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Indipendenza, socialismo, agricoltura e sviluppo (1961-1986)

2.3 La Dichiarazione di Arusha, l’Ujamaa e il socialismo

La dichiarazione di Arusha dell’Aprile del 1967 (la quale definì la TANU come il “partito dei contadini e dei lavoratori”) sancì un cambiamento radicale nella politica economica del Paese: i maggiori mezzi di produzione e distribuzione furono nazionalizzati e messi sotto il controllo delle aziende parastatali.

To Build and maintain socialism it is essential that all the major means of production and exchange in the nation are controlled and owned by the peasants through the machinery of their Government and their co-operatives. Further, it is essential that the ruling Party should be a Party of peasants and workers (Dichiarazione di Arusha 1967: parte II, in URT 1967)

Lo sviluppo del capitalismo agrario che stava prendendo corpo nel Paese era in contraddizione con l’ideologia socialista e costituiva allo stesso tempo una potenziale minaccia alla popolarità del partito tra la popolazione rurale. La Dichiarazione pose fine al modello di produzione capitalista e

41 Anche le unioni sindacali furono sciolte per essere sostituite da quelle controllate dal partito: la Tanganyika federation

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diede avvio a nuove politiche economiche che rivolsero grande enfasi sul concetto dell’uguaglianza, sullo sviluppo rurale comunitario e sull’agricoltura contadina. Nelle parole della Dichiarazione:

A truly socialist state is one in which all people are workers and in which neither capitalism nor feudalism exists. It does not have two classes of people, a lower class composed of people who work for their living, and an upper class of people who live on the work of others. In a really socialist country no person exploits another; everyone who is physically able to work does so; every worker obtains a just return for the labour he performs; and the incomes derived from different types of work are not grossly divergent. In a socialist country, the only people who live on the work of others, and who have the right to be dependent upon their fellows, are small children, people who are too old to support themselves, the crippled, and those whom the state at any one time cannot provide with an opportunity to work for their living. Tanzania is a nation of peasants but is not yet a socialist society. It still contains elements of feudalism and capitalism--with their temptations. These feudalistic and capitalistic features of our society could spread and entrench themselves (Ibidem).

La dichiarazione di Arusha affermò inoltre che le politiche economiche dei primi anni successivi all’indipendenza avevano posto troppa enfasi sullo sviluppo industriale e sugli aiuti esteri,42 e che le

nuove politiche si sarebbero dunque concentrate sull’agricoltura e sullo sviluppo ruraleutilizzando le risorse nazionali disponibili (in opposizione ai beni importati).

TANU is involved in a war against poverty and oppression in our country; the struggle is aimed at moving the people of Tanzania…from a state of poverty to a State of prosperity…We have made a mistake to choose money, something which we do not have, to be our major instrument of development. We are mistaken when we imagine that we shall get money from foreign countries, firstly because, to say the truth, we cannot get enough money for our development and, secondly, because even if we could get it, such complete dependence on outside help would have endangered our independence and the other policies of our country. Because of our emphasis on money, we have made another big mistake. We have put too much emphasis on industries… It is a mistake because we do not have the means to establish many modern industries in our country. The policy of inviting a chain of capitalists to come and establish industries in our country might succeed in giving us all the industries we need, but it would also succeed in preventing the establishment of socialism unless we believe that without first building capitalism, we cannot build socialism (Ibidem: parte III).

Nonostante questo cambiamento radicale nella strategia di sviluppo, l’obiettivo delle politiche agricole rimase quello di incrementare la produzione e la produttività:

The development of a country is brought about by people, not by money. A great part of Tanzania's land is fertile and gets sufficient rains. Our country can produce various crops for home consumption and for export. We can

42 Tuttavia, gli aiuti esteri continuarono a finanziare i programmi di sviluppo. La Cina finanziò ad esempio la costruzione

della ferrovia TAZARA che collegò la Tanzania con lo Zambia. È interessante notare come la gran parte degli aiuti esteri continuarono ad essere forniti dal blocco occidentale piuttosto che da quello orientale. Gli aiuti dall’occidente nel periodo 1969-1976 furono infatti tre volte superiori rispetto a quelli provenienti dai paesi socialisti/comunisti (Aminzate 2013: 183).

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produce food crops (which can be exported if we produce in large quantities) such as maize, rice, wheat, beans, and groundnuts. And we can produce such cash crops as sisal, cotton, coffee, tobacco, pyrethrum, and tea...All of our farmers are in areas which can produce two or three or even more of the food and cash crops enumerated above, and each farmer could increase his production so as to get more food or more money. And because the main aim of development is to get more food, and more money for our other needs, our purpose must be to increase production of these agricultural crops. This is in fact the only road through which we can develop our country - in other words, only by increasing our production of these things can we get more food and more money for every, Tanzanian. (Ibidem)

L’Ujamaa, il reinsediamento della popolazione e la fine del capitalismo

Il concetto di Ujaama fu utilizzato per la prima volta da Nyerere nel 1962 in ‘Ujamaa-The Basis of African Socialism’ per identificare il modus vivendi comunitario e cooperativo che era tipico delle società precoloniali, ma era stato indebolito dalla diffusione dell’economia di mercato durante il periodo coloniale. Secondo Nyerere:

The basic difference between Tanzania's rural life now and in the past stems from the widespread introduction of cash crop farming. Over large areas of the country peasants spend at least part of their time...on the cultivation of crops for sale ....And in many places our most intelligent and hard-working peasants have invested their money (or money advanced through public credit facilities) in clearing more land, extending their acreage, using better tools, and so on, until they have quite important farms of 10, 20 or even more acres (Nyerere 1967, Socialism and Rural Development, in Freedom and Socialism 1968: 342).

Sin dai primi anni successivi all’indipendenza, il presidente Nyerere incoraggiò la popolazione a riunirsi in villaggi socialisti (ujamaa vijijini) nei quali vivere seguendo la filosofia dell’Ujamaa. Tuttavia, è con il documento ‘Socialism and Rural Development’ del 1967 che la TANU gettò le basi per nuove le politiche di sviluppo. Nel nuovo modello di sviluppo rurale la priorità assoluta divenne il reinsediamento della popolazione in villaggi facilmente raggiungibili dalle infrastrutture, dai servizi sociali e dalla burocrazia statale. Il nuovo programma di sviluppo quinquennale (1969- 74) fu strettamente legato al processo di ‘villagization’ e previde, tra le altre cose, di raggiungere l’istruzione primaria universale e di incrementare il numero delle scuole e dei dispensari medici nelle aree rurali. Nei villaggi ujamaa la popolazione avrebbe inoltre dovuto praticare l’agricoltura collettiva per raggiungere economie di scala, combinando le moderne tecnologie con le pratiche sociali tradizionali basate sul lavoro comunitario e sulla solidarietà che erano andate perdute. L’utilizzo di lavoratori retribuiti nei villaggi e la migrazione inter-regionale furono scoraggiati per limitare l’accumulazione individuale della ricchezza e la creazione di classi sociali nelle campagne (capitalisti e lavoratori salariati). Ancora nelle parole di Nyerere:

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…the principles upon which the traditional extended family was based must be reactivated…The basis of rural life in Tanzania must be practice of cooperation in its widest sense – in living, in working, and in distribution, and all with the acceptance of the absolute equality of all man and woman (Nyerere, Socialism and Rural Development, in Freedom and Socialism, 1968: 240, 245).

The essential thing is that community would be farming as a group and living as a group (…) The return from the produce of the farm, and from all the activities of the community, would be shared according to the work done and to the needs of the members, with a small amount being paid in taxes and another amount invested in their own future (ibidem: 352).

La politica del reinsediamento della popolazione e della collettivizzazione delle terre fu inizialmente portata avanti su base volontaria. Nonostante le continue campagne mediatiche del partito e del presidente Nyerere, alla fine del 1969 erano stati formati solo 800 villaggi, nei quali vivevano circa 250.000 persone (principalmente da giovani membri del TANU). Nello stesso anno la TANU iniziò ad intensificare il livello della coercizione in diversi distretti (Coulson 2013: 296-307; Hill 1979). Nel 1972 il governo sostituì i consigli distrettuali (elettivi) con dei funzionari nominati dal partito,43 i quali vennero incaricati di implementare le ‘operazioni’ per favorire il reinsediamento della popolazione nei villaggi. Nel 1973 si contavano così 5.628 villaggi con una popolazione di circa due milioni di individui - il 15% del totale (Maghimbi 2011: 33). In questi anni l’obiettivo della collettivizzazione delle terre divenne secondario rispetto al programma di reinsediamento.44 Già

nella dichiarazione di Iringa del 1972 Siasi Ni Kilimo (‘la politica è agricoltura’), non si trovano infatti riferimenti espliciti alla collettivizzazione. La dichiarazione di Iringa ridimensionò l’enfasi sull’utilizzo dei trattori,45 ma ribadì ancora una volta la necessità di incrementare la produzione e la

produttività attraverso l’utilizzo dell’aratro, di insetticidi e di fertilizzanti (Havnevik 1993: 205). La politica della collettivizzazione delle terre e della produzione - anche per la resistenza degli agricoltori - fu presto abbandonata in favore delle ‘block farm’ (piccoli terreni delle stesse dimensioni coltivati su base individuale all’interno di un unico grade appezzamento) (Boesen 1976). Nell’opinione di Boesen:

The new approach was much more in line with bureaucratic thinking and with what a bureaucracy can do effectively: enforced movement of the peasants into new ‘modern’ settlements, i.e. settlements with the houses placed close together, in straight lines, along the roads, and with the fields outside the nucleated village, organised

43 I nuovi organi distrettuali furono denominati ‘District Development Council’ (Havnevik, 1993: 213).

44 Ad esempio, nel 1974 solo 400 villaggi venivano classificati come ujamaa villages, dove la maggior parte della terra

era coltivata su base collettiva e il reddito era prodotto da attività economiche comunitarie (Lofche 2014: 81).

45 Il numero dei trattori nel Paese scese da 17.000 a circa 7500 tra il 1970 e il 1986

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in blockfarms, each block containing the villagers’ individual plots, but with only one type of crop, and readily accessible for control by the agricultural extension officer (Boesen 1976: 13).

Nel 1973 il governo decise per il reinsediamento forzato della popolazione: tra il 1973 e il 1976 furono reinsediati cinque milioni di individui (Maghimbi 2011: 33). Il processo di reinsediamento fu implementato con modalità e intensità diverse a seconda dei contesti agro-ecologici, delle dinamiche di potere locali e delle condizioni socioeconomiche (non prese luogo ad esempio nelle aree ormai sovrappopolate del monte Kilimanjaro e del monte Meru). Alla fine del 1976, ad ogni modo, l’intera popolazione di circa 13 milioni di persone viveva in quasi 8.000 villaggi (Coulson 2013: 288). Nel 1975 il Villages and Ujamaa Villages Act incorporò ufficialmente i villaggi nella macchina amministrativa dello Stato e affidò la gestione delle attività economiche e sociali all’assemblea (Village Assembly) e al consiglio del villaggio (Village Council). I villaggi socialisti sostituirono le cooperative agricole private e furono incaricati di operare come una cooperativa ‘multifunzionale’: potevano contrarre prestiti, avviare attività commerciali, acquistare input e vendere i prodotti agricoli alle agenzie parastatali.

In alcune zone il reinsediamento nei villaggi ridusse la concentrazione della terra e le disuguaglianze: molti produttori di successo/capitalisti (spesso legati al movimento delle cooperative) persero i terreni che avevano accumulato in favore dei nuovi villaggi o furono esclusi dall’accesso agli input, ai servizi, al credito e alla forza lavoro salariata (Raikes 1986; Havnevik 1993; Awiti 1972).46 Nel distretto di Hanang (a sud della città Arusha), Havnevik (1993) sostiene che il reinsediamento ridusse significativamente la concentrazione della proprietà della terra e il numero dei ‘capitalisti’ che operavano utilizzando trattori e lavoratori salariati:

In two villages investigated there was a decline in the number of capitalist farming and tractors operating, and a reduction in the acreage of private farm and borrowed and shared or rented land. Villagisation gradually but significantly undermined the degree of land concentration and ownership’ (Havnevik 1993: 256).

In altre aree la creazione dei villaggi socialisti rappresentò un’opportunità di ulteriore arricchimento per le vecchie e nuove élite locali (autorità native del periodo coloniale, membri del TANU) (Sender 1974; van Fryheld 1979). Esempi di processi di appropriazione delle terre, di concentrazione individuale della ricchezza e di alleanze tra gli agricoltori capitalisti, la burocrazia statale e le nuove élite locali legale al TANU, furono mostrati da Sender (1974) nell’area delle Usambara Mountains:

46 Le reazioni di questi agricoltori alle politiche ostili del governo furono diverse. Nell’area di Ismani e Mbulu, dove

alla fine degli anni ’60 veniva prodotto gran parte del mais e del grano commercializzato nel Paese, gli agricoltori resistettero inizialmente al reinsediamento, ma furono poi espropriati delle terre. In altri casi formarono un’ alleanza con la nuova burocrazia statale e le élite locali legate al TANU (Raikes, 306-322; Awiti 1972: 58; Havnevik 1993).

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At Mgwashi Ujamaa Village the chairman had been a chief in colonial times. Two of his sons are Government employees with rather high salaries, and his children are the most educated in the village. The village secretary was a tax collector…One of the committee members is certainly among the richest people in the area; he runs a duka [negozio], hires labour to work his shambas [terreni], and used to be employed as a Village Executive Officer (ibidem: 22).

At Mlesa Ujamaa Village [il capo villaggio] ... ‘was making withdrawals from the village funds … Despite earning of approximately 700/- from tea so far no bank account has been open and no cash income from the tea distributed to those who produced…[in molti villaggi] the amount of income received from communal activities was unknow to the vast majority of members (ibidem: 30).

Nel processo di reinsediamento non mancarono anche episodi di inefficienza amministrativa: alcuni villaggi furono posizionati in zone non adatte alla produzione, con terreni poveri e privi di acqua. In generale, secondo Coulson (2013) i costi complessivi del reinsediamento non furono adeguatamente tenuti in considerazione dal governo:

While there is some doubt over the supposed benefit of villagization, there is little difficulty in itemizing the costs. They divided into two broad groups: those associated with living in villages per se; and the short-term costs of the move itself… The total costs of villagization, including the value of property destroyed, the direct costs of the ‘operations’, and the value of the crops that were not planted or harvested, were not calculated… and the very real problems facing Tanzanian rural producers were scarcely taken into account (Coulson 2013: 307- 08).

Mercati agricoli e agenzie parastatali

Il programma di reinsediamento della popolazione ebbe come obiettivo non solo quello di facilitare l’erogazione dei servizi sociali, ma anche di estendere la base fiscale nelle aree rurali, rafforzare il processo di state building, ‘catturare’ la produzione degli agricoltori e diffondere le pratiche dell’agricoltura moderna (Scott 1998; Boesen 1976). Attraverso il reinsediamento della popolazione e la creazione del monopolio statale sull’acquisto e la vendita dei beni agricoli, il governo estese ulteriormente il suo controllo sulla produzione e sulla commercializzazione dei prodotti. Nel 1976 le cooperative agricole vennero formalmente abolite e cessarono così di rappresentare un pericolo per l’egemonia politica della TANU nelle aree rurali: i loro beni furono confiscati47 e loro funzioni

traferite ai nuovi villaggi e alle nuove aziende statali (che a loro volta sostituirono i marketing board) (Lymiu 2012). Le ‘crop authority’ furono incaricate di acquistare i prodotti direttamente a livello di

47 Tra questi beni, il denaro depositato nei conti bancari, i mezzi di trasporto, gli impianti per processare il cotone e il

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villaggio a prezzi stabiliti dal governo, di fornire credito, input e assistenza tecnica ai produttori, di processare, trasportare e distribuire i beni sul mercato, di investire nello sviluppo degli impianti per la lavorazione e la conservazione dei prodotti. Nelle parole di Raikes:

The idea was that each authority should have overall charge of the crop(s) for which it was responsible, not only purchasing, processing and selling it but providing credit and extension, operating innovation campaigns and investing in processing facilities. Thus the producers of a given crop would pay for "development" through deductions from the producer price, it being assumed that the benefits would outweigh the costs (Raikes 1986: 121).

Non secondariamente, attraverso la tassazione e i profitti generati dalla vendita dei prodotti, le aziende statali avrebbero dovuto produrre il capitale necessario all’erogazione dei servizi sociali e agli investimenti pubblici negli altri settori dell’economia. Il Tanzania Cotton Authority, Tanzania Tabacco Authority, il Tanzania Coffee Authority, il Tanzania Cashewnut Autority e il Tanzania Tea Authority avviarono numerosi programmi rispettivamente nelle aree del Monte Kilimanjaro, del Monte Meru, del Lago Vittoria, delle montagne Usambara e delle regioni costali del sud con l’obiettivo di sviluppare impianti per processare i prodotti e coinvolgere ulteriormente gli agricoltori nella produzione di queste colture. Gli agricoltori furono invitati a registrarsi presso gli uffici delle aziende statali per ricevere semi, fertilizzanti ed insetticidi da utilizzare sui propri terreni. In seguito, i loro prodotti sarebbero stati acquistati dalle aziende pubbliche, trasformati negli impianti (di solito costruiti vicino alle produzioni) e venduti nei mercati internazionali (Havnevik 1993: 95-110).

Mentre questo sistema fu implementato anche da numerosi regimi socialisti africani per il controllo dei prodotti d’esportazione, il governo tanzaniano scelse di estendere il controllo anche sulla produzione interna e sulla distribuzione degli alimenti. Già nell’anno seguente alla dichiarazione di Arusha (1968), il NAPB fu abolito e sostituito dal National Milling Corporation (NMC), cui venne affidato il monopolio sull’acquisto, la lavorazione e la distribuzione dei maggiori prodotti destinati al consumo interno, tra cui i grani e i cereali. In seguito alla creazione dei villaggi, gli uffici del NMC (dove gli agricoltori dovevano vendere i loro prodotti) si diffusero in tutte le aree rurali del paese. La creazione del NMC introdusse anche un maggiore livello di coercizione nella vita delle popolazioni rurali. Il commercio privato venne punito con l’arresto: gli ufficiali governativi distrettuali (e persino la polizia) furono incaricati di vigilare sul contrabbando (Coulson 2013).

In questo nuovo sistema di commercializzazione dei prodotti, i pagamenti ai produttori continuarono ad essere effettuati dopo che erano state dedotte le tasse e i costi in cui incorrevano le aziende pubbliche e la burocrazia statale. Il governo creò inoltre un nuovo sistema di fissazione dei prezzi

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uguali per tutto il territorio e per tutto l’anno. L’omogeneità dei prezzi in tutto il territorio (che non sarebbe esistita in condizioni di libero mercato) fu giustificata con il principio che gli agricoltori non dovessero avere differenze di reddito sulla base della posizione geografica (Raikes 1986). Con lo stesso proposito di ridurre le disuguaglianze inter-regionali, nel 1975 fu adottato il National Maize Program (NMP), cofinanziato dalla Banca Mondiale. Il programma, il quale sancì anche una nuova enfasi sulla produzione interna rispetto al focus degli anni precedenti sulla produzione di colture da esportazione, finanziò l’avvio di nuove produzioni nelle regioni del centro-sud che erano state svantaggiate dalle politiche coloniali, dalla mancanza di infrastrutture e dalla lontananza dai mercati urbani. In queste aree i prezzi offerti ai produttori in condizioni di libero mercato sarebbero stati più bassi rispetto alle regioni del nord e della costa a causa dei costi del trasporto. Il NMP cambiò la geografia della produzione del mais nel Paese, ma ebbe dei costi elevati per le casse dello Stato e soprattutto per gli agricoltori delle altre aree del territorio (ibidem). I costi in cui incorreva il NMC per commercializzare il mais da queste regioni furono riversati sui produttori attraverso le deduzioni