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4. La politica migratoria in Spagna

4.4 Ceuta e Melilla: due eccezioni nel panorama spagnolo

4.4.2 L’evoluzione del dibattito pubblico sul tema migratorio

La Spagna è sembrata per lungo tempo essere immune alla forte politicizzazione del tema migratorio che è avvenuta in altri paesi europei, per cui nel paese non si è assistito alla nascita di partiti populisti, xenofobi o di estrema destra schierati su posizioni fortemente anti-immigrazione. Nonostante l’immigrazione sia aumentata in maniera esponenziale tra il 2000 e il 2010 e nonostante l’aggravamento delle condizioni economiche dovuto alla crisi del 2008, non sono nati all’interno della popolazione dei sentimenti negativi verso gli immigrati (Arango 2013).

A partire dalla metà degli anni Novanta fino al 2007, la crescita dell’immigrazione era strettamente legata alla crescita economica del paese, dove l’invecchiamento della popolazione portava ogni anno una porzione minore di spagnoli ad entrare nel mercato del lavoro, lasciando così ampio spazio agli stranieri. L’aumento della presenza di immigrati non ha però portato ad ansia diffusa o a ripercussioni, dato che questa era vista come necessaria per il mercato del lavoro, necessità riconosciuta anche da coloro che si dicevano preoccupati per i numeri in crescita. La crisi dei cayucos del 2006 ha portato il tema per la prima volta al centro del dibattito pubblico ma, se in un primo momento le preoccupazioni sembravano aumentare, esse sono state arginate dal governo con gli accordi stipulati con i vari paesi di provenienza che hanno portato ad un immediato calo degli afflussi (Arango 2013).

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In generale i partiti pro-immigrazione e i gruppi antirazzisti hanno avuto più successo e influenza, lasciando la Spagna tra i pochi paesi immuni alla deriva securitaria e restrittiva che ha caratterizzato gli altri membri dell’Unione. Molte delle politiche elaborate dal governo hanno avuto come obiettivo principale non quello di ridurre i flussi, quanto piuttosto di creare dei canali regolari di accesso al territorio. A partire dal 1994 è stato mostrato un grande impegno anche nell’ambito dell’integrazione con la creazione dell’osservatorio permanente per l’immigrazione e il Foro per l’integrazione sociale degli immigrati, composti da Ong, associazioni di immigrati, sindacati, governi regionali e ministri, i quali svolgevano tutti un ruolo fondamentale. La riforma della legge del 2000 ha poi ampliato i diritti di cui godevano i migranti irregolari, garantendo l’accesso all’educazione, alla sanità e talvolta ad un reddito di base. Dei sondaggi portati avanti dal CIS – Centro de investigaciones sociologicas – hanno sottolineato un aumento delle preoccupazioni causate dalla disoccupazione e dall’andamento dell’economia che non si traducevano però in una maggiore preoccupazione verso gli immigrati (Arango 2013). Tutto ciò è stato spiegato in parte da ragioni demografiche, per cui l’immigrazione essendo un fenomeno piuttosto recente, riguardava principalmente la forza lavoro senza che ci fosse ancora una presenza di molti immigrati pensionati o appartenenti a seconde generazioni. L’atteggiamento potrebbe quindi cambiare quando essi saranno maggiormente visibili a livello sociale. Inoltre, la presenza di pochi rifugiati e richiedenti asilo faceva sì che gli immigrati nel paese fossero “attivi”, ovvero necessari e produttivi per l’economia del paese. Un altro aspetto analizzato da J. Arango che può aver determinato questo tipo di atteggiamento è la cultura politica specifica della Spagna – già discussa nei paragrafi precedenti. La transizione demografica ha infatti portato nel paese e nella sua classe politica all’affermazione di valori democratici, egalitari e universalistici, fortemente radicati nella società. Ciò non significa che il fenomeno migratorio non abbia incontrato opposizioni, ma esse sono state più attenuate che in altri paesi per alcuni motivi, tra cui il fatto che le manifestazioni e espressioni di atteggiamenti anti-immigrati erano contenute da norme culturali, che i gruppi a favore dell’immigrazione erano tanti, molto attivi e si esprimevano fortemente contro affermazioni o pratiche potenzialmente razziste o xenofobe e poiché c’era un consenso diffuso nei confronti della parità dei migranti in termini di diritti rispetto agli altri membri della società. Un esempio della forza della cultura politica del paese si può ritrovare nella

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risposta ai già citati attacchi di Madrid del 2004, a seguito dei quali non si è riscontrato uno spostamento delle politiche migratorie verso atteggiamenti più securitari. Questa cultura si è manifestata quindi in tutti i partiti politici ma in maniera diversa: come abbiamo potuto analizzare in precedenza infatti in linea generale i partiti di destra hanno elaborato politiche più restrittive, ma la loro dialettica non è mai stata caratterizzata da discorsi apertamente contrari all’immigrazione (Arango 2013).

A partire dall’instaurazione del nuovo governo Sánchez nel 2018, il paese ha assunto un atteggiamento positivo verso l’immigrazione, come dimostrato dalle iniziative intraprese tra cui troviamo la garanzia di accesso alla sanità per gli immigrati illegali o la vicenda della nave Aquarius27. Ma dopo l’aumento della pressione migratoria verificatosi quell’anno, l’atteggiamento ha iniziato a cambiare con il governo che ha portato avanti politiche di respingimento nei territori di Ceuta e Melilla precedentemente criticate. All’inizio del 2019 sono stati negati diversi permessi a imbarcazione che effettuano salvataggi nel Mediterraneo e sempre nello stesso anno è stato firmato un nuovo accordo con il Marocco al fine di legittimare le imbarcazioni spagnole a riportare migranti salvati in mare in territorio marocchino a certe condizioni – come il caso in cui tali operazioni sono svolte con un ruolo di assistenza della guardia costiera marocchina (Hooper 2019). Contemporaneamente, l’ascesa di un partito nazionalista di estrema destra come Vox ha fortificato l’idea per cui la Spagna non sembrerebbe immune all’ondata populista che aveva già raggiunto gli altri paesi d’Europa inasprendo il dibattito pubblico sull’immigrazione. Come riportato da Sebastian Rinken nel suo articolo “Actitudes ante la inmigración y comportamiento electoral en España”, i dati osservabili portano a scartare l’ipotesi che la crescita dei sentimenti anti-immigrazione fosse legata all’ascesa dei partiti ultranazionalisti. Sembra infatti più plausibile che questa crescita fosse dovuta alla riattivazione della rotta del Mediterraneo occidentale e agli incidenti verificatosi lungo le frontiere. Se ciò può in parte aver contribuito al successo elettorale di Vox, risulta necessario tenere in considerazione i fatti che erano maggiormente al centro del dibattito in quel periodo, ovvero gli eventi della crisi catalana e che senza la sfida posta alle

27 L’imbarcazione appartenente alla Ong Sos Mediterranè , con a bordo più di 600 migranti a bordo

salvati a largo delle coste della Libia. A seguito di un rifiuto di ingresso sia da parte del governo italiano sia di quello maltese, il governo spagnolo da poso insediatosi decide di accogliere la nave nel porto di Valencia.

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istituzioni da parte dell’indipendentismo catalano, non ci sarebbe stata l’ascesa di un partito ultranazionalista. Sicuramente negli ultimi anni sono aumentati i sentimenti negativi verso gli immigrati, senza però arrivare ai livelli registrati in altri paesi membri e soprattutto senza mai utilizzare la dialettica fortemente razzista e xenofoba che caratterizza il dibattito politico in altri paesi (Rinken 2019).

4.5 Conclusioni

La politica migratoria in Spagna ha quindi seguito un andamento lento nella sua elaborazione, in controtendenza rispetto all’andamento dei flussi migratori in arrivo che sono cresciuti piuttosto rapidamente nell’arco dell’ultimo ventennio. Soprattutto in un primo periodo, le politiche delle istituzioni spagnole hanno risposto alle esigenze interne del mercato del lavoro e alle richieste poste sul piano esterno dalle istituzioni sovranazionali. Per quanto quindi la normativa elaborata sia stata favorevole alla garanzia dei diritti degli immigrati e abbia dato ampia importanza al tema dell’integrazione, essa è stata caratterizzata anche da un forte approccio securitario per quanto riguarda il controllo delle frontiere e degli ingressi, come reso necessario dall’entrata in vigore degli accordi di Schengen.

Alcune caratteristiche storiche ed istituzionali specifiche della Spagna hanno poi influenzato l’andamento di queste politiche. Abbiamo visto come gli anni della transizione democratica abbiano fortemente influenzato il dibattito politico sul tema dell’immigrazione, prevenendo l’ascesa di partiti di estrema destra e garantendo un atteggiamento generalmente favorevole all’immigrazione. La presenza di forti autonomie regionali ha poi avuto un ruolo fondamentale sia nell’elaborazione delle politiche che nella sua implementazione, soprattutto per quanto riguarda le politiche rivolte all’integrazione degli immigrati sul territorio. Ci sono poi degli aspetti strettamente legati al territorio spagnolo che hanno influenzato l’evoluzione delle politiche spagnole in senso securitario. Troviamo infatti da un lato il caso delle isole Canarie, le quali hanno registrato arrivi crescenti negli anni che hanno portato il governo spagnolo ad elaborare politiche restrittive al fine di ridurre gli sbarchi. Ciò è avvenuto attraverso un’esternalizzazione delle frontiere che ha riguardato la firma di accordi con vari paesi sia di provenienza che di transito. Ancora più esemplare è il caso di Ceuta e Melilla, territori nei quali

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maggiormente si è concentrato l’aspetto più repressivo delle politiche dei governi, fortemente contestato sia dalla società civile che dalle organizzazioni internazionali. Nello specifico ambito dell’asilo, la Spagna ha rappresentato un’eccezionalità se confrontata con gli altri paesi che fanno parte del cosiddetto “modello migratorio mediterraneo”, ovvero la Grecia e l’Italia. Se in questi due paesi il numero di rifugiati in arrivo è andato crescendo negli anni, soprattutto a seguito della crisi migratoria, mettendo a dura prova i loro sistemi di accoglienza, in Spagna i numeri degli arrivi irregolari e delle richieste di asilo è rimasto piuttosto contenuto. Uno degli elementi ha portato il paese a distinguersi dagli altri stati del mediterraneo è stata la vicinanza di altre rotte alle principali zone di conflitto da cui provenivano la maggior parte dei rifugiati, così come il fatto che c’erano altri paesi i quali esercitavano un’attrazione maggiore in termini di welfare e di diaspore già presenti sul territorio. Risulta necessario sottolineare anche alcuni aspetti della politica spagnola che hanno favorito questo andamento: da un lato la particolare efficacia dei sistemi di sorveglianza spagnoli e l’altissimo numero di respingimenti in frontiera, dall’altro l’efficace cooperazione messa in atto con paesi di origine e di transito, tra cui spicca il caso del Marocco dove gli accordi hanno riguardato sia il controllo nel paese che presso le frontiere terrestri a Ceuta e Melilla. L’aumento dei flussi a partire dal 2018, a cui hanno sicuramente contribuito sia la fine della crisi economica che la crisi venezuelana, ha portato ad un cambiamento nella situazione con la Spagna che inizia a ricevere un numero di immigrati maggiori degli altri paesi e in cui si accende il dibattito pubblico sulla questione spostando così anche gli atteggiamenti del governo verso posizioni maggiormente restrittive (Cosidó 2020).

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5. Conclusioni

Abbiamo avuto finora modo di osservare una dinamica duplice che, muovendosi tra continuità e rotture, ci ha condotto a delineare un quadro il più possibile esaustivo di una visione comparativa delle realtà italiana e spagnola rispetto al tema migratorio.

Le similitudini riscontrate tra i due paesi sono riconducibili alla loro appartenenza al cosiddetto “modello migratorio mediterraneo”, nel quale fattori di ordine demografico, politico, sociale ed economico, nonché geografico, hanno contributo ad una crescita contemporanea dei tassi di immigrazione. Sia in Spagna che in Italia si è registrata un’inversione del rapporto tra emigrazione ed immigrazione, a favore di quest’ultima, a partire dalla metà degli anni Ottanta, periodo in cui per la prima volta entrambi i governi hanno elaborato delle leggi con lo specifico intento di regolare i flussi in arrivo.

Le caratteristiche economiche dei due paesi rendevano l’immigrazione in questo primo momento necessaria, per cui le iniziative dei governi garantivano dei canali di accesso diretto per gli stranieri al mercato del lavoro. Tali politiche si sono rilevate però insufficienti ed hanno portato all’impiego ricorrente di strumenti quali le regolarizzazioni di massa, che cercavano di ovviare ad uno dei problemi principali in ambedue gli stati, ovvero la presenza di un ampio mercato del lavoro informale nel quale venivano impiegati un elevato numero di immigrati irregolari presenti nel territorio. Le politiche di apertura sul tema migratorio sarebbero dovute essere favorite sia dalle necessità interne, legate al sistema del lavoro, sia dai fattori demografici e sociali che abbiamo precedentemente affrontato. Tuttavia, elementi esterni derivati dalla legislazione sovranazionale, hanno portato i governi ad adottare politiche molto più restrittive, soprattutto per quanto riguarda il controllo delle proprie frontiere esterne che con l’entrata in vigore degli accordi di Schengen si sono trasformate in potenziali punti di accesso per l’intera Unione Europea. La normativa introdotta in materia di asilo con la firma della convenzione di Dublino, la quale prevede delle regole precise per la gestione delle richieste di asilo e per l’accoglienza, ha reso necessario per i due paesi un’omologazione delle proprie legislazioni a quella sovranazionale. Entrambi questi aspetti hanno fatto sì che l’Italia e la Spagna si siano ritrovate delle nuove responsabilità verso gli altri paesi membri ma,

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come è emerso a seguito della crisi migratoria, a tale responsabilità non è corrisposta una solidarietà da parte degli altri stati che non si trovano lungo il confine esterno dell’Unione Europea.

Ma se i problemi strutturali affrontati dai sistemi politici e la loro traduzione in termini securitari si equivalgono, le modalità della loro traduzione politica sono state divergenti poiché definite dalla configurazione degli attori che vi hanno partecipato. Allo stesso modo, i programmi politici che ne derivano sono differenti, così come lo è il significato politico attribuito a tali questioni. Possiamo infatti asserire che in Italia sono stati inizialmente i partiti marginali ad utilizzare il tema migratorio a scopo elettorale e il loro successo era dovuto alla situazione di crisi politica acuta in cui essi hanno agito e dalla frammentazione partitica presente nel paese. Come sostenuto da E. Ritaine e K. Floriani “nella politica dell’antipolitica che si è dispiegata sulle rovine della Prima repubblica la tematica del pericolo migratorio è stata centrale, permettendo sia l’espressione dell’incertezza collettiva sia la denuncia del vecchio sistema politico accusato di lassismo.” (Ritaine e Floriani 2006). Al contempo in Spagna la politicizzazione del tema è stata favorita da una struttura politica che prevedeva larghe autonomie territoriali e qui il problema si è sviluppato in termini di sovranità nelle decisioni, per cui la svolta securitaria può essere interpretata come un tentativo da parte del governo per riprendere il potere sulle autonomie locali. In questo caso è stato il governo stesso quando in mano al Partido Popular a politicizzare volontariamente la questione: i partiti nazionalisti avevano la possibilità di codificare il tema nell’ottica della difesa dell’ordine pubblico nazionale. Si può dunque affermare che il dibattito sull’immigrazione, benché comunemente securitario, riecheggi delle problematiche specifiche di ogni sistema politico. Nella politica spagnola si sente ancora la vicinanza della transizione democratica e alcuni forti tabù politici continuano a dominare la scena pubblica, per cui tutti i temi che evocano il regime franchista sono considerati politicamente pericolosi e partiti e organizzazioni di estrema destra sono rari e poco legittimati. Per quanto riguarda l’Italia invece, i partiti di destra hanno approfittato delle opportunità aperte dall’agitazione sociale e mediatica intorno alle questioni migratorie per accentuare il tema anti- immigrazione. Per fare ciò, tutti i problemi sociali venivano addossati all’immigrazione, creando un quadro interpretativo del partito che poteva così adattarsi alle circostanze senza alterare la propria identità politica. Questi partiti riescono quindi a creare un legame

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tra minaccia e immigrazione che è stato declinato rispettivamente secondo interpretazioni sia xenofobe che securitarie.

La strategia securitaria adottata in entrambi i paesi non risulta quindi né efficiente per risolvere le paure costruite, né capace di trattare i problemi collettivi reali. Sembra dunque necessaria una svolta in senso di pubblica utilità nella politica migratoria che ponga fine alla strumentalizzazione del tema, concentrandosi su altri aspetti cruciali quali le questioni economiche, demografiche e sociali che richiedono una normale gestione politica del fenomeno migratorio.

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Appendice

Tipologia di Transfer Caratteristiche Periodizzazione Transfer volontario o

Unilateralismo facilitato

Politiche adottate

unilateralmente dagli Stati. Unione Europea svolge un ruolo di coordinamento

Dal 1957 – Trattato di Roma – fino ai primi anni Novanta – inizio trattative per l’adozione di Schengen e Dublino

Transfer negoziale o Governance negoziale

Processo di concertazione tra gli Stati, con relazioni di tipo intergovernativo. Le

istituzioni europee svolgono ruolo secondario. Transfer verticale, dal basso verso l’alto, politiche dei singoli stati vengono incorporate dall’Unione. Tipologia caratterizzante dell’elaborazione di Schengen e Dublino e materializzatasi con l’incorporazione nella normativa comunitaria del primo attraverso il Trattato di Amsterdam

Transfer gerarchico o Governance gerarchica

Politiche elaborate a partire dalle istituzioni

sovranazionali. Transfer di tipo verticale, dall’alto verso il basso, le politiche

comunitarie devono essere incorporate nella legislazione nazionale

Entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, spostamento della materia dal Terzo al Primo pilastro.

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