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4. La politica migratoria in Spagna

4.3 Il sistema di asilo spagnolo nell’ottica del Sistema comune europeo

Nonostante la Spagna sia il paese più occidentale d’Europa e l’unico paese europeo con due linee di frontiera con l’Africa, se comparato con il resto dei paesi europei il numero di rifugiati ricevuti è piuttosto basso. È quindi necessario analizzare l’evoluzione della normativa in materia per poter capire le potenziali cause di questo fenomeno. Innanzitutto, l’area dell’asilo è una delle più complesse all’interno dell’Unione Europea in quanto richiede una connessione tra legislazione nazionale, armonizzazione comunitaria e rispetto delle obbligazioni internazionali sui diritti umani stipulate dai singoli stati. Nel caso specifico della Spagna la costituzione non riconosce il diritto d’asilo come un diritto fondamentale ma come un diritto legalmente riconosciuto, lasciando quindi al legislatore il compito di elaborare una normativa in materia.

La prima legge in materia fu la Ley 5/1984 che riconosceva due regimi separati: il diritto di asilo da un lato e il riconoscimento dello status di rifugiato dall’altro. Nonostante venisse riconosciuta la problematicità di questa dualità di status, la legge resterà invariata nei dieci anni successivi. Come spiegato in precedenza, la Spagna non era un paese caratterizzato da alti numeri per le richieste di asilo, per cui non sembrava necessario

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apportare nessuna riforma e l’unico fattore a spingere in questa direzione è stato l’avanzamento della discussione a livello europeo per l’adozione di un sistema comune di asilo al quale la Spagna doveva omologarsi (Valles Ferrero 2016).

La successiva legge – Ley 9/1994 – portò da un lato alla soppressione della dualità dello status, dall’altro all’introduzione di un procedimento più rapido di rifiuto della domanda di protezione. Quest’ultimo punto fu particolarmente criticato dalle organizzazioni della società civile, soprattutto nella parte in cui stabiliva che i richiedenti asilo dovevano permanere presso i valichi di frontiera fino al termine dell’analisi dell’ammissibilità della domanda, ma la Corte costituzionale ha bocciato il ricorso che basava le sue ragioni nel fatto che tale pratica rappresentava di fatto una detenzione senza garanzie costituzionali (Valles Ferrero 2016). Nel 1999, a seguito del Consiglio di Tampere, ebbe inizio a livello europeo la creazione di un Sistema comune di asilo che porterà negli anni successivi le istituzioni sovranazionali all’elaborazione di una serie di direttive in materia con lo scopo di creare una legislazione omogenea tra i vari Stati membri. La Spagna, tuttavia, non modificherà la normativa descritta in precedenza per dieci anni, venendo così condannata nel 2009 per non aver implementato le varie direttive23. La nuova legge venne approvata nei mesi successivi – Ley 12/2009 – con la finalità di adeguarsi alla legislazione comunitaria. Tra le sue dirette conseguenze c’è stata una forte riduzione dei giudizi di inammissibilità delle domande, soprattutto presso i valichi di frontiera e i CIE – Centros de Internamiento de Extranjeros – che ha portato ad un aumento degli status di rifugiati concessi, in casi che fino ad allora ricadevano sotto la protezione sussidiaria (Morgades Gil 2015). Il ritardo nell’approvazione dei regolamenti attuativi della legge è stato duramente criticato in quanto rendeva difficile il rispetto delle obbligazioni internazionali in materia di protezione internazionale. L’approvazione del regolamento applicativo avrebbe infatti portato alla correzione di alcune distorsioni in materia favorendo procedimenti più rapidi e riducendo la discrezionalità degli apparati amministrativi. Un ulteriore aspetto contestato della legge sono state le restrizioni alla libertà di movimento per coloro che presentavano la loro domanda di asilo a Ceuta e Melilla e anche in questo caso la discrezionalità sull’interpretazione della normativa lasciata dalla mancata approvazione dei regolamenti, ha portato a risposte diverse da parte degli apparati

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amministrativi e giudiziali: i primi affermavano che la norma lasciava spazio ad eventuali limitazioni alla circolazione mentre i secondi ritenevano tali pratiche illegali (García Vitoria 2018). Si nota quindi come le istituzioni spagnole abbiano avuto le direttive europee come condizione necessaria all’approvazione della normativa in materia d’asilo, lasciando quindi irrisolto il problema della soggettività nell’interpretazione della legge causato da questa inerzia legislativa.

Un aspetto importante di questa legge è stato il fatto che essa ha posto le basi giuridiche per l’adozione di programmi di reinsediamento e, in collaborazione con UNHCR e altre organizzazioni internazionali, la Spagna ha elaborato una previsione annuale del numero di rifugiati che potevano essere accolti nel paese. In questo periodo storico, il reinsediamento non era ancora al centro del dibattito europeo come lo sarà negli anni successivi alla crisi migratoria, quando l’Unione adotterà delle direttive specifiche in materia – Direttiva 281/2012/UE – e tenterà l’utilizzo dello strumento del reinsediamento come alternativa alla Convenzione di Dublino. La volontarietà dei programmi di reinsediamento è risultata però problematica, con molti paesi che hanno deciso di non aderire o che comunque non sono riusciti a raggiungere le quote stabilite da parte delle istituzioni sovranazionali. Lo sforzo atteso dalla Spagna in questo ambito infatti è maggiore rispetto a quello dimostrato fino ad oggi, soprattutto tenendo conto del numero di domande di protezione internazionale ricevute, molto inferiori ad altri paesi membri (Romano 2018).

Nella seconda fase del Sistema europeo di asilo, il governo spagnolo ha elaborato la legislazione necessaria ad implementare le decisioni comunitarie, tra cui l’approvazione nel 2013 di un regolamento di attuazione della precedente legge del 2009 che includeva strumenti per l’incorporazione di varie Direttive europee – Direttiva 2011/95/UE, Direttiva 2013/33/UE, Direttiva 2013/32/UE – e del Regolamento di Dublino. In questo modo la legislazione spagnola presentava a partire da questo momento maggiori dettagli, portando da un lato ad una migliore garanzia giuridica e dall’altro a una restrizione del numero di persone suscettibili alla protezione. Venne poi promossa la Ley 2/2014 che modificò la precedente legge del 2009 nelle parti relative alla concessione di asilo per motivi familiari, proprio per necessità di conformazione al nuovo concetto di “membri della famiglia” fornito dalle istituzioni comunitarie. Ma l’impatto della seconda fase del Sistema comune di asilo risulta più rilevante considerando gli effetti dell’incorporazione

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della giurisprudenza della Corte di giustizia europea in sentenze relative alla concessione di asilo, e nel caso specifico spagnolo pronunciatasi su pratiche relative all’espulsione di migranti presso le frontiere terrestri di Ceuta e Melilla (Morgades Gil 2015).

La Spagna dunque non ha mai registrato molte richieste di asilo, sia perché per molto tempo era più facile entrare illegalmente e aspettare una regolarizzazione piuttosto che seguire l’iter burocratico per fare richiesta di protezione internazionale, sia poiché i procedimenti per le richieste di asilo risultavano più difficoltosi e con tassi di accettazione inferiori rispetto agli altri paesi dell’Unione. Tutto ciò ha impedito nel lungo periodo la formazione di gruppi di rifugiati di specifici paesi che svolgono a loro volta un ruolo attrattivo per altri rifugiati, così come lo sviluppo di un sistema amministrativo in grado di gestire un maggiore numero di richieste, tanto che l’elevato numero di richieste di protezione ricevuto nel 2018 – nel quale ha giocato un forte ruolo la crisi venezuelana - ha messo in evidenza la scarsa presenza di risorse umane e amministrative nel paese (González Enríquez 2019). Le nuove politiche elaborate hanno quindi portato ad esiti contrastanti: se da un lato i nuovi criteri di ammissibilità e diniego delle richieste hanno portato ad un aumento significativo della proporzione di domande accettate, non c’è però stato un aumento complessivo delle domande presentate nel paese (Morgades Gil 2015).