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La collezione di Giuseppe Picchianti e Angelica Drosso

1. Storia delle immissioni

1.3 La collezione di Giuseppe Picchianti e Angelica Drosso

Nel 1827 iniziarono le trattative per l’acquisto del secondo nucleo più cospicuo della collezione, la raccolta del viaggiatore Giuseppe Picchianti e della moglie Angelica Drosso, che si conclusero solo l’anno seguente (1828) con una spesa di circa 988.80 ducati75. A differenza delle ricche note biografiche che possediamo

70 Napoli e le sue costumanze 1840-44, I, 313.

71 ASSAN, Inventario Antico n. 11.

72 ASSAN, Inventari Antichi del Museo Borbonico - Consegna Egizi, 1843, n. 70, vol I GF.

73 NKS 357b, II.

74 ASSAN IV B 10, 4. Per il naoforo vedi Pirelli 1989, 149-50, n. 15.48 e relativa bibliografia.

75 ASSAN IV B 10,5-7; Documenti inediti 1879, 356.

sul Cardinale Borgia, su Giuseppe Picchianti e la moglie, la sedicente contessa Angelica Drosso, possediamo sporadiche e limitate informazioni. Solo in tempi recenti, in occasione del riallestimento della collezione egiziana, il rinvenimento da parte di Rita Di Maria di alcuni documenti inediti presso gli Archivi di Stato di Napoli e Livorno e l’ARMU e Biblioteca del Museo Galileo di Firenze ha permesso di acquisire nuovi dati sul luogo di origine del viaggiatore e su quello della moglie e sulla loro spedizione in Egitto76.

Nativo di Firenze77, Picchianti fu forse uno dei tanti “cercatori di tesori” che giunse in Egitto spinto dalla prospettiva di consistenti guadagni derivanti dal commercio antiquario. Secondo un documento a firma di Angelica Drosso, nel 1814 i coniugi si trovavano “nell’Egitto Superiore” dove condussero “scavazioni” per circa 10 anni78. Del viaggio non possediamo alcun resoconto, ma stando alle sporadiche informazioni del viaggiatore, sappiamo che giunse fino ai confini più meridionali della Valle. Di ritorno dall’Egitto, Picchianti ebbe probabilmente l’oc-casione di fare esaminare e stimare la sua raccolta da Jean François Champollion, il quale, divenuto celebre per la decifrazione dei geroglifici, si era recato a Livorno nel 1826 per esaminare la collezione Salt. Di questo episodio si conserva un documento anonimo presso l’Archivio della Soprintendenza, che consiste in una sintetica e alquanto originale descrizione in italiano di “13 Articoli”, corripondenti a circa 52 reperti, parte dei quali identificati79:

“Articolo I° Mummia donna imbalsamata interamente, dice di rilevare dalla iscrizione della cassa, che sia figlia di un regnante di quei tempi per nome Tana, morta nubile di anni 20, che sia tremilanovecento anni chi è morta80.

76 Il materiale, ancora in corso di studio da parte di Rita di Maria, è solo parzialmente pubbli-cato nella Guida 2016, 32-35 ed è stato presentato in vari convegni internazionali. Si coglie l’occa-sione per ringraziare la collega per aver condiviso le informazioni rinvenute negli archivi, inclusi i fascicoli presso l’Archivio di Stato di Napoli non rinvenuti precedentemente perché considerati distrutti in seguito all’incendio dell’Archivio nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

77 ASNa, documento datato al 6 Luglio 1831.

78 I documenti recentemente rinvenuti presso gli Archivi di Stato di Napoli e Livorno, antici-pano rispettivamente la data della partenza dei Picchianti per l'Egitto dal 1819 al 1814 e confer-mano quella del ritorno in Italia al 1825, allungando di circa 4 anni la durata della loro esperienza egiziana rispetto a quanto prima noto, vedi Guida 2016, 33-34.

79 Spiegazione del Sign. Champollion, antiquario, notamento di oggetti egizi, Livorno 28 Febbraio 1826. ASSAN IV B 10,3. Il documento è abbastanza ambiguo. La lettera sicuramente non fu scritta di prima mano dallo studioso francese innanzitutto perché è in italiano (probabilmente tradotta o scritta da qualcun altro), ma anche per l’erronea trascrizione del nome dello studioso, Sciampo- leo, in seguito corretto con Champollion.

80 Sarcofago anonimo di donna, del tipo “giallo”, fine XXI- inizio XXII dinastia. Invv. gen.

Art. 2° Papiro, che contiene le ultime volontà della suda replicate per quattro volte, trovato sotto il mento81.

Art. 3° Cassetta di Sicomoro, dice di avere un Albero Genealogico di Famiglia Egiziana con dentro le memorie de defunti82.

Art. 4° Mummia, che dice di rilevare dal pettorale, che sia un Sacerdote di quell’epoca83.

Art. 5° Tre scarabei di pietra dura di cartello, dice essere suggelli de’ sovrani dell’epoca.

Art. 6° N° 24 quadrelli di smalto insieme con Geroglifici, dice essere un contratto di matrimonio84.

Art. 7° N° 2 Memorie in legno con suoi depositi che dice esser aborti.

Art. 8° Pietra Calcaria in Giroglifici, che dice essere il giudizio di Osiride in atto di giudicare le anime.

Art. 9° Tazza di terra preziosa per la sua iscrizione in lingua demotica85.

Art. 10° Piccola Figura di marmo del Deserto con geroglifici, dice che rappresenta oro figlio di Osiride, simbolo della Grandezza, fortezza e solecitudine.

Art. 11° Quadrelli sciolti, smalto con geroglifici, dice di esser da una parte la preghiera del sole e dall’altra della luna86.

Art. 12° Dita di pietra nera, dice che sia il simbolo Sacerdotale.

Art. 13° Pietra Calcaria con geroglifici, che dice essere la pietra dove facevano loro sacrifici”.

Dopo un primo tentativo di vendita al re di Sassonia, la collezione fu traspor-tata a Roma nel 1827, come testimonia la presenza di essa in una casa d’asta a Piazza di Spagna n° 587, e, lo stesso anno, fu proposta al Museo Borbonico per una cifra di 13.000 scudi: 7.000 per coprire le spese delle operazioni di scavo,

2341, 2347, Cozzolino 1989, 186-87, nn. 24.1-2; Guida 2016, 116-17, n. 5.

81 Frammento di papiro con capitoli del Libro dei Morti, inizio XIX dinastia. Inv. gen. 2322, Cozzolino 1989, 188-89, [26] e [27]; Guida 2016, 83, n. 7.

82 Cassetta porta-ushebty di Mutemuia, cantatrice di Amon, fine XX-inizio XXI dinastia. Inv.

gen. 1097, Poole 1989, 168-69, n. 18.1; Guida 2016, 88, n. 14.

83 Mummia maschile sbendata. Inv. gen. 2344, Giuffra et. al. 2009, 121-55.

84 Probabilmente collana con piastrine con formula augurale per Sethi I, XIX dinastia. Invv.

gen. 1847-1859, Pirelli 1989, 183, n. 22.17; Guida 2016, 101, n. 3.

85 Probabilmente il contenitore per medicinale con iscrizione ieratica, V-IV sec a.C. Inv. gen.

828, Di Maria 1989, 166, n. 17.15; Poole 2001, 175-80. Guida 2016, 93, n. 22.

86 Si tratta di ventiquattro piastrine rettangolari recanti capitoli del Libro dei Morti (CLXIX e CLXXII), XVIII-XIX din. Invv. gen. 2352-2375, Pirelli 1989, 183, n. 22.16; Guida 2016, 82, n. 8.

87 “Diario di Roma": asta per il Gabinetto di antichità egiziane. Comunicazione personale di Rita Di Maria.

6.000 per il trasporto dall’Egitto. Per la valutazione della raccolta fu nuova-mente istituita una specifica commissione composta dal Direttore Arditi, che già aveva preso parte alla valutazione del nucleo Borgia, affiancato da Scotti88, Avellino89 e Niccolini90, ai quali fu in seguito aggiunto William Gell91. Nel 1827 solo una parte della raccolta fu scelta per il Museo Borbonico e, per quanto fosse stata valutata 965 piastre (1.158 ducati), fu acquistata per 824 piastre (988. 80 ducati)92. Questa riduzione di prezzo fu proposta dal Gell il quale so-steneva che “tutti gli oggetti che il proprietario Picchianti ha asserito essersi rinvenuti con le due mummie” dovevano essere inclusi “nel prezzo fissato alle medesime”93. In realtà è possibile che la sottostima fosse strettamente le-gata alla volontà di Gell di favorire l’acquisto di reperti egiziani in possesso dell’antiquario inglese, nonché amico, Edward Dodwell94.

Nonostante l’insoddisfazione della vendita, la restante parte della colle-zione fu comunque donata al museo dal Picchianti ed il 7 agosto 1828 entrò a far parte della collezione egiziana del Real Museo Borbonico95.

Come premesso, le figure di Giuseppe Picchianti e Angelica Drosso re-stano enigmatiche. I pochi documenti esistenti presso l’Archivio del MANN e l’Archivio di Stato di Napoli, infatti, sono per la maggior parte atti di vendita della collezione al Museo e relativi al ruolo assunto da Picchianti quale “cu-stode aggiunto” della sezione egiziana che lo vide impegnato soprattutto nella

88 Angelo Antonio Scotti (1786-1845), paleografo e socio dell’Accademia Ercolanese, fu segretario della Giunta della Biblioteca Rale di Napoli con funzione di Prefetto dal 1822 al 1845.

Zelo 1847.

89 Francesco Maria Avellino (1788-1850), Direttore del Museo Boronico e Sovrintendente agli scavi del Regno dal 1839 al 1849.

90 Ad Antonio Niccolini (1772-1850), architetto, decoratore teatrale e direttore del Real Istituto delle Belle Arti, si deve la stesura del Real Museo Borbonico di Antonio Niccolini (1824-1827), voll.

IXVI, una vasta opera che comprende circa 1050 riproduzioni a incisione di reperti custoditi presso il Museo Borbonico. Vedi Mazzucato 2017, 1-31.

91 Documenti inediti 1879, XV, nota 14. William Gell (1777-1836) è un archeologo classico e illustratore inglese famoso per i suoi numerosi disegni di rovine classiche e i volumi Pompeiana;

the topography, edifices and ornaments of Pompeii, pubblicato tra il 1817-1819. Si trasferì a Napoli nel 1820 come rappresentante plenipotenziario della Società dei Dilettanti in Italia.García y García 1998, I, 545-47; Jacobelli 2010, 49-60.

92 La lista dei reperti, con relativo prezzo in piastre proposto da Picchianti, sopravvive nel volume Documenti inediti 1879, 354-56 e in numerose copie custodite presso l’Archivio Storico della Soprintendenza di Napoli.

93 Documenti inediti 1879, 356.

94 Guida 2016, 35.

95 Guida 2016, 35. Erroneamente in Documenti Inediti 1879, si attribuisce il dono della restante parte della collezione alla “Contessa” Drosso-Picchianti.

conservazione e nel restauro delle mummie, che sembrano costituire il suo unico e più grande interesse96. Tuttavia gli anni della sua presenza al museo (1828-1833) furono intervallati da spostamenti ed allontanamenti dalla se-zione. Nel febbraio del 1832, ad esempio, Picchianti fu inviato “nella Galleria de’ quadri detta dei Capi d’Opera” e fu sostituito dal “custode” aiutante Fran-cesco Scognamiglio97. Il motivo dell’allontanamento dalla sezione è poco chiaro, ma sappiamo che già il mese successivo (13 marzo 1832), in seguito alla richiesta ministeriale del restauro delle mummie, Picchianti chiese di far ritorno nel portico per occuparsi personalmente di tali operazioni, vista anche l’inadeguatezza del custode in carica. Una delle mummie, infatti, aveva la “te-sta quasi di“te-staccata dal busto” essendo “te-stata “malmenata dal figlio del custode Scognamiglio, giovinetto di 15 anni il quale accudisce in luogo del padre che attende agli affari di un deposito di oggetti antichi”98. La richiesta fu appro-vata e Picchianti fu incaricato della “manutenzione delle mummie esistenti”99. Questo rappresenta l’ultimo incarico del viaggiatore, che, dopo una lunga, estenuante e vana trattativa per ottenere un profilo e un salario più adeguati ai compiti che è chiamato a svolgere presso il Museo napoletano, o in alterna-tiva una adeguata pensione, accetta, su proposta del Re, che gli siano corri-sposti 1000 ducati per la parte della collezione che aveva originariamente do-nato nel 1828, a condizione che lasci il suo impiego. Il difficile rapporto tra Picchianti e il Museo Borbonico si chiude definitivamente con “gli ordini per la [sua] sollecita partenza” disposti dal Ministro Segretario di Stato del Regno di Napoli il 3 ottobre 1833100.