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L’uomo costruttore: cause e origini delle prime abitazion

L’AFFERMAZIONE DELL’UOMO NELL’AMBIENTE

2.1 L’uomo costruttore: cause e origini delle prime abitazion

Abbiamo visto come la mobilità dell’uomo gli abbia consentito, in risposta ad un soleggiamento eccessivo o a climi particolarmente “difficili”, la capacità di attuare da piccole migrazioni regionali a grandi migrazioni. “Il nomade non incide sul microclima del

suo habitat, ma gli è sufficiente intervenire sulla meteorologia di questo; quattro bastoni infissi al suolo e una pelle di animale, fissata su questi, gli consentono di ripararsi da un’eccessiva radiazione e dalla pioggia. Al cacciatore-raccoglitore che si sofferma qualche tempo in un determinato territorio, dove sono al pascolo mandrie di erbivori, non è più sufficiente un riparo come quello prima descritto” (vedi paragrafo 5, Seconda Parte).

Tra i prodotti culturali che possono essere stati influenzati dal Sole, nelle origini e nelle caratteristiche, le abitazioni sembrano essere dunque tra i più macroscopici. L’immaginario comune vede nella nostra preistoria un indefinito passato trascorso nelle caverne. Ciò non corrisponde interamente alla verità dato che i ripari naturali come le grotte possono attirare molte altre specie, tra cui i predatori. È più verosimile che l’umanità arcaica provvedesse già alla costruzione di prime rozze unità abitative. Le funzioni saranno state tra le più evidenti. Prima che fornire un punto di riferimento dove tenere la prole e dove tornare dalle battute di caccia, le abitazioni assolvono al compito di riparo da agenti esterni, atmosferici e no. “Sotto di esse si può trovare riparo dai raggi cocenti del Sole” [19, p. 22] che in Africa ricordiamo essere particolarmente intensi a causa della bassa latitudine. La necessità di costruirsi un riparo per assolvere a questa funzione è abbastanza ovvia, in una savana1 sono rari i ripari che la natura può fornire e l’uomo non è l’unico

mammifero che necessita di sfuggire dalla morsa del Sole per riposare o consumare un pasto. Le grotte non sono generalmente presenti nelle grandi pianure africane. L’idea di costruire ciò che non esisteva naturalmente in un luogo, ma era presente altrove, anche sotto altra forma è da considerare una nozione intelligente, ma anche istintiva [9]. Probabilmente sia per evitare incontri che avrebbero potuto costargli la vita, sia per non dipendere dai rari ripari della savana, sia per avere un posto sicuro in cui stabilirsi temporaneamente, gli uomini cominciarono a costruire le loro abitazioni. “La capanna, più

della tettoia di pelle, modifica il microclima al proprio interno: come la tettoia protegge dal Sole e dalla pioggia, ma, inoltre, riduce la ventilazione e attenua l’escursione termica fra giorno e notte. Effetti enfatizzati dall’insieme delle capanne: l’una ombreggia l’altra, l’una protegge l’altra dal vento e dalla pioggia” (vedi paragrafo 5, Seconda Parte).

2.1.1 Le prime testimonianze in Africa: opere di Homo habilis?

Scavi africani, in prossimità di giacimenti di industrie litiche e reperti fossili, hanno talvolta riportato alla luce superfici di abitati primitivi, che hanno permesso agli studiosi di formulare ipotesi sulle attività degli abitanti, l’organizzazione dello spazio e le

condizioni ambientali. Grazie a ricerche effettuate a Olduvai (sito DK) in Tanzania (la stessa zona dei primi strumenti litici chiamati choppers) venne rinvenuto il tracciato di un abitato datato 1.800.000 anni fa, ricoprente un’area circolare di 16 m2 delimitata da un muretto di pietre, di cui alcune sovrapposte (figura 2.1). Si tratta probabilmente di una capanna fatta di frasche o un di riparo frangivento [4, 13, 19]. In relazione a questo ritrovamento Facchini ha ipotizzato l’esistenza una capanna circolare di 4 metri di diametro. La sezione, probabilmente circolare, fa supporre che avesse un tetto conico. Per le conoscenze dell’epoca “una base rettangolare avrebbe richiesto un tetto a uno o due

spioventi: di realizzazione decisamente più laboriosa, meno stabile e meno efficiente, di un tetto a simmetria circolare” (vedi paragrafo 5, Seconda Parte). Inoltre la forma circolare è quella che spontaneamente l’uomo percepisce nella sua essenzialità ed economia, tali appaiono la Luna e il Sole” [19 p. 22]. Ovviamente per quanto concerne quest’ultima

ipotesi si tratta solo di una deduzione subordinata alla ragione strutturale sopracitata, e con scarse possibilità di prova, ma si può effettivamente immaginare la forma circolare delle prime abitazioni come secondariamente “presa in prestito dagli astri tondeggianti” proprio per le numerose elaborazioni di questa forma primordiale che si sviluppa nelle pitture rupestri paleolitiche [19 p. 23].

Similmente altri ritrovamenti ci inducono a pensare soluzioni simili: a Melka-Kunturé, nel sito di Gombore I (Etiopia), un’altra area ovalare di 10 m2, datata a 1,7 milioni di anni, sembra indicare la possibile sede di un’area abitativa con superficie ciottolosa. Gli studiosi propendono nell’identificarvi una capanna o un recinto di frasche, sostenuti da paletti conficcati nel terreno, bloccati a terra da ciottoli accostati e disposti a cerchio. La pavimentazione di queste aree, generalmente, si presenta cosparsa di pietre da riporto, alcuni manufatti litici e resti di animali. La tipologia dei reperti faunistici (in maggioranza porzioni scheletriche di parti Figura 2.1 – Probabile ricostruzione del sito di Olduvai DK (Tanzania) datato 1,8 milioni di anni fa; da [9 p. 107].

d’interesse alimentare, come costole e ossa lunghe) sembra suggerire un uso differenziato degli ambienti domestici e quindi una ponderata organizzazione dello spazio. La carcassa probabilmente veniva squartata all’esterno dell’abitato per essere poi consumata all’interno. Il rinvenimento degli insediamenti presso l’alveo di fiumi, le rive di laghi, e sotto strati di sedimenti lasciati dalle piene periodiche, suggeriscono la stagionalità degli stanziamenti e quindi una vita ancora nomade che seguiva le istanze dettate da una economia ancora incentrata sulla caccia e la raccolta e quindi fondata sui cicli della natura [4, 13].

2.1.2 Esempi di abitazioni

Homo erectus

Per quanto riguarda le abitazioni costruite come riparo da Homo erectus, tra i siti più remunerativi in termini di quantità di testimonianze lasciateci, può essere menzionato quello di Terra Amata presso Nizza. I resti dell’abitato risalirebbero a circa 400.000 anni fa. Si trattava di capanne temporanee costruite con ciò che la natura poteva offrire come materiale da costruzione. La base ancora tondeggiante, ma stavolta di forma ovalare, era coperta probabilmente di rami d’albero sostenuti da tronchi più grossi (figura 2.2). Sono state individuate tracce di 21 capanne, le abitazioni potevano misurare da 7 a 15 metri di lunghezza e da 4 a 6 metri di larghezza [6, 13, 17]. Al loro interno vennero ritrovati molluschi e ossa di animali, i resti di un’officina litica (che spiegherebbe la ricca presenza di più di 35.000 oggetti) e, cosa ai fini di questo lavoro estremamente interessante, resti di ocra rossa2. Oggi,

osservando l’utilizzo che viene fatto di questo minerale dalle popolazioni primitive, tali resti suggeriscono che forse l’ocra veniva adoperata sia per tingere e ornare il corpo, sia per proteggere la pelle dal Sole [17]. “Nelle società tradizionali studiate dall’etnografia, i

coloranti sono utilizzati per attività simboliche e allo stesso tempo per ragioni utilitarie (protezione contro il Sole, concia delle pelli, conservante, medicinale ecc.)” [21 p. 249]. Al

centro dell’abitazione, su un’area ricoperta di ciottoli o in una piccola depressione scavata, troviamo un focolare [13, 17].

Figura 2.2 – Capanna di Terra Amata (presso Nizza) risalente a 400.000 anni fa; da [20 p. 179].

a

b

Figura 2.3 – Pianta e ricostruzione della Capanna (11 x 3,5 metri) di Lazaret (presso Nizza) risalente a circa 130.000 anni fa: a) da [13 p. 110]; b) da [9 p. 115].

Di particolare rilievo, in quanto offre un diverso modello abitativo, è la Caune de l’Arago, una grotta dei Pirenei orientali presso il villaggio di Tautavel, la grotta costituiva un luogo ideale per accampamenti di caccia temporanei. I cacciatori di Tautavel non conoscevano il fuoco ma la programmazione di cacce collettive e la sistemazione dello spazio abitato fanno supporre una struttura sociale evoluta [13]. Sempre a H. erectus può riferirsi il sito della grotta di Lazaret presso Nizza e quello di Bilzingsleben nella Germania orientale.

Il primo costruito a ridosso della parete della grotta, nei pressi dell’ingresso, si fa risalire a circa 130.000 anni fa. I segni lasciati dall’insediamento suggeriscono una capanna

di circa 11 x 3,5 metri. Il perimetro della capanna era definito da ciottoli e pietrame allineati, l’interno invece era diviso a seconda di usi e funzioni differenti (figura 2.3). Resti faunistici e manufatti litici risultano sparsi sul terreno; vicino, resti carbonizzati indicano la presenza di focolari attorno ai quali si disponevano giacigli fatti di erbe marine, attestate dal ritrovamento dei gusci dei numerosi molluschi che le popolavano, e ricoperti con pelli di carnivori [13, 9 p. 112-115].

Il secondo ha restituito due strutture di abitato, una capanna ovale di 3 x 4 metri e una circolare di 3 metri di diametro, vicino ad esse si sono ritrovati focolari e sono state riconosciute aree destinate alla lavorazione della pietra e dell’osso. Oltre alla caccia ai grandi mammiferi è attestata la raccolta di molluschi di acqua dolce, uova di uccelli, noci e bacche [13].

Homo neanderthalensis

Taluni studiosi sostengono che H. neanderthalensis sia irrilevante se si vogliono studiare i primi tipi di abitati, ma gli abitati in grotta risultano più numerosi rispetto all’epoca precedente, talora con strutture articolari. Nella grotta di Baume des Peyrard (Valchiusa- Francia) è stato rinvenuto un fondo di capanna di 11,5 x 7 metri a ridosso della parete, delimitato da focolari all’interno; a Pech de l’Aze (Dordogna) una serie di focolari a semicerchio era protetta da un muretto a secco. Documentate sono anche le pavimentazioni in pietra come alla Baume Bonne (Alta-Provenza), o cumuli di ossa di protezione, come quello, costituito da corna di renna, davanti al riparo di Roc en Paille (Maine e Loira-Francia).

Nell’Europa centro-orientale numerosi sono gli abitati all’aperto, uno dei più significativi è quello posto sulle rive del Dniepr a Molodova (Ucraina), dove ebbe luogo il ritrovamento singolare di unità abitative in ossa di mammut alle quali probabilmente erano fissati come rivestimenti le pelli del medesimo animale, poste sopra una impalcatura di legno. Quella di Molodova I (42.000 a.C.) era a pianta ellittica, di 10 x 7 metri, con all’interno numerosi piccoli focolari (figura 2.4). Pochi sono comunque i siti scavati in estensione da cui si possa ben rilevare l’organizzazione dello spazio. A Fontmaure (Vienna) sono venuti in luce vasti agglomerati di capanne circondati da officine litiche; a Trecassats (Valchiusa - Francia) sono comparsi gruppi di abitazioni infossate nel terreno [13, 20].

Figura 2.4 – Capanna (10 x 7 metri) di Molodova I (Ucraina) (42.000 a.C.); da [20 p. 180].