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2. il mare

3.4 L’Inferno nel Sistema concettuale

Durante i seminari, le discussioni e le ricerche che hanno portato al presente lavoro ci si è spesso interrogati sull’appropriatezza dell’applicazione del sistema concettuale Hallig- Wartburg all’opera dantesca. I risultati emersi nella tesi di Leonardo Canova, Animali e

mostri nell’inferno dantesco, hanno dimostrato che, per quanto riguarda l’area

semantica indagata in quel lavoro, il sistema teorico ha reagito abbastanza bene con il lessico utilizzato da Dante: «Poche modifiche, perlopiù necessarie a colmare il divario tra la teoria e la sperimentazione pratica, sono state sufficienti ad accogliere senza forzature ogni occorrenza relativa al nostro campo d’indagine»238

.

Il divario tra la teoria e la sperimentazione pratica è un inevitabile dato di fatto con cui ha dovuto fare i conti anche la presente analisi. Nell’applicazione del Sistema concettuale al lessico dantesco relativo alla natura inorganica, sono emersi dei punti critici che hanno richiesto un intervento diretto sul sistema teorico. Un aiuto prezioso per questo intervento di modifica ci è giunto dal DAO e dal DAG. L’equipé di Kurt Baldinger si è trovata, prima di noi, a dover colmare il divario tra teoria e pratica nell’applicazione del Begriffssystem ai due corpora testuali con conseguenti rivisitazioni del sistema di origine, che, in più di un caso, sono state accolte nel presente lavoro. In altri casi il lessico ambientale dantesco ha richiesto, per la catalogazione delle occorrenze, un intervento sui concetti che né il corpus guascone né quello occitano avevano richiesto.

L’area lessicale che, più di ogni altra, ha messo in rilievo la distanza tra teoria e sperimentazione pratica è quella dei verbi dei fiumi, cioè quei verbi con cui Dante esprime le diverse modalità di movimento e di stasi delle acque interne.

La tabella che segue mostra le differenze che intercorrono tra il sistema teorico di partenza, il sistema concettuale del DAO e il sistema concettuale entro il quale sono state catalogate le occorrenze dantesche, per quanto riguarda i verbi dei fiumi:

Begriffssystem

DAO

Sistema concettuale

Sortir

209 jaillir, sortir Sgorgare, scaturire

Jaillir, saillir Couler

238

210 couler Scorrere

Ruisseler

/ 223 descendre Discendere

/ / Precipitare (d’un corso

d’acqua)

/ 227 grossir /

Déborder 228 déborder, inonder Straripare

/ 229 diminuer, baisser Abbassarsi

/ 230 se dessecher, tarir /

/ 233 se jeter dans Immettersi

/ 238 eau stagnante Acqua stagnante

Croupir 239 croupir /

/ 244 faire un lac /

/ / Impaludare

Nell’estensione del Begriffssystem, Hallig e Wartburg hanno inserito sei concetti relativi alle azioni delle acque, i quali possono essere ricondotti allo sgorgare, lo scorrere (più o meno impetuoso), lo straripare e l’imputridire. Il lavoro di Baldinger ha portato alla luce l’inadeguatezza di un siffatto sistema, il quale non tiene conto di ovvie realtà della natura acquatica, come la differenza tra lo scorrere di un fiume in pianura e il discendere da un punto più alto a uno molto più basso, come avviene negli ambienti montani, o l’eventualità di un abbassamento delle acque. Dunque, nei testi occitanici, così come in quelli guasconi, si fa riferimento a concetti delle acque interne che non erano stati considerati da Hallig e Wartburg. L’analisi onomasiologica dell’Inferno condotta per quest’area concettuale ha spesso portato a condividere la maggior parte delle modifiche apportate nel DAO e nel DAG. Se il punto di arrivo è simile, la grande differenza sta in quello di partenza. Nel DAO e nel DAG sono stati presi in esame due corpora di testi, rispettivamente dell’antico occitano e dell’antico guascone, mentre la presente analisi si è concentrata soltanto su una singola opera di un solo autore. Questo significa che Dante rappresenta nell’Inferno ogni concetto della realtà acquatica, dallo sfociare dei corsi

d’acqua all’immettersi di questi nel mare o nelle paludi, dal discendere di un fiume attraversando una valle al suo precipitare liberamente in una cascata, dall’abbassarsi delle acque al loro traboccare oltre le rive, e così via. E questa realtà poliedrica viene espressa attraverso un lessico vasto che rifugge massimamente la ricorsività, come si nota dalla varietà di lemmi classificati nel sistema.

Un’altra area lessicale che non si è lasciata facilmente ricondurre entro il sistema concettuale di partenza è quella relativa a determinate strutture rocciose con cui il poeta costruisce il cerchio di Malebolge. Le sporgenze di roccia, i terrapieni naturali, le cornici rocciose e i ponti di roccia sono elementi tipici del paesaggio dell’ottavo cerchio, il quale viene a configurarsi come un paesaggio naturale, roccioso e spoglio, caratterizzato dall’asprezza tipica degli ambienti montani. Ne sono dimostrazione le rappresentazioni grafiche che nei secoli hanno accompagnato il testo dantesco, dalle illustrazioni presenti nei codici

manoscritti ai celebri disegni di Gustave Doré, dove l’ambiente infernale è rappresentato come uno spoglio paesaggio montano dominato dalla roccia. La conoscenza diretta che il poeta aveva delle montagne tosco- emiliane deve avergli suggerito il

richiamo a quei concetti che egli nomina utilizzando forme lessicali proprie del lessico materiale di quelle aree. Gli stessi ponti di roccia che sovrastano le bolge, per i quali alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi di un’ispirazione architettonica fornita dalla vista del Ponte del Diavolo che attraversa il Serchio presso Borgo a Mozzano (LU), possono essere ricondotti a un particolare elemento naturale che il poeta poteva aver visto tra la Lucchesia e la Lunigiana. L’arco naturale (o ponte di roccia) tra le due cime del Monte Forato in provincia di Lucca (fig.) è il referente ambientale più simile ai ponti di Malebolge che possa trovarsi nell’orizzonte delle possibili conoscenze geografiche di Dante. Una struttura tanto particolare, ma anche strutture più comuni come gli spuntoni di roccia e le cornici rocciose, non vengono menzionate nel catalogo concettuale di Hallig e Wartburg, il quale ha dovuto necessariamente esser rivisto per poter accogliere tutti i realia presenti nella lingua di Dante.

Begriffssystem

DAO/DAG

Sistema concettuale

Rocher 180 rocher 181 rocheux Roccia, rupe Pointe de rocher / / / / Spuntone di roccia / / Cornice rocciosa

/ / Arco naturale, ponte di

roccia

Infine, poche modifiche si sono rese necessarie per la classificazione degli aggettivi con cui Dante si riferisce a specifici ambienti di terra e di acqua. In questo caso le lacune del

Begriffssystem erano già state colmate dal gruppo di Baldinger nel DAO e nel DAG, ai

quali ci siamo rivolti per integrare nuovi concetti nel sistema concettuale.

Begriffssystem

DAO/DAG

Sistema concettuale

/ a) La configuration et l’aspect > 170 montueux 171 di montagne a) La configurazione e l’aspetto > Alpestro

/ b) Les eaux, 2) La mer

> 252 de mer

b) Le acque, 2. il mare > Di mare

Nei casi appena visti la realtà naturale evocata da Dante si è dimostrata più vasta di quella inventariata nei concetti del sistema di Hallig e Wartburg. Per le restanti aree lessicali analizzate nell’Inferno, si deve riconoscere che il sistema concettuale si è prestato molto bene ad accogliere, senza forzature, le occorrenze dantesche.

Nel lavoro di revisione del Begriffssystem è stato eliminato il concetto di ‘Alchimia’ dalla sezione ‘e) I metalli’, dal momento che tale concetto concerne l’area concettuale relativa all’attività umana e non quella relativa alla natura inorganica.

Conclusioni

L’analisi del lessico ambientale dantesco ci ha portato a evidenziare, sul piano dei referenti, l’attenzione di Dante alla conformazione fisica dell’inferno, costruito attraverso l’espressione di molti concetti della natura inorganica che contribuiscono a rendere realistico quel paesaggio239.

L’inferno ideato da Dante, sebbene conservi alcuni tratti propri dell’Ade descritto dai poeti latini e dell’inferno della tradizione cristiana antecedente, è contraddistinto da una topografia particolareggiata e di una vastità tale che non può essere ricondotto ad alcuna fonte. Il regno dei dannati che viene descritto nella Visio Sancti Pauli - per riportare un esempio di visio infernale - non ha lontanamente la struttura fisica dell’abisso descritto da Dante. Siamo di fronte all’invenzione del poeta fiorentino che si è fervidamente innestata sui testi delle tradizioni precedenti.

Aveva ragione il De Sanctis quando osservava che nei primi canti dell’Inferno la natura è «senza contorni, cerchio, loco, null’altro: la diresti vuota, se non la riempissero l’eternità e le tenebre e la morte e la disperazione»240. Infatti l’attenzione dedicata

all’ambiente, scarsa nei primi cerchi, cresce man mano che Dante e Virgilio procedono verso il basso. Se è difficile immaginare la configurazione del cerchio in cui si trovano Paolo e Francesca, il poeta fornisce più informazioni all’immaginazione del lettore per quanto riguarda le acque torbide della palude stigia e il cerchio dei violenti. L’ambiente fisico rappresentato da Dante all’interno del cono rovesciato viene costruito attraverso la giustapposizione di concetti della realtà naturale: una palude, un fiume circolare, una selva, una distesa sabbiosa, i pendii sconnessi che separano i cerchi, l’ambiente roccioso e montano di Malebolge, fino al lago ghiacciato che circonda il corpo di Lucifero. Sul piano della fictio letteraria il poeta viene coincide con l’«alto fattore» (If III 4) della porta infernale, il dio responsabile della creazione dei luoghi visitati. Dante è un demiurgo, l’architetto della rappresentazione linguistica di una realtà da lui stesso ideata, la quale, però, non può prescindere dai concetti della realtà oggettiva. Osservato

239 Sul realismo ambientale e sulla pretesa di veridicità conferita al viaggio narrato da questo realismo

hanno insistito gli eruditi dei secoli scorsi, gareggiando tra loro nel misurare la profondità della cavità infernale o l’ampiezza dei cerchi o l’inclinazione dei pendii infernali. Si indicano di seguito alcuni testi che hanno come oggetto tali indagini. J. BENIVIENI, Dialogo di Antonio Manetti circa al sito, forma et

misure dello Inferno di Dante Alighieri, Giunti, Firenze, 1506; G. GALILEI, Due lezioni all’Accademia Fiorentina circa la figura, sito e grandezza dell’Inferno di Dante (le due lezioni del 1588 si leggono in

GIGLI, O. (a cura di). Studi sulla Divina Commedia di Galileo Galilei, Vincenzio Borghini ed altri, Le Monnier, Firenze, 1885); L. A. MICHELANGELI, Sul disegno dell’Inferno dantesco, Zanichelli, Bologna, 1886; G. AGNELLI, Topo-cronografia del viaggio dantesco, Hoepli, Milano, 1891; M. PORENA, Commento grafico alla Divina Commedia, Sandron, Milano-Palermo-Napoli, 1902.

240

dal punto di vista puramente ambientale, l’inferno è un luogo «tangibile e concreto»241

, costituito dalla combinazione di elementi naturali che il poeta nomina mediante realia riconducibili, più o meno facilmente, entro il sistema di concetti stilato da Hallig e Wartburg. Erich Auerbach, parlando dei dannati danteschi, riconosceva che Dante ha portato «nel suo aldilà la storicità terrena»242. Più precisamente, parlando dell’ambiente infernale, Dante ha portato nel suo aldilà l’ambiente visibile in terra.

Per la rappresentazione di un insieme di concetti naturali e tangibili, come quelli della nostra sezione di indagine, Dante utilizza spesso voci proprie del lessico materiale di area toscana. Nell’area lessicale da noi indagata non ci si imbatte nella celebre attività onomaturgica del poeta: i referenti hanno già uno o più nomi, non vi è la necessità di creare un neologismo per indicare un pendio o una roccia. L’originalità dantesca risiede nel conferire significati nuovi a parole esistenti. Il caso più celebre è quello di bolgia che nell’Inferno assume un senso ambientale (ma anche morale) che soppianta il significato originale di ‘sacca, borsa’. Molti dei termini che, in base alle ricerche condotte nel corpus dell’italiano antico, vedono la loro prima attestazione in Dante sono parole che erano presenti nel vocabolario dei parlanti toscani della sua epoca, come dimostrano le chiose dei commentatori antichi, ma anche la presenza delle forme mediolatine corrispondenti nelle carte medievali e la sopravvivenza di quelle parole nelle parlate toscane del XX secolo. Che nell’Inferno molte voci abbiano la loro prima attestazione è semplicemente conseguenza del fatto che, nella prima cantica, «Dante ammette parole e cose fino ad allora mai trattate dalla letteratura»243.

In conclusione, alla luce dei risultati emersi dalla presente ricerca, non si può che concordare con quanto fu scritto da Luigi Antonio Michelangeli sul finire del secolo XIX:

Intese […] Dante di fondare tutto il suo edificio sulle grandi leggi della Natura, e dare al suo viaggio tutto il colore della probabilità ordinaria […]. Era dunque necessario pensare una struttura dell’Inferno siffatta, che un uom vivo potesse con verisimiglianza visitarlo.244

241 T. BAROLINI, La “Commedia” senza Dio: Dante e la creazione di una realtà virtuale. Feltrinelli,

Milano, 2003, p. 238.

242 E. AUERBACH, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, vol. I, Einaudi, Torino, 1956, p.

210.

243 P. MANNI, La lingua di Dante, cit., p. 111. 244

Fig. 3.3: Gustave Doré, If XXVIII (1861)

Fig. 3.5: Vaticano, Urb. lat. 365, 46v (Guglielmo Giraldi e assistenti, ca. 1479)

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