CAPITOLO 3 LA TASSAZIONE DELL’ECONOMIA DIGITALE IN
3.5 La Digital Tax
Si tratta di una vera e propria “digital tax”, in quanto rivolta espressamente alle imprese dell’industria digitale. Nello specifico la norma è disciplinata dall’articolo 1 della legge n. 205 del 27 dicembre 2017 (la legge di Bilancio per il 2018), in particolare dai commi che vanno dal 1011201 al 1019202.
d) promozione di una cultura aziendale improntata a principi di onestà, correttezza e rispetto della normativa tributaria, assicurandone la completezza e l'affidabilità, nonché la conoscibilità a tutti i livelli aziendali.
Art. 6 - Effetti
1. L'adesione al regime comporta la possibilità per i contribuenti di pervenire con l'Agenzia delle Entrate a una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali, attraverso forme di interlocuzione costante e preventiva su elementi di fatto, inclusa la possibilità dell'anticipazione del controllo.
2. L'adesione al regime comporta altresì per i contribuenti una procedura abbreviata di interpello preventivo in merito all'applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti, in relazione ai quali l'interpellante ravvisa rischi fiscali. L'Agenzia delle Entrate, entro quindici giorni dal ricevimento, verifica e conferma l'idoneità della domanda presentata, nonché la sufficienza e l'adeguatezza della documentazione prodotta con la domanda. Il termine per la risposta all'interpello è in ogni caso di quarantacinque giorni, decorrenti dal ricevimento della domanda ovvero della documentazione integrativa richiesta, anche se l'Agenzia delle Entrate effettua accessi alle sedi dei contribuenti, definendone con loro i tempi, per assumervi elementi informativi utili per la risposta. I contribuenti comunicano all'Agenzia il comportamento effettivamente tenuto, se difforme da quello oggetto della risposta da essa fornita. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, sono disciplinati i termini e le modalità applicative del presente articolo in relazione alla procedura abbreviata di interpello preventivo.
3. Per i rischi di natura fiscale comunicati in modo tempestivo ed esauriente all'Agenzia delle Entrate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera b), prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali, se l'Agenzia non condivide la posizione dell'impresa, le sanzioni amministrative applicabili sono ridotte della metà e comunque non possono essere applicate in misura superiore al minimo edittale. La loro riscossione è in ogni caso sospesa fino alla definitività dell'accertamento.
4. In caso di denuncia per reati fiscali, l'Agenzia delle Entrate comunica alla Procura della Repubblica se il contribuente abbia aderito al regime di adempimento collaborativo, fornendo, se richiesta, ogni utile informazione in ordine al controllo del rischio fiscale e all'attribuzione di ruoli e responsabilità previsti dal sistema adottato.
5. Il contribuente che aderisce al regime è inserito nel relativo elenco pubblicato sul sito istituzionale dell'Agenzia delle Entrate.
6. I contribuenti che aderiscono al regime non sono tenuti a prestare garanzia per il pagamento dei rimborsi delle imposte, sia dirette sia indirette.
200 Ufficio Parlamentare di Bilancio (documento dell’1/8/2017): “per le imprese ammesse alla
procedura la convenienza a palesare la stabile organizzazione dipende da diversi fattori. In particolare, questa riflette il rischio effettivo di essere accertati in modo ordinario […] Proprio le imprese digitali
possono avere maggiore incentivo a rimanere nell’ombra sfruttando le peculiari opportunità di elusione di cui dispongono e cercando al più di differire la contrattazione del loro onere tributario”.
201 Ci sembra utile evidenziare che il comma 1010 della stessa legge introduce all’articolo 162 del TUIR (che disciplina il concetto di stabile organizzazione) la nuova lettera f-bis, in base alla quale si configura
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Doveva trovare puntuale applicazione a partire dal 2018, con l’emanazione dei decreti attuativi da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, cosa che non è mai avvenuta.
stabile organizzazione quando vi è “una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso”. Di questo si è già parlato e si riprenderà il concetto successivamente. Si vuole solo evidenziare come il legislatore italiano, molto più attivo e sensibile sul tema rispetto a molti altri Stati comunitari, dal 2017 comincia a muoversi su più fronti e con molta più fermezza rispetto al passato.
202 Per completezza di esposizione si riportano integralmente i commi in questione:
1011. E' istituita l'imposta sulle transazioni digitali, relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici rese nei confronti di soggetti residenti nel territorio dello Stato indicati all'articolo 23, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, diversi dai soggetti che hanno aderito al regime di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e dai soggetti di cui all'articolo 27 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nonché delle stabili organizzazioni di soggetti non residenti situate nel medesimo territorio.
1012. Le prestazioni di servizi di cui al comma 1011 sono individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro il 30 aprile 2018. Si considerano servizi prestati tramite mezzi elettronici quelli forniti attraverso internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell'informazione.
1013. L'imposta di cui al comma 1011 si applica con l'aliquota del 3 per cento sul valore della singola transazione. Per valore della transazione si intende il corrispettivo dovuto per le prestazioni di cui al comma 1012, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, indipendentemente dal luogo di conclusione della transazione. L'imposta si applica nei confronti del soggetto prestatore, residente o non residente, che effettua nel corso di un anno solare un numero complessivo di transazioni di cui al comma 1011 superiore a 3.000 unità.
1014. L'imposta è prelevata, all'atto del pagamento del corrispettivo, dai soggetti committenti dei servizi di cui al comma 1012, con obbligo di rivalsa sui soggetti prestatori, salvo il caso in cui i soggetti che effettuano la prestazione indichino nella fattura relativa alla prestazione, o in altro documento idoneo da inviare contestualmente alla fattura, eventualmente individuato con il provvedimento di cui al comma 1015, di non superare i limiti di transazioni indicati nel comma 1013. I medesimi committenti versano l'imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello del pagamento del corrispettivo.
1015. Con il decreto di cui al comma 1012 sono stabilite le modalità applicative dell'imposta di cui al comma 1011, ivi compresi gli obblighi dichiarativi e di versamento, nonché eventuali casi di esonero. Con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle Entrate possono essere individuate ulteriori modalità di attuazione della disciplina.
1016. Ai fini dell'accertamento, delle sanzioni, della riscossione e del contenzioso relativi all'imposta di cui al comma 1011, si applicano le disposizioni previste in materia di imposta sul valore aggiunto, in quanto compatibili.
1017. Le disposizioni di cui ai commi da 1011 a 1016 si applicano a decorrere dal 1º gennaio dell'anno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di cui al comma 1012.
1018. Dall'attuazione dei commi da 1010 a 1019 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
1019. Il Ministro dell'economia e delle finanze presenta alle Camere una relazione annuale sullo stato di attuazione e sui risultati conoscitivi ed economici derivanti dalle disposizioni di cui ai commi da 1010 a 1018. Nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF), il Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento delle finanze presenta una relazione sull'attuazione dei commi da 1010 a1018 anche ai fini dell'aggiornamento degli effetti finanziari derivanti dagli stessi.
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In pratica quindi la norma non è mai stata attuata, per poi venire espressamente abrogata a distanza di soli dodici mesi, tramite la Legge di Bilancio dell’anno successivo, contestualmente all’introduzione dell’Imposta sui servizi digitali di cui si dirà nel prossimo paragrafo, che in pratica risulta essere un’evoluzione della norma in questione.
Molto simile nella sua struttura giuridica di base e sostanzialmente identica dal punto di vista concettuale.
Per i due motivi menzionati203 quindi, non ci sembra molto utile approfondire più di tanto l’analisi della “Digital tax”, ma ci soffermeremo brevemente sulle peculiarità e le differenze con l’Imposta sui Servizi Digitali, che invece verrà analizzata dettagliatamente nel prossimo paragrafo.
Si tratta di un imposta Indiretta, gravante sulle transazioni “B2B”204 (business to business), riguardante le sole prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici. Le “prestazioni” menzionate dovevano essere dettagliate (impresa non di poco conto) dai decreti attuativi che, come detto, non sono mai stati emanati.
L’imposta era dovuta in ragione del luogo di residenza del committente del servizio, indipendentemente da quello di conclusione della transazione.
Soggetti passivi sono tutte le imprese residenti e non, purché abbiano posto in essere un numero di transazioni non inferiori alle tremila unità nel corso del periodo d’imposta.
L’aliquota era pari al 3% da calcolarsi sul valore della singola transazione.
203 I due motivi della mancanza di rilevante significatività della norma in questione, si ribadisce, sono costituiti dalla rapida abrogazione della stessa e dal fatto che sia sostanzialmente simile alla successiva norma (ISD) avente in pratica il medesimo presupposto impositivo ed una struttura giuridica molto simile.
204 Come si può evincere dal testo della norma, integralmente riportato nelle note precedenti, sono in pratica esclusi (ancorché soggetti classificati come “BUSINESS”) tutti gli esercenti arti e professioni, nonché le imprese, aderenti ai cosiddetti “regimi speciali”, e cioè i contribuenti nel regime forfettario, regime di vantaggio, ed ex regime dei minimi.
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Quanto all’attuazione del prelievo, era previsto che i committenti dei servizi dovessero trattenere l’imposta al momento del pagamento dei corrispettivi, con obbligo di rivalsa sui prestatori, procedendo poi a riversarla all’erario.205
Tralasciando il tema dell’illegittimità costituzionale di un’imposta la cui struttura la rende in pratica un duplicato dell’IVA, diverse sono le criticità riscontrate dalla dottrina. Innanzitutto “mal si comprende la ragione per cui la
Web Tax italiana interessi le sole operazioni B2B e non anche quelle B2C (business to consumer), se non alla luce della maggior semplicità applicativa di una misura implementata mediante prelievo alla fonte”.206
Anche la previsione del numero delle transazioni “minime” per individuare i soggetti passivi lascia forti perplessità. Si presta a facili discriminazioni tra chi pone in essere moltissime transazioni di ammontare economico irrisorio e chi invece opera poche transazioni ma di importo magari rilevantissimo.207
Ma forse la criticità più evidente è proprio quella attuativa, laddove si prevede una responsabilità solidale tra Committente e Prestatore, mettendo in pratica il committente nella difficile situazione di doversi sostituire all’Amministrazione Finanziaria nella verifica della soggettività d’imposta (oltre che a doversi fare carico della liquidazione e del versamento del tributo).208
205 Come accennato in nota nel relativo paragrafo, la presente norma è chiaramente ispirata all’Equalisation Levy indiano, trattato in precedenza al paragrafo 2.3.2 di questo lavoro.
206 M. LEO, Quale tassazione per l’economia digitale, Il Fisco, 21/2018, pag.2010.
207 E’ evidente che un parametro per così dire “dimensionale” era stato pensato per colpire i Big del settore, ma il paradosso è che potrebbero essere assoggettate a web tax imprese che realizzano ricavi da servizi digitali assai inferiori ad altre che, tuttavia, a causa di una minore parcellizzazione dei corrispettivi unitari, rimangono sotto il limite delle 3.000 transazioni.
208 Come vedremo nel prossimo paragrafo, su questo punto il legislatore si è subito reso conto della difficoltà attuativa, prevedendo la liquidazione ed il versamento dell’imposta (la ISD che si analizzerà) a carico dei soli soggetti passivi, con l’obbligo di richiedere un codice identificativo per i soggetti non residenti e privi di una stabile organizzazione in Italia.
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3.6) L’Imposta sui Servizi Digitali
L’ultima iniziativa in tema di tassazione dei servizi digitali adottata nel nostro Paese è l’imposta sui servizi digitali209.
Introdotta dall’articolo 1 della legge 145 del 30 dicembre 2018210, ricalca a grandi linee la proposta della Commissione UE n.148 del 2018211.
In particolare, i commi che disciplinano il nuovo tributo, sono quelli che vanno dal 35 al 50 dell’articolo citato. Contestualmente all’introduzione della nuova imposta, viene abrogata la “Digital Tax” di cui si è parlato nel paragrafo precedente212.
Per comodità di trattazione, si riportano gli stralci dei commi caratterizzanti la norma in esame.
- comma 36: “sono soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali i soggetti
esercenti attività d’impresa che, singolarmente o a livello di gruppo, nel corso di un anno solare, realizzano congiuntamente: a) un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a euro 750.000.000; b) un ammontare di ricavi derivanti da servizi digitali, di cui al comma 37, realizzati nel territorio dello Stato non inferiore a euro 5.500.000”.
- comma 37: “l’imposta si applica ai ricavi derivanti dalla fornitura dei
seguenti servizi: a) veicolazione su un interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia; b) messa a disposizione di un interfaccia digitale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra di loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni e servizi; c) trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un interfaccia digitale”.
209 A livello dottrinario denominata “Digital Service Tax” o anche “Web Tax europea”- M. LEO, “Quale tassazione per l’economia digitale”, in Il Fisco 21/2018, 2012.
210 La manovra di Bilancio per il 2019.
211 Di cui si è ampiamente parlato nel capitolo secondo di questo lavoro.
212 Precisamente il comma 50 della L.145/2018 dispone: “I commi da 1011 a 1019 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017 n.205, sono abrogati”.