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La carriera del posatore: da “bocia” a pensionato

Molti di coloro che fanno il mio mestiere hanno avuto un rapporto breve e non particolarmente felice con la scuola. Le interviste lo confermano. I più anziani, nati nel primo decennio dopo la seconda guerra mondiale, abbandonarono la scuola nei primi anni delle medie.

“…Veramente dopo la quinta elementare ho fatto fino alla seconda media, metà dell’anno…

Perché hai smesso?

Per, come si può dire? Per … forse perché non avevo più voja de ‘ndar scoea…”26

“…Scuole ho fatto la quinta più un anno di prima media, poi ho incominciato ad andare a lavorare. Non ho finito le scuole medie…”27

Genesio, che è il “decano” dei posatori che ho intervistato (nato nel 1946), racconta di aver mollato definitivamente la scuola appena finita la quinta elementare, e di avere in realtà da sempre intrecciato il tempo della scuola con quello del lavoro “a tempo perso”:

“…quinta elementare… Dalla prima elementare andavo a fare il falegname a tempo perso…”28

26 Intervista a Luigi 27 Intervista a Flavio 28 Intervista a Genesio

Non è una cosa rara, e ha continuato fino a pochi anni fa, che i ragazzi nel tempo libero, soprattutto d’estate, andassero con parenti nei cantieri a dare una mano, a imparare un mestiere, a sperimentare cosa volesse dire lavorare. Il mio primo ricordo di cantiere è di quando avevo undici anni con Paolo, ma non sono l’unico:

“…si, abbastanza bambino… 10-11 anni, ho cominciato ad andargli drio per passatempo, non per prestare chissa quale manodopera, per curiosità…”29

Si andava in cantiere a fare i lavori di bassa manovalanza, anche se venivano presi come giochi. Quando si cominciava da ragazzi si era il bocia del cantiere. Si iniziava dal basso, dalle cose più facili, che però in realtà erano le più pesanti:

“…le elementari cosa hai fatto? Sono andato a lavorare. Che tipo di lavoro?

Spensare carioe, il manovale…”30

“…Lavorare tanto, menare tanto la baia…”31

A volte all’interno del nucleo parentale il lavoro non era ben definito; si poteva fare di giorno il lavoro del padre, girando cantieri e posando piastrelle, e la sera il lavoro della madre, a seconda poi delle esigenze:

“…Il cameriere si faceva a casa, si attivava a casa ed alla sera in trattoria, il cameriere era a casa, la sera eri la in poche parole…”32

29 Intervista a Massimo 30 Intervista ad Alfonso 31 Intervista a Genesio 32 Intervista ad Otello

Era un mondo dedito al lavoro; già da ragazzini, il tempo del lavoro era quasi totalizzante, mentre il tempo libero era poco presente: viaggi, vacanze, divertimenti erano in secondo piano; importante era il lavoro, cioè imparare un mestiere da fare nella vita. Si potevano provare tante strade ma bisognava trovare una professione che garantisse un benessere futuro.

Le interviste raccontano di vite caratterizzate da forte mobilità lavorativa, soprattutto finché si era giovani: non era difficile cambiare lavoro, il mercato era in forte crescita e richiedeva sempre manodopera nuova. Si passava facilmente dall’edilizia alla fabbrica, e viceversa. Dal lavoro artigiano a quello industriale. Dal lavoro “per conto proprio” o con un familiare (il padre, i fratelli, uno zio, un cugino) a quello “sotto padrone”. Spesso era lavoro “in nero”, irregolare, senza contratti e senza contributi. Spesso questi passaggi avvenivano lungo linee segnate da relazioni di parentela o da legami di conoscenza stretta, tra familiari e compaesani che “chiamano” a fare una cosa o l’altra.

Riporto l’esempio di Luigi. Classe 1951, di Massanzago, figlio di agricoltori, Luigi studia fino alla quinta elementare; poi va a guidare trattori dallo zio, per qualche mese; poi fa l'imbianchino con un altro zio, per un anno e mezzo; alla morte dello zio, trova impiego in una fabbrica di cassette per frutta e verdura, come addetto alla macchina inchiodatrice, a cottimo; ricorda che quello in fabbrica era “un altro mondo”, un lavoro “più pulito” rispetto all’imbianchino, e che lavorando a cottimo guadagnava più degli operai che lavoravano a ore; quindi a 17 anni va a Marghera, trovando impiego come operatore su ruspe per il movimento terra; era un pendolare: ogni giorno faceva 35 chilometri ad andare e 35 a tornare, in motorino, con la gavetta preparata dalla mamma che veniva scaldata su fuoco a legna. Sottolineo che questo è il ricordo che Luigi ha dei suoi 17 anni, a Marghera, all’altezza del 1968.

Appena ha 18 anni Luigi si compra la patente ma il padre non gli vuole comprare la macchina; allora lui, stanco di fare il pendolare, cambia ancora lavoro e trova impiego come trasportatore di bibite, sempre a cottimo, come dipendente di una ditta che mette a disposizione il camion. Con i soldi che guadagna si compra la 1100, ma viene richiamato militare. Quando torna non

trova più il suo vecchio posto, occupato da un altro, e va insieme al fratello che fa il posatore: durante la settimana lavora sotto una ditta, ma il sabato e la domenica prosegue per conto proprio

“A quei tempi si lavorava anche il sabato fino a sera tardi, la domenica si andava a fare, mio fratello aveva sempre qualche piccolo lavoretto per conto suo, e mi ricordo che si guadagnava 1000 lire al metro quadrato e in una domenica mattina si faceva, in 3/4 ore, si faceva un camera, da li mi sono innamorato del lavoro”.33

Una grossa discontinuità, nei racconti di tutti, è rappresentata dal sevizio di leva: il militare mette fine all’età giovanile; al ritorno dalla “naja” solitamente si è già più portati a pensare al domani, ad una famiglia.

“…io ho lavorà con mio papà, bè so stà via militare poi so tornà indrio e ho continuato a fare il posatore…”34

Il militare è uno spartiacque: prima si è giovani e si può cambiare senza problemi lavoro, poi quando si torna a cambiare ci si pensa su, lo si fa solo se costretti, come dice Federico:

…”Il militare, sei andato a militare? Si

Ti ricordi l’anno? ‘84-‘85

Ha segnato un passaggio il tornare dal militare, oppure, quando sei tornato a casa è tornato tutto come prima?

No è stata una bella esperienza …

Si, oltre alla bella esperienza che è qualcosa di personale …

33 Intervista a Luigi 34 Intervista a Dimitri

Anche perché ho continuato a fare il posatore anche là (ride)

Ah, non hai cambiato lavoro … non è che quando sei tornato a casa tuo papà abbia detto “adesso mi me ritiro, ci sei tu davanti, segui più tu il discorso, io faccio il boccia” si può dire

No, perché c’è stato un periodo che io ho mollato l’attività del posatore, insomma, erano anni non facili, paragonabili a quelli di adesso, forse peggio …

In che anni per una curiosità?

Ma, prima del militare, se febbraio del ‘85, si primi anni ‘80… ‘82-‘83?

Si

Quindi la crisi del ’82-‘83

Si, non era proprio una bella roba no …

Quindi praticamente tu hai smesso di posare, hai preso e sei andato a lavorare dove? Su l’Aprilia, era un po’ un aspettativa come tutti i fioi qua della zona …”35

Il militare segna uno spartiacque anche perché, se già si è nella posa, prima si è dipendenti del padre o si lavora per lo zio, ma una volta tornati si cerca di mettersi in proprio, all’inizio magari con gli zii che passano lavoro, e poi facendosi un “giro” nuovo, cioè guadagnandosi una clientela tutta propria. Oppure, se si lavora con il padre, lo si sostituisce alla guida della piccola ditta artigiana di famiglia, come è capitato a Dimitri:

“… poi tieni conto, che quando so tornà dal militare, verso i 20 anni ho comincià a ciappare in mano l’attività di mio papà, mio papà - sei ti davanti ti, io ci sono ma ti si davanti ti che ti gestisca, che parli con la gente, che fai i preventivi …- .”36

Ma per alcuni il militare è un punto di rottura, di rottura degli schemi e di cambiamento. Non tutti partono e, come nelle interviste di Nuto Revelli, 35 Intervista a Federico

cercano ogni sistema per schivare il richiamo di leva37. Il servizio militare,

infatti, è visto come una perdita di tempo, un tempo che non si può dedicare al lavoro:

…”A 18 anni mi sono messo in proprio

Hai cominciato a fare il posatore in proprio nel ’70… Nel ’70 sono andato in Canada

Nel ’70 avevi 18 anni? No 20, anzi 19…”38

Mettersi in proprio era un traguardo, ma non un punto di arrivo. Ora il lavoro veniva gestito dal posatore, veniva fatto per conto proprio, senza nessuno che controllasse o correggesse eventuali imperfezioni. Era un modo di lavorare nuovo, un modo di poter pensare a se come un piccolo imprenditore. Ma anche un mondo dove il cliente è il centro del mondo:

“…Sempre insieme a mio fratello ci siamo messi a pensare di mettersi in proprio, così abbiamo cercato del lavoro, fortunatamente si è fatto avanti un’impresa che ci ha dato lavoro, era Luigi Fantinato da Camposampiero

Vi ha dato una casa, una palazzina o negozi?

No all’inizio ci ha dato 6 appartamenti ma prima ha voluto vedere dei lavori fatti da noi. Fatto questo ci siamo sempre dati da fare nella ricerca di lavoro, abbiamo trovato gente che ci ha dato lavoro, così siamo diventati artigiani. Dopo, per dire, noi abbiamo continuato a lavorare insieme…”39

Il lavoro è finalizzato a un benessere personale e ha spesso come primo obiettivo l’acquisto della casa. La casa è il bene essenziale per tutti i posatori

37 Nuto Revelli, Il mondo dei vinti. Testimonianze di vita contadina. La pianura. La collina. La

montagna. Le Langhe. Einaudi Torino, 1977, pp, CII-CIII

38 Intervista ad Alfonso 39 Intervista a Luigi

intervistati, è un bene che guarda al domani, quando si sarà vecchi. Avere una casa propria significa sicurezza per l’oggi e per il futuro.

“…Lavorare, lavorare, lavorare …. Par avanti, gheto capio? Infatti se non avessi lavorato in quegli anni là non avremmo fatto la casa, non ci saremmo sistemati, non avremmo fatto quello che abbiamo fatto … e adesso siamo rimasti con pochi schei un'altra volta ancora ma non me ne frega un cazzo, però solo io, tutto mio,se mio non può dire niente nessuno … Per sistemarmi …. per un doman per stare tranquillo …”40

Genesio ricorda di aver preso la prima vacanza nel momento in cui è andato in pensione. Prima dice di aver sempre lavorato. Non è il solo ad avere questo tipo di esperienza. Chi ha vissuto con un padre posatore racconta le stesse cose:

“…No, infatti non ho ricordi di vacanze fatte fuori con i genitori… ti dico una volta 15

giorni in montagna che lui lavorava, posava il porfido e noialtri abbiamo fatto vacanza…”41

“…Ventimiglia

Quello che abbiamo parlato prima? E per quanto tempo ci hai lavorato? Da febbraio a dicembre, quasi un anno.

Dal lunedì al sabato o ti fermavi li?

No, no sono stato dei periodi la anche per un mese, quando portavo la Teresa, se no dal lunedì al sabato…”42

Ma questo tipo di vita, dove il posatore andava in ferie con la famiglia non è un caso isolato, ancora oggi molti clienti che hanno la seconda casa al mare o in montagna ti propongono di andare in ferie lavorando; solitamente è però gente di una certa età ma per loro è una cosa normale.

40 Intervista a Genesio 41 Intervista a Massimo 42 Intervista a Luigi

Non tutti i posatori, una volta iniziato ad essere artigiani sono durati. Succede anche che un posatore possa cambiare settore, vuoi per scelte personali dovute a problemi lavorativi o per problemi fisici. Tutti i posatori poi non hanno collaborazioni definitive, ci sono casi che durano una vita e casi che si interrompono dopo pochi anni:

“…So che iero drio fare un lavoro con mio fratello, ho dato una mano a mio fratello, abbiamo fatto una casa che ierimo finire i bagni, so che sono andato dagli artigiani là e gli ho chiesto proprio una sera “come sio ciappà con il lavoro?” e gli artigiani mi hanno detto “guarda chiudi tutto, serra tutto perché hai già passà il periodo, va in pension perché se no vai in cerca di storie” e go ditto : “meglio che chiudo tutto”, e là ho chiuso tutto, ho lavorà altri 3-4 mesi ancora, perché volevo andare avanti con l’anno in più e serrare, ho chiuso e quel giorno che ho chiuso, basta …”43

Non sempre chi fa l’artigiano posatore lo fa tutta la vita; può intercorrere una serie di problemi che lo porta a cambiare lavoro, a tornare a lavorare come dipendente e magari poi a ripartire non come posatore; si tratta molte volte di un percorso a zig-zag, non di una strada già segnata:

“…Ho lavorato per i primi anni che ho imparato con mio cugino, poi sono stato sotto mio cognato Salvatore , ho lavorato per Bovo di Villanova anche…Sono stato un po’….a prendere istruzioni da mio zio, nell ‘77-‘78 ho fatto due anni, dopo sono tornato a casa ho fatto un poi 5-6 anni sotto padrone poi sono stato per conto mio,dopo sono tornato sotto padrone e dopo, all’ inizio mio figlio ha incominciato a lavorare anche lui, con i miei cognati e mi hanno detto “cosa fai? Vieni?” e dopo ho incominciato a lavorare in società con mio cognato…”44

Per alcuni, come Sandro, diventare posatore non è un “destino”, ma una scelta di vita. A 28 anni, dopo aver lavorato a lungo come dipendente all’interno del settore delle confezioni, anche con posizioni qualificate, decide di 43 Intervista a Genesio

“incominciare un’altra vita”, uscendo dalla routine del lavoro d’ufficio e dai logoranti rapporti quotidiani con i colleghi.

Eo aveva il flessibile grando ma uo voleva che mi imparasse…e io mi ricordo io dovevo tagliare con il flessibile grande e adoperavo le roba sua…in poche parole incominciando cossita “ dai hai visto che qua te ciappi più soldi di dove te eri ti? Ma te piase?” “vuto che te diga la verità? Io se 15 giorni che so qua non ho più male allo stomaco me era sparia la gastrite, nervoso, era una liberazione per mi la mattina me svegliavo contentissimo e non vedo l’ora di avere la giornata davanti par… e non ero mai stufo… avevo 28 anni e li ho incominciato un'altra vita, un altro lavoro, un altro mondo, esperienze e questo e quell’altro e se sta da un certo punto di vista la mia fortuna. 45

Ma mettersi in proprio, soprattutto se non si ha una ditta già aperta in famiglia, non è facile e può portare a un insuccesso. Nessuno ama raccontare i propri fallimenti. E io non sono andato a cercare gli ex posatori, usciti dal giro perché non ce l’hanno fatta. Tra tutti i miei testimoni, Sandro è il più esplicito nel raccontare la fatica e le delusioni dei primi anni, quando fu costretto a chiedere aiuto economico ai genitori. Anche per lui, essersi fatto la casa e averne potuto offrire una alla madre è il segno del “successo” raggiunto, a partire dal quale gli è possibile voltarsi indietro e ricordare le umiliazioni iniziali, finalmente riscattate.

“…cossida appunto, tu pensa che dopo un anno e … ho dovuto domandare la pensione a mia madre per pagare le tasse, mia madre mi ha dato i soldi, cioè per mi se stà un disonore totale; se saltà fora un anno fa circa, dopo 20 anni che io faccio il posatore, 21, 22, quanti ghe se, un anno fa che io ho fatto la casa nuova, o 2-3 anni fa che mia mamma me ga dito … che io gli ho detto “mamma ho fatto la casa nuova, te vieni ad abitare con mi, te faccio un appartamento …” “guarda” mi ha detto “tu non sai neanche quanto male siamo stati io e tuo papà, che ti ghemo fatto studià, e ti ieri andato a lavorare, avevi la macchina della ditta, parevi contento si, e dopo, tutto su un colpo, te ghe mollà … che mi non saevo cosa fare … che i parenti mi dicevano – ma ha perso la testa o cosa? Ma guarda che la terra se bassa … - tutti mi prendevano in giro e ti te si andà avanti così …. Adesso te ti se fatto la casa … E i tuoi parenti non se in grado di pagarse il mutuo …. Però vedi te ghi tenù duro…”46

45 Intervista a Sandro 46 Intervista a Sandro

Un capitolo importante nella carriera del posatore è quello dell’aggiornamento. Non ci sono scuole per imparare il mestiere, né veri e propri corsi di aggiornamento. Per restare aggiornati ai posatori non resta altro che conoscere tutti i prodotti presenti nel mercato, o per lo meno di conoscere tutti i prodotti che ciascuno usa; il metodo più tradizionale per aggiornarsi è leggere le schede tecniche dei prodotti:

“…. Anche perché il periodo storico è diverso, il lavoro è quello che è, e quindi anche una certa professionalità, una certa capacità intellettiva è necessaria nel senso che magari forse una volta forse il posatore era più “grezzo” chiamiamolo così, alla buona, adesso invece deve rapportarsi con il cliente, deve studiare le dispense, deve…”47

Il posatore è diventato, negli anni, più tecnico, più esperto nei materiali sia di posa che collanti. E per aggiornarsi usa anche Internet, naviga nei siti dei materiali per essere capace di consigliare il cliente, che Internet ha reso molto più competente e consapevole.

…”E i sé messo anche staltro in mezzo perché … ho seguito varia gente che guarda internet e dopo vien da ti e te dise vita, morte e miracoli di come se posa e (ride) un conto se guarda internet e guardemo anche noaltri, go guarda anche mi, se diverso , un conto se vedere ,un conto se fare ….

Be una parte bisogna che si aggiorna, la poi dipende da persona a persona, e disemo che se facile, io mi diverto e non ho nessun problema, guardo anche le nuove tecnologie che vengo a sapere, guardo internet e qualcosa come, guardo le macchine sempre più grandi, mattonelle, spessorate, se te voi, ci sono tanta de che robe , ma anche formati, delle piastrelle, vedere cosa, come se è un formato, 3metri per uno, mi sono andato a fare un corso…”48

47 Intervista a Mauro 48 Intervista a Dimitri

Oltre all’autoaggiornamento, ci sono delle occasioni di informazione e formazione offerte da alcune ditte produttrici che presentano nuovi materiali e prodotti e spiegano che caratteristiche hanno e come posarli.

“a mie spese, sono andato a fare il corso, partivo solo con la mia macchina tutto quanto, sono andato a fare il corso, l’ho ascoltato e l’ho trovato interessante perché per quanto poco c’è sempre da imparare”49

Federico, che ha una grande passione per il suo lavoro e un notevole orgoglio per le sue specificità, utilizza anche le esperienza all’estero come delle occasioni per imparare e “arricchirsi tecnicamente e culturalmente.

“…te ne vieni fuori arricchito, che vedi sempre situazioni nuove e impari sempre qualcosa, adesso per dire … a Formentera c’era una cosa importantissima che era l’acqua … gli angoli dell’acqua, con gli smalti, butta giù, no, veniva riciclata tutta l’acqua, veniva fatto un bacino grande come una piscina, veniva fatto un deposito…”50

Il lavoro del posatore non è un lavoro facile, si lavora sempre a temperatura ambiente, spesso si lavora all’esterno, sia d’inverno che d’estate. Il lavoro è poi pesante, anche se con l’andare del tempo la tecnica di posa è diventata più leggera, resta sempre un lavoro duro, un lavoro fisico e usurante. Ad essere sottoposte di più all’usura sono le articolazioni delle ginocchia: tutti i posatori hanno fatto almeno un intervento chirurgico alle ginocchia. Anche la schiena è molto sollecitata, perché si deve sempre stare chinati. Con l’età il lavoro diventa più pesante. Con l’arrivo dei collanti, che hanno sostituito la posa fresco su fresco, la vita dei posatori è sensibilmente migliorata: non si è più costretti a lavorare ininterrottamente fino al completamento della parete o del pavimento, perché altrimenti la malta non fa più presa, ma quando si è stanchi si può smettere e riprendere, ad esempio, il giorno dopo.