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DAL SIMBOLISMO AL CULTO

3.2.3 Nord Africa

La cultura Ibero-Maurusiana, nota anche come Oraniana (dal nome del vicino sito di Oran) sviluppò una industria litica16 che si diffuse da un capo all’altro delle regioni costiere del Nord Africa tra il 15.000 e il 10.000 a.C.

Fra 10.000 e 6.000 a.C., circa, appare la cultura Capsiana17 che mostra segni di appartenenza al Neolitico, essa iniziò influenzando quella Ibero-Maurusiana e dopo circa il 3.000 a.C. i segni di questa cultura umana possono essere trovati da un capo all’altro delle suddette regioni.

La civiltà neolitica (caratterizzata da agricoltura di sussistenza e da addomesticazione di animali) che si sviluppò nel Sahara e nel Nord Africa mediterraneo fra il 6.000 e il 2.000 a.C., è successiva a quella della Mezzaluna Fertile. Questo tipo di economia, così riccamente descritta nelle grotte dipinte di Tassili n'Ajjer, predominò in Nord Africa fino al periodo classico (figura 3.21).

I dipinti delle grotte di Tassili n'Ajjer, a nord di Tamanrasset nel sud-est algerino, e di altri siti mostrano scene di vita di tutti i giorni nelle regioni centrali del Nord Africa durante il periodo neolitico subpluviale18. Essi furono realizzati da un popolo di cacciatori, nel periodo capsiano dell’era neolitica, che viveva in una regione a savana piena di bufali giganti, elefanti, rinoceronti e ippopotami, animali non più presenti in queste aree ora desertiche. Le pitture forniscono la più completa documentazione della cultura preistorica africana. Varie popolazioni di pastori hanno lasciato pitture di vita selvaggia, animali addomesticati, carri, e una complessa cultura che data almeno 10.000 anni a.C. nel nord del Niger e nelle zone confinanti di Algeria e Libia. Parecchi antichi villaggi e siti archeologici del Niger del nord

datano dal periodo del “Sahara Verde” (dal 7.500-7.000 a circa il 3.500-3.000 a.C.). Durante il Neolitico subpluviale condizioni ambientali miti e fertili consentirono l’incremento degli insediamenti umani nella valle del Nilo in Egitto, così come società neolitiche in Sudan e da un capo all’altro dell’odierno Sahara. In questo periodo fiorirono culture che produssero arte rupestre di pregevole qualità. Nell’Egitto preistorico gli insediamenti neolitici appaiono all’incirca dal 6.000 a.C. [23]. Altre regioni africane svilupparono, indipendentemente, l’agricoltura all’incirca nello stesso periodo: altopiano etiopico, il Sahel e l’Africa Occidentale [11]. In Egitto, l’inizio dell’Età del Bronzo è convenzionalmente identificato con il periodo predinastico successivo alla cultura neolitica Naqada19 (circa 3.200 a.C.).

L’amalgama di popoli del Nord Africa, durante l’Età del Ferro, formò una popolazione di nativi che presero il nome di Berberi. Mentre l’Egitto, come parte del più ampio antico Vicino Oriente, entrò nella storia fin dall’Età del Bronzo, il Maghreb20 rimase

nella preistoria per un periodo molto più lungo, fino a quando, nel VII secolo a.C., coloni fenici e greci si stabilirono lungo le coste del Mediterraneo.

Figura 3.21 – Pitture rupestri di Tassil-n-Ajjer, regione del Sahara algerino. (da: Katherine Bolman The Applied History of Art and Architecture Educational Foundation http://web.me.com/kbolman/Africa/10,000_WestAfrica.html)

L’animismo attuale

L’animismo21 è ancora presente nell’Africa Nera22 (figura 3.22) in due terzi della

popolazione. La concezione dell’esistenza, pur nelle differenze locali, ha come tratto comune il riconoscimento di una forza vitale permeante l’intera natura, dalla quale l’individuo e il gruppo ricevono l’energia necessaria alla sopravvivenza. Le concezioni

religiose animiste sono classificabili in:

- cosmogonie uraniche23, popoli dediti alla pastorizia e alla caccia quali ottentotti e

nilotici-camitici;

- cosmogonie ctonie24, popoli dediti all’agricoltura quali i gruppi bantù;

- cosmogonie tendenzialmente monoteistiche, quali i pigmei.

La cultura animista è permeata da un forte simbolismo che richiede non tanto comprensione razionale quanto partecipazione emozionale: l’oggettivazione di questo processo è la maschera.

Figura 3.22 – Circa 2/3 della popolazione dell’Africa Nera è di religione animista (da [2],

In questo continente l’elemento di ordine culturale primitivo, avente relazione con i fenomeni naturali e in particolare quelli atmosferici, è, più che il mito, una concezione magico- religiosa da cui scaturisce un’arte posseduta dagli stregoni, capace di influire sull’atmosfera. Vi sono anche divinità che presiedono a vari eventi meteorologici rappresentate in atteggiamenti simbolici, che definiscono l’andamento delle stagioni e l’abbondanza dei raccolti. A volte, più delle divinità, sono i defunti ad avere poteri soprannaturali e gli stregoni con l’aiuto di amuleti e con riti tribali sono in grado di evocarli a favore delle tribù.

3.2.4 L’oriente

India

Le prime tracce di presenza umana in India, risalenti a 10.000 anni fa, si trovano incise nelle rocce di Bhimbetka (India Centrale, figura 3.23). Desta meraviglia il fatto che dopo numerosi millenni le figure appaiono ancora in ottimo stato di conservazione, ciò, probabilmente, è dovuto al fatto che le immagini si trovano in nicchie nascoste o nelle parti più interne delle caverne, protette dagli agenti atmosferici.

Nel sub-continente indiano la ricchezza di teorie e di pratiche religiose si può dividere in cinque fasi di cui la più antica è quella prevedica. Della religione prevedica si è venuti a conoscenza solo dopo il 1921 in seguito a una progressiva serie di scavi condotti in un centinaio di località indiane tra cui Mohenjo-Daro e Harappa. La religione prevedica era fondata sulla relazione tra l’uomo e una divinità dispensatrice di vita. Considerata come un dono della dea madre, figura centrale, la vita resta sotto la protezione della divinità in qualsiasi forma si manifesti. Sconvolta e turbata della invasione di popolazioni nomadi arie25 che distruggono le città indiane alla fine del II millennio a.C. la religione prevedica cede il posto alla religione dei

Figura 3.23 – Pitture rupestri di Bhimbetka (India Centrale) risalenti a circa 10.000 anni fa (Fotografia di L. Burdak, Wikimedia Commons).

Veda, libri sacri in lingua sanscrita del periodo 1.000-600 a.C. Per tutto il II millennio la tradizione religiosa aria viene trasportata e diffusa a opera di questi gruppi nomadi che intensificano la loro penetrazione in territorio indiano. La tradizione orale viene fissata e messa per iscritto fin dal I millennio a.C. e questo permette di avere una serie di testi destinati al culto e alla preghiera del pantheon vedico. Le divinità più antiche dei Veda furono gli elementi della natura, principalmente il Cielo, il Sole, la Terra, il Fuoco e l’Aria, di quest’ultima particolare importanza era rivolta al vento, alla tempesta e alla pioggia. Tra tutte queste figure Agni è il dio del fuoco e del culto, protegge sia il focolare domestico sia il fuoco celeste dei sacrifici; egli ha l’incarico di stabilire contatti tra gli dèi e gli esseri umani. La simbologia del fuoco, fondata sulla credenza della fondamentale identità del fuoco terrestre e del fuoco celeste, dove il Sole e il fulmine occupano un posto molto importante, è destinata a segnare il pensiero e il culto indoeuropeo [3, 24].

Cina

In Cina le credenze cosmologiche furono complesse; i fenomeni e le forze naturali, ostili o favorevoli agli uomini, furono rappresentate rispettivamente da demoni o da divinità. Durante l’antica dinastia Shang (1.500 - 1.050 a.C.) il principio che regge l’universo è il Tao, dominatore dall’alto dei cieli è Shang-ti che dai quattro punti cardinali regola gli eventi atmosferici. Durante la successiva dinastia Chou (IX secolo a.C.) una teoria cosmogonica, fu quella detta dei due principi, del Sole (Yang) e della Luna (Yin) dai loro rapporti avevano origine i fenomeni naturali, compresi gli eventi meteorologici, e le stagioni. Più tardi il cielo e la terra vennero simbolicamente rappresentati con blocchi di giada, rispettivamente di forma circolare e quadrata (V- III secolo a.C.) [3].

Giappone

Il culto politeistico giapponese della natura si allaccia alla cosmologia cinese con cinque elementi fondamentali dell’universo: il cielo, l’aria, la terra, l’acqua e il fuoco. Una immagine simbolica di tali elementi è personalizzata nella pagoda a cinque tetti sovrapposti. Nello shintoismo primitivo i fenomeni naturali erano la manifestazione dei Kami, divinità o spiriti superiori che abitavano la terra e l’aria e che successivamente diventano le incarnazioni del Buddha (Lumbini, Nepal 566 a.C. – Kuśināgara, India 486 a.C.). In una mitologia shintoista successiva, la dea del Sole (Amaterasu) che illumina il cielo è la progenitrice degli imperatori. Questo legame divino con la natura pervade anche oggi lo spirito del Giappone. La necessità di comunicare con il variare del tempo, con il ritmo delle stagioni ha influenzato i giapponesi nella costruzione delle loro dimore. Queste, infatti, sono case che si aprono al Sole, al vento, al caldo, al freddo, al secco, all’umido, case che non devono difendere i loro abitanti da una natura nemica, ma, invitare la natura amica a mescolarsi alla vita quotidiana dei loro abitanti [3].

3.2.5 America

Ci troviamo di fronte ad un continente culturalmente abbastanza omogeneo fino al Paleoamericano superiore, ma che fra l’8.000 e il 2.000 a.C. cioè nel preceramico, comincia a modificare le proprie culture principalmente lungo la fascia geografica tra i due tropici. Con il periodo di transizione climatica, compreso fra l’8.000 e il 5.000 a.C., il cambiamento ecologico fu risentito prevalentemente nelle regioni subtropicali e tropicali, tanto che gli indigeni dovettero, per sopravvivere, trovare un’alternativa alla caccia, che era stata la

principale fonte di sostentamento del Paleoamericano. Nasce così l’agricoltura e l’uomo, oltre a procurarsi il cibo, può dedicarsi ad attività sociali e spirituali. La popolazione ebbe così modo di concretizzare la propria unità di clan e di onorare le divinità che permettevano loro di ottenere il cibo dalla caccia, dalla pesca e dalla sacra Terra. Si originano due culti26: • pan-mesoamericano, il culto Olmeco, con il tema felino-uomo;

• pan-peruviano, il culto Chavin, con il tema felino-rapace, serpente-uomo.

La regione dei “Four Corners”

È la principale zona preistorica degli Stati Uniti, in questa regione (dei quattro Cantoni detta anche Colorado Plateau) si incontrano le attuali frontiere dell'Arizona, Nuovo Messico, Utah e Colorado (figura 3.24); i popoli preistorici che l’hanno abitata possono essere schematicamente indicati come:

• Paleo-Indiani, data di arrivo incerta fino a 6.500 a.C.

• Desert Archaic o Cochise da 6.500 a 1.200 a.C.

• Anasazi da 1.200 a.C. a 700 d.C.

• Pueblo da 700 d.C. ad oggi

Figura 3.24 – La principale zona preistorica degli Stati Uniti è a sud-ovest e comprende la regione dei Four Corners e del Carizo Plane (elaborazione da Google Earth).

Il clima desertico delle zone abitate da queste popolazioni ha preservato molti degli insediamenti e delle manifestazioni artistiche di queste popolazioni preistoriche in particolare nella zona del Great Basin che domina il fiume Santa Clara a pochi kilometri da San George (Utah) [28].

L’archeologo Jesse D. Jennings27 ha affermato che “da 10.000 a più anni fa, fino

al 400 d.C. la cultura più rappresentativa del Great Basin è quella del Desert Archaic. Questo fu un popolo di cacciatori-raccoglitori, il cui stile di vita ha maggiormente caratterizzato la storia della diffusione dell’uomo sulla Terra”.

La cultura Anasazi si sviluppò nel sud-ovest degli Stati Uniti, molto prima dell'arrivo dei bianchi, e ha lasciato una quantità di testimonianze archeologiche che ancor oggi si possono ammirare nel territorio dei Four Cornes.

Il centro più importante di questa cultura si trova nel Chaco Canyon ove esistono tuttora numerosi villaggi in pietra, chiamati Le Grandi Case dotate di innumerevoli kiva, cioè di luoghi sacri nei quali i nativi si radunavano per i loro riti (figura 3.25).

Anasazi Ridge è un sito di arte rupestre in cui sono presenti parecchie centinaia di petroglifi sui massi di arenaria che si trovano sulla cima di una parete rocciosa, alta circa 80 metri, che si estende, in direzione nord-sud nei pressi di San George (Utah). Recenti scavi (2006) hanno messo in luce pareti di edifici, probabilmente Anasazi, lungo la sommità del

ridge (cresta).

I petroglifi sono stati trovati come elementi isolati, in piccoli gruppi e in gruppi molto numerosi, sulle superfici rocciose più ampie, senza, o con piccole, sovrapposizioni delle immagini.

Figura 3.25 – Chaco Canyon, alcuni petroglifi enigmatici potrebbero essere stati fatti in periodi di tempo diversi (foto di Alex Marentes, Wikimedia Commons).

Carrizo Plain - Painted Rock

Il Carrizo Plane è una grande pianura nell’entroterra a circa 80 km a ovest di Bakersfield in California. La pianura è compresa tra il gruppo montuoso Temblor Range ad est e il gruppo montuoso Callente Range a ovest.

Painted rock, nel Carrizo Plane, è il monumento meglio conservato della cultura

Chumash. La roccia è una formazione di arenaria marina di circa 80 metri di lunghezza per 90 metri di larghezza e 15 di altezza, a forma vagamente a ferro di cavallo, ed è scura all’esterno e chiara nella parte interna, più protetta contro gli agenti atmosferici. Questa duna di sabbia marina fossilizzata si è formata quando la pianura del Carrizo fu sommersa da un mare poco profondo durante il Miocene inferiore, circa 20 milioni di anni fa.

L’evidenza archeologica che scaturisce dai villaggi del sito indica che il popolo Chumash arrivò nella pianura del Carrizo circa nel 2.000 a.C., per poi abbandonarla nell’intorno del 600 d.C. La ragione dell’abbandono non è stata ancora chiaramente compresa, la teoria prevalente indica come causa dell’allontanamento dal sito i frequenti allagamenti della pianura. I Chumash hanno lasciato formidabili pittogrammi nelle nicchie naturali e nelle piccole grotte degli affioramenti di arenaria in tutto il Carrizo. Particolarmente ben conservati, poiché più protetti, sono i pittogrammi tracciati nell’area centrale dell’incavo della Painted rock (figura 3.26). I pigmenti usati sono rosso, nero e bianco e più raramente giallo, verde e blu.