teatrale. La

Nederduytsche Academie (Accademia Neerlandese) che ne nascerà avrà vita

bre-ve, ma spianerà la strada al primo teatro stabile in pietra della Repubblica, lo

1550-1800. L’età della Repubblica delle Province Unite 135 il Gysbreght van Aemstel di Joost van den Vondel, d’ispirazione altrettanto classica. È un’Amsterdam consapevole del proprio ruolo, che mira a misu-rarsi con le grandi capitali del passato e del presente, anche nel prestigio cul-turale, come testimoniato dal grandioso Municipio, dello stesso Van Cam-pen, completato a metà secolo, quando la Repubblica è imperatrice non più solo dei traffici tra Mar Baltico/Mare del Nord e Europa meridionale, ma an-che dei mari di mezzo mondo e concorrente temibile dell’Inghilterra: basta vedere gli atlanti di Blaeu, erede dell’anversese Ortelius, per rendersi conto di come gli olandesi stiano mappando e controllando porzioni sempre nuo-ve del globo, a partire dai primi viaggi nelle Indie Orientali nel 1595. La con-correnza con l’Inghilterra diviene inevitabilmente sempre più agguerrita fi-no al Navigation Act di Cromwell del 1651 e alle tre Guerre Anglo-Olandesi, negli anni Cinquanta e Sessanta. Nonostante gli episodi di eroismo delle flotte militari olandesi, con ammiragli come Cornelis Tromp e Michiel de Ruyter che entrano nella leggenda patriottica, queste guerre segnano la fine delle aspirazioni di egemonia commerciale su scala mondiale della Repub-blica, suggellata dall’invasione delle truppe straniere, specie francesi, nell’annus horribilis 1672.

Gli uomini e le (ancora poche e osteggiate) donne di lettere non si limita-no alla celebrazione nazionalistica, né alla partecipazione attiva all’arena pubblica. Essi si sentono soprattutto guida morale per la giovane nazione, a cui sono chiamati a fornire norme di etica pubblica e privata, disciplina delle emozioni, istruzione religiosa, educazione a una cittadinanza responsabile. In una società strutturata in modo non rigidamente gerarchico, in cui ogni decisione dev’essere costruita sul consenso, in cui si può discutere di tutto – o quasi – senza censure se non quelle spesso tentate dalla chiesa pubblica, quella calvinista, i letterati si ritagliano un ruolo di moralisti, anche scomodi. Questo ruolo era stato rivestito a fine Cinquecento da grandi intellettuali come Spieghel, Coornhert o Van Mander, umanisti che avevano diffuso il sapere antico ma anche moderno, in primis dell’Italia e della Francia, ope-rando quello che oggi chiameremmo un fondamentale cultural transfer. Que-sti poeti, traduttori, filosofi, saggiQue-sti, pittori propugnavano una saggezza neostoica, fondata soprattutto sulla rilettura dello stoicismo antico di Justus Lipisius, professore a Leida per alcuni anni, che predicava equilibrio nel ge-stire le emozioni, costanza di fronte ai colpi del destino, fermezza morale. La lezione si propagherà a tutto il nuovo secolo, con celebri moralisti come ‘pa-dre’ Cats.

La Repubblica è tuttavia anche la società in cui appare un’altra Ethica, quella di Spinoza, di cui recentemente è stato ritrovato a Roma un

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scritto. Nel corso del secolo si sviluppano infatti dei circuiti, spesso sotterra-nei, di sapere alternativo, specie provenienti dalle cerchie dei mennoniti (anabattisti) e dei collegianti, persone di varia estrazione che partecipano a collegi in cui si rifiuta qualsiasi autorità ecclesiastica. Si pensi a un editore come Jan Rieuwertsz, che pubblica Spinoza, e naturalmente alla grande in-fluenza sul dibattito accademico della diffusione del sapere moderno eserci-tata da Cartesio durante il soggiorno olandese. In letteratura è soprattutto il romanzo, genere ancora ‘minore’ e osteggiato, perché estraneo alla teoria classicista dei generi, a farsi veicolo di questi saperi libertini e radicali.

Il romanzo si presenta in molte varianti, ma certo si presta a una fruizio-ne da parte di un pubblico più vasto che non sia il ceto medio-alto, fruizio-nerbo della Repubblica. Specie i poemi medievali, volti in prosa, e i romanzi pica-reschi – celebre De vermakelijke avonturier (1695, L’avventuriero spassoso) di Ni-colaas Heinsius – paiono infatti destinati a una larga fruizione, come testi-moniano le edizioni meno curate e i formati più popolari. Una simile varietà di forme, contenuti e formati editoriali (quindi di prezzo) mostrano anche altri due generi fortunatissimi nella Repubblica, l’emblematica e i libri di canzoni: spesso di una stessa raccolta vengono prodotte sia edizioni di lusso, per la gioventù dorata, che edizioni per tutte le tasche.

Nei libri di canzoni, testi nuovi vengono scritti su musiche preesistenti (il fenomeno della contraffattura). Il canto è del resto fondamentale soprattutto per i protestanti, spesso diffidenti di fronte all’elemento figurativo. Ciò spie-ga la grande diffusione di musica associata a testi sacri o religiosi e l’enorme influenza esercitata dai Salmi, nella traduzione di Datheen, composta per la comunità in esilio a Londra negli anni Sessanta del Cinquecento. Altrettanto importante sarà la versione della Bibbia degli Stati, voluta dal Sinodo di Dordrecht del 1618/19 e pubblicata nel 1637. Alla traduzione collaborano esperti di quasi tutte le regioni, che giungono a definire, dopo lunghe di-scussioni, uno standard di coloritura meridionale, fiammingo/brabantina (dialetti ancora prestigiosi) ma con forti concessioni soprattutto alla parlata del nuovo epicentro dei Paesi Bassi: la provincia d’Olanda e in particolare Amsterdam.

Anche l’emblematica, basata su una complessa intersemiosi di testo e immagine, è un genere che conquista un ampio pubblico. Nei suoi esempi migliori, ove le incisioni sono create da grandi maestri di questa tecnica in cui i Paesi Bassi eccellono, ci mostra degli sprazzi della grande arte pittorica olandese del Seicento. Soprattutto a Utrecht si sente forte l’influsso del lumi-nismo di Caravaggio, mentre la produzione si concentra su generi specifici, rispondenti alle esigenze di una committenza alto-borghese. Al ritratto

sin-1550-1800. L’età della Repubblica delle Province Unite 137 golo, che giunge a Haarlem con Frans Hals ad un livello di naturalezza ecce-zionale, si affiancano i grandi ritratti di gruppo, che fissano su tela i volti di patrizi, militari, medici, ordinati nella complessa gerarchia che domina le comunità urbane. La Ronda di Notte di Rembrandt van Rijn ne è il più celebre esempio. Impareggiabile artista, la cui complessa personalità emerge da in-numerevoli autoritratti, Rembrandt raggiunge l’acme del successo e muore povero nella fiorente Amsterdam, dove ancora si può visitare la sua casa. Accanto al ritratto, la pittura di genere domina un mercato dell’arte in conti-nua espansione: in scene domestiche di un realismo puntiglioso si possono nascondere lezioni edificanti ed emblemi morali per lo spettatore, combinate con una resa quasi fotografica delle luci, dei materiali, delle superfici. Genia-le interpretazione ne dà, nei suoi interni abitati dalla luce e da soavi donne senza nome, Johannes Vermeer di Delft. E ancora paesaggi, e soprattutto marine, nature morte con vasellame, cibi, fiori ed insetti, e gli interni bian-chissimi e spogli delle chiese: la pittura è specchio e fonte di conoscenza del-la storia e deldel-la cultura, anche materiale, deldel-la Repubblica.

Come accennato, il 1672 segna uno spartiacque importante per la Repub-blica. Nel caos seminato dalla rapida avanzata delle truppe del Re Sole, fa-vorita anche dai canali ghiacciati, una folla inferocita lincia a L’Aia il Gran Pensionario della Provincia d’Olanda, Johan de Witt, responsabile della poli-tica estera, nonché il fratello Cornelis De Witt, intellettuale (matematico) e fine diplomatico, che aveva retto le sorti della Repubblica nel ventennio pre-cedente, ribattezzato dalla storiografia antiorangista come periodo della ‘Ve-ra Libertà’ (‘De Ware Vrijheid’). Infatti, nel 1650, alla morte di Guglielmo II, ‘punito’ dal vaiolo durante l’assedio ad Amsterdam che si era ribellata per-ché stanca di pagare tasse per le guerre volute dagli Orange, era stato abolito l’istituto dello statolderato. Tuttavia, nel 1672 la folla, nel momento della su-prema emergenza, di cui testimonia un profluvio di pamphlet, esige venga richiamato allo statolderato il figlio di Guglielmo II, Guglielmo III, che riesce in effetti a limitare i danni dell’invasione francese.

Per la Repubblica è tuttavia una grande umiliazione. I decenni successivi saranno caratterizzati da una crescente politica filoinglese e antifrancese, specie dopo la Bloodless Revolution che porta sul trono d’Inghilterra lo stesso Guglielmo, insieme alla moglie Maria Stuart, nel 1688. Per l’economia inizia un trend che proseguirà anche per buona parte del Settecento: non di crisi vera a propria, ma di una crescita molto inferiore a quella di potenze com-merciali concorrenti come l’Inghilterra. La flotta militare si dimostra sempre più incapace di competere a livello europeo, mentre l’esercito di terra parte-cipa alle guerre di successione (prima spagnola, 1701-13, poi austriaca,

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48) che caratterizzano il secolo, con alterni successi. La Pace di Utrecht, con cui si chiude la Guerra di Successione Spagnola, segna il passaggio dei Paesi Bassi Asburgici (Fiandre e Brabante) dalla Spagna all’Austria. La vita cultu-rale dei Paesi Bassi meridionali è dominata dallo spirito controriformistico e da una letteratura devozionale, soggetta a forte censura.

A teatro, gli anni intorno al 1670 e quelli che seguono vedono una nuova ondata di classicismo, dopo quella d’inizio secolo. Questa volta, però, si trat-ta di un classicismo che, se pure ha presupposti razionali cartesiani e spino-ziani (come ben si vede nell’opera di Lodewijk Meijer), si presenta molto più rigido e normativo nel prescrivere come debba essere la letteratura, special-mente drammatica. Insoddisfatti delle pièces ricche di effetti visivi e di storie truculente di Jan Vos, per tanti anni reggente dello Schouwburg, e dei suoi seguaci – che mettono in scena perfino le vicende recenti di Masaniello – un gruppo di classicisti di scuola francese crea la società Nil Volentibus Arduum. Propongono Corneille e Racine come modelli supremi, rifiutano la materia biblica e impongono le norme della verosimiglianza e del ‘buon gusto’, cen-surando perfino i drammi di Joost van den Vondel, autore del resto più di-scusso, dopo la conversione al cattolicesimo. Il Settecento nasce sotto questa stella e vede una produzione teatrale di stampo prettamente classicista, in cui le parole d’ordine sono: clarté, spesso arida, ed educazione morale e poli-tica della cittadinanza.

La gloria del Secolo d’Oro si protrae ancora per alcuni decenni. Le Province Unite – senza un monarca, con un’aristocrazia assai ridotta e una Chiesa cal-vinista con un’influenza importante, ma non decisiva sullo stato – continua-nono a funzionare come un laboratorio miracoloso: sono un forte centro fi-nanziario, un emporio commerciale di spicco, e in grado al contempo di pri-meggiare anche nelle scienze e nelle arti. L’Illuminismo prende sempre più piede: alla convinzione già radicata che l’occhio di Dio non possa che posarsi benevolo su chi lavora sodo, si aggiunge ora il pensiero ottimistico secondo cui ogni scoperta, in ogni campo del sapere, può contribuire ad affrancare l’uomo dall’ignoranza e portarlo verso la luce della ragione. Nell’avanzamento del sapere si vede un ulteriore esempio della grandezza del creato, dell’in-finito ingegno di Dio. Nelle Province Unite infatti non si diffonde particolar-mente l’Illuminismo radicale – non disposto a compromessi nei confronti della fede tradizionale – che pure aveva trovato proprio nella Repubblica uno dei centri propulsori. Si afferma piuttosto il deismo moderato, chiamato ‘Reforma-torische Verlichting’ (‘Illuminismo Riformato’).

Il clima di tolleranza e libertà attrae spiriti ‘illuminati’, provenienti dai po-tenti reami vicini: possiamo infatti elencare la permanenza nella Repubblica,

1550-1800. L’età della Repubblica delle Province Unite 139 per periodi più o meno lunghi, di Pierre Bayle, Locke, Voltaire, Montesquieu, Diderot, De Boyer, La Mettrie. Positivo è soprattutto l’arrivo degli ugonotti dalla Francia, dopo la revoca dell’Editto di Nantes nel 1685, che stimolano i rapporti internazionali e il clima illuminista del paese. In questo contesto va nominato l’editore di Leida Elie Luzac, di famiglia ugonotta. Grazie ai contatti internazionali, nella Repubblica può crescere in modo esponenziale una stam-pa indipendente, neutrale, scientifica e culturale: una nuova repubblica delle lettere, delle gazzette, dei pamphlet, dei volumi altrove proibiti.

Con Guglielmo IV, statolder nel 1749, sotto forte spinta diplomatica dell’Inghilterra, lo statolderato diviene ereditario, e dunque più potente. Ciò crea forte disappunto nella fazione dei reggenti, visto che né a Guglielmo IV, né al suo successore sembra stare a cuore il destino della flotta, ormai in pa-lese difficoltà. A seguito della Guerra d’Indipendenza Americana, sostenuta con entusiasmo dagli spiriti illuministi, le Province Unite, ora con Guglielmo V, vengono trascinate nell’ennesima guerra (1780-1784) contro l’Inghilterra, rivelatasi disastrosa. Un paese di piccole dimensioni come la Repubblica è infine costretto a subire un forte ridimensionamento delle risorse e dell’im-portanza sullo scacchiere politico europeo.

Sul fronte interno problematica è l’organizzazione del paese, alquanto complicata e, per uno stato del ’700, del tutto antiquata. Sin dalla loro nascita le Province Unite, sulle questioni importanti – di guerra e pace, sulle misure di difesa per terra o per mare, in difesa dei traffici commerciali –, possono delibe-rare solo all’unanimità, il che indebolisce fortemente il loro potere decisionale. Verso la fine degli anni ’70, matura l’autocoscienza del cosiddetto terzo stato, la borghesia benestante ed istruita. Ne fanno parte i ‘patrioti’, imbevuti di Il-luminismo e grandi ammiratori dell’America, in cui vedono realizzarsi le teo-rie sulla conduzione democratica di uno stato, contrapposti alla vecchia oli-garchia degli ‘Orangisti’. Lo scoppio della Quarta Guerra Anglo-olandese in-fiamma i i patrioti, dopo la diffusione, nel 1781, del pamphlet Aan het Volk van

Nederland (Al popolo dei Paesi Bassi), che circola anonimo, ma di cui è autore

Van der Capellen tot den Pol. Il loro numero presto cresce, con l’adesione sia di quei reggenti che nutrono idee democratiche, sia di un gran numero dei membri delle comunità religiose non calviniste, che aspirano agli stessi diritti riservati alla ‘chiesa pubblica’: forze dunque con obiettivi contrastanti, ma uni-te dall’odio contro lo statolder, la cui rimozione avviene nel 1787. Tuttavia, mentre i patrioti ‘borghesi’ vogliono andare oltre e cambiare profondamente l’organizzazione statale, i patrioti ‘reggenti’ si ritirano: con l’aiuto della Prus-sia, lo statolder riprende il suo posto. In anni convulsi, fra la lealtà con i nuovi Stati Uniti dell’America, le ingerenze inglesi, l’invasione dell’esercito

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no e una pericolosa fratellanza con la Francia, il movimento finisce per sbricio-larsi. Parecchi patrioti fuggono in Francia e la Repubblica è facile preda dell’esercito rivoluzionario francese che, inneggiando a libertà, uguaglianza e fratellanza, invade il paese nel 1795, accolto a braccia aperte dai patrioti rima-sti, mentre lo statolder cerca rifugio in Inghilterra. Nasce così, grazie alla cosid-detta ‘rivoluzione di velluto’, la Repubblica Batava (1795-1806), con un cam-biamento totale dell’assetto statale: abolizione dello statolderato; eliminazione del peso decisionale delle province; possibilità di prendere le decisioni a mag-gioranza e non più all’unanimità. Si tratta di uno stato centralizzato secondo il

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