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disposizione, logica e facilmente comprensibile da parte di un pubblico ‘edot-to’, risultava invece poco fruibile per la maggior parte dei visitatori, che ave-vano difficoltà a seguire il percorso espositivo. Come osservato da uno dei curatori stessi infatti, “il ripetersi di alcune categorie di reperti in punti diversi del percorso fu percepito come una semplice ridondanza anziché invitare, come auspicato, alla riflessione sulla storia del collezionismo”200.

giani, è affidato principalmente ai pannelli dotati anche di copie di documenti d’archivio e disegni storici. A questi si affianca l’eposizione di vari manufatti:

i calchi in gesso fatti realizzare da Luigi Vassalli 1871 allo scopo di integrare le lacune nelle collezioni egiziane italiane – tra i quali la falsa porta del sacer-dote uab Shery, per la prima volta assemblata e resa nella sua tridimensiona-lità (fig. 35), oppure la statua della dea Hathor che protegge l’alto dignitario Psammetico – ; il naoforo Farnese, unica scultura egiziana della celebre colle-zione rinascimentale, e una selecolle-zione di falsi e copie che includono le copie in fango del Nilo di ushebty presenti nella collezione del MANN e giunti tra il 1827 e il 1828.

La prima sala, dal titolo Il Faraone e gli Uomini (XIX, curatore Rosanna Pi- relli)203, espone circa 70 statue, sia di carattere regale che privato (scribi, fun-zionari civili e militari e sacerdoti), quasi tutte pertinenti al nucleo Borgia, che coprono un arco cronologico di circa 3000 anni, dall’inizio dell’Antico Regno all'epoca tolemaico-romana. Un focus particolare è dato ai reperti più signifi-cativi del museo quali il monumento di Amenemone e la “Dama di Napoli”

collocati in vetrine centrali che ne permettono la visione a 360°. In questa sala sono inoltre illustrate attraverso i reperti stessi e con l’ausilio della pannelli- stica la produzione delle statue, il carattere della scultura egiziana e i cambia-menti ideologici intercorsi nella società riscontrabili in tale arte.

Il percorso prosegue con La tomba e il corredo Funerario (XX, curatore Fede-rico Poole)204 che illustra le pratiche e l’ideologia funeraria dell’Antico Egitto attraverso gli oggetti che formavano il corredo che accompagnava il defunto nel suo viaggio nell’oltretomba. Accanto ai reperti indispensabili per permettere la rinascita del defunto – stele, ushebty, papiri e statuette di Ptah-Sokar-Osiride – sono esposti anche manufatti di uso quotidiano come contenitori non necessariamente fabbricati per la tomba, ma prodotti per conservare cibo, bevande e contenere cosmetici – vasi da kohl-, unguenti oppure medicinali. Tra i reperti infatti si evidenzia la coppetta con iscrizione ieratica del V-IV secolo a.C che recita: “cumino, latte rappreso, miele”, uno dei pochissimi contenitori per medicine egiziani con etichetta205.

203 Guida 2016, 44-67.

204 Ibidem, 44-67.

205 La ricetta si trova nel grande papiro medico di Berlino (1300-1200 a.C.), dove è elencata fra vari rimedi per la tosse. Poole 2001, 175-80; Guida 2016, 93, n. 22.

Direttamente connessa alla precedente e alla successiva (sulla magia) è la sala sulla Mummificazione (XXI, curatore Stefania Mainieri)206. In questa sala, l’importanza e le fasi della mummificazione vengono spiegate attraverso l’esposizione dei reperti direttamente associati al processo di imbalsamazione e di conservazione del corpo tra i quali un posto privilegiato è occupato senza dubbio da mummie e sarcofagi, ma che includono anche amuleti, canopi e cartonnage. Un nuovo studio su sarcofagi e mummie ha permesso da un lato di ricollocare i reperti in un quadro cronologico e storico-geografico più preciso, dall’altro di svelare e approfondire le vicissitudini di alcuni di questi reperti legate spesso alle ‘mode’ dell’epoca207. I sarcofagi del MANN, infatti, sono anche testimonianza della storia delle acquisizioni, del trattamento e del restauro dei reperti nell’Ottocento e per questo alcuni dei reperti stessi introducono temi specifici. Tra questi si evidenzia la diffusione della

‘mummia mania’ in Europa e la pratica dello ‘sbendaggio’ pubblico dei corpi diffusa soprattutto nell’Inghilterra vittoriana e giustificata da scopi ‘medici’

– identificazione dell’etnia e dei metodi di imbalsamazione –, ma effettuata anche per la ‘caccia’ ai papiri e altri oggetti posti tra le tele. Un focus particolare è altresì dedicato a una delle false mummie del Museo che, creata nel XIX secolo con frammenti umani provenienti da due farmacie napoletane, permette di approfondire anche i temi della farmacopea, dell’impiego dei corpi antichi nella produzione della polvere di mummia e della falsificazione sia a scopo di lucro che per fini espositivi208. In questa sala è stato inoltre esposto per la prima volta il frammento di un sudario del tipo Soter, datato al II sec. d.C., contenuto in una campana ottocentesca insieme a quattro piedi di mummia ‘decorati’ con elementi vegetali e una passamaneria di ciniglia di seta, testimonianza di un tipico pastiche Ottocentesco209.

Il percorso espositivo prosegue con la sala dedicata a Religione e magia- nell’Antico Egitto (XXII, curatore Ilaria Incordino)210. La sala spiega il ricco pantheon egiziano attraverso le molteplici immagini delle divinità rappresen-tate sottoforma di statuette, sia antropomorfe che zoomorfe, e mummie ani-mali. Nella sala è contenuta infatti anche l’unica mummia animale ancora

esi-206 Guida 2016, 102-23.

207 Mainieri 2016, I.

208 Mainieri 2016, I; Guida 2016, 108-110; Mainieri 2019, 63-71.

209 Guida 2016, 111, 122-23, n. 8.

210 Ibidem, 124-45.

stente al MANN: il corpo di un esemplare adulto di coccodrillo che, pur es-sendo stato sbendato in un’epoca non ben definita, conserva ancora le bende a trama larga, le foglie di palma e le corde originarie impiegate per la mum-mificazione dell’animale211. A completare la panoramica del complesso siste-ma di credenze vi sono anche stele arpocratee e statue siste-magiche testimonianza della sfera magica del culto.

L’ultima sala (XXIII, curatore Caterina Cozzolino)212 si articola in due ambiti culturali distinti: Scrittura, arti e mestieri e Egitto fuori dall’Egitto. Il primo percorso svela l’aspetto culturale, scientifico, tecnico e sociale dell’Antico Egitto attraverso la scrittura, della quale è tracciata una panoramica dei diversi modi di scrivere in Egitto – dal demotico al greco – e i mestieri spiegati attraverso la Satira dei Mestieri213; il secondo è dedicato, invece, alle relazioni culturali e commerciali tra la terra dei faraoni e la Campania, dal IX secolo a.C. al III/ IV d.C. Quest’ultimo tema è trattato attraverso i reperti egiziani o egittizzanti emersi nel corso di scavi in Campana come la statua teofora di Epoca Tolemaica rinvenuta nella Villa di Vedio Pollione a Napoli214, l’ushebty di Nesmin della XXVI dinastia da Capua215 oppure il canopo in alabastro datato al I secolo d.C e rinvenuto all’interno di un recipiente in terracotta sotto le fondazioni di un colombarium (mausoleo funerario) lungo la via consolare tra Pozzuoli e Quarto, contenente i resti di una cremazione, in contrasto con la funzione di questo tipo di contenitori216. La sala espone dunque anche reperti che non rientrano nella collezione storica, ma che sono stati inseriti

‘in supporto’ ai materiali da Pompei e Ercolano. Sono infine presenti anche reperti (tutti borgiani) provenienti da Roma, Velletri o dalla villa di Adriano a Tivoli, parte dei quali identificati grazie al manoscritto di Zoëga e che ora trovano una più idonea collocazione nella sezione.

Il progetto di allestimento museografico della collezione egiziana è stato curato dallo studio associato Architetti Guicciardini & Magni di Siena217, in col-laborazione con lo studio grafico Rovai Weber Design, che si è occupato della

211 Guida 2016, 130-31, n. 3.

212 Ibidem, 146-69.

213 Roccati 2000, 5-17

214 Guida 2016, 165, n. 10.

215 Ibidem, 165, n. 9.

216 Poole 2016, 81, n. 56.

217 Architetti Piero Guicciardini, Marco Magni, Nicola Capezzuoli, Edoardo Botti, Giuseppe Lo Pesti. Lo studio ha curato numerosi progetti di restauro e allestimento museografico princi-palmente a Firenze tra i quali: il Museo dell’Opera del Duomo (2009-2015), Museo di Palazzo Petorio (2012-2014), Museo di Galileo (2007-2010).

pannellistica e dell’impianto didascalico, mentre il progetto di riqualifica-zione e valorizzariqualifica-zione funzionale delle sale è stato affidato all’impresa Edil- mayor di Napoli (Giugliano). Le sale sono dotate di vetrine a parete continue e di isole centrali composte da un basamento di circa 60 cm su cui si stagliano due o tre teche di diversa conformazione e grandezza a seconda dei reperti esposti. In tutte le vetrine i reperti sono illuminati con un sistema a luce dif-fusa: alla base della teca sono stati posti degli apparecchi illuminati proiettati verso l’alto e riflessi su un “cielino” specchiato, di cui sono dotate interna-mente le vetrine che permette la distribuzione uniforme della luce sull’oggetto esposto.

Un ricco apparato didascalico, interno ed esterno alle vetrine, completa il percorso espositivo che a breve sarà fornito anche di una dotazione multime-diale. In questo modo si potranno aggiungere informazioni, snellire ulterior-mente i pannelli, approfondire le tematiche caratterizzanti le singole sale e fornire una più profonda contestualizzazione e comprensione del contesto storico-archeologico nonché di aggiornare agevolmente i dati inseriti218.

218 Il progetto dell’APP è in fase di realizzazione in collaborazione con ETT spa - People and Technology. L’apparato multimediale permetterà l’accesso a tre macro sezioni tematiche, trasver-sali alle sette sale: opere e personaggi, società e uomini, approfondimenti su curiosità e/o temi specifici quali le tecniche di mummificazione.