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3. Il dopoguerra (1944-1950)

3.4 L‟immobilismo

Nei primi anni della fase repubblicana, il tema dell‟assistenza fu al centro del dibattito tra le varie correnti politiche presenti in Parlamento. Da molte parti veniva richiesta un‟analisi delle condizioni del Paese in seguito alle distruzioni provocate dal conflitto. L‟Istituto della Nutrizione era stato creato nel 1936 con il compito di studiare il problema dell‟alimentazione, l‟AAI aveva condotto un‟indagine sui consumi alimentari dei bambini assistiti dall‟UNRRA, e su questo solco si inseriranno, all‟inizio degli anni Cinquanta, le due inchieste parlamentari sulla miseria e sulla disoccupazione.

Il settore assistenziale fu marginalizzato dall‟attenzione prevalentemente rivolta a quello della previdenza e dello sviluppo economico della nazione da parte sia della DC che dei partiti di sinistra. Ciò fu conseguenza anche dell‟importanza data al tema del lavoro da parte dei costituenti, rispetto al tema della cittadinanza.

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Le elezioni dei Comitati di amministrazione degli ECA da parte dei rispettivi Consigli comunali rappresentò un ulteriore fronte su cui si innestava la battaglia politica, a livello locale, tra i principali partiti politici nazionali. Il ruolo del Consiglio dell‟ente arrivò a diventare sempre più formale nel corso degli anni Cinquanta e cioè limitato alla nomina ufficiale dei componenti, la cui scelta definitiva avveniva all‟interno delle segreterie di partito. L‟ECA diventò così un vero e proprio “centro di potere” per i vari interessi politici in campo, in particolare per il ruolo strategico che l‟assistenza ai cittadini rivestiva ai fini del consenso elettorale168. A Pisa furono in molti a far parte sia del Consiglio comunale che di quello dell‟ECA. A partire da Leonida Tonelli si innesca infatti un meccanismo che vedrà la partecipazione sempre maggiore dei politici cittadini nell‟amministrazione dell‟assistenza generica: Marsili e Castellani furono presidenti dell‟ECA, Sbrana, Castellacci, Gattai, Zingoni e altri consiglieri dell‟ECA, così come Renato Pagni e Vittorio Galluzzi che rivestiranno la carica di sindaco di Pisa dopo Bargagna.

Dalle pagine del quotidiano “Il Popolo”, organo di stampa del partito democristiano, venivano lanciati continui appelli alla sottoscrizione di solidarietà per i disoccupati in previsione della campagna di assistenza invernale. Ogni giorno venivano pubblicati i nomi di coloro che aderivano alla campagna e attacchi ai partiti di sinistra, rei di non pubblicizzare adeguatamente la beneficenza. La stagione invernale 1947-1948 rappresentò l‟apice di una parabola: gli anni successivi videro infatti una sempre minor attenzione nei confronti di queste tematiche. Esse rimasero oggetto di studio, anche in previsione di una riforma, di un gruppo ristretto di specialisti all‟interno del partito democristiano, lo stesso Montini, Lorenzo Isgrò e Maria Pia Dal Canton, responsabile dell‟Ufficio problemi assistenziali della DC. L‟immobilismo legislativo che contraddistinse questa fase fu dovuta più alle divergenze interne al partito democristiano che a quelle con i partiti di sinistra. Il progetto della Dal Canton di valorizzare l‟assistenza familiare attraverso gli ECA e quella ai minori tramite una suddivisione dei compiti tra l‟ONMI e l‟Ente nazionale per la protezione morale

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del fanciullo (ENPMF)169, fallì proprio per l‟opposizione di una delle varie correnti interne della DC.

In generale l‟attenzione del partito democristiano riguardo il fenomeno del pauperismo fu abbastanza limitata. La sua attività fu costantemente all‟insegna dell‟alternanza tra due obiettivi contrastanti: riforma strutturale del sistema da una parte e mantenimento della fitta rete di organizzazioni private di ispirazione cattolica dall‟altra170. D‟altro canto il tentato processo di laicizzazione avviatosi

con la legge Crispi del 1890 non aveva estromesso la Chiesa dal settore, anzi essa era ancora radicata in maniera considerevole. Dopo la fuga del governo da Roma fu proprio la Santa Sede ad occuparsi dei rifornimenti della capitale. Vennero istituiti campi profughi e mense, con la collaborazione dell‟ECA capitolino. Nel gennaio del 1945 il papa Pio XII sancì la nascita della Pontificia Commissione d‟Assistenza (PCA), che si occuperà di assistenza generica ai poveri, con iniziative speculari a quelle messe in campo dall‟ECA e da altri enti pubblici, come l‟organizzazione delle colonie estive per i bambini affetti da malattie respiratorie. A Pisa, ad esempio, la PCA (nel 1953 verrà rinominata Pontificia Opera di Assistenza in Italia), si occupò degli aiuti agli internati del campo di Coltano, assistendoli anche nella loro liberazione in collaborazione con l‟Arcivescovado della città.

Il ruolo della Chiesa rimase assolutamente centrale anche nel secondo dopoguerra, con nuovi ed efficaci compiti di coordinamento e controllo delle svariate istituzioni religiose operanti in Italia. Gli anni che vanno dal 1945 al 1950 segnarono però:

“un vero e proprio salto di qualità, con il passaggio da una visione essenzialmente fondata sull‟etica dell‟aiuto, della solidarietà, della condivisione (tradizionale ed antica) ad una concezione più propriamente politica del problema, incentrata non solo sull‟intollerabilità morale della povertà, ma anche sulla doverosità sociale di un‟organica e sistematica lotta alla povertà e alle sue cause, in un‟ottica, dunque, in cui l‟assistenza assume un ruolo decisamente secondario rispetto ad un impegno non solo e non tanto individuale ma istituzionale volto a rimuovere le cause della povertà e a

169 L‟Ente nazionale per la protezione morale del fanciullo fu fondato da cittadini privati nel 1945

e venne eretto a ente morale nel 1949. Esso era considerato un feudo della Dal Canton e quando Montini ne propose l‟abolizione per i ripetuti abusi finanziari e la sua scarsa utilità, venne aspramente criticato tramite i giornali da parte della corrente cui la parlamentare veneta faceva riferimento.

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realizzare la giustizia sociale. Le politiche sociali diventano dunque, almeno agli occhi delle coscienze più vigili ed attente, prioritarie rispetto alle politiche assistenziali”171

In altre parole, anche negli ambienti cattolici, si giunge ad una nuova concettualizzazione del rapporto tra due termini cardine della dottrina cristiana, quelli di carità e giustizia, con il secondo che diventò obiettivo prioritario ed il primo che risultò subordinato ad esso. Questa nuova concezione sarà tuttavia caratteristica solo di alcune voci della sinistra democratico-cristiana (Primo Mazzolari, Amintore Fanfani e Giorgio La Pira), e non diventò un obiettivo generalizzato e condiviso dal partito, restando, a detta di Giorgio Campanini, “un‟occasione perduta per la cultura cattolica del Novecento”172

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La tendenza complessiva rimaneva quella rivolta alla salvaguardia dei privilegi acquisiti in questo campo dagli istituti religiosi, con sfumature riguardanti la presenza o meno, e in che misura, dello Stato173. Infatti, anche dal mondo cattolico si levarono voci in favore di un ruolo sempre più forte dello Stato come garante della giustizia sociale. Importanti ai fini della ricostruzione del dibattito in ambiente cattolico sul tema dell‟assistenza ci furono due Convegni: quello di Tremezzo, tra il settembre e l‟ottobre del 1946, e quello di Bologna nel 1949. Il primo fu l‟occasione per l‟incontro tra studiosi ed esperti, sia italiani che stranieri, del settore assistenziale, e in esso vennero gettate le basi del futuro servizio sociale italiano. Ma esso fu anche un‟occasione per un dibattito costruttivo e collaborativo sia tra i democristiani al governo e le forze di sinistra, sia all‟interno dello stesso mondo cattolico tra le varie correnti che esso accoglieva. Questo clima di dialogo, presente anche sulle numerose riviste del settore che fiorirono in quegli anni174, non sarà però destinato a durare a lungo.

171 G. Campanini, “La lotta alla povertà nella cultura cattolica italiana del secondo dopoguerra”,

in “Bollettino dell‟Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia”, XXXVIII, 2, 2003, p. 155.

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Ivi, p. 164.

173 R. Scaldaferri, “Il partito democratico-cristiano e il suo retroterra culturale di fronte al

problema della povertà (1945-1979)”, in G. Sarpellon (a cura di), “La povertà in Italia”, 2 voll., Milano: Franco Angeli, 1982. Vol. 1, pp. 523-539.

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Tra le più importanti ricordiamo: “I problemi dell‟assistenza sociale”, rivista dell‟Istituto nazionale assicurazione malattie dei lavoratori, “Assistenza sociale”, facente riferimento all‟Istituto nazionale confederale della Cgil , “Maternità e Infanzia”, periodico dell‟ONMI e “Solidarietà Umana”, periodico dell‟ANEA.

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Nel partito socialista non possiamo non ricordare la figura e l‟opera di Ezio Vigorelli, il quale aveva presentato delle proposte di riforma del settore assistenziale in un suo lavoro del 1948 dal titolo “L‟offensiva contro la miseria.

Idee ed esperienze per un piano di sicurezza sociale”, nel quale aveva delineato

un vero e proprio “piano” che affrontasse i problemi sociali del paese. Rifacendosi anche alle novità contenute nella Carta costituzionale, egli proponeva un ruolo maggiore dello Stato tramite un nuovo sistema di strumenti e controlli che tenesse conto delle principali necessità generate dalla guerra (pane, casa, salute), rinunciando all‟universalismo del Piano Beveridge, inapplicabile nel nostro paese, e concentrandosi su una sola parola d‟ordine: “fare”. Nell‟impossibilità di realizzare tutto ciò che fosse necessario era importante realizzare il possibile nell‟immediato175

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Al Convegno per la XXIII Settimana Sociale dei Cattolici tenutosi a Bologna nel settembre del 1949, il tema principale era quello del rapporto tra iniziativa privata e controllo statale. Le varie correnti di pensiero erano infatti unite nel sostenere che solo con uno schema unitario articolato, organizzato dallo Stato, si potessero indirizzare tutti gli ambiti economici verso la salvaguardia della sicurezza sociale. Il periodico dell‟Associazione nazionale fra gli enti di assistenza, “Solidarietà umana”, aveva dato avvio ad una battaglia che poneva l‟accento sulla centralizzazione della previdenza e dell‟assistenza da parte del Governo, proponendo a tal fine la costituzione di un Ministero per la Sicurezza Sociale. L‟accentramento dei poteri doveva realizzarsi anche a livello periferico, tagliando sull‟enorme numero di enti autarchici e non presenti nella penisola, affidandone compiti e gestione agli enti maggiori come l‟Ente Comunale di Assistenza176.

Valeria Fargion ha usato la suggestiva immagine della tela di Penelope per descrivere il progetto di riforma dell‟assistenza, puntualmente avviato all‟inizio di ogni legislatura e mai portata a termine177. Probabilmente una delle spiegazioni è che buona parte del partito democristiano non vedeva di buon occhio la paventata

175 Cfr. E. Vigorelli, “L‟offensiva contro la miseria. Idee ed esperienze per un piano di sicurezza

sociale”, Milano: Mondadori, 1948, pp. 11-20.

176 Cfr. P. Del Fabbro, “Per un Welfare State italiano: idee e progetti nell‟età del centrismo

degasperiano”, in “Nuova Rivista Storica”, 1994, volume LXXVIII, pp. 83-85.

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razionalizzazione del settore assistenziale, operazione che andava ad intaccare sia il potere acquisito dagli istituti religiosi, sia l‟utilizzo per fini clientelari degli enti parastatali da parte del governo. Alla luce di ciò si comprende la proliferazione di leggi, di decreti ministeriali e di enti assistenziali che caratterizzò anche gli anni immediatamente successivi, ma che non portarono ad alcuna concreta riforma del settore.

La mancata attuazione di tali progetti, che ha caratterizzato il periodo dei governi centristi, ha portato all‟utilizzo del termine “immobilismo” per descrivere la prima fase repubblicana. Secondo la ricostruzione della storia dello stato sociale italiano elaborata da Gianni Silei, questo periodo va invece visto come foriero di analisi, riflessioni e critiche che trovarono attuazione pratica solamente in seguito. I due Convegni già citati, quello di Tremezzo e quello di Bologna, sono proprio un esempio della dinamicità che, almeno a livello teorico, contraddistinse il periodo preso in esame 178 . Queste assise non cancellano l‟idea della marginalizzazione effettiva del settore assistenziale rispetto a quello previdenziale, ma dimostrarono come, in alcuni ambienti ristretti e formati in gran parte da tecnici o persone con un‟esperienza diretta nel settore, circolassero già proposte modernizzanti e vicine ai percorsi intrapresi dalle altre nazioni occidentali nell‟elaborazione dei loro modelli di welfare, prima su tutte l‟associazione tra l‟assistenza e un servizio sociale avanzato.

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