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Piani di prevenzione della corruzione e organizzazione amministrativa*

2. L’organizzazione amministrativa preposta alla pianificazione

Sin qui, si è trattato del contenuto dei piani e del loro ruolo nei processi di riorganizzazione della P.A. Come è noto, la realizzazione di questo sistema di pianificazione ha reso necessario prevedere una nuova organizzazione amministrativa a suo presidio. E’ anche questo un influsso che il sistema dei piani ha sull’organizzazione amministrativa: la creazione di una ‘amministrazione dell’anticorruzione’.

7 Questa opportunità sembra chiara anche al legislatore, che ha inserito come specifica misura

obbligatoria, da inserire ed organizzare all’interno dei piani triennali, proprio il monitoraggio del rispetto dei tempi di conclusione dei procedimenti amministrativi: cfr. art. 1, comma 9, lett. d), l. 190/2012. Il ritardo viene considerato dunque di per sé indice di vulnerabilità o indice di ingerenze o di collusioni a scopo corruttivo.

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Anche su questa scelta, peraltro – soprattutto in merito all’istituzione dell’ANAC8 - hanno

pesato i modelli stranieri, e soprattutto le raccomandazioni internazionali in merito alla necessaria presenza di una amministrazione nazionale indipendente ed appositamente dedicata; anche se, a ben vedere, la definizione della struttura, dei poteri e del grado di indipendenza delle autorità anticorruzione varia in ciascun Paese.

Sotto questo profilo, il nostro legislatore dapprima ha immaginato a livello nazionale un modello organizzativo di tipo binario, con un organismo di intervento attivo, individuato nel Dipartimento per la Funzione pubblica, ed uno di sorveglianza, rappresentato dall'ANAC; salvo poi, abbastanza rapidamente, convertire il modello in un sistema chiaramente concentrato su ANAC, alla quale è stata affidata anche l’approvazione del PNA e dei successivi aggiornamenti ed alla quale sono stati riconosciuti poteri sanzionatori e di intervento attivo in maniera assolutamente inusitata anche rispetto ad altre autorità indipendenti italiane (si pensi alle sanzioni pecuniarie che l’ANAC, in base al decreto 90/2014, può irrogare in caso di mancata approvazione del PTPC)9. Nasce così, accanto ad

una organizzazione dedicata, dotata di poteri di advocacy, vigilanza, garanzia, ordine, regolazione e sanzione, anche un nuovo sistema di fonti in tema di anticorruzione, generatrici ulteriori di effetti sull’organizzazione e sull’attività amministrativa (si pensi ai numerosi regolamenti, ma anche linee guida e orientamenti emanati dall’ANAC).

L’effetto di accentramento è evidente: si rafforzano i poteri di indirizzo statali (si è addirittura rispolverata, per il PNA, la nozione di atto di indirizzo e coordinamento10),

anche a scapito delle autonomie costituzionalmente garantite11. Forse anche per superare

8 Sull’evoluzione dell’organizzazione amministrativa preposta alla lotta alla corruzione G. SCIULLO, L’organizzazione amministrativa della prevenzione della corruzione, in B.G. MATTARELLA-M. PELISSERO (a cura

di), la legge anticorruzione, Torino, Giappichelli, 2013, p. 71 ss.

9 Sull’evoluzione dei poteri di ANAC, soprattutto a seguito delle modifiche operate dal d.l. 24 giugno

2014, n. 90, R. CANTONE-F. MERLONI, Presentazione, in ID., La nuova Autorità nazionale anticorruzione, Torino, Giappichelli, 2015, p. 7 ss.; S. STICCHI DAMIANI, I nuovi poteri dell’Autorità Anticorruzione, in Libro

dell’anno del diritto 2015, Treccani, 2015.

10 S. AMOROSINO, Il Piano Nazionale Anticorruzione come atto di indirizzo e coordinamento amministrativo,

in Nuove Autonomie, 2014, p. 21 ss.

11 Sulla tendenza uniformante delle politiche anticorruzione ed i possibili rimedi si v. F. MERLONI, L’applicazione della legislazione anticorruzione nelle regioni e negli enti locali tra discipline unitarie e autonomia organizzativa,

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queste obiezioni, l’approvazione dell’atto è stata poi collocata presso un’Autorità indipendente, anziché presso una articolazione del Governo, come inizialmente previsto. Ma anche questa scelta, si noti, risente della forte influenza delle istituzioni internazionali ed europee: ad esempio, nell’Anti-corruption report 2014 della Commissione europea, tra le misure indicate all’Italia vi era proprio “to reinforce the powers and capacity of the National Anti- Corruption Agency to perform a strong coordination role”, soprattutto in riferimento alle autorità regionali e locali. Vi è da dire, peraltro, che sin dalle sue prime mosse l’ANAC ha praticato un metodo di azione volto alla ricerca del massimo coordinamento con tutte le altre autorità preposte alla prevenzione e contrasto alla corruzione, praticando modelli collaborativi anche con le stesse amministrazioni oggetto di vigilanza; attenuando così, almeno in parte, l’accennato effetto di accentramento. In questo senso, va sottolineata positivamente anche la scelta di disciplinare, con apposito regolamento, i procedimenti di regolazione dell’Autorità, secondo modelli improntati alla massima trasparenza e partecipazione.

Vi è poi, a livello decentrato, il Responsabile della prevenzione della corruzione (RPC), sul quale, come è noto, la Legge ha voluto concentrare tutte le responsabilità (non solo quella dirigenziale, ma anche quella disciplinare ed amministrativa), inerenti la predisposizione del piano, la sua successiva applicazione ed i risultati conseguiti, differenziandosi, in tal modo, dal modello della responsabilità sociale già introdotto per le imprese dalla legge 231/2001 (dove le responsabilità sono anzitutto dell’ente, eventualmente in concorso con gli amministratori) ed anche la titolarità delle funzioni di vigilanza (anche in questo caso, a differenza dell’apposito organismo di vigilanza previsto dalla citata legge 231)12.

Sul punto, peraltro, è noto come persistano tuttora forti dubbi sulla natura di tale responsabilità: se si sia in presenza di una nuova forma di responsabilità erariale tipizzata, o se, invece, il legislatore abbia semplicemente inteso richiamare una generica responsabilità erariale, sussistente (laddove ne ricorrano i presupposti), anche a prescindere dal richiamo legislativo. La differenza non è di poco conto. Certamente, nella nuova architettura normativa, per il responsabile anticorruzione non redigere o non aggiornare il piano anticorruzione costituirà certamente quell’illecito professionale inescusabile che, secondo la

12 Per un raffronto tra i due sistemi v. A. MONEA, D.lgs. N. 190/2012 e d.lgs. N. 231/2001: due normative a tutela dell'integrità organizzativa. Profili di confronto, in Azienditalia-Il personale, 2014, p. 330 ss.

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giurisprudenza della Corte dei conti, vale a integrare il presupposto della colpa grave; così come redigere un piano che risulti, ex ante, inidoneo allo scopo, o meramente ripetitivo di contenuti già indicati nel PNA o in piani di altre amministrazioni; come dimostrano, del resto, le fattispecie che la stessa ANAC ha equiparato alla mancata predisposizione del piano, ai fini dell’applicabilità delle sanzioni previste dal d.l. 90/201413. Senza tener conto,

in questa sede, della presunzione di responsabilità incombente sul Responsabile in caso di accertamento, in sede penale, di reati di corruzione: responsabilità a cui si può sottrrarre solo con l’ardua prova di aver adeguatamente adempiuto ai propri doveri di vigilanza14.

L’impatto sull’organizzazione interna di ciascuna P.A., quindi, è anzitutto l’aver introdotto questa nuova figura, con molti poteri ed altrettante responsabilità15, collocata in posizione

di staff rispetto agli organi di indirizzo e da essi individuata16, e che si pone in posizione

chiaramente sovraordinata rispetto agli altri dirigenti, anche di pari grado.

Nonostante questa concentrazione, voluta dalla Legge anticorruzione, di compiti e responsabilità in capo ad un’unica figura (per evitare la dispersione della funzione), in realtà l’organizzazione dell’anticorruzione va ben oltre il Responsabile. Innanzitutto, è la stessa legge a prevedere che per tutte le aree di rischio cd. obbligatorie il Responsabile prenda in considerazione, nell’elaborare il piano, le proposte elaborate dai dirigenti; e tra i compiti dei dirigenti generali, ora la legge prevede espressamente (art.16, comma 1, lett. l bis), l ter) e l quater) del d.lgs. 165/2001) il concorso alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti

13 Cfr. Regolamento ANAC del 7 ottobre 2014, in materia di esercizio del potere sanzionatorio

dell’Autorità Nazionale Anticorruzione per l’omessa adozione dei Piani triennali di prevenzione della corruzione, dei Programmi triennali di trasparenza, dei Codici dì comportamento.

14 Sul punto cfr. F. MERLONI, Le misure amministrative di contrasto alla corruzione, in Astrid Rassegna, n.

18/2013, e I piani anticorruzione e i codici di comportamento, misure specifiche di contrasto alla corruzione nelle

amministrazioni pubbliche, in Diritto penale e processo, 2013.

15 Sulla collocazione del Responsabile nel quadro dell’organizzazione amministrativa D.

BOLOGNINO, Per una risposta corale dell’amministrazione etica al fenomeno corruttivo: compiti e responsabilità del

responsabile della prevenzione e l’auspicabile task force della prevenzione (l. n. 190/2012), in Lavoro P.A., 2013, p. 813

ss.

16 Sulla necessità di rafforzare l’indipendenza del Responsabile, anche per rendere più efficace la sua

funzione di segnalazione all’ANAC, F. DI LASCIO-B. NERI, I poteri di vigilanza dell’Autorità nazionale

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dell'ufficio cui sono preposti; l’obbligo di fornire le informazioni richieste al soggetto competente per l'individuazione delle attività nell'ambito delle quali è elevato il rischio medesimo; il monitoraggio delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione svolte nell'ufficio a cui sono preposti, disponendo, con provvedimento motivato, la rotazione del personale nel caso di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva. Da questi compiti non vanno esenti neppure i dirigenti semplici (art. 17 d.lgs. 165, comma e-bis).

Va poi notato come dapprima il Dipartimento funzione pubblica, poi il PNA abbiano permesso l’individuazione, accanto al Responsabile, di appositi Referenti che possono operare nelle strutture dipartimentali o territoriali, contemperando in tal modo l’intento del legislatore di affidare la nomina di Responsabile ad un soggetto unico con la complessa connotazione dell’organizzazione amministrativa, anche in considerazione dell’articolazione per centri di responsabilità a cui ormai è improntata l’intera P.A. Si tratta di una possibilità che è stata largamente utilizzata dalle amministrazioni, tanto da rendere necessario da parte dell’ANAC avvertirle circa la necessità di prestare cautela nella verifica della sussistenza effettiva delle condizioni di contesto tali da giustificare il ricorso a queste figure17.

Infine, ai sensi della stessa legge 190, il PTPC deve prevedere obblighi d’informazione da parte di tutti i dipendenti e collaboratori nei confronti del Responsabile della prevenzione della corruzione chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del Piano (comma 9, lett. c). Questa disposizione valorizza la circolazione delle informazioni all'interno dell'amministrazione come valore rilevante per favorire il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati a consentire consapevolezza e impegno adeguati a tutti i livelli. Nel caso di specie, si tratta di un obbligo concepito quale ulteriore strumento per agevolare l'attività di vigilanza del Responsabile della prevenzione sull' efficacia del Piano e di accertamento a posteriori delle cause che hanno reso possibile il verificarsi del fenomeno corruttivo.

Tale previsione mostra come la concentrazione della responsabilità voluta dal legislatore mal si sposa con la necessità di un coinvolgimento attivo di tutte le strutture, senza le quali non si possono conoscere i dati, né monitorare l’applicazione delle misure.

17 Sul punto si sofferma, in particolare, l’aggiornamento 2015 al Piano nazionale anticorruzione, che

contiene anche una serie di importanti indicazioni innovative circa le modalità di redazione dell’analisi organizzativa, e delle conseguenti attività di mappatura del rischio e di individuazione delle misure.

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Pertanto, l’organizzazione che ruota attorno al sistema dei piani è un’organizzazione necessariamente diffusa. Le mansioni amministrative dei dirigenti e, a scalare, dei titolari di qualsiasi posizione di responsabilità (spesso nei PTPC i soggetti coinvolti nella ‘filiera’ dell’attuazione tendono ad ampliarsi) si accrescono anche di questi obblighi, connessi al monitoraggio, segnalazione, conseguente gestione del personale e delle risorse; mansioni che si aggiungono agli adempimenti imposti direttamente dalla legge come misure anticorruzione. Sono tutti adempimenti la cui attuazione richiede un notevole dispiego di tempo e risorse, e che devono quindi essere inseriti a pieno titolo nella programmazione delle attività, richiedendo essi stessi un rilevante adattamento dell’organizzazione del lavoro - una vera e propria ‘torsione funzionale’18- interno a ciascuna amministrazione. Un

cambiamento di prospettiva che naturalmente fatica ad essere recepito, nonostante l’impegno profuso dall’ANAC nel predicare il coordinamento tra pianificazione anticorruzione e pianificazione generale e strategica, soprattutto dalle amministrazioni già alle prese con problemi di efficienza e per le quali, dunque, i nuovi adempimenti anticorruzione – pur essendo essenziali – appaiono ancor più gravosi.

3. L’impatto concreto dei piani (e delle misure in essi contenute)