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La convergenza al ribasso nei tassi di interesse

CAPITOLO IV LA POLITICA MONETARIA DEL DEBITO PUBBLICO

4.3 L A POLITICA MONETARIA EUROPEA FINO AL 2008

4.3.2 La convergenza al ribasso nei tassi di interesse

I limiti all’affermazione del modello europeo, appena esposti, possono aiutarci a spiegare un fenomeno che caratterizza i primi anni di funzionamento dell’area euro, la convergenza al ribasso nei tassi di interesse pagati sui titoli del debito pubblico dei paesi membri dell’unione monetaria. Tale convergenza al ribasso può essere scomposta in due dinamiche: da un lato, la contrazione generalizzata del tasso di interesse sui titoli del debito pubblico, e dall’altro la

particolare circostanza che vede tale contrazione agire più intensamente sui titoli della periferia d’Europa, provocando così la convergenza citata.

Il ribasso nei tassi di interesse sul debito pubblico europeo, il primo dei due elementi che compongono questa dinamica, è in contraddizione con la marginalizzazione dei titoli pubblici che abbiamo attribuito al concreto operare della politica monetaria europea, e può essere spiegata solamente grazie all’esistenza di quei limiti temporali e quantitativi alle operazioni di mercato aperto precedentemente illustrati. Ciò significa che la progressiva riduzione della domanda di titoli pubblici da parte del settore creditizio, indotta dalla scelta della banca centrale di accettare anche titoli diversi nelle sue operazioni di mercato aperto, viene più che compensata dai maggiori flussi di domanda generati dall’incertezza implicita nella particolare forma conferita dall’Eurosistema a quelle operazioni, caratterizzate da prestiti di brevissima durata e di limitato

3,0 3,5 4,0 4,5 5,0 5,5 6,0 6,5 7,0 7,5 %

Tasso di interesse sui titoli pubblici decennali

Germania Irlanda Grecia Spagna

Francia Italia Portogallo

volume. Possiamo dunque affermare che, nei primi anni di funzionamento dell’Eurosistema, la politica monetaria del debito pubblico europea finisce per produrre – tramite la sua influenza sul comportamento del settore creditizio – un effetto netto positivo sui flussi di domanda di titoli pubblici, e per questa ragione induce una contrazione nei costi dell’indebitamento pubblico in Europa.

Dobbiamo ora spiegare perché tale contrazione, pur generalizzata, non sia stata però uniforme, ma si sia piuttosto concentrata sui titoli pubblici della periferia, producendo così una convergenza tra i costi del debito pubblico dei diversi paesi europei, esemplificata in questo grafico dalla riduzione dello spread tra i titoli pubblici europei inizialmente caratterizzati dal più ampio divario, ossia quelli greci e quelli tedeschi:

3,0 3,5 4,0 4,5 5,0 5,5 6,0 6,5 7,0 7,5 %

Tasso di interesse sui titoli pubblici decennali

Germania Grecia

spread

Per spiegare questa dinamica, osserviamo un ultimo aspetto delle operazioni di mercato aperto dell’Eurosistema: l’integrazione monetaria europea consente alle banche private di ottenere liquidità dalla propria banca centrale nazionale, anello dell’Eurosistema, in cambio di qualsiasi titolo del debito pubblico europeo, dunque anche in cambio di titoli emessi da un altro paese dell’area euro, alle medesime condizioni112. Ciò significa che i titoli pubblici di qualsiasi paese europeo rappresentavano, fino al 2008, identica garanzia nell’ambito delle operazioni di mercato aperto. Tale politica rappresenta una assoluta novità in Europa, perché non era realizzabile quando ad ogni governo corrispondeva una diversa autorità monetaria: in quel contesto, pure se caratterizzate da più elevati rendimenti, le obbligazioni pubbliche emesse da altri paesi erano prive della liquidità che la banca centrale nazionale garantiva, naturalmente, ai soli titoli pubblici nazionali. Nell’ambito delle operazioni di mercato aperto dell’Eurosistema risulta possibile, invece, ottenere € 100 di liquidità depositando, ad esempio, presso la banca centrale tedesca € 100 di titoli pubblici tedeschi o, alternativamente, € 100 di titoli pubblici greci.

Tuttavia, mentre costituivano identica garanzia di fronte all’autorità monetaria europea, i titoli pubblici della periferia d’Europa assicuravano, alla nascita dell’area euro, rendimenti maggiori di quelli dei paesi centrali, perché incorporavano ancora l’elevato rischio di svalutazione implicito nella varietà di valute in cui erano denominati. Con l’ingresso nell’Unione Economica e Monetaria europea (UEM), i paesi partecipanti hanno visto ridursi sensibilmente il rischio di cambio associato alla propria valuta, sebbene non sia possibile affermare che quel rischio si sia mai del tutto estinto; data la particolare politica dei collaterali adottata dall’Eurosistema, che annullava qualsiasi differenza di liquidità tra i titoli pubblici europei, una intensa attività di arbitraggio ha condotto rapidamente il tasso di interesse pagato sui titoli pubblici di quei paesi a contrarsi proporzionalmente alla riduzione prodottasi nel rischio di svalutazione. Il caso greco è emblematico di tale dinamica: tra i 12 paesi che

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introdurranno l’euro nel gennaio 2002, la Grecia è stato l’ultimo ad aderire all’UEM, stabilendo solamente nel giugno del 2000 un tasso di cambio fisso tra la propria valuta nazionale, la dracma, e la nuova moneta; conseguentemente, osserviamo che lo spread tra i titoli pubblici greci e quelli tedeschi passa dai circa 250 punti base del 1999 ai 50 punti base del 2001, stabilizzandosi intorno ai 25 punti base negli anni successivi, fino al 2008.

Pertanto il processo di convergenza è stato molto rapido, mentre la riduzione generalizzata dei tassi di interesse pagati sul debito pubblico dei paesi europei si realizza, progressivamente, nei primi anni di funzionamento dell’area euro. Nel nuovo contesto prodotto dall’integrazione monetaria e dalla conseguente riduzione del rischio di svalutazione, dunque, la politica dei collaterali adottata dall’Eurosistema ha indotto i mercati finanziari europei a considerare sostanzialmente equivalenti i titoli del debito pubblico dei differenti paesi dell’area euro, come ci dimostra lo straordinario incremento delle operazioni di mercato aperto transnazionali, che passano dal 10% al 50% circa del totale: 0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50% 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005

OMA transnazionali, Eurosistema (% del totale)

In altre parole, coerentemente con le scelte di politica monetaria dell’Eurosistema, si osserva una tendenza dei settori creditizi nazionali ad impiegare, come garanzia delle operazioni di mercato aperto, sempre più titoli diversi da quelli del proprio paese. Questa circostanza, unita ai limiti quantitativi e temporali imposti alle operazioni di mercato aperto, ci spiega per quali ragioni abbiamo assistito, nei primi anni di funzionamento dell’area euro, ad una convergenza al ribasso nei costi del debito pubblico di tutti i paesi membri dell’UEM. Ed è probabile che le istituzioni finanziarie private dell’Europa centrale abbiano sfruttato la possibilità di entrare in possesso di attività finanziarie caratterizzate da rendimenti lievemente maggiori dei titoli pubblici del proprio paese ma, non per questo, dotate di minore liquidità, ossia i titoli pubblici dei paesi della periferia d’Europa, i quali incorporano comunque un minimo rischio di svalutazione: le statistiche ufficiali113 ci dicono che la percentuale di titoli pubblici dei paesi periferici sul totale di quelli impiegati come garanzie presso la BCE risulta crescere continuamente in quei primi anni, dal 34% circa del 1999 al 40% del 2005.

Come è noto, l’attività delle istituzioni finanziarie private consiste, molto schematicamente, nel suddividere i propri impieghi in modo tale da massimizzare i profitti mantenendo, al tempo stesso, una minima solidità finanziaria. Pertanto, le banche tendono ad impiegare la gran parte delle risorse eccedenti la riserva obbligatoria, posta a salvaguardia della liquidità dell’istituto, nelle attività più redditizie, ovvero in prestiti verso soggetti privati. In questo schema, l’investimento in attività finanziarie si configura come una scelta residuale, guidata dalla necessità di mantenere alcune risorse a metà strada tra gli impieghi più redditizi e quelli totalmente liquidi: l’incertezza implicita nell’attività creditizia costringe infatti le istituzione finanziarie a tenere una parte della loro ricchezza in una qualche forma facilmente liquidabile, necessaria a fare fronte ai continui disavanzi di liquidità che l’alternarsi di uscite ed entrate produce. Poiché, come abbiamo visto, la liquidità di un titolo non è una sua

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proprietà intrinseca, ma è determinata dalle scelte operative dell’autorità monetaria, si può affermare che la particolare politica monetaria del debito pubblico europea ha in un primo momento indotto una convergenza nei tassi di interesse pagati sul debito pubblico dei diversi paesi dell’area euro. Come spiegano Buiter e Sibert (2005), che concentrano la loro attenzione sulla politica dei collaterali, questa decisione operativa dell’autorità monetaria ha una influenza determinante sulle scelte degli operatori finanziari:

“I am more willing to purchase and hold an asset (making it more liquid for others) if I deem the asset to be liquid. The Eurosystem is the most important player in the euromarkets. A security will be liquid when the Eurosystem, by including it in its highest liquidity category of eligible assets and awarding it the lowest possible haircut, ‘certifies’ it as liquid. It is doubtful whether Greek, Portuguese or even Italian sovereign debt would be highly liquid today without this ‘certification’ by the Eurosystem.” (Buiter e Sibert, 2005, p. 11.)

Come suggerito dagli stessi Buiter e Siebert (2005)114, “practical, technical modalities of how the Eurosystem implements its open market operations” hanno dunque prodotto, esse stesse, una convergenza nel costi di indebitamento dei diversi governi nazionali:

“It is our contention that the operational practices of the Eurosystem in its operations encourage and support a distorted market equilibrium in which differences among default risk premia on sovereign debt instruments issued by the 12 Eurozone central governments are compressed and effectively suppressed. Despite significant fundamental differences among the default risks associated with the euro-denominated debt issued by the 12 national governments of the Eurozone, all these euro-denominated sovereign debt instruments can defacto be used as collateral in Eurosystem

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Repos on the same terms as the default risk-free debt certificates issued by the Eurosystem itself.” (Buiter e Sibert, 2005, p.7.)

Possiamo quindi spiegare la convergenza al ribasso tra i tassi di interesse pagati dai titoli pubblici europei come il risultato del particolare disegno istituzionale affermato in Europa nei primi anni del processo di integrazione monetaria.

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