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L’influenza nel gruppo: la maggioranza e la minoranza

CAP II Influenza Sociale* I condizionamenti del gruppo

2.1 L’influenza nel gruppo: la maggioranza e la minoranza

L’osservazione di fenomeni sociali connessi alle dinamiche di gruppo si rivela di grande importanza nella comprensione di come vengono soddisfatti gli interessi degli individui. Fatti e atti che si producono in un ambiente sociale solo casualmente sono indipendenti da modi di fare consolidati e norme di comportamento riconosciute e accettate da tutti i componenti che fanno parte di quell’ambiente.

Partendo da queste constatazioni Sumner costruisce un impianto teorico che ancora oggi si rivela molto utile per capire le motivazioni profonde che sottostanno alle risposte date dagli individui appartenenti ad un gruppo, quando si trovano di fronte agli stimoli vitali di base come fame, sesso, paura, ecc. La sedimentazione di queste risposte individuali e collettive, produce modi di agire di gruppo, quelli che Sumner chiama folkways15. Il consenso che si raccoglie

spontaneamente attorno a questi fenomeni, assieme all’inconsapevolezza con cui gli individui li perpetuano, ne determina il loro carattere di massa. Quando si manifesta una valutazione collettiva sul benessere che i folkways producono per il gruppo, essendo riconosciuti come funzionali al bene comune, allora il “modo di agire” acquisisce ulteriore rilevanza e valore. Questo passaggio di stato viene normalmente sancito dall’attribuzione di autorità attraverso sanzioni e divieti. Nascono quelle istituzioni sociali che Sumner chiama mores. Rappresentano metri di giudizio per la determinazione del socialmente giusto e vero; per questo hanno influenza sugli individui condizionandone i comportamenti si rivelano come vere

15 Folkways è anche il titolo del primo e unico lavoro sociologico di William Graham Sumner, prodotto fra il 1905 e il 1906 si tratta di uno studio a carattere monografico in cui emerge la sua fede «incrollabile nei confronti del lassez-faire; che esclude ogni intervento dello stato sia per

e proprie “forze sociali”16. Il ruolo della tradizione nel perpetuare questi modi di agire è fondamentale; in ogni gruppo, infatti, sono i modi di agire dei più anziani ad essere osservati e riconosciuti come dotati di grande autorità. Le differenze in questi modi di agire contraddistinguono i diversi gruppi, gli individui che appartengono ad un gruppo determinato per rapporti, di parentela di vicinanza, etc, sono in una condizione che « … li avvicina e li differenzia dagli altri. Così ha origine una differenziazione tra «noi», il gruppo di noi (in-group) o gruppo interno, e tutti gli altri, i gruppi di altri (out-group). I membri di un gruppo di noi si trovano in una relazione di pace, ordine, legge, governo e industria. La loro relazione con tutti gli stranieri, o gruppi di altri, è una relazione di guerra e di saccheggi, a meno che non siano intervenuti degli accordi a modificarla» (Sumner 1906, 16). In virtù di queste constatazioni, Sumner chiarisce anche l’origine dell’etnocentrismo che caratterizza la concezione per cui il gruppo di appartenenza è considerato il centro di ogni cosa e tutto il resto viene valutato in relazione ad esso. La visone sumneriana delle dinamiche di gruppo resta ancorata ad un piano teorico molto superficiale non qualificato da un supporto empirico; forse proprio per questo non riesce a cogliere la dimensione dell’individuo che può decidere, grazie alle proprie risorse sociali di smarcarsi dal suo destino di soggezione all’in-group e percorrere altre strade. Secondo Sumner la sorte dell’individuo sarebbe segnata dall’appartenenza a quel gruppo, dove fin dall’infanzia è stato soggiogato dai folkways e dai vari mores che via via lo hanno condizionato lungo tutta l’esistenza.

La dimensione più ingombrante per l’individuo è quella dell’in-group ed è anche quella che ha attratto da subito l’attenzione degli psicologi sociali, i quali hanno inaugurato una lunga tradizione di esperimenti per misurare sul campo gli effetti di questi condizionamenti. Uno dei primi esperimenti lo mette in campo Muzafer Sherif negli anni Trenta sugli effetti dell’effetto autocinetico17 in gruppo. Sherif attraverso una serie di test sottopone alcuni soggetti all’osservazione di un

16 La reazione comune e ripetuta di fronte ad un determinato bisogno, secondo Sumner, porta gli individui ad attribuire interesse intorno a quel fatto sociale che col tempo è diventato costume di gruppo: «l’interesse esercita una forte pressione su ogni individuo che si trovi nel suo raggio di influenza; esso diventa quindi una forza sociale dalla quale derivano una grandi classi di fenomeni sociali». (Sumner 1906, 6)

17 Illusione ottica di apparente movimento che si produce osservando un puntino luminoso fisso in una stanza buia.

puntino luminoso lampeggiante in una stanza buia e studia le decisioni degli individui singolarmente e in gruppo in merito alla percezione degli spostamenti della luce (che in realtà resta sempre nella stessa posizione), registra la tendenza a rinunciare, almeno in parte, alle proprie convinzioni per uniformarsi all’idea del gruppo. Da questo esempio discende che spesso in condizioni di incertezza gli individui si rivolgono ad altri e si pongono in una condizione di dipendenza; poi, in presenza di un problema di interesse comune si sviluppa un punto di vista collettivo nei cui riguardi l’individuo si conforma allineandosi alla posizione del gruppo. Dall’interazione in una situazione problematica si arriva, quindi, alla maturazione di un processo di convergenza che porta infine al sorgere di norme condivise.

Questo esperimento, in effetti, mette l’individuo di fronte ad una situazione che non lo coinvolge direttamente: si potrebbe obiettare che trattandosi di un problema (il movimento di una luce in una stanza) poco rilevante nell’immediato, la decisione dell’individuo in questi frangenti ci interessa poco. Invece si tratta di una situazione in cui ci si trova più spesso di quanto non si creda. Pensiamo all’elettore dentro la cabina elettorale; in fondo, anche in questa situazione stiamo decidendo di una cosa lontana che potrebbe avere effetti sulla nostra vita reale in maniera molto ipotetica.

Ancora più interessanti sono i risultati di Solomon Asch (1956) che esegue una serie di esperimenti per valutare i condizionamenti del conformismo anche in presenza di evidenti errori da parte del gruppo. Asch chiude in una stanza un gruppo di attori e un volontario che deve scegliere quale fra le linee

A B C ha la stessa lunghezza rispetto alla linea X

La vittima di fronte alla scelta degli attori, che volutamente sbagliano indicando la linea A, si trova a doversi opporre ad una decisione condivisa della maggioranza. Nella maggior parte dei casi il volontario si adegua e risponde A sbagliando, ma conformandosi alla scelta del gruppo. Asch si rende conto che la maggior parte delle persone coinvolte nell’esperimento, alla fine sono succubi del conformismo, arrendendosi evidentemente alla maggioranza e lasciando così

prevalere l’influenza sociale su ciò che dicono i sensi. I risultati di questi studi testimoniano molto bene l’effetto che una maggioranza unanime ma scorretta può esercitare su un soggetto isolato. Ma anche una minoranza che propone le sue istanze può imporre i suoi condizionamenti. Ci sono studi che hanno rovesciato il paradigma dei condizionamenti della maggioranza, dimostrando che può verificarsi anche il contrario: ovvero che un gruppo può essere influenzato da una minoranza interna, se questa dimostra coerenza nel difendere la propria posizione. Serge Moscovici (1972) aveva predisposto una serie di test con i quali un gruppo doveva stabilire il colore delle diapositive proiettate. L’alternativa era blu-verde. Nel gruppo almeno due persone, d’accordo con gli organizzatori dell’esperimento, difendevano coerentemente la loro posizione riconoscendo tutte le diapositive blu come verdi. Al termine, i risultati del test avevano mostrato che i giudizi espressi dai partecipanti erano stati condizionati della minoranza.