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L’iniziativa del Reddito di Cittadinanza della Regione Campania

di Francesco Pirone

2. L’iniziativa del Reddito di Cittadinanza della Regione Campania

La sperimentazione di misure di garanzia di un reddito minimo riprende dopo qualche anno dalla fine dell’erogazione del RMI per iniziativa della Regione Campania che nel 2004 approva una legge regionale per l’introdu- zione sperimentale della misura del “Reddito di Cittadinanza”18 (RdC). La

sperimentazione è inizialmente programmata per il triennio 2004-2006, con la VII legislatura di centro-sinistra (“Bassolino”), ma viene continuata per tutta la VIII legislatura (“Bassolino 2”) fino al 2009, anche se con un finan- ziamento (di circa 30 milioni di euro per anno) che viene rinnovato anno per anno. Nel 2007, inoltre, nel nuovo quadro normativo che la Regione Campa- nia si dà per le politiche sociali, viene esplicitamente prevista un’integra- zione del RdC con il sistema territoriale di servizi e interventi sociali per il contrasto alle povertà19. Nel 2010, tuttavia, con l’avvicendamento al governo

regionale e la formazione della nuova giunta di centro-destra (“Caldoro”), il RdC non viene rifinanziato, mettendo di fatto fine alla sperimentazione già prima dell’abrogazione della legge regionale che lo aveva istituito.

Come era stato per il RMI, anche il RdC regionale prevede oltre al trasfe- rimento monetario, erogato dalla Regione, una misura di attivazione, gestito su scala territoriale, con i Programmi di accompagnamento sociale (PAS). Per quanto riguarda la definizione degli aventi diritto al RdC, il design della misura viene messo a punto a partire dallo studio empirico dei potenziali beneficiari a seconda della soglia di accesso. Un primo limite nella defini- zione dei potenziali beneficiari riguarda il criterio di residenza, scegliendo la soglia dei 60 mesi di residenza in un comune della regione (5 anni) che porta

18 Cfr. Regione Campania, Legge Regionale n. 2 del 19 febbraio 2004. Per ricostruire il

dibattito iniziale sul RdC si rimanda a M. Musella, M.G. Falciatore (a cura di), Dignità sociale

tra povertà e diritti. La legge regionale 2/2004 e la sperimentazione del Reddito di Cittadi- nanza in Campania, Carocci, Roma, 2005.

19 Cfr. Regione Campania, Legge Regionale n. 11 del 23 ottobre 2007 «Legge per la di-

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all’esclusione di una quota significativa della povertà estrema, rappresentata dai migranti non stabilizzati formalmente sul territorio. Le stime della Re- gione dei potenziali beneficiari della misura, utilizzando i dati sui redditi delle famiglie dell’anno 2002, indicavano tre insieme concentrici a seconda della soglia di reddito impiegata: 15-40 mila famiglie sotto soglia di sussi- stenza; 150-200 mila famiglie sotto la soglia di 500 euro; e 300-450 mila famiglie sotto 800 euro. Nel disegno definitivo viene proposta una misura a bando non categoriale, sottoposta alla prova dei mezzi, con criteri di accesso e graduatorie definiti per “Ambito territoriale” e aggiornati ogni anno. Nel processo di targeting, la prova dei mezzi stabiliva come criterio di accesso un reddito di famiglia annuale inferiore alla soglia di 5 mila euro, utilizzando il valore più elevato tra il reddito ISEE e il “reddito presunto”20, una misura

che include anche indicatori di consumo quali le utenze domestiche, il pos- sesso di automobili e motocicli, i consumi dell’abitare. La scelta di adottare anche la misura del “reddito presunto” ha prodotto un effetto di spiazzamento di alcune tipologie di famiglie – “falsi negativi” – che sono state penalizzate dall’impiego congiunto di indicatori di consumo, oltre a quello semplice del reddito: nell’ambito delle famiglie disagiate, il calcolo della condizione eco- nomica con questo sistema ha, infatti, penalizzato le famiglie con consumi formalmente regolari, le famiglie numerose, le famiglie già beneficiarie di aiuti pubblici, le famiglie con aiuti provenienti da enti del terzo settore, e infine le famiglie indebitate.

Sulla base di tali scelte, si complica il processo di individuazione degli aventi diritto e poi l’accertamento dei requisiti di accesso. A titolo di esem- pio si pensi che all’avvio del primo bando del RdC, il procedimento di con- trollo ha richiesto più di un anno per la pubblicazione della graduatoria definitiva dei beneficiari, anche a seguito di circa 7 mila ricorsi relativi alla graduatoria provvisoria e all’attività di “controllo di rito” su circa 5 mila beneficiari. Per questo motivo la Regione sceglie di affiancare agli Uffici dell’assessore regionale competente, una struttura tecnica di supporto straordinario, affidata a Sviluppo Italia, senza però fornire risorse aggiun- tive ai comuni per affrontare il lavoro organizzativo che la normativa e il sistema di governance della misura affidano agli enti locali. La mole di lavoro amministrativo necessario all’implementazione della misura va in- fatti anche ricondotta, oltre alla quantità di domande presentate ai bandi, alla stessa numerosità delle famiglie aventi diritto e beneficiarie: su scala regionale, nel primo triennio di sperimentazione, si tratta di circa 145 mila famiglie aventi diritto, di cui quelle beneficiarie sono circa 18 mila (pari a

20 Le tecniche di stima del “reddito presunto” sono utilizzate in contesti a elevata presenza

circa 12% delle famiglie aventi diritto)21. Considerando il Comune di Na-

poli22 – reduce della sospensione del RMI – si registrano circa 35 mila do-

mande di RdC, pari a circa 129 mila individui. Tra i richiedenti, il 18% delle famiglie risultano senza i requisiti di accesso alla misura. Gli effettivi bene- ficiari, tuttavia, sono circa 3,5 mila famiglie (il 12% degli aventi diritto), pari a 12.080 individui.

Il RdC prevedeva un beneficio economico di 350 euro mensili per la fa- miglia che i componenti maggiorenni potevano richiedere di ricevere in quota parte, secondo un principio di autodeterminazione; l’erogazione del beneficio era condizionata alla partecipazione ai PAS, secondo modalità de- finite dai comuni con il concorso del terzo settore sociale, con una forte dif- ferenziazione per Ambito territoriale. L’elenco dei servizi associabili alla prestazione monetaria è quasi sempre lo stesso: formazione, orientamento e/o inserimento lavorativo per i componenti adulti del nucleo, frequenza sco- lastica almeno fino al completamento dell’obbligo per i minori, sostegno so- ciale professionale per casi di disagio personale o familiare. Simili sono pure le condizioni di esonero dal patto da sottoscrivere – volontariamente come nel caso del RdC o obbligatoriamente come nelle proposte recenti o nel RMI – con i servizi competenti: la cura di minori e/o di conviventi anziani non autosufficienti, in primis. In generale si registra che il 90% dei beneficiari sono stati contattati e soltanto il 30% degli stessi hanno siglato un PAS, men- tre nella parte restante (70%): famiglie sufficientemente sane che non hanno bisogno di un PAS; famiglie con risorse particolarmente deteriorate per le quali non è possibile elaborare un credibile PAS (richiesta di assistenza senza contropartita, per un diritto all’esistenza).

A fronte degli ambiziosi obiettivi del RdC della Regione Campania, la misura ha presentato degli importanti limiti di implementazione. L’iniziativa regionale, infatti, puntava in primo luogo al riconoscimento pubblico di un diritto sociale fondamentale al reddito, con lo scopo sia di contrastare la po- vertà e l’esclusione sociale, sia di promuovere l’inserimento socio-lavora- tivo. La possibilità di raggiungere tali obiettivi appare limitato dalle risorse economiche limitate che hanno imposto, in primo luogo, la necessità di adot- tare il dispositivo della graduatoria tra gli aventi diritto e, per i beneficiari, è

21 Per un approfondimento si rimanda a M.C. Agodi, G.L. De Luca Picione, L’esperienza

del Reddito di Cittadinanza in Campania: cosa può insegnarci per il futuro?, Autonomie lo- cali e servizi sociali, 36(2), 2013, pp. 199-222; e D. Gambardella, Sbagliando si impara. Le- zioni dalla sperimentazione del Reddito di Cittadinanza campano, Autonomie locali e servizi sociali, 36(2), 2013, pp. 223-235.

22 Sull’esperienza del RdC a Napoli si rimanda a E. Amaturo, D. Gambardella, E. Morlic-

chio (a cura di), In ultima istanza. Riflessioni su Reddito di Cittadinanza a Napoli, Napoli, Dante & Descartes, 2007; F. Corbisiero, Il reddito di cittadinanza: il caso Napoli, Autonomie

locali e servizi sociali, 3, 2006, pp. 523-536; e con riferimento specifico alla valutazione della

misura, si veda: D. Gambardella (a cura di), La valutazione del Reddito di Cittadinanza a

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stata messa a disposizione una misura poco generosa per la componente del trasferimento monetario e di irregolarità dei programmi di inserimento so- ciale (evidenziando limiti che, in generale, riguardano tutte le misure di atti- vazione dirette a queste quote di popolazione). Anche per il RdC resta valida la valutazione positiva che riguarda la capacità di intercettare un numero ele- vato di famiglie povere o molto povere che altrimenti sarebbero rimaste sco- perte in termini di assistenza pubblica, contribuendo alla loro sopravvivenza materiale e in qualche caso avviando un lavoro sociale volto al cambiamento delle condizioni di vita dei singoli.

3. La ripresa dell’intervento nazionale con il Sostegno per l’Inclusione