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I nomi dei luoghi celano storie, a volte molto antiche e a volte recenti, storie di vita quotidiana e di guerre. Non sono solo le città, i villaggi e le chiese ha possedere nomi ma anche i campi, le rocce e le case, e talvolta convivono più toponimi contemporaneamente. Le persone vivono il territorio e il loro ricordo ne rimane impresso, lo impregnano di storie e memorie dandogli una seconda vita e i toponimi hanno spesso registrato tutto questo. Chissà quanti racconti sono andati perduti con il trascorrere del tempo, il mutare del paesaggio e dei nomi e quanti altri sono nati. Le persone un tempo vivevano a lungo nello stesso posto, creavano un legame con l’ambiente circostante e con i vicini, la casa e le terre venivano trasmesse all’interno della famiglia. I toponimi venivano assegnati in base alle caratteristiche del posto, agli eventi che vi erano avvenuti o prendevano il nome di persone reali o eroi leggendari. Turri (1998:139) parla di «paesaggio della memoria», una «parte inscindibile del vivere umano», riguardo al quale bisogna tener conto di una distinzione:

Essa riguarda le memorie individuali e le memorie collettive. Le memorie individuali, leggere ed effimere, si sovrappongono alle memorie collettive, più solide e durature, che si legano intimamente alla storia della società, ai suoi topoi significativi, che sono come stazioni territoriali della sua vicenda, della sua affermazione sul territorio in cui essa si identifica: punti fermi, eletti, «che trasmettono verità eterne e immutabili nel vortice del fluire e del cambiamento» (Harvey,1993).

La toponomastica assume un ruolo rilevante nell’indagare la storia di un luogo, inoltre:

Nella toponomastica dei mondi pre-industriali le regole che più frequentemente ricorrono sono quelle che qualificano un luogo, gli attribuiscono un nome che viene tramandato alle generazioni

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da venire. La denominazione si impone ai fini della comunicazione sociale, cioè per gli usi collettivi di un territorio che è costituito di tanti luoghi, a ognuno dei quali si lega un atto diverso, una motivazione e una funzione diversa (Turri 1998:144).

Giunto in un nuovo luogo l’uomo lo esplora e lo riconosce come suo assegnandogli un nome, che è «l’atto primo di ogni antropizzazione» (Turri 1998:145). La conquista dell’uomo di un territorio strappato al dominio della natura viene spesso associata alle imprese mitiche di un eroe e gli antenati fungono da tramite e da legame tra il popolo e il luogo abitato. La storia e i suoi personaggi più importanti rimangono impressi nelle denominazioni come anche le caratteristiche ambientali. I termini basati su caratteristiche ambientali costituiscono uno degli elementi fondamentali del bagaglio di conoscenze trasmesse di generazione in generazione che chi vive in stretta relazione con la natura deve conoscere per sopravvivere. Solo conoscendo le risorse e i pericoli di un territorio è possibile sfruttarlo al meglio e vivere in equilibrio con esso.

Se si passa ad analizzare i termini locali e individuali legati a un territorio si scopre una rete fittissima e ricchissima di denominazioni che tuttavia si è via via dissolta con il sorgere e lo svilupparsi delle città. Rimane però quella tendenza ad associare gli avvenimenti personali ai luoghi che gli hanno fatto da palcoscenico:

(…) ogni persona ha una mappa mentale che collega la memoria di episodi vissuti a dei luoghi precisi: i luoghi delle emozioni, delle avventure indimenticate, i luoghi dei primi incontri amorosi, delle vittorie sportive, delle sconfitte, dei successi. Ogni luogo ha un odore, emana il senso sconvolgente del ricordo anche dopo anni e anni (Turri 1998:152).

Con il tempo i nomi cambiano, il ricordo di quelli antichi può sopravvivere ma spesso se ne perde la memoria. Sono le vecchie generazioni a trasmettere alle nuove un’eredità costituita da

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racconti e termini, ma spesso quest’ultime non si rendono conto del preziosissimo tesoro che gli viene offerto. Talvolta non è il nome del luogo a perdersi nelle nebbie dell’oblio ma il suo significato, la sua origine, tuttavia ne viene mantenuto l’utilizzo. Dónall Mac Giolla Easpaig (2008:164)82 spiega che:

Placenames are the products of language, formed from, and according to, the rules of the language of the community that creates them. Placenames are intelligible to the speakers of the language at the time of their formation. Once formed, however, a placename takes on a life of its own and its function as a name, denoting a particular place, becomes independent of its lexical meaning over a period of time. (…) It is this capacity to function independently of its original lexical meaning that allows a placename to survive for centuries, (…).

I nomi dei luoghi sono quindi echi di memorie del passato, nascondono molto di più di quello che appare, sono testimonianze di coloro che hanno vissuto prima di noi. L’Irlanda possiede un patrimonio ricchissimo da questo punto di vista, infatti secondo Patrick J. Duffy (2004:694): «One of the distinctive characteristics of the Irish landscape-as-text is the narrative quality of the Irish toponymy». Tale qualità narrativa è riuscita a sopravvivere, sebbene ferita, alla minaccia rappresentata dalla colonizzazione inglese. Gli inglesi sapevano quanto fosse importante la lingua per definire l’identità di un popolo e che dovevano agire su di essa per poter controllare gli irlandesi e il territorio. L’obbiettivo era quello di riuscire a renderli dei fedeli sudditi della corona inglese a scapito dell’antica e ricchissima cultura irlandese e del

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gaelico. Nell’articolo Irish placenames: post-colonial locations di Catherine Nash (1999:461) si legge che:

The Gaelic language and the soil of Ireland were, it was argued, deep repositories of the native spirit. To lose the Gaelic language would be to lose the soul of the nation and, crucially, the 'natural' connection to the land that could only be experienced and articulated through the native tongue. It is this sense of the profound damage of colonial cultural subordination that has informed the sustained critique over the last two decades of English colonial mapping and naming in Ireland. Yet even before the nineteenth century, early modern English interventions in the toponymy of Ireland were clearly part of the project of extending English authority in Ireland through plantation, military control and cultural repression.

Il gaelico, come ogni altra lingua, ricopre un ruolo culturale e identitario importantissimo poiché: «Interpretiamo la natura partendo da percorsi stabiliti dalla nostra lingua materna» (Whorf in Jakob 2009:22). Ma come abbiamo visto in precedenza ormai il gaelico viene parlato fluentemente solo da un numero ridotto di irlandesi, infatti secondo i dati del 2011 solo 1.8% della popolazione sopra i tre anni lo parla giornalmente al di fuori della scuola.83

La trasformazione dei nomi dal gaelico all’inglese è stato un processo graduale iniziato con la colonizzazione anglo-normanna del XII e XIII sec. ed è proseguito di pari passo con l’espropriazione delle terre, la loro assegnazione agli immigrati inglesi e l’imposizione di

landlord protestanti. Come vedremo successivamente gli irlandesi tornarono padroni delle

proprie terre a seguito di una serie di land act introdotti dal Regno Unito tra il 1870 e il 1909. Intorno al Seicento la Gran Bretagna aveva il controllo di tutto il paese e verso la fine del secolo:

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the placenames of every part of the country were being written down according to the spelling conventions of the English language by all arms of the establishment, central and local administration, the Established Church, and by the newly-ascendant landowners (Mac Giolla Easpaig 2008:166).

In questo periodo i nomi originari dei luoghi rimasero in uso tra la vasta maggioranza della popolazione e l’irlandese continuò ad essere parlato soprattutto dagli abitanti delle zone rurali. La colonizzazione inglese ebbe conseguenze anche sul paesaggio, tra cui la fondazione pianificata di città e villaggi: «A castle and bawn84 typically formed the nucleus of settlements, around which, a church, session house, prison, mills, and houses were added in time» (G. Stout e M. Stout 2011:64). L’inglese divenne la lingua della maggioranza verso la metà dell’Ottocento sebbene già da tempo fosse la lingua del governo, della legge, della burocrazia, delle classi superiori, del commercio e di: «all those who aspired to rise in the world» (De HÓir 1972:194)85.

Éamonn De HÓir (1972:195) identifica tre modalità, escludendo quella dell’adozione dei termini locali poiché la ritiene una scelta poco probabile, con cui i nomi dei luoghi del paese conquistato possono essere modificati dal paese conquistatore:

(1) They can accept the name they hear, which they will normally pronounce within the limits of their own phonological habits and which they will normally write in accordance with their own orthographic conventions. (2) They can translate the names they find before them into their own language; this, of course, implies at least some knowledge of the other language. (3) They can ignore the pre-existing names and coin their own names in their own language.

84 Termine anglo-irlandese che indica un muro difensivo, in gaelico è “bábhún”, dal dizionario inglese-irlandese

online “Teanglann.ie”. Data ultima consultazione il 23 dicembre 2016.

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Gli inglesi hanno adottato tutte e tre le soluzioni in Irlanda ma la più frequente è stata la traslitterazione. Ovviamente si sono verificati errori sia durante la traduzione dal gaelico all’inglese che nella traslitterazione e vi è un problema fonetico di base nell’uso dell’inglese come viene evidenziato da De HÓir (1972:202):

The English transcriptions of Irish names could never have given a fully accurate indication of the sound, as they were unable to show many of the essential distinctions (as between broad and slender consonants or between long and short vowels) with any consistency (…).

Inoltre con il passare degli anni sono avvenuti cambiamenti sia nella fonetica gaelica che in quella inglese e questo ha generato un ulteriore distanziamento dalla pronuncia originale dell’irlandese come si può vedere dal seguente esempio:

(…) Knock- or Cnok- for Ir. cnoc, ,,hill”, would in the early period have been pronounced [knok] and would have been a good representation of the Irish sounds; but, when the sound of the initial k was lost in English, the pronunciation became [nɑk], very far indeed from the Irish (De HÓir 1972:202).

All’inizio dell’Ottocento l’ortografia dei nomi delle principali città irlandesi era stata standardizzata mentre non era accaduto lo stesso per le townland e altri termini minori legati al territorio. Quindi quando nel 1824 l’Ordnance Survey Office86 intraprese la prima indagine territoriale su larga scala in Irlanda si ritrovò di fronte al problema di dover scegliere un solo nome per ogni località da porre sulla mappa. Si decise quindi di procedere a una ricerca che coinvolgeva sia studiosi che civili competenti in gaelico e venne redatto l’Ordance Survey

86 L’Ordnance Survey Office faceva parte dell’esercito alle dipendenze del Dipartimento della Difesa ed era stato

creato per svolgere un’indagine in tutta l’Irlanda sui possedimenti terrieri in modo da organizzarne la tassazione. Ordnance Survey Ireland. Data ultima consultazione il 27 dicembre 2016.

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Name Book che raccoglieva la forma irlandese dei nomi geografici e il loro significato (Mac

Giolla Easpaig 2008:166-168). La decisione di utilizzare l’ortografia inglese venne successivamente contestata ritenendola una scelta che privava di dignità il popolo irlandese:

On the whole, our place names have been treated with about the same respect as if they were the names of a savage tribe which had never before been reduced to writing, and with about the same intelligence and contempt as vulgar English squatters treat the topographical nomenclature of the Red Indians. …. I hope and trust a native Irish Government will be induced to provide for the restoration of our place-names on something like a rational basis (Douglas Hyde in Mac Giolla Easpaing 2008:168).

All’inizio del Novecento la Lega Gaelica pubblicò due liste di nomi in gaelico che erano stati anglicizzati e con la formazione dello stato libero d’Irlanda nel 1922 questo processo di ricostruzione di un’identità proseguì con più determinazione di prima. Nel 1946 venne creata la An Coimisiún Logainmneacha (The Placenames Commission) per ordine del Ministro della Finanza. I compiti della Commissione erano:

i. the investigation of the placenames of Ireland; ii. research in order to determine the correct original Irish forms of those names in so far as they can be established, and iii. the preparation of lists of those names, in their Irish forms, for publication and for official use (Ó Maolfabhail in Nash 1999:462).

La Commissione durante la scelta della versione irlandese dei nomi diede spesso la precedenza alle forme utilizzate dalle ultime persone locali parlanti la lingua gaelica e nel 1969, a seguito di una consultazione pubblica, vennero pubblicati nel Ainmneacha Gaeilge na mBailte Poist i nomi raccomandati dalla Commissione che divennero quindi le forme ufficiali gaeliche. A queste versioni venne assegnato un limitato status legale a seguito dei provvedimenti del 1973,

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Placenames (Irish Forms) Act, mentre ricevettero uno status legale paritario ai loro equivalenti

inglesi con l’entrata in vigore nel 2003 dell’Official Languages Act (Mac Giolla Easpaig 2008:170).

Alcuni ricercatori vennero riuniti nel 1955 per formare un gruppo permanente, The

Placename Branch, che proseguisse la missione di stabilire le forme corrette dei nomi. Nel

1956 venne inglobato all’interno dell’Ordance Survey venendo coinvolto sempre di più nel programma di mappatura. Infatti partecipò alla realizzazione della versione gaelica della mappa generale dell’Irlanda, Éire 1:575.000, che venne pubblicata nel 1970 e che includeva la maggior parte dei nomi elencati nel Ainmneacha Gaeilge na mBailte Poist oltre a un numero significativo di toponimi delle principali caratteristiche geografiche. Questa è, dalla fondazione dello Stato, la sola mappa ufficiale di tutto il paese con indicati i nomi dei luoghi in lingua irlandese (Mac Giolla Easpaig 2008:170).

Mettere per iscritto i toponimi, ad esempio su una mappa, implica una posizione di potere che decreta quale nome deve essere ufficiale:

The writing down of placenames cements one version of a name and makes it harder to subsequently change. These recorded names can then be used for personal reasons of possession and ownership. There is a difference between names that are used in an area and the ones that are recorded for official purposes (Dempsey 2011:19).

Ma sebbene i nomi locali sembrino ricoprire un ruolo di minore importanza rispetto a quelli ufficiali, la realtà dei fatti è molto diversa. Come molte ricerche hanno evidenziato i nomi locali

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devono essere preservati poiché costituiscono una fonte fondamentale di conoscenze a cui si può attingere per approfondire aspetti diversi della vita e della storia di un popolo. Il paesaggio e i nomi ad esso associato registrano piccoli e grandi eventi oltre alla vita quotidiana:

Not only are historical events and the names of innumerable remarkable persons recorded but the whole social life of our ancestors – their customs, their superstitions, their battles, their amusements, their religious fervour and their crimes are depicted in vivid and everlasting colours (Joyce in Dempsey 2011:11).

Perdendo parte dei nomi originari in gaelico si è avviato anche un processo di oblio del tesoro di miti e leggende, un patrimonio che ha affascinato artisti e scrittori. Secondo Jane Wilde (1821-1896), madre di Oscar Wilde e appassionata di favole e leggende della sua patria:

L’area occidentale dell’Irlanda è particolarmente devota alle antiche superstizioni sulla razza Sidhe87. Nel paesaggio c’è una poesia che tocca il cuore della popolazione: amano le splendide

valli, le montagne che s’innalzano come torri sul mare, le isole benedette dalla memoria di un santo e le verdi colline dove Finvarra ha la sua corte. Ogni monte e ogni lago ha una sua leggenda sullo spirito del luogo, qualche tradizione sacra su un santo o qualche memoria storica di un eroe nazionale sbocciata nei grandi giorni del passato in cui l’Irlanda aveva propri condottieri e proprie spade che la difendevano (Wilde 2010: 243,244).

Nash (1999:462) sottolinea, utilizzando la voce di altri studiosi, che bisogna tenere conto di un legame molto forte tra paesaggio, storia e mitologia irlandesi:

It is frequently argued that nineteenth-century colonial mapping masked and marginalized the local mythological, folkloric and historical meanings of landscape that stretched back to the ninth- and tenth-century dindsenchas88 tradition of Irish topographic poetry (Hannan 1991;

Sheenan 1988). The associations of the 'living landscape' in Ireland are, it is argued, to do with names and their local, mythological and social narratives (O'Cathain and O'Flanagan 1975).

87 Termine irlandese per indicare gli esseri fatati, verrà analizzato successivamente. 88 Anche scritto “dinnseanchas”, significa topografia.

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Irish placenames provide keys to this 'coded land' whose meanings are expressed in oral, narrative and literary modes rather than through carto graphic technologies or visual aesthetics (O'Connor 1992a; 1992b).

Un legame che ha origine nella lingua di un popolo che si viene a formare in un ambiente preciso. La lingua funge da strumento per codificare e decodificare il paesaggio, è una chiave che non deve essere persa se si vuole accedere allo scrigno che custodisce conoscenze e storie del passato:

Suggesting that language is shaped by the landscape implies that the loss of this original language results in an alienation from the land. Its meanings and character can no longer be read or expressed, and the new language and, by extension, culture can only ever remain alien and at odds with its location. Words in this view carry cultural essences and, when coupled with the nationalist and Catholic associations of Gaelic, imply that Gaelic placenames can only ever be registers of a pure Gaelic, Catholic culture (Nash 1999:463, 464).

Nash enfatizza il rischio che si può generare da questa visione di un passato pre-coloniale caratterizzato da una cultura “senza tempo”, “pura”, “autentica”, “omogenea”. Secondo la studiosa la tradizione gaelica è stata sovrapposta al cattolicesimo creando un’opposizione con la cultura inglese e il protestantesimo. Il pensiero di ristabilire i nomi pre-coloniali porta con sé l’illusione di poter ricostruire quel mondo ritenuto perfetto, cancellando una parte della propria storia. Il rischio è di perdere un aspetto della propria identità e di ricadere nel fondamentalismo etnico e nel razzismo. La scelta di una via di mezzo può considerarsi la migliore, infatti ricercando gli antichi nomi in gaelico e mantenendo al contempo i nomi anglicizzati si tiene conto della complessità della storia irlandese da cui è impossibile escludere l’impatto che ha

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avuto la cultura inglese. È una questione complicata che implica varie problematiche, tra cui quelle pratiche e politiche.

L’interesse verso il patrimonio costituito dai toponimi irlandesi si è accresciuto sempre di più nel tempo, infatti sono stati pubblicati vari libri che si occupano di raccogliere e spiegare i toponimi irlandesi tra cui i due accurati testi di Patrick Weston Joyce, The origin and history

of Irish names of places89. Inoltre prolificano gli articoli accademici e sono disponibili anche

fonti online come ad esempio il sito “Logainm.ie”, un database che raccoglie i nomi dei luoghi in Irlanda e che è stato sviluppato dal Fiontar agus Scoil na Gaeilge (DCU) e dal The

Placenames Branch (Department of Arts, Heritage, Regional, Rural and Gaeltacht Affairs). Il

sito di “Dúchas.ie” costituisce un’altra risorsa preziosa per tutti gli studiosi interessati al folklore irlandese e ai toponimi poiché raccoglie in versione digitale una parte della National

Folklore Collection of Ireland. La Schools’ Collection fa parte di questa collezione ed è

costituita da circa 740.000 pagine compilate tra il 1937 e il 1939 da bambini provenienti da 5000 scuole elementari della Repubblica d’Irlanda. Più di 50.000 bambini hanno raccolto dai loro genitori, nonni e vicini un materiale ricchissimo di storie orali, informazioni topografiche, favole, leggende, giochi, proverbi, indovinelli e molto altro della loro zona.90

89 Il link dei testi The origin and history of Irish names of places sono disponibili in sitografia. 90 National Folklore Collection (NFC), Dúchas.ie. Data ultima consultazione il 27 dicembre 2016.

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Passiamo ora ad analizzare alcuni toponimi della zona dove ho svolto la ricerca sul

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