• Non ci sono risultati.

Il volume è stato reso possibile grazie al sostegno di

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il volume è stato reso possibile grazie al sostegno di"

Copied!
804
0
0

Testo completo

(1)
(2)
(3)

54 Indice

Il volume è stato reso possibile grazie al sostegno di Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Comparati

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “L’ORIENTALE”

Dipartimento di Scienze Documentarie, Linguistico-Filologiche e Geografiche UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”

NEDERLANDS LETTERENFONDS

AMBASCIATA DEI PAESI BASSI.

Le illustrazioni alle pagine 656-657 sono per gentile concessione di Troubleyn / Jan Fabre Le illustrazioni alle pagine 23, 364, 454 sono per gentile concessione dello Stichting Ons Erfdeel.

L’illustrazione alla pagina 573 è per gentile concessione di Apeiron Editori.

(4)

56 Indice

In copertina:

- APPUNTI - disegno di Franco Paris (Acquapendente, luglio 2011)

(5)

INDICE

Introduzione

Lo stato dell’arte 9

1150-1550

Lo splendore delle Fiandre e del Brabante 25

1. Fulvio Ferrari, Heinric van Veldeken. Sente Servas tra epica e

agiografia 35

2. Letizia Vezzosi, Reynaert e il suo mondo. Sulle tracce della volpe 53 3. Luisa Ferrini, La scelta di Beatrice. Tra amore sacro e amor

profano 69

4. Sabrina Corbellini, Jacob van Maerlant, Jan van Boendale, Dirc

Potter. La letteratura didattica nel tardo Medioevo 81 5. Fulvio Ferrari, Gli abele spelen. La cultura cavalleresca sulla scena 99 6. Lucia Basso, Anna Bijns. Le camere di retorica e la Riforma

protestante 113

1550-1800

L’età della Repubblica delle Province Unite 131

Una nuova patria per le Muse

7. Ricardo De Mambro Santos, La morale dei segni. Il pensiero neostoico nella cultura letteraria e figurativa tra Cinque e

Seicento 145

8. Marco Prandoni, Il Parnaso dei Paesi Bassi. La poesia

rinascimentale ‘moderna’ 163

9. Francesca Terrenato, Vasari e Machiavelli. Pittori e principi

italiani nella Repubblica 181

10. Franco Paris, Gerbrand Adriaenszoon Bredero. Dalla pattumiera

allo scrigno 199

Fermenti e pulsioni

11. Francesca Terrenato, Jacob Cats. La scuola delle mogli 217

(6)

6 Indice

12. Marco Prandoni, P.C. Hooft, G.A. Bredero, Joost van den

Vondel. Amsterdam a teatro 237

13. Matteo Trombin, Nel nome di Cartesio. Traduttori ed editori,

lingua e ideologia 261

14. Leen Spruit, Vondel difensore del cattolicesimo. Fede e ragione

nei poemi didascalici 275

15. Lia van Gemert, Il laboratorio. Il romanzo in neerlandese tra Sei

e Settecento 291

Educare alla felicità

16. Anna de Haas, Teatro tra 1670 e 1770. Religione, patria e politica 309 17. Marleen de Vries, Il secolo delle donne. Scrittrici dell’Illuminismo 325 18. Jeannette E. Koch, Elisabeth Wolff & Agatha Deken, Sara

Burgerhart. Fede Fortuna Felicità 343

1800-1900

Letterature nazionali tra Romanticismo e Naturalismo 363

19. Martien J.C. de Jong, Willem Bilderdijk. Classicismo

preromantico e romanticismo reazionario 373

20. Roberto Dagnino, Hildebrand e Conscience. Romanticismo

fiammingo, realismo olandese 387

21. Roberto Dagnino, La rivista «De Gids». La letteratura olandese

allo specchio 403

22. Jaap Grave, Multatuli, Max Havelaar, ovvero le aste del caffè della

Società di Commercio Olandese. «Sì, voglio essere letto!» 421 23. Ton Anbeek, Il naturalismo nei Paesi Bassi. Nervi deboli e pugni

di ferro 439

1900-2010

Lacerazioni, sperimentalismi, globalizzazione 453

Nell’officina della poesia

24. Giorgio Faggin, Gezelle, Van Ostaijen, Elsschot, Gilliams. Lirici

fiamminghi 463

(7)

Indice 7

25. Jean Robaey, Karel van de Woestijne, poeta del simbolismo 481 26. Herman van der Heide, La poesia del secondo dopoguerra.

Castelli di carte 499

27. Franco Paris, Poeti contemporanei. Voci, colori, suoni 527 L’incubo della Seconda Guerra mondiale

28. Gerrit van Oord, Etty Hillesum (Middelburg 1914 – Auschwitz

1943). Spiritualità e scrittura nei diari e nelle lettere 559 29. Marika Di Canio, Gerard Reve. Dal disagio postbellico al

cattolicesimo eterodosso 575

30. Ton Anbeek, W.F. Hermans. Un nichilismo creativo 591 31. Sven Vitse, Hugo Claus, Lo stupore. La prosa fiamminga negli

anni Sessanta 605

Sinestesie

32. Emiliano Biagio Manzillo, Hugo Claus, letteratura e cinema.

L’arte multimediale tra mercato e innovazione 621 33. Veronica Di Matteo & Franco Paris, Jan Fabre. ‘Guerriero della

Bellezza’ 639

34. Franco Paris, Johan Huizinga, Hella Haasse e la saggistica

letteraria. Dove la Storia si fa storia 659

Vecchi e nuovi mondi

35. Marco Prandoni, La letteratura marocchino-olandese. Nuove

scritture della migrazione 677

36. Jeannette E. Koch, L’esperienza coloniale nella letteratura

olandese. Osservazioni, impressioni, memorie 697

Bibliografia 719

Profili dei collaboratori 767

Indice dei nomi 773

(8)

8 Indice

(9)

INTRODUZIONE

HARBA LORI FA

Eins meien morgens fruo was ich uf gestaan in ein schoens boungartegin solde ich spiln gan da vant ich drie juncfrouwen stan

si waren so wolgetan

diu eine sang für diu ander sang na

Harba lori fa harba harba lori fa harba lori fa

Do ich ersach das schone krut in den boungartegin und ich erhorde das süesse gelut von den megden fin do verblide das herze min

das ich muoste singen na

Harba lori fa harba harba lori fa harba lori fa

Do gruoste ich die aller schoensten diu dar under stuont ich lies min arme alumbe gan do zer selben stunt ich wolde si küssen an irn munt

Si sprach lat stan lat stan lat stan

Harba lori fa harba harba lori fa harba lori fa

Jan I van Brabant (1253-1294), Lied II (Canzone II)

(10)

10 Introduzione

HARBA LORI FA*

*dall’erba nascono i fiori (provenzale?)

Di buon’ora di maggio un mattino dilettarmi volevo in giardino lì vidi di gentildonne un trino d’aspetto così fino

l’una all’altra dava il la

Harba lori fa harba harba lori fa harba lori fa

Poi vidi nel giardino erbe belle sentii il dolce canto delle donzelle allora il mio cuor si fece molle e detti anch’io il mio la

Harba lori fa harba harba lori fa harba lori fa

Salutai la più bella nell’intreccio e subito la cinsi in un abbraccio d’un bacio sulla bocca ebbi capriccio Lei disse lascia stare lascia stare lascia star

Harba lori fa harba harba lori fa harba lori fa

(11)

Lo stato dell’arte 11

Così cantava nella seconda metà del Duecento Jan, valoroso duca del Brabante, gaudente e trovatore. «Utinam Brabantia esset vicinior» («Oh, se solo il Brabante fosse più vicino») scriveva il morigerato Erasmo da Rotter- dam in una delle sue ultime lettere da Basilea in un impeto di nostalgia per la terra natia. Erasmo scriveva e parlava in latino perché apparteneva in primo luogo alla Repubblica dei letterati, e dal 1521 non mise più piede in patria. Tuttavia, secondo alcuni testimoni le ultime parole del grande uma- nista furono in nederlandese: «Lieve God» («Padre mio»). In questa figura albergano, scrive lo storico Charles Wilson, le tipiche caratteristiche dell’olandese, e l’Elogio della Pazzia, «ottuso e delicato allo stesso tempo»,ne sarebbe un chiaro esempio. Fu l’analisi della situazione olandese a convince- re Erasmo che l’armonia, la pace e l’unità, sotto un sovrano illuminato, fos- sero le condizioni indispensabili per far prosperare una comunità. Alla sua apertura intellettuale, al suo spirito di tolleranza e al suo umanesimo razio- nale si ispirarono pochi decenni dopo i padri spirituali della Repubblica del- le Province Unite e continuano tuttora a ispirarsi coloro che vogliono co- struire una società moderna e civile basata sul dialogo.

Erasmo non ci ha lasciato nemmeno una riga nella sua lingua materna.

Con la sua statura morale, la sua cultura e il suo stile avrebbe potuto rendere nota a tutto il mondo, con un solo libro, la letteratura nederlandese, eserci- tando un influsso paragonabile a quello che l’amico-nemico Lutero ebbe sul tedesco moderno. Le cose però andarono diversamente. Al di là della sua coerente decisione di scrivere in latino, resta comunque non del tutto com- prensibile il motivo per cui una letteratura così ricca abbia stentato ad affer- marsi all’estero. L’immagine che si ha in Italia della cultura fiamminga e olandese è associata di solito alla polifonia quattrocentesca, all’opera dei car- tografi cinquecenteschi, alle straordinarie creazioni dei pittori che hanno ar- ricchito per secoli l’arte europea, al genio rivoluzionario di Spinoza, alle ar- dite conquiste degli architetti e dei coreografi della contemporaneità. Nella zona di confine tra letteratura e storia qualcuno forse ricorderà che in neder- landese furono scritti i diari di Anne Frank e le opere di Johan Huizinga.

In realtà sono tanti i periodi caratterizzati da una grande fioritura della letteratura e da scrittori straordinari. Non ha certo giovato allo status e alla diffusione delle opere in questa lingua la vicinanza di tre grandi letterature – l’inglese, la tedesca e la francese –, anche se è proprio la collocazione al cro- cevia tra le culture europee ad aver costantemente alimentato e rinnovato la cultura di queste terre. Curioso e anche ingiusto è stato però il destino della letteratura nederlandese. Innumerevoli volte sono stati sottolineati gli influs- si delle letterature straniere, pochi però sanno che non di rado innovazioni e

(12)

12 Introduzione

slanci di genialità sono venuti proprio da autori delle Fiandre e dei Paesi Bassi. Se è ancora da verificare il tributo dovuto dal Paradise Lost di Milton al Lucifer di Vondel, non vi sono invece più dubbi sul fatto che all’origine del noto dramma medievale inglese Everyman, e delle varie rielaborazioni della vicenda di Ognuno, vi sia un originale olandese, Elckerlijck. E che dire poi di Van den vos Reynaerde, epopea in versi sulle malefatte dell’astuta volpe, d’ispirazione francese ma vero capolavoro della letteratura medievale fiam- minga, la cui rielaborazione quattrocentesca sta alla base della moderna for- tuna a stampa europea dell’opera e di tutte le sue riscritture, fino a Goethe?

Nella storia del teatro gli Abele Spelen sono accreditati come le più antiche opere profane della letteratura europea, ma quanto frequentemente se ne parla negli studi del settore? Si può tacere della mistica brabantina, con ver- tici assoluti come la poesia di Hadewijch e la prosa di Jan van Ruusbroec, o della straordinaria modernità protofemminista del dramma Mariken van Nieumeghen (ca. 1485), in cui una ragazza vende l’anima al diavolo per sete di sapere?

Persino tra gli specialisti sono in pochi a sapere che autori dei Paesi Bassi del Seicento, conoscendo sia la tradizione metrica romanza che quella ger- manica, favorirono la diffusione di una metrica sillabotonica, una sorta di ibridazione delle due, in tutta Europa. Gli storici del teatro fanno solo brevi cenni alla grande stagione del teatro di Amsterdam del Secolo d’Oro, con un genio comico come Bredero e un drammaturgo come Vondel, sempre alla ricerca di nuove sfide intellettuali. La traduzione, ancora mancante, di Sara Burgerhart delle scrittrici Betje Wolff e Aagje Deken, priva il lettore italiano di uno degli esempi più riusciti, per penetrazione psicologica e qualità stili- stiche, del romanzo epistolare europeo di fine Settecento.

Quanti sono poi al corrente del grande debito di Sigmund Freud nei con- fronti di questa cultura e letteratura? Il padre della psichiatria affermava di aver imparato a conoscere l’altro da sé grazie alle opere dell’anticonformista Multatuli e fu illuminato circa alcuni aspetti del sogno e dell’inconscio dalla corrispondenza con lo scrittore, psichiatra e utopista Frederik van Eeden, uno dei primi in letteratura a cimentarsi con quelle innovazioni tematiche e formali che avrebbero condotto in seguito ai capolavori di James Joyce e Virginia Woolf. Parlando di frequentazioni e di epistolari illustri, quante sorprese potrebbe rivelare l’analisi dei rapporti tra Verga e D’Annunzio e Louis Couperus, scrittore quest’ultimo molto ammirato da Katherine Mans- field?

Solo recentemente la critica italiana si è accorta di opere come Blokken (Blocchi) di Ferdinand Bordewijk (1931), contributo di grande originalità e

(13)

Lo stato dell’arte 13

forza espressiva alle antiutopie degli anni Venti-Trenta, gli anni in cui Hui- zinga fa sentire alta la sua voce nel dibattito sul declino dell’Occidente. In tempi più recenti vanno registrati, tanto per fare alcuni esempi, lo straordi- nario successo mondiale dei diari e delle lettere di Etty Hillesum, composti prima e durante la detenzione in un campo di transito nazista, l’influenza esercitata dai Cinquantisti – poeti sodali dei pittori Karel Appel e Corneille del gruppo CoBrA – sull’opera del Nobel J. M. Coetzee, o l’attenzione susci- tata in tutta Europa dalle ultime generazioni di drammaturghi, scrittori e poeti, oltre alla rilevanza, anche sociale, del fenomeno della saggistica d’autore, ad esempio di Geert Mak e Frank Westerman.

L’idea iniziale di mettere insieme un volume utile agli studenti non anco- ra in grado di leggere nella lingua originale, nata dalle conversazioni fra un piccolo gruppo di nederlandisti delle università italiane, si è sviluppata in un progetto molto più ampio, in grado di attirare un vasto pubblico di letto- ri. I numerosi contributi s’inquadrano in diversi momenti salienti della pro- duzione letteraria in nederlandese, gettandovi uno sguardo spesso inconsue- to. Da qui la decisione di organizzare il materiale con un taglio diacronico, facendo precedere le sezioni da brevi cappelli introduttivi che offrono uno sguardo d’insieme sui periodi storici, e sull’evoluzione della società e della cultura. Pur non essendo una ‘storia letteraria’ in senso stretto, questo volu- me aspira a trovare una sua nicchia nella produzione di storie letterarie ne- derlandesi, settore particolarmente produttivo negli ultimi anni, e rappre- senta il contributo della compagine italiana alla visibilità della letteratura e cultura di questi paesi.

Un’ottica transnazionale ha guidato i curatori della presente raccolta. È per questo, e non solo per l’oggettiva esiguità di risorse umane della neder- landistica italiana, che la redazione ha contattato studiosi di discipline affini – filologia germanica, letteratura artistica, traduttologia, storia, storia della filosofia, letterature francofone, cinematografia – in Italia e all’estero: perso- ne in grado di illuminare aspetti importati di questa civiltà letteraria grazie alle loro competenze interdisciplinari e ai loro eterogenei bagagli culturali.

Lo stesso spirito di collaborazione ha guidato gli enti che hanno generosa- mente contribuito alla realizzazione del progetto. Al Dipartimento di Studi Letterari e Linguistici dell’Europa dell’Università degli Studi di Napoli L’Orientale, al Dipartimento di Scienze Documentarie, Linguistico- Filologiche e Geografiche dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, al Nederlands Letterenfonds (Fondazione nederlandese per la Letteratura) e all’Ambasciata dei Paesi Bassi, che hanno finanziato quest’impresa, va il no- stro sentito ringraziamento, come anche al coordinatore tecnico-scientifico

(14)

14 Introduzione

dell’Orientale, Umberto Cinque, ai colleghi Encarnación Sánchez García, Augusto Guarino e Luisa Berghout per il loro sostegno e interessamento e a Luc Devoldere e Jan Fabre per averci messo a disposizione materiale icono- grafico. Le università coinvolte, attraverso il lavoro degli studiosi che hanno contribuito al volume, sono Amsterdam (UvA), Berlino (Freie Universität), Bologna, Ferrara, Groninga, Leida, Namur, Napoli (L’Orientale), Padova, Perugia, Pisa, Roma (La Sapienza), Trento, Utrecht e Salem, Oregon (Willa- mette). Il progetto ha cercato inoltre la collaborazione dei neolaureati in ne- derlandistica, autori di contributi e di traduzioni per questo volume. Un atto di fiducia, in tempi difficili per l’università e per il paese, nel presente e nel futuro dei nostri studi.

«Harba lori fa», cantava il duca del Brabante nella sua ballata.

Quest’enigmatico ritornello, rielaborato in una canzone popolare di Harrie Beex e Floris van der Putt (Toen den hertog Jan kwam varen, Quando soprag- giunse il duca Jan) del 1947, considerata ufficiosamente l’inno del Brabante, potrebbe derivare dal provenzale «Herba flori fa», sempre che non sia un mero gioco musicale, e alludere alla fioritura delle erbe nel locus amoenus del duca, giardino meraviglioso frequentato da soavi donzelle e ingentilito da fragranze floreali. I curatori di questa raccolta si augurano che i lettori trovi- no fra queste pagine gemme altrettanto degne di nota.

Harba lori fa, harba harba lori fa, harba lori fa.

Acquapendente, 31 agosto 2011 Jeannette E. Koch Franco Paris Marco Prandoni Francesca Terrenato

Poscritto

Il 30 settembre, in Olanda per un convegno, avevamo deciso di telefonare alla romanziera Hella Haasse, grande amica dell’Italia, per chiederle di scri- vere qualche riga di presentazione al volume. La sera ci è giunta la notizia della sua scomparsa. Il libro esce dunque in memoria di Hella Haasse, e con dedica ai nostri studenti, di ieri, oggi e domani.

(15)

Lo stato dell’arte 15

LO STATO DELL’ARTE

LA LINGUA, LA LETTERATURA, GLI STUDI

* * *

Prima della parte prettamente saggistica di questo volume, sembra utile e opportuno chiarire nelle pagine che seguono aspetti della terminologia rela- tiva a lingua, abitanti e territorio dei Paesi Bassi e delle Fiandre e illustrare lo stato dell’arte della manualistica relativa alla storia letteraria nederlandese, ripercorrendo anche l’evolversi di questi studi in Italia fino ad oggi.

Nella selva dei termini

Il lettore sarà colpito dalla varietà con cui in questa raccolta si indica di volta in volta la lingua: nederlandese, neerlandese, olandese, fiammingo. Cer- chiamo di fare chiarezza su questo primo aspetto che rappresenta un vero grattacapo per i non addetti ai lavori. Innanzi tutto va ricordato che la de- nominazione Nederlands (tradotta in italiano indifferentemente come neder- landese o neerlandese), è quella ufficiale, fissata nel 1980 nel Trattato della Ne- derlandse Taalunie (Unione Linguistica Nederlandese) sottoscritto dai Paesi Bassi e dalle Fiandre (Belgio nederlandofono) e a cui nel 2004 si è associata l’ex colonia del Suriname. Ma anche i termini fiammingo (Vlaams) e olandese (Hollands), assai diffusi, hanno ragione di essere, poiché possono denotare l’uno la variante del nederlandese parlata in Belgio, l’altro la variante parlata nei Paesi Bassi. Le origini di questa disomogeneità sono storiche. Nel Me- dioevo i Paesi Bassi meridionali e settentrionali erano divisi in varie contee e ducati: le varietà dialettali fiamminga, brabantina e olandese erano quelle di maggior prestigio. Con i Borgognoni e poi soprattutto sotto Carlo V questi territori furono unificati, ma in seguito, con la Guerra degli Ottant’Anni (ca.

1568-1648), le province settentrionali, con epicentro l’Olanda, si resero indi- pendenti, mentre le province meridionali, sia nederlandofone che francofone – il futuro Belgio – rimasero sotto il governo spagnolo, poi austriaco, della casata Asburgica. La divisione politica produsse naturalmente anche una differenziazione linguistica.

Partendo dalle origini della lingua il quadro risulta ancora più variegato.

Nei testi medievali e ancora nel Seicento, s’incontrano altre denominazioni della lingua nederlandese, che non corrispondono all’attuale classificazione terminologica. Inizialmente, attorno al sec. XII, per i primi testi scritti in lin- gua volgare si parlava semplicemente di duutsch/dietsch, ambedue deriva-

(16)

16 Introduzione

zioni della parola latina di origine germanica theodiscus (‘del popolo’, ‘volga- re’, dalla radice germanica *theuda-, ‘popolo’, con il suffisso derivativo ag- gettivale -isk). In alcune lingue la parola dutsc indica la lingua tedesca; in in- glese, invece, dal sedicesimo secolo Dutch indica specificamente la lingua dei Paesi Bassi. Da quel periodo data anche la denominazione Nederduytsch, termine che si può incontrare fino all’Ottocento per distinguere il nederlan- dese dall’(alto) tedesco, Duits. Il termine venne infine soppiantato da Neder- lands, anche per evitare confusioni con i dialetti sassoni della Germania set- tentrionale, collettivamente indicati con il termine Niederdeutsch.

Fino al Cinquecento era piuttosto diffuso in Italia il termine fiammingo come pars pro toto per indicare l’insieme delle varietà nederlandesi; a partire dal Seicento fiammingo è stato sostituito in questa funzione da olandese, altro termine derivato dalla supremazia di una provincia, quella settentrionale dell’Olanda, sulle altre. Ciò spiega perché ancor oggi l’italiano medio parli di lingua olandese: termine pratico ma non calzante, perché esclude comple- tamente non solo le altre province del paese, ma anche tutta la parte meri- dionale del dominio linguistico.

Se oggi, tra variante olandese e fiamminga, le differenze non sono ec- cessive e concernono la pronuncia, la ‘melodia’ della frase, piccoli aspetti stilistici e grammaticali, esse comunque denotano (e ricordano) una diver- sa storia, cultura e mentalità. Nella Repubblica delle Province Unite si è sviluppato un nederlandese standard, favorito fortemente dalla pratica protestante della quotidiana lettura, nelle case, della Bibbia (la cosiddetta Bibbia degli Stati del 1637). Nelle Fiandre, invece, dominate dagli stranieri ma schiacciate culturalmente anche dai Valloni francofoni, il nederlandese, nelle sue varianti locali, non ha avuto un’evoluzione parallela, rimanendo relegato e frantumato in ambito localistico. La valorizzazione della varian- te fiamminga, assieme al progressivo affinamento e alla standardizzazione sul modello settentrionale, ha avuto luogo nel corso nell’Ottocento, con l’acquisizione di una coscienza nazionale e la crescita economica e cultura- le delle Fiandre.

In questo volume si utilizza in genere il glottonimo nederlandese (o neerlan- dese, a discrezione degli autori dei saggi) per indicare la lingua in cui scrivono gli autori dei Paesi Bassi e delle Fiandre. Compaiono anche olandese e fiammin- go, usati come termini distintivi per indicare o la varietà linguistica, o la loca- lizzazione specifica di autori o fenomeni, e quindi per suggerirne il retroterra e la cultura sottostante, o per sottolineare la crescente divaricazione delle lettera- ture nazionali del nord e del sud nell’Ottocento. Rendere omogeneo ciò che storicamente omogeneo non è, e normalizzare oltre la terminologia, avrebbe

(17)

Lo stato dell’arte 17

fatto torto alla ricchezza e complessità – fatta di particolarismi e municipalismi – di questa civiltà letteraria nel suo secolare cammino storico.

Nella selva delle storie letterarie

Giacomo Prampolini, autore fra l’altro di una monumentale Storia univer- sale della letteratura (1933-38), nella prefazione al volume La letteratura olande- se e fiamminga (1880-1924), del 1927, scrive: «L’Olanda e la Fiandra letteraria moderna ci sono sconosciute, e l’olandese non è una lingua diffusa tra di noi». Interessante è la spiegazione della scelta dei brani fatta del curatore.

Mancano, dice, tutti i romanzieri e novellieri della corrente naturalista («il naturalismo olandese è cibo piuttosto insipido pel nostro palato»); manca il teatro, «che non è il genere letterario più fiorente in Olanda e nelle Fiandre»;

mancano gli autori il cui lavoro non si presta a un’antologia, di cui «un bra- no staccato di romanzo non avrebbe dato alcuna idea del loro talento» e quelli che non ‘rendono’ in traduzione, oltre ai giovani, per motivi di spazio.

Prampolini, rammaricandosi per tutto quanto deve escludere, conclude con l’elogio «dello spirito umano che l’Olanda e la Fiandra hanno donato attra- verso i secoli: Jan van Ruysbroec, Thomas à Kempis, Desiderio Erasmo, Ugone Grozio, Baruch Spinoza», ringraziando anche Rubens e Rembrandt.

Ecco, in a nutshell, un’antologia, una critica e una dichiarazione di stima, anzi d’amore, mirate a far conoscere in Italia una cultura letteraria fino ad allora conosciuta solo in qualche traduzione dispersa, come ad esempio quella di un romanzo di Couperus, promosso da Verga. Anche il nostro vo- lume si propone di far conoscere in Italia la letteratura nederlandese e non è da considerarsi esaustivo, anzi. Autori e correnti, che in un manuale sareb- bero imprescindibili, non vi compaiono. Senza aspirare alla completezza, il volume si propone come tributo alla cultura dei Paesi Bassi e delle Fiandre e come mappa per condurre il pubblico italiano lungo percorsi poco battuti.

Nello studio della letteratura nederlandese in Italia si registra oggi un vuoto. Mancano pubblicazioni recenti, e spesso si ricorre a testi disponibili in inglese o ad articoli su rivista. I pochi manuali in italiano risalgono tutti al- meno a quaranta, cinquant’anni fa. Argomenti e punti di vista sono inevita- bilmente datati e le riflessioni critiche e le indicazioni bibliografiche non so- no aggiornate. Una visione della letteratura e della società dal 1970 ad oggi, tanto fervide di sviluppi, è quasi totalmente assente. I due volumi, editi da Sansoni, che portano il titolo di La letteratura olandese (1968, un testo di J.C.

Brandt Corstius tradotto e adattato da G. van Woudenberg) e Le letterature

(18)

18 Introduzione

del Belgio (1969, curato da J. Weisgerber per la parte nederlandofona) offrono una visione per lo più non integrata della produzione letteraria di Paesi Bas- si e Fiandre e contengono pochi cenni al contesto storico e sociale in cui ope- rano gli autori, riconducendo sempre ove possibile ad ampi contenitori astratti la specificità delle opere e correnti presentate. Il Novecento è forte- mente penalizzato, mentre più sviluppati, e non privi di interesse ancor og- gi, sono i capitoli relativi al Medioevo per la letteratura fiamminga, e al Sei- cento per la letteratura olandese.

I due volumi dedicati alla letteratura di lingua nederlandese nella serie Letteratura Universale edita da Fratelli Fabbri (1970) propongono due pano- ramiche ancor più brevi della letteratura olandese (a cura di J.H. Meter) e della letteratura nederlandofona del Belgio (a cura di J. Weisgerber), raccolte in un volume, cui fa da pendant un volume antologico di traduzioni, spesso inedite. Ciascun testo è preceduto da una concisa introduzione all’autore ed alla sua opera. La compattezza e l’utile materiale antologico presentato ne fanno un complemento ancora valido, seppur non esauriente, allo studio della letteratura nederlandese.

Brevi sintesi su opere ed autori fino al 2001, precedute da una panorami- ca concisa ma aggiornata della letteratura di Paesi Bassi e Fiandre, sono of- ferte nel volumetto Dall’Autunno del Medioevo alle Montagne dei Paesi Bassi. La letteratura nederlandese in traduzione italiana. La pubblicazione, che si avvale anche dell’esperienza diretta dei traduttori attivi presso Iperborea – che da anni è in prima fila, assieme ad altre poche e coraggiose case editrici, nella pubblicazione e promozione di autori nederlandesi nel nostro paese – è utile fonte di informazioni anche per chi sia curioso di sapere quali testi di questa letteratura siano disponibili in traduzione italiana.

In questo panorama piuttosto disadorno s’inserisce il presente volume, che non si propone solo come finestra su un mondo a cui poca attenzione concedono l’editoria e l’università, ma ha l’ambizione di dialogare costrutti- vamente con pubblicazioni di taglio storico-letterario sulla civiltà letteraria dei Paesi Bassi. L’approccio degli studiosi impegnati negli ultimi venticin- que anni in progetti editoriali di questo tipo è naturalmente diverso da quel- lo dell’onnisciente G.P.M. Knuvelder, che scriveva sessant’anni fa, da solo, l’ultimo grande manuale tradizionale di storia della letteratura, o di R.P.

Meijer che nel 1971 proponeva il suo fortunato manuale Literature of the Low Countries.

L’adozione di nuove prospettive emerse nel campo del (post)strut- turalismo e del decostruzionismo, dei cultural studies, degli studi di genere e postcoloniali, della storiografia narrativista, della ricezione e della traduzio-

(19)

Lo stato dell’arte 19

ne, ha reso negli ultimi decenni fecondamente problematico il lavoro di chi vuole sintetizzare gli aspetti della vita letteraria di un ampio lasso tempora- le. Di pari passo è andata la specializzazione delle competenze degli studio- si, che da un lato ha favorito l’uscita di monografie su periodi o generi speci- fici, dall’altro ha reso imprescindibile il coinvolgimento di una rosa di esper- ti nella realizzazione di storie letterarie di ampio respiro.

Un esperimento ben riuscito, in una direzione non consueta, è la raccolta di microsaggi-storia letteraria, curata da M.A. Schenkeveld-van der Dussen, Nederlandse literatuur. Een geschiedenis (1993, Letteratura nederlandese. Una sto- ria). Singole date-chiave danno origine a un percorso o meglio un’artico- lazione di percorsi in brevi studi dedicati a specifici autori, opere e tendenze, nell’esplicita consapevolezza della soggettività a cui nessuna ricostruzione può sottrarsi. Sintesi meno frammentarie hanno ritrovato, proprio in questi ultimi quindici anni, ragione di essere, dopo la crisi in cui era entrato il con- cetto stesso di storia letteraria (nonché di storia) a cavallo tra gli anni Settan- ta e Ottanta. A imporsi come uscita possibile dall’impasse è stato l’approccio

‘funzionalista’, che vede la letteratura come inscindibile dal suo contesto sto- rico, sociale e materiale. Si sono gettate così le basi per una nuova interpreta- zione dei fenomeni letterari, in grandi narrazioni che mettono al centro il funzionamento della letteratura in società in perpetua evoluzione. I più grandi nomi negli studi letterari in Olanda e nelle Fiandre hanno collaborato e stanno collaborando alla redazione di un’opera monumentale, diretta da A.J. Gelderblom e A.M. Musschoot, la Geschiedenis van de Nederlandse Litera- tuur (Storia della letteratura nederlandese), in otto volumi (di cui finora cinque già pubblicati, mentre gli altri sono attesi per il 2012).

Contemporaneamente, sempre dal lavoro di équipe, sono nate altre storie letterarie, meno voluminose ma di grande importanza per la nederlandistica internazionale: Histoire de la Littérature Néerlandaise, a cura di H. Stouten, J.

Goedegebuure e F. van Oostrom (2000), Niederländische Literaturgeschichte, a cura di R. Grüttemeier e M.-Th. Leuker (2006), A Literary History of the Low Countries, a cura di Th. Hermans (2009). Il manuale francese – poi rielaborato in inglese – è realizzato da studiosi operanti in un contesto olandese o fiam- mingo, i cui testi sono stati poi semplicemente tradotti e adattati. Diverso il caso del manuale tedesco, risultato del lavoro delle vivaci scuole universita- rie dei paesi di lingua tedesca: il taglio è tradizionale ma gli autori si mo- strano capaci di andare incontro a un pubblico sempre più curioso della let- teratura e della società del paese vicino.

Anche la nederlandistica ungherese ha realizzato un manuale in neder- landese ma esplicitamente pensato per gli studenti stranieri: Inleiding litera-

(20)

20 Introduzione

tuurgeschiedenis voor de internationale neerlandistiek (Introduzione alla storia della letteratura per la nederlandistica internazionale), a cura di J. Gera e A. Sneller. Il volumetto associa a ogni periodo storico un determinato approccio critico, e presenta inoltre un’opera per periodo quale case-study, fornendo allo studen- te semplici ma utili strumenti di analisi testuale.

La presenza di tante nuove pubblicazioni, di cui i nostri studenti possono comunque servirsi, ci ha indicato un’altra direzione: una raccolta di percorsi che illuminino diversi aspetti della vita letteraria dei Paesi Bassi nell’accezione più ampia. Molti autori dei saggi qui raccolti sono italiani e lavorano presso università italiane, olandesi o fiamminghe: hanno volentieri aderito alla proposta di creare uno strumento di studio che tenesse conto delle aspettative dello studente e del lettore italiano. Altri studiosi, prove- nienti da atenei olandesi o fiamminghi o da paesi terzi, hanno messo genero- samente a disposizione del progetto le proprie competenze. Lo sguardo è a volte panoramico, teso a cogliere processi di continuità/discontinuità sul lungo periodo, a volte focalizzato su un autore o un’opera, ma senza (quasi) mai essere esclusivamente biografico o ergocentrico. La letteratura viene in- dagata in relazione alle dinamiche storico-sociali e in funzione di esse: un approccio necessario se rivolto a un pubblico che spesso non conosce il con- testo socioculturale dei Paesi Bassi e delle Fiandre. I contributi cercano di parlare chiaro, di aggiungere elementi nuovi alla ricerca, di dare spunti di riflessione, con un occhio alle dinamiche di cultural transfer e all’intersemiosi dei linguaggi e delle arti. Oltre a contenere testi accessibili agli studenti fin dal primo anno, abituandoli al taglio e al linguaggio della ricerca sul campo, il volume può incontrare gli interessi più variegati, poiché spazia attraverso secoli di storia letteraria e fra generi e filoni diversi, con un approccio multi- disciplinare. Non una storia della letteratura, quindi, ma un ricco repertorio di studi sulla letteratura nederlandese, che crediamo confermi la solidità del- la nederlandistica italiana sia per i suoi specifici meriti, sia per la fruttuosa collaborazione che è in grado di stabilire con studiosi di altre discipline e di università straniere.

Nel giardino italiano

La moderna ‘nederlandistica’ italiana è iniziata proprio con Prampolini, grande conoscitore della lingua, studiata sui fronti della Prima Guerra mon- diale, e appassionato cultore della civiltà dei Paesi Bassi. Ne fu instancabile promotore, con importanti traduzioni, la già menzionata storia letteraria, e

(21)

Lo stato dell’arte 21

un’assidua frequentazione di amici scrittori in lingua nederlandese. Fedele al suo lavoro di ricerca e traduzione, Prampolini rifiutò sempre le cattedre universitarie che gli vennero offerte.

Nel secondo dopoguerra la nederlandistica divenne disciplina universita- ria in numerosi atenei della penisola: Bologna, Napoli (L’Orientale), Padova, Roma (La Sapienza), a cui si aggiunsero le Scuole Superiori per Interpreti e Traduttori di Milano e Trieste. In altre università (Cagliari, Università Catto- lica di Milano, Perugia, ecc.) la materia è stata insegnata per periodi più o meno lunghi. Tra le figure marcanti di docenti e studiosi si ricordano Gerda van Woudenburg, autrice tra l’altro di una splendida antologia della poesia del Novecento, insieme a Francesco Nicosia; Jan Hendrik Meter, studioso della letteratura del Medioevo e del Seicento, con saggi fondamentali su Heinsius, Bredero, Gezelle; Fiorella Mori-Leemhuis, che ha formato genera- zioni di studenti romani; Roland van Ertvelde, autore di un manuale di fo- nologia; Rita Snel Trampus, la cui Introduzione allo studio della lingua neerlan- dese è servita per tanti anni come strumento per la scuola universitaria; Do- rothé Beekhuizen, a cui si deve un dizionario tascabile a lungo utilizzato, specie prima dell’uscita nel 2001 del dizionario di Vincenzo Lo Cascio; lo storico dell’arte e fine traduttore di poesia Giorgio Faggin; infine Gianfranco Groppo e Riccardo Rizza, la cui attività si è purtroppo prematuramente in- terrotta.

La letteratura nederlandese può contare su un gruppo ristretto ma assai qualificato di traduttori letterari, grazie a cui nomi come Hella Haasse, Cees Nooteboom, Hugo Claus, Harry Mulisch, Arnon Grunberg o Kader Abdolah non sono sconosciuti al largo pubblico. Va sottolineato l’impegno di tanti edi- tori piccoli e piccolissimi, che non si sottraggono al compito spesso ingrato di diffondere una letteratura ‘minore’. Sul sito del Nederlands Letterenfonds (Fon- dazione nederlandese per la Letteratura, www.nlpvf.nl) si può consultare un data- base completo delle traduzioni dal nederlandese. Michel Dingenouts aggiorna invece l’elenco delle traduzioni italiane sul sito www.ne(d)erlandese.com.

Alcune iniziative recenti testimoniano della vitalità della disciplina, della sua apertura al mondo della traduzione letteraria, e dell’ottima sinergia tra università. Due scrittori contemporanei di grande successo, Arnon Grunberg e Tom Lanoye, hanno percorso gli atenei italiani, per incontrare gli studenti e partecipare a seminari di traduzione sulla propria opera. Dal progetto-pilota della tournée italiana di Grunberg è scaturito un volume sulla ricezione e tra- duzione dei suoi romanzi a cura di Dolores Ross, Arie Pos e Marleen Mertens.

Fondamentale per l’insegnamento della lingua e letteratura nederlandese in Italia è il sostegno dell’organismo intergovernativo De Nederlandse Taalu-

(22)

22 Introduzione

nie. Tra le tante attività a favore dell’insegnamento e della ricerca, tra cui ad esempio l’elaborazione e il finanziamento della monumentale storia lettera- ria citata, la Taalunie si dedica a sostenere le cattedre di studi nederlandesi nel mondo: quasi 300, disseminate in una quarantina di paesi nei cinque con- tinenti. Gli studiosi della disciplina sono riuniti in un’Associazione interna- zionale (IVN), a sua volta suddivisa in numerose piattaforme. L’Italia è uno dei membri più attivi della piattaforma del Mediterraneo, che si riunisce ogni due anni in un convegno i cui atti formano una collana (Nederlandse taal-, vertaal- en letterkunde). Nonostante le difficoltà incontrate dall’inse- gnamento della lingua e letteratura nederlandese negli ultimi anni in parec- chi di questi paesi – dovute a effetti indesiderati della ristrutturazione dei curricula e spesso alla scarsa attenzione mostrata dai vertici del mondo uni- versitario – proprio l’esistenza di questo organismo consente la sopravvi- venza di piccole realtà accademiche, mantenendo costante l’aggiornamento e vivo il confronto tra docenti e offrendo agli studenti opportunità di corsi in Belgio, Olanda e altrove.

Nel secondo dopoguerra, era diventata abitudine suddividere gli studiosi della materia in due grandi raggruppamenti, intramurale ed extramurale, a seconda che si collocassero all’interno del dominio linguistico nederlandofo- no, o al suo esterno. L’inarrestabile globalizzazione che abbatte i confini e rende liquidi confini e appartenenze, con studenti e studiosi che si muovono a loro agio tra un paese e l’altro, ha messo definitivamente in crisi una simile visione. Le cattedre di nederlandese nel mondo operano in una fitta rete d’interscambi di persone e conoscenze. Un esempio luminoso delle potenzia- lità e prospettive della nuova nederlandistica ‘transnazionale’ è rappresenta- to dal progetto Beatrijs Internationaal (coordinato da O. Réthelyi e R. Sleide- rink) a cui hanno partecipato studiosi di tutto il mondo, focalizzata sulle in- numerevoli rielaborazioni della leggenda mariana della suora Beatrijs.

(23)

Lo stato dell’arte 23

(24)

24 Introduzione

(25)

1150-1550

Lo splendore delle Fiandre e del Brabante

(26)

26 Letizia Vezzosi

Jan van Doesborch, Floris ende Blancefloer, ca. 1517, incisione

(27)

1150-1550. Lo splendore di Fiandre e Brabante 27

A differenza delle altre culture germaniche, la letteratura medievale neer- landese comprende soprattutto ed essenzialmente i testi a noi tramandati nel periodo compreso tra 1160-70 e il 1550 in medio neerlandese, ovvero la do- cumentazione scritta a partire dal primo documento Sint Servaes Legende (Leggenda di San Servazio, databile tra il 1160 e il 1170), poema di Heinric van Veldeken nella varietà del Limburgo, fino agli scritti di Anna Bijns, che tem- poralmente coincidono con l’introduzione della stampa, e l’avvio del Rina- scimento e della Riforma. Per ‘medio neerlandese’ non s’intende una lingua standardizzata, il cui uso si sovrappone alle parlate locali, cosa inimmagina- bile nel Medioevo, ma l’insieme dei vari volgari attestati nelle regioni che costituiscono attualmente i Paesi Bassi e il Belgio neerlandofono: più specifi- camente il limburghese, il fiammingo, il brabantino, e in maniera minore l’olandese e il cosiddetto neerlandese nord-orientale medio. I tratti distintivi di questi dialetti vengono ricostruiti sulla base dei documenti ufficiali, come la Stadsrekening Maastricht (1399, Rendiconto cittadino di Maastricht), lo Sche- penbrief van Oldenzaal (1351, Lettera degli scabini di Oldenzaal) o l’Ambtelijke tekst uit Breda (1269, Testo amministrativo di Breda) che hanno una datazione sicura, sono scritti nel dialetto locale e conservati nell’originale. Al contrario, non tutti i testi giunti fino a noi sono di facile identificazione, poiché spesso un singolo manoscritto può mostrare tratti appartenenti a dialetti diversi, e ciò per molteplici ragioni: il copista può aver parlato un dialetto diverso da quello usato nel testo da copiare; la mescolanza dialettale può essere voluta dall’autore stesso, per ottenere determinati effetti poetici o per ragioni for- mali come la rima; l’oscillazione può essere ricondotta al prestigio di alcune varietà, come il dialetto fiammingo-brabantino nel XIII e XIV secolo; infine, poiché di molti testi, soprattutto letterari, possediamo soltanto copie di co- pie, tratti arcaicizzanti si possono trovare accanto a innovazioni.

Del periodo precedente, la cui lingua viene comunemente denominata neerlandese antico (o, meglio ancora, basso francone antico) non si hanno, infatti, che scarse e frammentarie testimonianze: alcuni toponimi e glosse in testi latini, il Salterio di Wachtendonck (una collezione di salmi in un dialetto orientale dell’inizio del X secolo); una frase scritta per metà in antico nederlandese e per metà in latino, a conclusione di una lista di nomi di persone che vivevano nel monastero di Munsterbilzen nel Limburgo; il cosiddetto Willeram di Leida (un adattamento del 1100 circa del Canto di Salomone di Willeram, abate di Ebersburg); e la famosa probatio pennae Hebban olla vogala scoperta da Kenneth Sisam nel 1931 su di un pezzo di pergamena di rinforzo della copertina di un manoscritto, probabilmente scritta da uno scriba fiammingo dell’abbazia di Rochester nel Kent.

(28)

28 Letizia Vezzosi

Tuttavia, presupporre un’intensa attività letteraria, in massima parte non documentata, sembra essere la conditio sine qua non per rendere conto del livello di maestria e raffinatezza presente fin dalle prime testimonianze, come le opere di Heinric van Veldeken e della mistica Hadewijch.

Alla mancanza di una lingua unitaria corrispondeva l’assenza di uno stato unitario. Sulle rovine dell’impero carolingio erano sorti due grandi paesi, la Francia e la Germania, e un numero di principati più piccoli che in termini legali dovevano la loro alleanza ai regnanti francesi o tedeschi, ma che di fatto godevano di piena autonomia politica e prestigio internazionale, come testimoniato, per esempio, dalla contea delle Fiandre con il suo significativo intervento alle crociate e alla lotte di reconquista contro i Mori in Portogallo e Spagna.

Se il Limburgo aveva sviluppato un significativo sistema socioculturale cortese, svolgendo nel XII secolo un ruolo centrale per la politica del Sacro Romano Impero,nel corso del Duecento, in seguito all’estinzione della sua dinastia reggente, passò sotto sfera d’influenza e poi definitivamente sotto il controllo politico del ducato di Brabante con la battaglia di Woeringen (1288) vinta dal duca-poeta Giovanni I del Brabante (Jan I van Brabant), autore di celebri liriche amorose, tra cui Harba lori fa.

Le Fiandre erano invece rimaste sotto la sfera d’influenza della Francia, in qualità di vassallo feudale. Nonostante i pressanti tentativi di annessione da parte del regno francese, la contea delle Fiandre riuscì a conservare il suo status indipendente, anche grazie alla temporanea unione con la contea di Hainaut, fino al 1384, quando entrò a far parte della nuova possente struttura statale del ducato di Borgogna.

Il ducato di Borgogna, nato anch’esso sulle rovine dell’Impero carolingio, era stato legato alla corona francese con alterne vicende fino al 1384, quando Giovanni II il Buono ne riconobbe l’autonomia feudale, investendone il figlio Filippo l’Ardito, che, a seguito di politiche matrimoniali, acquisì anche le Fiandre, l’Artois e la Franca Contea e preparò un legame con la contea di Hainaut. La politica di Filippo, tesa a una progressiva pacificazione e armonizzazione interna, comportò l’istituzione di organismi di rappre- sentanza politica dei gruppi sociali presenti nelle diverse parti del ducato e anche il riconoscimento di autonomie locali. Durante la Guerra dei Cent’Anni, il duca di Borgogna, pur mostrando linee politiche altalenanti, fu ago della bilancia nel conflitto franco-inglese, a seguito del quale consolidò il suo potere interno, estendendo i suoi domini. La politica espansionistica continuò nel XV secolo con Filippo il Buono, mediante l’annessione di Brabante-Limburgo e di Lussemburgo, Hainaut, Zelanda, Olanda e Frisia e

(29)

1150-1550. Lo splendore di Fiandre e Brabante 29

la stabilizzazione di un protettorato su Liegi. Con la morte di Carlo il Temerario, il ducato di Borgogna tornò alla Francia, mentre tutti gli altri stati passarono sotto il controllo diretto della famiglia imperiale degli Asburgo alla morte della figlia Maria di Borgogna (1482), andata in sposa a Massimiliano d’Asburgo. Seppure indipendenti tra di loro, le strutture politiche dei Paesi Bassi settentrionali e delle Fiandre avevano sviluppato una fitta rete di scambi economici e culturali ben prima dell’unificazione formale, che si evidenziò nel patto del 1139, che stabiliva vincoli di buon vicinato, sull’esempio dei cantoni svizzeri, tra le Fiandre, il Brabante- Limburgo e l’Hainaut, e che si manifestò in un processo di avvicinamento e assimilazione, rendendo questi territori un’entità omogenea e specifica agli occhi del resto d’Europa. Fu a partire da questo nucleo belga-olandese- lussembrughese che Filippo il Buono cercò di dare coesione, anche giuridico- amministrativa, allo stato borgognone e, pur rispettando le diverse realtà provinciali, convocò gli Stati Generali con i rappresentanti di tutti i paesi che costituivano il suo ducato (1463), istituendo contemporaneamente, per garantire l’unità del governo, il Gran Consiglio a Malines.

Di fronte all’assenza di un potere fortemente centralizzato, non è sor- prendente che lo sviluppo della letteratura abbia seguito la crescita dei vari centri di potere politico ed economico, rappresentati non solo da principati, ducati o contee, ma spesso da quelle città che avevano un certo grado di au- togoverno e d’indipendenza grazie alla spinta dell’emergente classe media (detta comunemente ‘borghesia’). L’attività letteraria durante il Medioevo si concentrò prima nel Limburgo del XII secolo e, in misura minore, dalle Fiandre; nel XIII secolo, con lo sviluppo delle attività commerciali ed eco- nomiche di Bruges, Gand, Damme e Ypres, la scena letteraria fu dominata quasi esclusivamente dalle Fiandre, mentre dal XIV secolo si osserva la co- stante ascesa del Brabante che divenne con il XV secolo il centro dell’egemonia culturale medio neerlandese. Infatti, alla fine del XV secolo, con l’ostruzione dell’estuario dello Zwin, ovvero dell’accesso di Bruges al Mare del Nord, le città delle Fiandre persero di importanza lasciando spazio all’ascesa di Anversa a ruolo di porto marittimo internazionale e maggiore centro finanziario a nord delle Alpi.

Altre città brabantine acquisirono un rilievo politico e culturale sempre più decisivo: Bruxelles, punto centrale dell’amministrazione, e Lovanio, sede dell’università. Dopo la metà del XVI secolo, a seguito della rivolta contro il governo spagnolo, responsabile di una sanguinosa repressione, l’avvio della Guerra degli Ottant’anni e la caduta di Anversa (1585), si verificò una mas- siccia fuga verso il nord e in particolare verso Amsterdam, già da almeno un

(30)

30 Letizia Vezzosi

secolo e mezzo il maggior porto europeo per la distribuzione di merci del Mar Baltico. Anversa cominciò a perdere così la sua importanza commercia- le fino a ricevere il colpo definitivo con la chiusura dell’estuario della Schel- da alle imbarcazioni straniere. Il declino della rivale favorì l’ascesa di Am- sterdam, e conseguentemente del suo dialetto.

Il neerlandese moderno standard si basa infatti prevalentemente sul dia- letto di Amsterdam, ma presenta molti tratti tipici dei dialetti meridionali, perché nello spostamento del centro politico, economico e culturale verso il nord del paese fu determinante non tanto la quantità ma la qualità degli immigrati fuggiti dal sud verso il nord. Fra loro vi furono scienziati di fama, studiosi, stampatori e mercanti. Molti insegnanti provenienti dalle regioni meridionali portarono con sé i loro materiali e continuarono a utilizzarli nel- la didattica, influenzando così l’uso della lingua di Amsterdam e della sua area.

Come anche altrove nell’Europa occidentale del basso Medioevo, la lette- ratura medievale neerlandese risente inizialmente della profonda influenza della lirica cortese e del romanzo cavalleresco francese, dominio culturale che si protrae fino al XVI secolo grazie al mecenatismo dei vari regnanti: le corti sono centri propulsori per la musica, le arti e la letteratura. Inoltre, al- meno fino al tredicesimo secolo la produzione letteraria è rivolta prevalen- temente all’ordine monastico e all’aristocrazia e soltanto in minima parte al resto della popolazione. Ne consegue che sono soprattutto i temi della poe- sia cavalleresca e agiografica ad essere attestati in un primo tempo.

Se anche il primo documento in medio neerlandese è un’opera agiografi- ca, la Sint Servaes Legende di Van Veldeken, la frammentaria documentazione del periodo giunta a noi testimonia anche di un grande interesse per la ma- teria carolingia, interesse che si prolungherà fino alla fine del XIV secolo. Si pensi ad esempio ai duecenteschi Karel ende Elegast (Carlo e Elegast) e De Ro- man der Lorreinen (Il romanzo dei Lotaringi), di cui il secondo riprende lette- ralmente la tradizione dei romanzi su Carlo Magno scritti nel XII secolo, mentre il primo si configura come apporto originale alla tradizione, seppur fortemente contaminato dalla letteratura popolare dei periodi precedenti.

L’Oriente diventa nel Duecento, a seguito delle crociate, un tema che s’inserisce nella tradizione classica: abbiamo così il romanzo Partonopeus, in cui l’eroe, nipote del re di Francia, gode dei favori di una potente quanto mi- steriosa regina, oppure il noto Floris ende Blancefloer (Fiorio e Biancifiore). Non mancano nella letteratura del XIII secolo neppure romanzi di materia classi- ca greca o latina, desunta principalmente da modelli francesi (Het Prieel van Troyen oppure Parlement van Troyen, Il Parlamento di Troia, di Segher Dier-

(31)

1150-1550. Lo splendore di Fiandre e Brabante 31

godgaf) come pure del ciclo bretone (il Moriaen con le avventure di Lancil- lotto e di Walewein, o il più noto Ferguut).

In ambito religioso, continua la poesia agiografica (il vangelo popolare Vanden Levene Ons Heren, Della Vita di Nostro Signore, oppure l’armonia evangelica Leven van Jezus, Vita di Gesù), ma ben più interessante è la lettera- tura mistica: oltre al trattato Van seven Manieren van heiligher Minne (I sette gradi dell’amore sacro) della suora Beatrijs del convento di Nazareth presso Lierre, non si possono non ricordare gli scritti mistico-teologici della poetes- sa Hadewijch, le Visioenen (Visioni) e le Brieven (Lettere), o le sue poesie in cui l’amore cortese diventa pura spiritualità (Mengeldichten, Poesie varie).

Alle esigenze e agli interessi della nuova classe dei lettori che emerge, nel XIII secolo, nel contesto delle città fiamminghe, risponde la fioritura di altri generi letterari, tra cui la poesia didascalica, di cui senza dubbio Jacob van Maerlant è il maggior rappresentante. Seppur perfettamente inserito nel suo tempo, come dimostrano i suoi rifacimenti della materia classica o arturiana (Alexanders Geesten, Gesta di Alessandro Magno da una parte, e il Torec e il doppio racconto De Historie van den Grale, Storia del Graal, e Mer- lijn’s Boek, Il libro di Merlino dall’altra), si collega preferibilmente il suo no- me alle elaborazioni di opere didascaliche latine come il Van der Natueren Bloeme (Florilegio sulla Natura) e le grandiose opere in versi De Spieghel Hi- storiael (Specchio della Storia) e Rijmbijbel (Bibbia in rima). Lo sguardo mora- leggiante e satirico sulla società del tempo si sposa perfettamente con un altro genere letterario molto popolare, la fiaba: di particolare rilievo sono l’adattamento degli episodi del francese Roman de Renard, Van de vos Rey- naert, e l’Esopet (Esopo).

Con il XIV secolo la grande epoca della cavalleria tramonta e così l’epoca delle grandi opere epico-cavalleresche. Le Fiandre sono, insieme al nord d’Italia, la regione più urbanizzata d’Europa. La densità della popolazione ur- bana è altissima, e la borghesia cittadina diventa una realtà predominante. Si assiste alla prima rivolta (1323-1328) che coinvolge contadini e artigiani impe- gnati nel settore tessile, contro la pressione fiscale del conte di Fiandra e la no- biltà francofona e il ceto patrizio e mercantile ad essa associato. Luigi di Mâle, responsabile dell’unificazione delle Fiandre con il Brabante e Limburgo, a dif- ferenza dei suoi predecessori, si circonda di funzionari provenienti dalle Fian- dre (avvocati, notai, consiglieri ecc.) per amministrare il territorio. Questi mo- vimenti sociali determinano la stabilizzazione del fiammingo come lingua amministrativa, come pure la crescita d’importanza della classe borghese, che esige sempre più ordine e disciplina, dottrina e legge e pragmatismo, anche in ambito letterario. Pertanto, gli elementi della tradizione letteraria del secolo

(32)

32 Letizia Vezzosi

precedente continuano, ma con una spiccata vena morale, o meglio moraleg- giante e didattica. Esemplificativa a questo riguardo è la rielaborazione dell’epopea della volpe Reynaert, portata a significazioni morali.

Si rielaborano ancora i temi cavallereschi, perché d’interesse anche per l’alta borghesia, ma accanto al romanzo cavalleresco nasce la morale cavalle- resca in rima: in Seghelijn van Jeruzalem (Seghelino di Gerusalemme), sono com- pendiati tutti gli aspetti del romanzo cavalleresco, dal tema dell’amore e del- la lotta per la sua difesa per finire con le crociate e la conversione dei pagani;

in Van den Coninc Saladijn ende van Hughen van Tabaryen (Del re Saladino e di Ugo di Tabaria), da un originale francese, si espongono i requisiti necessari per diventare un vero cavaliere. Rispondenti alle stesse esigenze sono, nella traduzione del Roman de la Rose (Romanzo della Rosa) di Hein van Aken, l’accentuato carattere cristiano, il rafforzamento dell’elemento feudale e la diminuzione dell’elemento allegorico in favore del dato realistico. Alla mi- stica visionaria si sostituisce il sistema mistico di Jan van Ruusbroec, che nel suo De Chierheit der gheesteliker Brulocht (Lo spendore del matrimonio spirituale) esemplifica il complesso sistema di rapporti tra Dio e l’anima, con immagini ed esempi tratti dalla vita quotidiana e raccontati in modo realistico. La sua opera esercita una grande influenza sugli scrittori religiosi appartenenti alla cosiddetta Devotio Moderna, che nel XV secolo saranno autori di opere reli- giose in prosa.

L’opera di Jacob van Maerlant è continuata da altri: in primis Jan van Boendale, che in dialetto brabantino compone opere didascaliche, tra cui il lungo compendio in versi della storia universale, Der Leken Spieghel (Specchio dei Laici), diretto alla borghesia colta del suo tempo. Sull’esempio di Jan van Boendale nascerà una vera e propria tradizione secolare di moralismo neer- landese, su cui s’inseriranno, fra i tanti, il secentesco Jacob Cats, i settecente- schi Justus van Effen, Betje Wolff e Aagje Deken e l’ottocentesco Hildebrand.

Anche le cronache mostrano lo spirito del tempo: Boendale imita lo Spieghel Historiael nella sua storia del Brabante, mentre altri glorificano conti e duchi come Melis Stoke nella sua Rijmkroniek (Cronaca in Rima), prodotta alla fio- rente corte di Floris V d’Olanda.

Rispondono ancora ai gusti dei nuovi destinatari borghesi la messa per iscritto di racconti esemplari o exempelen, e la produzione di generi letterari popolari, quali le canzoni religiose e profane, i racconti faceti e le farse, cluch- ten o sotternieёn. Queste ultime servono come diversivo dopo i seri ed elevati abele spelen, che costituiscono il primo esempio di dramma profano in Euro- pa, e forse l’unico genere letterario non modellato sull’esempio della lettera- tura francese.

(33)

1150-1550. Lo splendore di Fiandre e Brabante 33

Nel XIV secolo il dialetto del Brabante diventa dominante nella produ- zione letteraria, grazie soprattutto a personalità di grande rilievo come Jan van Boendale e il mistico Jan van Ruusbroec. Il prestigio del brabantino con- tinua nel XV secolo, quando inizia a svilupparsi una nuova coscienza lingui- stica in seguito alle mutate condizioni politiche e all’invenzione della stam- pa, grazie alla quale gran parte della letteratura quattrocentesca è giunta fino a noi: per esempio, il dramma Elckerlyc (Ognuno), di cui sarà celeberrimo l’adattamento inglese Everyman, conservato in un incunabolo del 1495. La letteratura, come ogni altra arte in questo periodo, abbandona gradualmente l’afflato didascalico e diventa ‘applicata’: preferisce moralizzare sulla scorta di racconti illustrativi, come dimostra Der minnen loep (Il cammino dell’amore) dell’olandese Dirc Potter.

Le associazioni letterarie cittadine sono una realtà già dal XII secolo. Ad Arras esistono dal 1194 confraternite per jongleurs, comparabili al teatro po- polare burlesco, e dal 1250 la società elitaria Le Puy, che anticipa le gilde let- terarie, Rederijkerskamers o Camere di Retorica, nate intorno al 1440, analoghe alle corporazioni di artigiani e commercianti. Formate da scrittori, poeti e at- tori provenienti dalla classe media, che esprimono, nelle loro opere, idee e tendenze spesso in opposizione con l’aristocrazia, in un primo tempo le Ca- mere sono quasi esclusivamente impegnate nella preparazione di spettacoli teatrali per il popolo: ‘misteri’ e ‘miracoli’. La loro influenza cresce poi a tal punto che nessun festival o processione può svolgersi senza il patrocinio del- la camera. A una di queste è vicina anche Anna Bijns. La produzione delle Camere si è successivamente differenziata per generi testuali – la poesia reli- giosa, la lirica d’amore, i componimenti faceti e triviali, i drammi religiosi o laici –, mantenendo in tutti una notevole attenzione per la tecnica retorica: tra le forme più frequenti il rondò e la ballata o refrein. Tra i numerosi rederijkers o retori vale la pena ricordare Anthonis de Roovere di Bruges. Per quanto ri- guarda il teatro, tra le opere riferite all’attività delle Camere vanno citati Ma- rieken van Nieumeghen e la moralità Elckerlijc (Ognuno). Sicuramente i drammi recitati dai retori furono più numerosi di quelli effettivamente giunti fino a noi, anche se le Camere non avevano ancora raggiunto la fioritura che avranno nel secolo successivo. La forma del dramma era già fissata: un chia- ro indirizzo allegorico sposato con la forza realistica della rappresentazione della vita quotidiana.

Accanto alle canzoni religiose, il nuovo pubblico cittadino richiede anche altri tipi di canzoni, come dimostra il Canzoniere di Anversa (Het Antwerps Liedboek), messo all’indice nel 1546 dalla facoltà di teologia di Lovanio. Le can- zoni ‘alla moda’ – le più antiche nella forma della ballata e della romanza –,

(34)

34 Letizia Vezzosi

canzoni d’amore (De Winter is verghangen, L’Inverno è passato) e a sfondo so- ciale (Ghildeke gheldeloos, Piccola gilda senza denari) scritte dai retori anversesi rispecchiano la vita multiforme dell’epoca borgognona e della città in cui convivono lo splendore della ricchezza e lo squallore della miseria.

Racchiusa tra il Sacro Romano Impero e il regno di Francia, la letteratura medievale dei Paesi Bassi, soprattutto fiamminga, è contrassegnata dal suo ruolo di ‘cerniera’ tra il mondo culturale romanzo e quello germanico. Ma se nel resto d’Europa l’esempio francese assume la funzione di modello da imi- tare, nel caso delle varie regioni neerlandesi la rielaborazione del modello diviene a sua volta fonte d’influenza per l’Europa intera.

Letizia Vezzosi

(35)

FULVIO FERRARI

HEINRIC VAN VELDEKEN.

IL SENTE SERVAS TRA EPICA E AGIOGRAFIA1

Heinric van Veldeken, poeta tra i generi e le lingue

È, quella del poeta limburghese Heinric van Veldeken, figura liminare per eccellenza: iniziatore, con la sua Eneide, dell’epica cortese tedesca, Min- nesänger originale e per molti versi anomalo, egli è al contempo riconosciuto, grazie alla sua versione in volgare della leggenda di San Servazio (Sente Ser- vas2), come il padre della tradizione letteraria nederlandese. Quanto questa duplice paternità – rispetto all’epica tedesca e alla letteratura nederlandese – sia dovuta direttamente alla produzione di Heinric e quanto alla tradizione delle sue opere è stato argomento di una discussione vivace e appassionata, discussione che non può considerarsi conclusa. È però certo che già la gene- razione successiva di poeti tedeschi lo riconosceva come proprio maestro: lo afferma con grande chiarezza Wolfram von Eschenbach nel Willehalm (76, vss. 22-25). Con altrettanta chiarezza, Gottfried von Straßburg, nel Tristan (vss. 4723-4743), gli attribuisce il merito di aver innestato la vera poesia sull’albero della lingua tedesca.

L’anomalia di un poeta che si esprime ora nel dialetto natale, ora nella lingua letteraria alto-tedesca ha indotto alcuni studiosi a ipotizzare che an- che le opere «tedesche» di Heinric siano state originariamente redatte in limburghese e che i manoscritti pervenuti tramandino il testo di una tradu- zione eseguita poco dopo la composizione del testo originale. Una soluzione definitiva della questione appare assai difficile, anche perché le informazioni sulla vita di Heinric sono molto scarse. Gli unici dati che possono ritenersi certi sono quelli che possiamo ricavare dalle sue opere: sappiamo così che il Sente Servas è stato composto su commissione della contessa Agnese di Loon e con la collaborazione di Hessel, custenaer (custode delle reliquie e del teso-

1 Il contributo rappresenta la rielaborazione e l’aggiornamento di F.FERRARI, Tra agiografia ed epi- ca: la Leggenda di San Servazio di Heinric van Veldeken in A.CIPOLLA-M.NICOLI (a cura di), Testi agiografici e omiletici del medioevo germanico, Verona, Fiorini, 2006, pp. 151-178.

2 Faccio qui uso del titolo Sente Servas, adottato da Jan Goossens, Rita Schlusemann e Norbert Voorwinden per la loro recente edizione del testo (con traduzione tedesca a fronte), cui farò riferimento nel seguito dell’articolo: HEINRIC VAN VELDEKEN, Sente Servas, J.GOOSSENS-R. SCHLUSEMANN-N.

VOORWINDEN (a cura di), Münster, Agenda Verlag, 2008.

Riferimenti

Documenti correlati

Lavori agricoli - tutti i lavori che contribuiscono al conseguimento della produzione agricola, fo'restale e zootecnica, ad eccezione dei lavori domestici (pulizia della casa

Lavori agricoli - tutti i lavori che contribuiscono al conseguimento della produzione agricola, forestale e zootecnica, ad eccezione dei lavori domestici (pulizia della casa

Per indicazione geografica si intende la specificazione della zona di produ- zione in cui ricadono le superfici a vite, la quale può essere costituita da una o p.iù

Lavori agricoli - tutti i lavori che contribuiscono al conseguimento della produzione agricola, forestale e zootecnica, ad eccezione dei lavori domestici (pulizia della

Per indicazione geografica si intende la specificazione della zona di produ- zione in cui ricadono le superfici a vite, la quale può essere costituita da una o più unità

Lavori agricoli - tutti i lavori che contribuiscono al conseguimento della produzione agricola, forestale e zootecnica, ad eccezione dei lavori domestici (pulizia della casa

Superficie agricola utilizzata (SAU) - insieme dei terreni investiti a seminativi, orti familiari, prati permanenti e pascoli, coltivazioni legnose agrarie e castagneti da

Lavori agricoli - tutti i lavori che contribuiscono al conseguimento della produzione agricola, forestale e zootecnica, ad eccezione dei lavori domestici (pulizia della casa