• Non ci sono risultati.

I BREVETTI NEL MERCATO IT

10. L’uso strategico dei brevetti, implicazioni antitrust

L’uso strategico dei brevetti, già osservato nel secondo capitolo, si arricchisce di un ulteriore valenza, quella antitrust, legata all’analisi dell’effetto sulla concorrenza e sui consumatori finali delle condotte che coinvolgono l’impiego di diritti di privativa, con particolare riguardo alle pratiche escludenti attuate dall’impresa titolare di diritti IP nei confronti dei concorrenti e delle altre imprese attive nel settore HI-Tech e delle telecomunicazioni.

Si valuterà in questo capitolo in particolare se lo strumento antitrust possa essere idoneo a ridurre i rischi di hold-up e comportamenti opportunistici da parte dei titolari delle privative e ad incentivare l’innovazione, considerando, in particolare, se sia possibile valutare in che misura il divieto o l’autorizzazione di un determinato comportamento anticompetitivo possa avere effetti pregiudizievoli o, viceversa, incentivanti il progresso tecnico116.

In modo simile a quanto già osservato in merito all’evoluzione del pensiero economico, l’analisi antitrust dei profili connessi al fenomeno dell’innovazione ed alla valutazione delle pratiche che coinvolgono il progresso tecnico ha subito un progressivo allontanamento da una più dimensione rigida, sino a considerare oggi l’innovazione nella sua componente dinamica di progresso sociale, idonea se non a legittimare pienamente, quantomeno ad entrare a pieno titolo nel bilanciamento d’interessi che presiede alla valutazione degli effetti sulla concorrenza e sui consumatori finali di determinate condotte.

Storicamente, lo sviluppo di modelli economici per la valutazione di pratiche anticoncorrenziali si è incentrato sulla dimensione statica delle dinamiche di mercato.

Concorrenza significava mantenere una situazione in cui i prezzi fossero il più vicino possibile ai costi e le imprese guadagnassero sufficientemente per mantenere gli investimenti117.

Nel 1940, Joseph Schumpeter sottolineò come gli economisti della sua generazione avessero costruito modelli economici di concorrenza concentrati pressoché esclusivamente sulla relazione tra prezzi e costi. Secondo l’Autore, una tale impostazione trascurava tuttavia l’essenziale profilo connesso alla qualità dinamica dell’innovazione, il quale richiederebbe la presenza di profitti ben al di sopra dell’auspicato livello concorrenziale per remunerare gli sforzi necessari ad innovare118.

Come rilevato da Schumpeter, se non vi sono dubbi che cartelli di prezzo, prezzi predatori ed azioni giudiziarie intentate in modo fraudolento dall’impresa dominante, costituiscano condotte illecite sotto il profilo antitrust e che ben difficilmente potrebbero essere giustificate sotto il profilo dell’attitudine delle stesse a promuovere l’innovazione, la valutazione di pratiche escludenti poste in essere dalle stesse imprese in mercati caratterizzati da un alto tasso di innovazione

117 I modelli neoclassici di concorrenza identificavano i comportamenti anti-competitivi in termini di controllo di prezzi ed offerta, misurata come unità di prodotto; questa impostazione mal si attaglia allo studio dell’impatto del fenomeno innovativo nelle dinamiche concorrenziali, per la maggiore complessità dell’analisi richiesta, anche in termini di valutazione prospettica. Si veda a tal proposito, S. MAURER, The

Penguin and the Cartel: Rethinking Antitrust and Innovation Policy for the Age of the Commercial Open Source, in Utah Law Review, 2012.

118 J. A. SCHUMPETER, op. cit., ed in particolare il cap. 7 “the Process of Creative Distruction”. Quindici anni dopo, Solow osservò come il 90% della crescita economica non legata all’agricoltura della prima metà del ventesimo secolo era il risultato dell’innovazione e del progresso tecnico. Una summa del pensiero di Solow è contenuta in The Mystery of Economic Growth, di E.HELPMAN, Belkham Press, 2004. Tuttavia è necessario tenere in considerazione che, nel pensiero di Schumpter, un certo grado di monopolio (e di rendite da monopolio) costituisce un fattore determinante per incentivare l’innovazione; diversamente Arrow ha dimostrato come in un mercato concorrenziale le imprese hanno maggiori incentivi ad innovare del monopolista.

pone alcuni interrogativi sull’interazione tra IP e antitrust, che saranno esaminati nel prosieguo119.

La teoria economica attuale non sposa né la successiva visione introdotta da Arrow, secondo la quale la detenzione di un certo potere di mercato generalmente minaccia l’innovazione abbassando il livello di sforzi innovativi, né l’impostazione Schumpeteriana in cui i mercati altamente concentrati generalmente promuovono l’innovazione, fornendo una piattaforma solida e stabile per finanziare ricerca e sviluppo e sono maggiormente in grado di catturare i benefici derivanti dall’attività innovativa, ma si concentra sugli incentivi ad innovare per l’impresa120.

E’ stato chiarito nel primo capitolo come l’incentivo ad innovare è determinato dalla sinergia tra diverse forze economiche, quali il profitto atteso, i costi di produzione e le interazioni strategiche con i concorrenti, presenti in grado maggiore o minore a seconda del settore di mercato considerato; un altro fattore determinante consiste nel livello di protezione dell’invenzione, che varia a seconda del tipo di protezione garantita da diritti IP esclusivi o non esclusivi,

119 I rapporti tra proprietà industriale e diritto della concorrenza non possono essere ricondotti ad una contrapposizione tra esclusione e libertà, né amalgamare nella prospettiva di una convergenza finalistica in quanto tali discipline differiscono per scopo ed oggetto; è possibile, invece, individuare uno scambio dialettico in cui le due discipline, pur tendendo ad obbiettivi diversi, si intrecciano per prevenire e rimuovere situazioni e/o comportamenti che ostruirebbero o l'innovazione o le dinamiche del mercato e la correttezza della competizione economica. In una prospettiva storica più ampia è corretto fare riferimento ad una convergenza finalistica e di politica industriale al fine di comprendere l'evoluzione del diritto positivo, così come espressamente riconosciuto dalla Corte Suprema in Verizon Communs., Inc. v Law Offices

of Curtis v Trinko, LLP, 540 US 398 407 2004. Si veda in proposito G.GHIDINI, Profili Evolutivi del Diritto

Industriale, Innovazione – Creatività – Informazione, Dianmiche conflittuali, esperienze di condivisione, III ed., 2015,

Giuffrè. Ancora, sui rapporti tra proprietà industriale e diritto della concorrenza la giurisprudenza statunitense si è espressa nel senso di considerare secondo la rule of reason le condotte anticompetitive poste in essere tramite esercizio dei diritti di proprietà industriale (“The patent system, which antedated the Sherman Act

by a century, is not an exception to the antitrust laws, and patent rights are not legal monopolies in the antitrust sense of the word.” Am. Hoist & Derrick Co. v Sowa & Sons Inc., 725 F.2d 1350, 1367, 1984).

120 Per maggiore approfondimento, si veda R.J.GILBERT, Competition and Innovation, in Issues in Competition Law

and Policy, Ed. Wayne Dale Collins, 2006, disponibile online all’indirizzo:

laddove diritti IP non esclusivi implicano un grado di concorrenza maggiore sul mercato del prodotto e minori profitti derivanti dall’innovazione121.

Sviluppare modelli di interazione tra IP e antitrust è dunque un’operazione delicata perché è arduo collegare una determinata pratica commerciale ad un risultato sicuro in termini di innovazione, rispetto ad una ben più facile valutazione tradizionale di breve periodo in termini di quantità offerta e prezzo, che tralasci questa variabile122.

In particolar modo non è possibile misurare ex ante gli effetti a lungo termine di un determinato sforzo innovativo, proprio a causa dell’aleatorietà dei risultati dello stesso123.

Gli effetti anticompetitivi attuali di una determinata pratica impongono, tuttavia, di esaminarne i profili di eventuale illiceità concorrenziale, con gli strumenti dell’analisi antitrust e di fare previsioni sugli effetti innovativi futuri, al fine di legittimare o meno l’adozione di una misura sanzionatoria o restrittiva124.

Un punto di partenza per l’approccio al problema consiste nel considerare che, se è vero che l’innovazione porta grandi benefici per la società, allora è altrettanto

121 Se, successivamente all’introduzione dell’innovazione, il mercato del prodotto diventa altamente concentrato, tale concentrazione può ricompensare lo sforzo innovativo dell’impresa se i fattori che hanno portato alla concentrazione hanno altresì reso difficile per altre imprese di trarre profitto dall’imitazione dell’invenzione, R.J.GILBERT,op. cit..

122 L’innovazione può considerarsi in senso lato prevedibile adottando il modello di crescita di Solow, di cui si è accennato nel primo capitolo: assumendo l’innovazione come variabile esogena, significa attribuirla a fattori che sono al di fuori di un certo modello. Se è possibile valutare l’impatto dei fattori endogeni, allora ciò che residua è quantum innovativo, J. S. L. MCCOMBIE, the Solow Residual, Technical Change and Aggregate

Production Function, in 23, Post-Keynesian Econ. 2000, pp. 267 e ss..

123 Si pensi al caso in cui i rimedi di enforcement brevettuali siano azionati strategicamente dall’impresa dominante per escludere dal mercato un prodotto che, seppur incorporando la tecnologia oggetto di protezione, sia superiore alla tecnologia utilizzata dall’impresa titolare del brevetto. In quest’ipotesi gli effetti negativi di un contenzioso brevettuale teso ad ottenere un ordine di inibitoria e ritiro dal commercio sono certamente quelli di pregiudicare l’innovazione, estromettendo una tecnologia migliore dal mercato e di causare un costo sociale sicuramente superiore ad un aumento di prezzo del prodotto finale.

124 In questo senso, sebbene l’innovazione contribuisca indubbiamente al benessere sociale, prevedere il successo di uno sforzo innovativo ex ante è impossibile. Anche considerando la connessione tra il ricorso alla brevettazione ed il tasso di crescita economica, si incorrerebbe in una valutazione ex post.

vero che qualsiasi restrizione all’innovazione importa un grave danno alla stessa125.

In questi termini, se misurare gli effetti futuri di uno sforzo innovativo è un esercizio oltremodo arduo, la valutazione dei comportamenti che, al contrario, limitano l’innovazione può essere effettuata con gli strumenti consueti dell’analisi antitrust126.

In termini generali deve rilevarsi come dall’impostazione proposta da Arrow – e di cui si è già detto nelle pagine che precedono - sugli incentivi ad innovare dell’impresa monopolista, discende che essa può porre restrizioni all’innovazione proprio al fine di preservare la propria posizione di dominanza sul mercato ed evitare che la propria supremazia tecnologica subisca erosioni.

Allo stesso modo, l’acquisto ed il mancato utilizzo di brevetti può porre restrizioni all’innovazione nella misura in cui non consente l’implementazione

125 Per comprendere quando un potere di mercato si associ alla titolarità di un brevetto, si possono utilizzare due paradigmi: i) quando la soluzione tecnologica brevettata sia stata eletta come lo standard produttivo di riferimento; ii) quando la tecnologia brevettata sia divenuta standard dominante de facto in un settore caratterizzato da effetti di rete che, agevolando la cattura di consumatori e utenti possano produrre un disequilibrio in danno delle nuove tecnologie.

126 Negli Stati Uniti, la Federal Trade Commission condiziona l'approvazione dei patent pools alle seguenti condizioni: i) i brevetti messi in comune devono essere complementari e technically essential; ii) le licenze, concesse su base non discriminatoria, devono lasciare sempre aperta la possibilità ai licenziatari di sviluppare tecnologie in concorrenza con quelle dei pool; iii) l'accesso al pool deve essere garantito a terzi nel caso in cui le imprese partecipanti detengano congiuntamente un significativo potere di mercato tale da ostacolare o impedire la concorrenza a valle. I casi in cui sono state applicate queste regole sono stati: MPEG-2, DVD-3 e 3G. Un ulteriore step è stato quello di favorire l'accesso a terzi alle tecnologie coperte da IPRs, qualora l'esercizio del diritto di esclusiva impedisca ai terzi di operare come concorrenti nei mercati collegati o addirittura nello stesso mercato del prodotto. Il primo input in questo senso è stato dato dalla Commissione Europea a proposito di software per le comunicazioni satellitari, divenuti standard di fatto, ma coperti dalle privative industriali. Sono poi seguite le Commission Guidelines on Intellectual Property and

Standardisation , gli ETSI's Intellectual Property Rights Policy del 1997, le Communications Review del 1999 e la

Comunicazione del 2001 sull'applicabilità dell'art. 81 agli accordi di cooperazione orizzontale, con la quale la Commissione suggerisce, in presenza di uno standard “di fatto”, che questo sia reso accessibile il più possibile e che sia applicato in maniera chiara e non discriminatoria, a condizioni di accesso eque, ragionevoli e non discriminatorie. Successivamente le sentenze Magill e IMS ed infine la decisione della Commissione sul caso Microsoft del 2004, hanno confermato un diritto d'accesso sottoposto a requisiti molto rigidi, sulla scia della tradizione nordamericana, come sarà esposto nel capitolo seguente, dedicato all’analisi casistica.

della tecnologia protetta, impedendo l’accesso dei potenziali produttori al trovato, tramite licenza (refusal to deal)127.

In ogni caso, un primo problema che si pone a chi intenda sottoporre al vaglio i comportamenti restrittivi dell’innovazione sopra evidenziati, consiste nella possibilità che le pratiche oggetto di indagine abbiano spiegazioni alternative, anche pro-competitive, sotto il medesimo profilo dell’innovazione128.

Un secondo problema attiene alla valutazione del costo sociale derivante da una restrizione dell’innovazione: nel caso delle SSO, in particolare, il potenziale risparmio di costo derivante dall’adozione di uno standard affidabile può essere enorme, ma il processo di selezione dello standard può portare anche all’esclusione di una tecnologia più efficiente129.

Un ultimo problema consiste nel trovare rimedi efficaci utilizzando gli strumenti esistenti: è noto che il diritto industriale ed il diritto antitrust convergono finalisticamente, quantomeno a livello di politica industriale, verso la promozione dell’innovazione, tuttavia l’utilizzo degli IPRs può essere in certi casi altresì,

127 Se la previsione di un obbligo a contrarre generalmente inteso è altamente controverso e generalmente negativo per i mercati concorrenziali, con riferimento alle industrie caratterizzate dalla presenza di effetti di rete, è necessario considerare che la cooperazione tra i partecipanti è necessaria al funzionamento efficiente della rete ed allo sviluppo di prodotti migliori, con maggiori possibilità di interoperabilità e diversificati (concorrenza nel mercato a valle). Si veda, C.BOHANNAN E E.HOVENKAMP, op. cit., cap. 11, Oxford University Press, 2012.

128 Pratiche distorsive della concorrenza sui mercati tecnologici sono sempre soggette ad uno scrutinio analitico da parte delle autorità antitrust, al fine di accertare la sussistenza di una giustificazione obbiettiva ai comportamenti oggetto di valutazione (rule of reason). Si veda, in tale senso, la decisione adottata nella controversia promossa da Golden Bridge Technology Inc. nei confronti di Motorola Inc. 547 F.3d 266 (5th Cir. 2008), già citata, i giudici di prima istanza e di appello hanno confermato che il compito delle SSOs è quello di selezionare la tecnologia migliore e di escludere, giocoforza, le alternative deteriori. In quest’ambito, la prova di un comportamento collusivo da parte dei membri di una SSOs non può sottostare alla per se rule, a fronte dei benefici che derivano dal meccanismo di standardizzazione, come evidenzia la massima di seguito riportata. “Once plaintiff establishes that conspiracy occurred, whether it violates Sherman Act is determined by

application of either ‘‘per se rule’’ or rule of reason; if court determines that defendant’s conduct would always or almost always tend to restrict competition and decrease output, restraint is per se illegal and no further inquiry occurs, but if conduct is not deemed per se unreasonable, then plaintiff will also have to prove that conduct unreasonably restrains trade in light of actual market forces under ‘‘rule of reason.’’ Sherman Act, § 1, 15 U.S.C.A. § 1”.

129 Una definizione generale di standard include ogni tipo di specifica tecnica che possa o sia finalizzata a fornire un design o un meccanismo di funzionamento comune per un prodotto o un processo. Definizione fornita da H.HOVENKAMP,M.JANIS,M.LEMLEY E C.LESLIE, IP and Antitrust, an Analysis of Antritrus

stigmatizzato sotto il profilo antitrust, il cui obbiettivo rimane quello di promuovere la concorrenza nel mercato, a beneficio di consumatori e di tutte le imprese.

Se acquisire un ingente portafogli brevettuale può essere una strategia premiante a lungo termine sotto il profilo competitivo, d’altro canto può fornire all’impresa un sufficiente potere di mercato idoneo a danneggiare i concorrenti130.

Con specifico riferimento al settore IT, deve notarsi come recentemente le Corti americane ed europee si sono occupate di numerosi casi in cui l’esercizio dei diritti di privativa poteva qualificarsi anche come violazione antitrust: i dati relativi all’aumento del contenzioso in materia brevettuale indicano chiaramente che le imprese dotate di ingenti portafogli brevettuali sono diventate più aggressive nel far valere i propri titoli nei confronti di concorrenti o di imprese attive nella produzione di beni e servizi nel settore IT, ponendo così la questione del se ed in che modo possa configurarsi una violazione antitrust per l’effetto di leva generato dal potere di mercato conferito dal monopolio temporaneo brevettuale da un mercato all’altro, attraverso la creazione di barriere all’ingresso o tramite l’incoraggiamento di un comportamento collusivo131.

E’ noto infatti che, tra le molteplici strategie di monopolizzazione unilaterale del mercato, l’innalzamento dei costi dei concorrenti presenta il vantaggio di permettere di ridurre il grado di competitività del mercato e di non comportare alcun sacrificio per l’impresa dominante132.

130 DOJ/FTC, Antitrust Guidelines for Collaboration among Competitors, 2000.

131 Il riferimento è al volume di C. BOHANNAN E H. HOVENKAMP, Creation Without Restraint: Promoting Liberty and Rivalry in Innovation, Oxford University Press, 2011. Si veda anche D.L. RUBINFELD,R.MANESS, the Strategic

Use of Patents: Implications for Antitrust, in Leveque e ShelanskiAntitrust, Patents and Copyright: EU and US Perspectives, 2005.

132 Nei contratti di licenza, la disciplina antitrust viene in rilievo sotto il profilo dei limiti di ordine pubblico economico connesso all'esercizio del potere dispositivo del titolare. Tuttavia, lo strumento contrattuale avente ad oggetto il titolo di privativa può essere utilizzato sia per favorire il decentramento produttivo, attraverso la collaborazione tra licenziante e licenziatario, sia per abbattere i costi transattivi e risolvere il problema della marginalizzazione multipla, attraverso la reciproca condivisione con altri titolari dell’intero patrimonio brevettuale (pooling), che per favorire l’innovazione, tramite la sottoscrizione di accordi di ricerca e sviluppo (G. GHIDINI, op. cit.)

Con riferimento alla casistica concreta, che sarà esaminata in modo approfondito nel quarto capitolo, la strategia di rising rivals costs può coinvolgere l’utilizzo di IPRs in varie forme ed assumere connotati e valenze anticompetitive, specialmente ad opera di organismi NPEs e nell’ambito di fenomeni di standardizzazione.

Proprio in questo ambito, il costo sociale causato da azioni di asserita contraffazione delle privative brevettuali, instaurate da imprese che godono di dominanza in un determinato mercato tecnologico, è ben più alto rispetto a quello causato da un prezzo di monopolio: azionare un brevetto in giudizio può servire a ritardare l’ingresso sul mercato di una tecnologia superiore implementata da un concorrente o ad allontanare quest’ultimo dal mercato, dissuadendolo da ulteriori attività innovative per evitare di esporsi a rischi di contraffazione133. In primo luogo l’impresa può iniziare una strategia di litigation che gravi sui propri concorrenti in termini di spese per la difesa in giudizio e di incertezza circa la possibilità di vendere i propri prodotti, oggetto di giudizio.

Secondariamente, il titolare di un brevetto può minacciare azioni legali per indurre un concorrente a sottoscrivere un contratto di licenza.

Inoltre, può rivelarsi profittevole indurre un concorrente ad accettare un pacchetto di licenze di brevetti, che includa tecnologie che non servano al licenziatario, sfruttando gli investimenti irrecuperabili di quest’ultimo (rischio di hold-up).

133 E’ altresì vero che negli Stati Uniti, le imprese convenute in contraffazione possono invocare la difesa basata sulla Walker Process Doctrine, che consiste nel dimostrare che un’azione per contraffazione è stata azionata in modo improprio al fine di attuare una politica di monopolio del mercato. Il convenuto deve dimostrare l’infondatezza dell’azione e la sua idoneità a mantenere o raggiungere posizioni di monopolio. Questa eccezione presenta alcune difficoltà di implementazione, dovute principalmente al fatto che dimostrare che un’azione di contraffazione è proposta senza giustificato motivo è particolarmente arduo, data l’incertezza legata all’interpretazione dei titoli brevettuali. Si veda, per maggiore approfondimento, H. HOVENKAMP, The Walker Process Doctrine: Infringement Lawsuits as Antitrust Violations (September 1, 2008), in U Iowa Legal Studies Research Paper No. 08-36. Disponibile online all’indirizzo: SSRN: http://ssrn.com/abstract=1259877 or http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.1259877

In tale ipotesi, un’impresa con un vasto portafogli brevetti può offrire ai licenziatari l’acquisto del solo pacchetto completo di brevetti ed il singolo acquirente, pur non avendo bisogno di ottenere in licenza tutti i brevetti, dovrà scegliere se affrontare una possibile lite o aggirare con la propria produzione la