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L’impatto della crisi sulle fiere in Italia

Capitolo 1 – IL SISTEMA FIERISTICO

1.7 L’impatto della crisi sulle fiere in Italia

Secondo una ricerca AEFI pubblicata nel 200917 e volta a misurare gli effetti della crisi economica sul settore fieristico e a proporre alcune strategie di rilancio e sviluppo del sistema, il 78,4% dei quartieri fieristici italiani all’epoca credeva che in futuro la crisi economica avrebbe inciso in modo significativo sul business. Inoltre, nel 2009, il 94,4% dei poli espositivi riteneva che essa sarebbe durata per almeno due anni.

Figura 1.14 - L’impatto della crisi economica

 

Fonte: AEFI, 2009

                                                                                                                         

Figura 1.15 - La durata della crisi economica

 

Fonte: AEFI, 2009

La crisi economica veniva quindi percepita come un momento di cambiamento strutturale del settore, in relazione anche alle diverse tipologie di manifestazione. Dal punto di vista del raggio d’azione delle rassegne, glie eventi nazionali erano considerati da tutti i quartieri i più rischio di una riduzione della propria attività. Seguivano le manifestazioni internazionali, considerate molto a rischio dall’88,9% degli enti, e poi le manifestazioni locali su cui il 69,4% dei poli fieristici riteneva che la crisi avrebbe avuto effetti limitati o al massimo moderati. Considerando invece il format dell’evento, il 63,9% dei quartieri riteneva che la crisi avrebbe avuto un impatto significativo sulle rassegne consumer. Lo stesso dato in riferimento alle manifestazioni business e miste era pari rispettivamente al 55,6% e al 50%. Tuttavia, se si considera in maniera aggregata la percentuale di sedi fieristiche che definiva gli effetti della crisi quantomeno moderati, si nota che questa era pari al 94,5% per le fiere consumer e maggiore per le manifestazioni miste (97,2%) rispetto agli eventi business (86,7%). Per quanto riguarda invece le fiere evento e le fiere convegno, il 25% riteneva che le prime erano a rischio di effetti molto significativi, mentre il 22,2% dei quartieri credeva che gli effetti più forti si sarebbero riversati sulle seconde.

Figura 1.16 - L’impatto della crisi economica sulle diverse tipologie di manifestazione: raggio d’azione dell’evento

 

Fonte: AEFI, 2009

Figura 1.17 - L’impatto della crisi economica sulle diverse tipologie di manifestazione: format

 

Fonte: AEFI, 2009

Tali percezioni possono essere ricondotte a due tendenze sottostanti: la prima è l’impatto della crisi economica sulle manifestazioni consumer con raggio di azione locale, la seconda è l’impatto della congiuntura sulle rassegne business a carattere internazionale e nazionale. Si formano così quattro cluster, come mostra la Figura 1.18:

• il 28% dei poli fieristici riteneva che la crisi avrebbe colpito in modo sostenuto tutti i formati fieristici;

• il 30% sosteneva che la crisi avrebbe danneggiato solo le manifestazioni nazionali e internazionali rivolte al segmento business;

• il 12% credeva che la crisi non avrebbe colpito in maniera significativa nessun tipo di rassegna.

Figura 1.18 - L’impatto della crisi economica sulle diverse tipologie di fiera: raggio d’azione dell’evento e format

Fonte: AEFI, 2009

Inoltre, come si vede nella Figura 1.19, la maggioranza dei quartieri fieristici italiani (il 47%) credeva che la crisi avrebbe avuto un impatto sul numero di eventi, portando alla cancellazione o alla chiusura di alcune manifestazioni. Tuttavia difficilmente avrebbe condotto ad una diminuzione del numero di espositori e dei ricavi medi unitari. Invece il 39% dei soggetti considerati sosteneva che la congiuntura sfavorevole avrebbe avuto un impatto negativo su ogni voce analizzata (numero delle rassegne, ricavi medi unitari e numero degli espositori). Solo il 14% pensava che la crisi avrebbe inciso solamente sul numero di espositori, piuttosto che sui ricavi medi unitari e sul numero delle manifestazioni.

Figura 1.19 - L’impatto della crisi economica su alcune dimensioni caratteristiche dell’attività fieristica

 

Fonte: AEFI, 2009

Nel 2009 il settore fieristico stava vivendo cinque tipi di cambiamenti strutturali che la crisi economica ha sicuramente rafforzato:

• la diffusione di nuovi mezzi di comunicazione, interattivi e ad alta intensità di informazione (Internet), che si ponevano come alternativa alle manifestazioni fieristiche tradizionali;

• l’internazionalizzazione dei grandi organizzatori di eventi fieristici (tramite multinazionali o alleanze transnazionali);

• l’aumento dei contenuti esperenziali delle rassegne fieristiche, in modo da garantire l’unicità dell’evento;

• la riduzione della durata del ciclo di vita delle manifestazioni fieristiche che comporta una continua riprogettazione della rassegna e la capacità di massimizzare il ritorno degli investimenti nel breve o nel brevissimo termine; • la riduzione del valore degli spazi fieristici, che sempre più rivestono il ruolo di

Tali cambiamenti denotano due tendenze di fondo, anch’esse potenziate dagli effetti della crisi: il cambiamento della funzione dei quartieri fieristici e il cambiamento delle funzioni svolte dai singoli eventi rispetto ad espositori e visitatori. Incrociandole emergono quattro cluster:

• il 49% degli enti fiera riteneva che il cambiamento avrebbe riguardato solo la prima tendenza (cambiamento delle funzioni dei poli fieristici);

• il 6% era convinto che la modifica sarebbe stata relativa alle modalità di concepire e progettare gli eventi fieristici;

• il 28% dei poli fieristici riteneva che si sarebbe verificato un cambiamento limitato del ruolo dei quartieri nell’offerta di spazi e servizi;

• il 17% credeva che nessuna delle due tendenze si sarebbe modificata.  

Figura 1.20 - L’impatto della crisi economica sulle funzioni dei quartieri e degli eventi fieristici

 

Fonte: AEFI, 2009

Secondo i quartieri fieristici, come si nota dalla Figura 1.21, nel 2009 le strategie più adeguate per uscire dalla crisi erano lo sviluppo di eventi di nuova concezione e l’ingresso in business correlati per ideare opportunità creative di sviluppo della propria attività. Inadeguate invece risultavano l’integrazione dell’offerta di spazi (intesa come

ampliamento degli stessi) e la riduzione del prezzo degli spazi e dei servizi. Erano valutate come buone l’utilizzo delle tecnologie web per collegare la rassegna reale a quella virtuale, la condivisione del rischio con gli organizzatori attraverso delle attività svolte in una logica di co-makership e la creazione di reti internazionali attraverso alleanze con altri quartieri fieristici.

Figura 1.21 - Le risposte strategiche dei quartieri fieristici italiani ai cambiamenti in atto

 

Fonte: AEFI, 2009

Tali valutazioni possono essere ricondotte a tre tipologie di logiche strategiche: l’adozione di modelli di co-makership per promuovere le partnership tra quartiere fieristico e organizzatori di eventi, la razionalizzazione del business agendo su alcuni aspetti chiave per aumentarne la competitività e l’introduzione di innovazioni nell’attività dei quartieri fieristici. Dalla Figura 1.22 emerge che la maggioranza dei quartieri (quasi la metà del totale) era convinta che fossero necessarie tutte e tre le queste opzioni strategiche per uscire dalla crisi. Il 34% dei quartieri riteneva invece che fosse necessaria solamente una collaborazione tra enti fiera ed organizzatori e non la razionalizzazione del business e l’innovazione dell’attività fieristica. Infine solo il 17% riteneva che tra i tre, l’unico strumento valido fosse l’innovazione dell’attività fieristica.

Figura 1.22 - Le strategie per fronteggiare la crisi economica

 

Fonte: AEFI, 2009

Gli effetti della crisi economica riguardano diversi aspetti: • la riduzione degli organici;

• la modifica dei contratti di lavoro verso forme più flessibili;

• la modernizzazione degli impianti espositivi con ingenti investimenti da parte dei quartieri;

• la riduzione dei costi di struttura;

• la moltiplicazione degli eventi e i trasferimenti di manifestazioni; • la riduzione del ciclo di vita delle rassegne;

• la riduzione del numero di giorni delle manifestazioni; • la riduzione del valore degli spazi espositivi;

• l’approvazione di politiche commerciali flessibili, a volte con tagli vistosi dei prezzi;

• il ruolo di primo piano assunto dai grandi organizzatori di eventi, sempre più internazionali;

• la diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione, che influenza le caratteristiche strutturali del settore fieristico.

Perciò è necessario adottare nuovi modelli di business centrati sulla diversificazione sui mercati emergenti (anche esportando le manifestazioni di punta) per quei quartieri che annoverano nel loro portafoglio manifestazioni di successo o risorse finanziare adeguate per acquisire spazi e reggere la competizione (ovvero solo Milano, Bologna e Verona), dato che il mercato italiano è saturo e cresce tanto quanto il PIL, cioè pochissimo. Tale attività può essere condotta con diverse modalità: export di eventi di successo (che non cannibalizzano quelli italiani perché attraggono altri mondi, altrimenti irraggiungibili), joint venture con partner esteri di organizzazione fieristica, acquisizioni di manifestazioni o di quote di partecipazione nelle società di gestione dei quartieri espositivi (che sono molto costose), organizzazione di gruppi di produttori che intendono esporre alle manifestazioni dei mercati emergenti. Inoltre è utile anche diversificare il business fieristico ospitando altri generi di eventi come concerti e spettacoli. Il sistema fieristico italiano, infatti, può reagire alla crisi solo rinnovandosi. Esso deve pensare e presentare nuove formule, nuovi prodotti, servizi aggiuntivi da erogare dentro e fuori il quartiere fieristico e che ottenere dei ricavi anche al di là della manifestazione. Inoltre esso deve svilupparsi attorno alla gestione diretta degli eventi da parte degli enti fieristici e deve cercare di rispondere ai nuovi bisogni degli operatori: a causa della crisi essi manifestano oggi maggior interesse per le fiere a carattere specifico e settoriale rispetto ad eventi di carattere generale. Inoltre stanno acquisendo crescente importanza i processi di integrazione di filiera tra le aziende secondo una logica cooperativa (associazionismo territoriale oppure legami fondati su rapporti di scambio e sinergie tra imprese) e strategie cooperative di promozione (consorzi export o distretti produttivi) per penetrare nuovi mercati.

Capitolo  2 –  IL  PROFILO  DEI  PRINCIPALI  

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