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La mancata introduzione delle assistenti sociali

5. Un lento declino (1960-1977)

5.1 La mancata introduzione delle assistenti sociali

L‟ipotesi di introdurre il ruolo dell‟assistente sociale all‟interno dell‟ECA fu formulata per la prima volta durante il “Convegno nazionale di studi sull‟assistenza sociale” tenutosi a Tremezzo dal 16 settembre al 6 ottobre del 1946. In quella sede venne posto al centro dell‟attenzione questa figura professionale, in grado di garantire una maggiore efficienza negli interventi. Questi non dovevano più essere rivolti ad arginare i danni, ma dovevo cercare di avere sempre più un carattere di prevenzione. Si puntò verso la creazione di scuole, sia di carattere laico che religioso, in modo da incrementarne e migliorarne la preparazione263. L‟assistenza doveva diventare una funzione propria dello Stato, superandone l‟antiquata visione che la vedeva freno delle tensioni sociali. Nel 1947, infatti, si andava già diffondendo quel movimento chiamato delle “scuole nuove”: nacquero l‟Unione Nazionale delle Scuole di Assistenza Sociale (UNSAS) a Milano, il Centro di Educazione Per Assistenti Sociali a Roma (CEPAS), l‟Opera Nazionale di Assistenza Religiosa e Morale agli Operai (ONARMO), ecc264. Esse erano divise in tre raggruppamenti: quello cattolico, diretto dall‟ONARMO; quello laico ma di ispirazione cattolica, coordinato dall‟Ente nazionale scuole italiane di servizio sociale (ENSISS), e quello di ispirazione liberalsocialista, guidato dal CEPAS.

Sembra quindi che il mondo dell‟assistenza sociale in Italia facesse dei progressi notevoli, ma essi non riguardavano il nostro oggetto di studio. Gli ECA, infatti, continuarono a non essere obbligati ad introdurre nel loro organico questa

263 Cfr. M. Cesaroni, A. Lussu, B. Rovai, “Professione assistente sociale. Metodologia e tecniche

dell‟assistente sociale”, Pisa: Edizioni Del Cerro, 2000, p.20.

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L‟Opera Nazionale di Assistenza Religiosa e Morale agli Operai aprì la sua prima scuola di servizio sociale nel 1945 a Roma dove, l‟anno successivo, sorse anche il Centro per l‟Educazione Professionale degli Assistenti Sociali. A Milano sorse invece l‟Unione Nazionale delle Scuole di Assistenza Sociale, sempre su ispirazione delle indicazioni emerse durante il Convegno di Tremezzo. Per un quadro dell‟attività dell‟Onarmo cfr. M. Romano, “Pastorale del lavoro, patronato e servizio sociale: l‟Opera nazionale assistenza religiosa e morale agli operai (ONARMO)”, in “Bollettino dell‟Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia”, XLI, 3, 2006, pp. 317-338.

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figura professionale. Laddove ciò accadde fu solo per iniziativa personale degli amministratori dell‟ente265

, come a Milano, ad esempio, dove il presidente del consiglio di amministrazione era Ezio Vigorelli, uno dei partecipanti al convegno del ‟46. L‟ECA milanese fu infatti il primo ente pubblico di assistenza ad istituire, nel luglio del 1949, due Centri di servizio sociale, affidati alla direzione di personale preparato. Preparazione che era avvenuta negli anni precedenti grazie a dei corsi di aggiornamento che l‟ECA aveva organizzato per i propri dipendenti, corsi legati alle scuole per assistenti sociali. Ai primi due centri se ne aggiunsero presto altri, per adempiere al progetto di indagine sulle cause della povertà e di offerta del miglior servizio possibile per aiutare i bisognosi ad affrontare nel miglior modo possibile il disagio. Questi centri infatti non distribuivano aiuti materiali, che rimanevano compito dell‟ECA, ma avevano il compito di fornire informazioni e sostegno a chi ne avesse bisogno. Ispirandosi a queste linee guida, nel 1951 furono assunti 10 assistenti sociali, cui se ne aggiunsero presto altri. Ma questa iniziativa rimarrà un episodio limitato al capoluogo lombardo e non ebbe seguito nel resto d‟Italia.

Nel biennio 1959-60 vennero presentate tre proposte di legge alla Camera riguardanti gli Enti comunali di assistenza. Esse avevano alle spalle partiti e principi diversi, ma erano accomunate da alcuni tratti simili. La prima era quella dell‟ on. Maria Pia Dal Canton, deputata della Democrazia Cristiana, riguardante la trasformazione degli ECA in Enti Comunali di Assistenza Famigliare (ECAF). La seconda era la proposta di legge dei deputati Vigorelli (PSDI), Montini (DC), Ariosto (PSDI), Leone (DC) e Bensi (PSI), “Riforma degli enti comunali di

assistenza e delle altre istituzioni pubbliche di assistenza”. La terza era

un‟iniziativa del comunista Alarico Carrassi266

. Ognuna di queste proposte intendeva rispondere alle profonde trasformazioni che la società italiana aveva

265 Cfr. R. Mazza, “I modi della storia, gli spazi della prassi”, in M. A. Toscano (a cura di),

“Introduzione al servizio sociale”, Bari: Laterza, 1996, p. 66.

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Cfr. p.d.l. n. 2419 di Carrassi e altri, “Riforma degli enti comunali di assistenza”, presentata alla Camera dei deputati il 3 agosto 1960. La proposta di Vigorelli e altri fu presentata alla Camera il 27 gennaio del 1960. Le differenze sostanziali tra i tre progetti riguardarono però l‟ampiezza e il contenuto della riforma. Le forze di sinistra puntarono su un ampio decentramento amministrativo, impostato sull‟ente Regione come stabilito dalla Costituzione. All‟interno delle tante correnti della Dc invece vi era indecisione riguardo chi avrebbe dovuto gestire l‟intero impianto assistenziale, se lo Stato o la società civile. Ciò non ostacolò però l‟iniziativa spontanea di alcuni membri, come nel caso di Montini e Leone. Cfr. M. Paniga, “L‟Italia repubblicana e la mancata riforma …”, op. cit., pp. 193-194.

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vissuto nel corso del cosiddetto boom economico, rendendo, se possibile, ancor più inadeguate le pratiche assistenziali degli enti pubblici. Per questo motivo tutte richiamavano l‟importanza della loro connessione con le più moderne pratiche del servizio sociale. Nonostante l‟interessamento del Governo, nessuna riuscì a superare il vaglio della Commissione Interni della Camera dei deputati, mostrando ancora una volta le difficoltà che ogni progetto su questi temi doveva affrontare.

La proposta di Vigorelli e Montini, per citare i due nomi più noti, non era rivolta solo agli ECA, ma a tutte le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, e prevedeva la nascita, come già suggerito dal progetto del ministro Tambroni, dell‟Ente comunale di assistenza sociale (ECAS). Alla base dell‟ECAF, invece, vi era l‟idea di porre la famiglia al centro delle iniziative, e prevedeva di concentrare tutta l‟assistenza, tranne quella sanitaria, che rimaneva compito del Comune, nei nuovi enti. A fianco alle consuete richieste che riguardavano l‟aspetto finanziario (devoluzione dell‟intero gettito dell‟addizionale e diminuzione delle spese di gestione), la Dal Canton si soffermava sulla necessità di inserire nell‟organico dell‟ente la figura dell‟assistente sociale. Un‟innovazione che rispondeva alle esigenze di modernizzazione del settore, andando incontro ai mutamenti della società e dei suoi bisogni. La presenza di personale qualificato aveva una duplice motivazione: da una parte si rendeva più efficiente e consono il servizio erogato, dall‟altra si riduceva il rischio di sottoporre i richiedenti a trafile e prassi umilianti. Molte lamentele avevano infatti riguardato le lunghe file che si creavano davanti al portone dell‟ente nei giorni di erogazione dei buoni o la grandezza del libretto assistenziale, da molti trasportato avvolto in fogli di giornale. Il crescere delle spese per il personale, a detta della deputata, sarebbe stato riassorbito dalla maggiore efficienza guadagnata nel servizio: “È possibile rilevare che effettivamente le spese per gli assistenti sociali, anziché aumentare il peso della gestione rappresentano un risparmio, in quanto un rapporto personale umano permette di evitare tante spese che altrimenti si farebbero se questo rapporto non ci fosse”267

.

Rispetto ai dibattiti parlamentari della fine degli anni Cinquanta, vari anni dovettero passare perché gli amministratori dell‟ECA pisano recepissero la stessa

267 Cfr. pdl n. 1526 presentato alla Camera dei deputati il 24 luglio del 1959, dal titolo “Istituzione

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urgenza di una professionalizzazione del personale. È infatti solo nel dicembre del 1969 che si parla per la prima volta, durante una seduta del Consiglio, dell‟introduzione delle assistenti sociali. In quell‟occasione vennero definiti i compiti che essa avrebbe dovuto svolgere:

1. Studi per la programmazione dei servizi sociali in base ai fini dell‟ente e ai bisogni degli assistiti;

2. Smistamento casi agli altri organi competenti;

3. Individuazione e risoluzione dei problemi riguardanti le singole categorie di assistiti;

4. Rapporti di collaborazione con enti e istituzioni assistenziali;

5. Valutazione relativa alle condizioni per la formulazione dell‟elenco degli assistiti268.

Si decise perciò di bandire un concorso al quale avrebbero potuto partecipare tutti coloro che erano in possesso di un diploma di assistente sociale conseguito con un corso triennale nelle scuole specializzate, affinché le strutture dell‟ente rispondessero alle finalità della costituzionale sicurezza sociale che l‟ECA doveva perseguire, con particolare riguardo al rapporto da stabilire con gli assistiti, sottraendoli al freddo concetto di prestazione burocratica o, ancor peggio, caritativa. In realtà l‟ente di Pisa aveva già iniziato, sin dal 1962, a gestire dei tirocini per gli studenti della scuola ONARMO269. Essi duravano tre mesi e non erano retribuiti, ma assolvevano ai compiti di formazione pratica dei futuri assistenti sociali.

Il concorso si tenne nel 1971, concludendosi però in maniera negativa. Furono in sei a presentare il proprio curriculum, ma due vennero scartati immediatamente (uno per aver superato il limite di età di 30 anni e l‟altro per avere presentato una documentazione incompleta). Solo un concorrente si presenterà all‟esame e non riuscirà ad ottenere la votazione minima per superarlo.

268 Cfr. ASPi, Fondo Ente comunale di assistenza di Pisa e delle Opere Pie aggregate, b. 1047,

verbale del 11/12/1969.

269 L‟Opera Nazionale Assistenza Religiosa e Morale agli Operai era nata nel 1948 e svolgeva

corsi di formazione per assistente sociale, con diplomi e attestati che non erano equiparati a quelli rilasciati da enti pubblici.

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Alcuni mesi dopo fu indetto il nuovo concorso, e questa volta la partecipazione fu più numerosa. Nel bando venivano specificati i requisiti minimi di accesso: diploma di assistente sociale conseguito presso una scuola autorizzata dal Ministero della Pubblica Istruzione, cittadinanza italiana, età massima 30 anni, buona condotta morale e civile e idoneità fisica all‟impiego. Furono 11 le domande di ammissione, delle quali 2 vennero scartate. Sui 6 partecipanti che si presentarono all‟esame, solo in 3 raggiunsero la votazione minima richiesta. Fu a questo punto che il Comitato di amministrazione si rese conto che le scuole di assistenza sociale non avevano ancora ottenuto una regolamentazione giuridica, pertanto il diploma di assistente sociale rilasciato dalla scuola ONARMO non aveva alcuna validità, così come affermato nella circolare n. 2638 div. IX del 07/10/1971 del Ministero della Pubblica Istruzione270. Non essendo validi i diplomi il concorso venne annullato e nuovamente rinviato. In attesa del riconoscimento della validità dei diplomi, l‟attività dell‟ente si venne sempre più ridimensionando e il concorso non fu più bandito.

Da un‟inchiesta avviata dal presidente dell‟ECA si venne a scoprire che nell‟amministrazione del comune di Massa, nella Provincia di Livorno e nell‟ospedale generale provinciale di Prato, c‟erano in organico assistenti sociali formatisi proprio con i corsi forniti dalla scuola ONARMO271, seppur non fossero riconosciuti dal Ministero. Non fu quindi solo il ritardo con cui si mosse l‟ECA pisano ma anche quello che potremmo definire un intoppo burocratico, ad impedire l‟utilizzo di questa figura professionale che avrebbe potuto garantire un avvicinamento maggiore tra l‟ente e la popolazione, oltre ad un miglioramento qualitativo delle attività assistenziali. La mancanza di personale professionalizzato sembrava aver ulteriormente cristallizzato l‟attività dell‟ente, rendendola inadeguata sempre più alle trasformazioni della società e bloccandola vero quel salto di qualità che il fervore dei dibattiti del secondo dopoguerra sembrava promettere.

270

Cfr. ASPi, Fondo Ente comunale di assistenza di Pisa e delle Opere Pie aggregate, b. 1097, “Concorso assistente sociale”.

271 Cfr. ASPi, Fondo Ente comunale di assistenza di Pisa e delle Opere Pie aggregate, b. 1097,

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