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CAPITOLO III – MODELLI D'INTERVENTO INNOVATIVI PER IL SOSTEGNO LEGGERO ALLA GENITORIALITÀ STATO DELL'ARTE

PRIMA SPERIMENTAZIONE

3.5.3 L'Ipotesi di Ricerca

L'ipotesi di ricerca sostiene che, qualora una carenza nelle capacità genitoriali motivi una situazione potenzialmente dannosa per un minore, la soluzione dell'allontanamento non si configuri come la più adatta, in quanto porta il più delle volte ad un ulteriore indebolimento di tali competenze, nonché della relazione genitori-figli. Tali condizioni renderebbero più difficile o comunque meno efficace un eventuale progetto di rientro del minore nel nucleo di origine; obiettivo che costituisce per altro il presupposto cardine di qualunque progetto di affido, strumento per sua natura temporaneo, in quanto applicato in tutte quelle situazioni in cui non si rende necessaria/possibile l'apertura di un procedimento di adottabilità.

3.5.4 Impianto epistemologico e metodologico

Ciascuna implementazione P.I.P.P.I. ha durata biennale, rigidamente scandita da tre momenti di verifica – T0, T1 e T2 . Il Programma si caratterizza per un'architettura spiccatamente multidimensionale, che si sviluppa lungo tre assi portanti:

• struttura della ricerca; • struttura dell'intervento;

• struttura della formazione ed aggiornamento professionale.

Tali dimensioni risultano strettamente connesse ed interdipendenti tra loro, per mezzo di uno sfondo teorico che è al contempo quadro operativo e strumento materiale di progettazione.

3.5.4.1 Il Mondo del Bambino. Sfondo teorico e modello operativo

La scelta di tale approccio è coerente con le indicazioni giuridiche a livello internazionale (Convenzione di New York) e trova la propria giustificazione scientifica nell'ecologia dello sviluppo umano, individuando il luogo di sviluppo privilegiato per ogni bambino in seno alla sua famiglia d'origine e, in senso più ampio, nel suo contesto socio-relazionale di origine, quello che in P.I.P.P.I. viene chiamato "Il Mondo del Bambino" (M.D.B.). Tale impianto costituisce al contempo il quadro teorico di riferimento ed il principale strumento operativo del Programma, come dettaglieremo tra breve. Si tratta di un modello multidimensionale centrato sul bambino e sui fattori che garantiscono il suo benessere, rappresentati lungo tre dimensioni principali – relative ai suoi bisogni di crescita, alle risposte dei genitori in termini di cure parentali, ai fattori familiari e ambientali che possono influenzare la risposta a tali bisogni. Ciascuna dimensione si articola in una serie di sotto-dimensioni più specifiche. Come anticipato, il Mondo del Bambino è contemporaneamente sfondo teorico e strumento operativo del Programma: esso è la griglia di riferimento e piattaforma informatica ad uso dell'équipe, per Rilevare la situazione del bambino, Progettare il cambiamento e Monitorarlo: R.P.M.Online.

In riferimento alla sua trasposizione grafica, ci si riferisce a M.D.B. anche come al "Triangolo", dove ciascuno dei lati corrisponde ad una delle dimensioni citate. Finalità principale del MDB è dotare di un linguaggio comune tutti gli attori coinvolti: dagli operatori, ai genitori, ai bambini, mantenendo chiaro il riferimento a cosa si sta parlando, anche quando si rendono necessari dei cambiamenti di registro. Per questa ragione, ciascuna delle dimensioni è stata opportunamente "tradotta" per i diversi usi del Triangolo:

• per gli operatori, linguaggio tecnico-disciplinare;

• per gli incontri che comprendono il coinvolgimento delle famiglie, parole mutuate dal linguaggio comune, come racconta la Referente cittadina di Venezia:

"Sì, il Triangolo lo usiamo anche coi genitori in gruppo, perché è molto utile a tenere presenti tutte le dimensioni, quindi se ne trascuri una lo fai volutamente, ne sei consapevole perché ce l'hai lì presentificata nel triangolo. E aiuta anche a tenersi a mente reciprocamente, se lavoriamo tutti col Triangolo per i nostri bambini, stiamo adottando uno schema, un linguaggi condiviso. Questo con i genitori è stato molto interessante."71

71. Dall'intervista con la Referente del Programma “P.I.P.P.I.” per la Città di Venezia, dott.ssa Vania Comelato, del Servizio Politiche Cittadine per l'Infanzia e l'Adolescenza.

• per l'utilizzo del Triangolo nel lavoro degli educatori con i bambini, una versione semplificata, con un linguaggio fortemente evocativo e di facile comprensione. Per questo utilizzo sono state create anche versioni "mute" del triangolo, che possono essere riempite con le scritte ed i disegni dei bambini. Si tratta di un efficace strumento di elicitazione e raccolta del punto di vista del bambino rispetto al progetto che lo riguarda, come racconta l'assistente sociale del C.A.S.F. di Verona:

"Il papà si è come illuminato, quando gli abbiamo fatto vedere il Mondo del Bambino che aveva completato suo figlio. L'educatore e l'assistente sociale, durante l'incontro, hanno visto che il signore ha riconosciuto e proprio esplicitato che lui non conosceva il suo bambino: aveva visto delle potenzialità e degli aspetti a lui un po' sconosciuti. Quindi gli è proprio servito, conoscendolo un po' di più, a entrare in relazione con lui in modo migliore. Quella volta l'educatore aveva lavorato col bambino sul MDB usando un cartellone"72

Se ci si fosse limitati alla formulazione tecnica, non si nega che i singoli operatori avrebbero prodtto tentativi apprezzabili di adattamento, ma l'eterogeneità delle elaborazioni avrebbe condotto a rischi di confusione e fraintendmento. Se la comprensione reciproca può essere problematica fra operatori e famiglie, essa non è scontata nemmeno tra professionisti di diverse discipline, che troppo spesso rimangono arroccati negli specifici linguaggi disciplinari (sociale, clinico, educativo, giuridico). L'elemento di innovazione sta nel fatto che la "traduzione", lessicale e grafica a tutti i livelli, non sia arbitraria nè lasciata all'improvvisazione (nell'urgenza dell'operatività) ma sia stata accuratamente studiata dal Gruppo Scientifico, in appositi luoghi di pensiero, con l'intenzione di diventare davvero un linguaggio condiviso.

3.5.4.2 Integrazione degli Interventi

Il Programma si basa su quattro Dispositivi d'Azione principali: 1. l’Educativa Domiciliare (E.D.);

2. i Gruppi per Genitori e Gruppi per Bambini; 3. le Attività di Raccordo fra Scuola e Servizi; 4. la Famiglia d’Appoggio (F.A.).

72. Dall'intervista telefonica con l'assistente sociale referente “P.I.P.P.I.” per l'Ambito Territoriale veronese, dott.ssa Elena Pietrogrande.

L'elemento di innovatività di P.I.P.P.I. non sono i dispositivi in sè, bensì la loro riconduzione ad un unico Programma, unitario e coerente, che ne rende la loro integrazione più effettiva ed efficace, attraverso un quinto sovra-dispositivo, che comprende, ricompone e rende verificabili i primi quattro: si tratta del dispositivo della Valutazione Partecipativa e Trasformativa dei bisogni di ogni famiglia. Secondo il principio dell'autodeterminazione, ciascun progetto d'aiuto necessita, per essere legittimo ed efficace, di valorizzare adeguatamente il punto di vista della persona, che da destinatario si trasforma in protagonista. In P.I.P.P.I. sono stati elaborati specifici strumenti operativi di raccolta dei punti di vista di partecipazione ai processi decisionali, tarati su ciascun attore coinvolto, per realizzare tale intento: dalle Ecomappe alle varie versioni del "Triangolo".