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La compatibilità con il diritto dell’Unione europea

LA LIBERALIZZAZIONE DELLE ATTIVITÀ DI SERVIZI

2.1. La compatibilità con il diritto dell’Unione europea

La Direttiva Servizi definisce regime di autorizzazione “qualsiasi

procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorit{ competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attivit{ di servizio o al suo esercizio”177. Il considerando 39 chiarisce che la nozione di regime di autorizzazione comprende le procedure amministrative per il rilascio di autorizzazioni, licenze, approvazioni o concessioni, ma anche l’obbligo di essere iscritto in un albo professionale, registro, ruolo o banca dati; si considerano soggette ad autorizzazione tutte le attività di servizi che non

175 Ibidem.

176 BASSANINI F., La regolazione intelligente e la "qualità" delle liberalizzazioni, prefazione ad ASTRID, La regolazione intelligente. Un bilancio critico delle liberalizzazioni italiane, a cura di MATTARELLA B. G., NATALINI A., in corso di pubblicazione, Firenze, Passigli, 2013, in http://www.astrid-online.it., pag. 4.

possono essere avviate legittimamente senza una decisione dell’autorità competente, anche implicita, come nel caso in cui sia necessario attendere l’avviso di ricevimento di una dichiarazione.

Alle autorizzazioni sono dedicati gli articoli da 9 a 13 della direttiva 2006/123/CE, contenuti nella Sezione 1 del Capo III, relativo alla libertà di stabilimento; queste disposizioni sono state trasposte nell’ordinamento italiano con gli articoli da 14 a 19, d. lgs. n. 59/2010, che disciplinano sia i titoli sia i procedimenti autorizzatori. In base alla Direttiva, e come ribadito dall’articolo 14, comma 1, del Decreto, l’accesso a un’attività di servizi può essere subordinato al rilascio di un’autorizzazione da parte delle autorità competenti soltanto in presenza di tre condizioni, ovvero quando:

- il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore;

- la previsione di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;

- l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori potrebbe risultare inefficace.

La previsione di un regime autorizzatorio risulta, dunque, legittima soltanto se è conforme ai principi di non discriminazione, di necessità e di proporzionalità. In particolare, l’accesso a un’attività di servizi può essere subordinato ad autorizzazione soltanto qualora l’obiettivo di interesse generale perseguito non possa essere raggiunto tramite una misura alternativa meno restrittiva, ovvero in tutti i casi nei quali un controllo successivo non garantirebbe l’adeguata protezione dell’interesse da tutelare, sia per l’impossibilità di constatare a posteriori le carenze del servizio in questione, sia considerati i rischi e i pericoli che potrebbero derivare dall’assenza di un controllo a priori.

I “motivi imperativi di interesse generale” sono definiti all’articolo 4, paragrafo 1, n. 8, della Direttiva con riferimento alla nozione che è stata progressivamente elaborata dalla Corte di giustizia. In questa categoria

rientrano “almeno i seguenti motivi: l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza e

la sanità pubblica [...], il mantenimento dell’ordine sociale, gli obiettivi di politica sociale, la tutela dei destinatari di servizi, la tutela dei consumatori, la tutela dei lavoratori, compresa la protezione sociale dei lavoratori, il benessere degli animali, la salvaguardia dell’equilibrio finanziario del regime di sicurezza sociale, la prevenzione della frode, la prevenzione della concorrenza sleale, la protezione dell’ambiente e dell’ambiente urbano, compreso l’assetto territoriale in ambito urbano e rurale, la tutela dei creditori, la salvaguardia della sana amministrazione della giustizia, la sicurezza stradale, la tutela della proprietà intellettuale, gli obiettivi di politica culturale, compresa la salvaguardia della libertà di espressione dei vari elementi presenti nella società e, in particolare, dei valori sociali, culturali, religiosi e filosofici, la necessità di assicurare un elevato livello di istruzione, il mantenimento del pluralismo della stampa e la politica di promozione della lingua nazionale, la conservazione del patrimonio nazionale storico e artistico, e la politica veterinaria”178. Il significato dei motivi va inteso conformemente all'interpretazione della Corte; pertanto, il concetto di ordine pubblico “comprende la protezione contro una minaccia

effettiva e sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della collettività e può includere, in particolare, questioni legate alla dignità umana, alla tutela dei minori e degli adulti vulnerabili ed al benessere degli animali. Analogamente, la nozione di pubblica sicurezza comprende le questioni di incolumità pubblica”179. I motivi imperativi possono, dunque, giustificare l’esistenza di un regime di autorizzazione; tuttavia, quest’ultimo non può discriminare in base alla nazionalità e deve conformarsi ai principi di necessità e proporzionalità.

Tutti i regimi autorizzatori che non soddisfano i requisiti sopra indicati sono incompatibili con la Direttiva e devono essere sostituiti con un regime meno restrittivo di accesso all’attività di servizi; le prescrizioni

178 Direttiva 2006/123/CE, considerando 40.

di cui all’articolo 14, comma 1, d. lgs. n. 59/2010 riguardano, infatti, non solo l’istituzione, ma anche il mantenimento dei regimi autorizzatori. Sono, comunque, fatte salve le disposizioni istitutive e relative ad ordini, collegi e albi professionali.

Il principio della limitazione del ricorso ai regimi autorizzatori è stato successivamente ribadito dal legislatore nazionale all’articolo 34, comma 4, d. l. 6 dicembre 2011, n. 201. Secondo tale disposizione, “l’introduzione di un regime amministrativo volto a sottoporre a previa

autorizzazione l'esercizio di un’attivit{ economica deve essere giustificato sulla base dell’esistenza di un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario, nel rispetto del principio di proporzionalità”.

Dalla normativa sopra illustrata è possibile desumere un principio generale di eccezionalità del regime autorizzatorio. Come osservato dalla Corte di giustizia, l’instaurazione di misure preventive, ossia di controllo a priori, può essere idonea a garantire la realizzazione di un obiettivo di interesse generale nei casi nei quali l’adozione di misure a posteriori appaia come un’alternativa meno efficace e più costosa rispetto al regime di autorizzazione previa; in ogni caso, un regime autorizzatorio, il quale comporta che si consideri accordata, e non negata, una richiesta di autorizzazione se non è stata adottata una decisione di rifiuto entro il termine specificato (cd. “silenzio assenso”), risulta meno restrittivo di un regime di “silenzio diniego”180.