CAPITOLO 2: LA STABILE ORGANIZZAZIONE NEL COMMERCIO
3.2 Il commercio elettronico diretto
3.2.1 La Direttiva 2002/38/CE
La Direttiva comunitaria n. 2002/38/CE ha adeguato le regole in materia di IVA applicabili ai servizi prestati elettronicamente alle nuove esigenze imposte dal mercato, in quanto le operazioni realizzate tramite Internet hanno messo in crisi uno dei principi cardini dell’ordinamento274.
Le modifiche apportate dalla Direttiva n. 2002/38/CE alla Direttiva n. 77/388/CEE trovano applicazione limitatamente alle operazioni di commercio elettronico “diretto” realizzate all’interno dell’Ue275, in quanto tutte le prestazioni considerate in tale Direttiva fanno riferimento a prestazioni in cui la spedizione e la consegna avvengono tramite mezzi elettronici. In particolare, nell’Allegato L della presente Direttiva sono stati
274 RANGO F., La tassazione indiretta del commercio elettronico e il nuovo regime transitorio, in Il Fisco,
2002, n. 26. “Un’analisi approfondita degli effetti che l’applicazione delle moderne procedure informatiche potrebbe generare nel campo dell’Iva è stata analizzata, già nel 1996, da Van Zadelhoff, partendo dalla considerazione che in un sistema generalmente basato sulla tassazione nel Paese di destinazione (luogo dove il bene viene consumato), le prestazioni di servizi, anche se con molte eccezioni, vengono tassate nello Stato d’origine, cioè nel luogo in cui ha sede il prestatore. Questo tipo di imposizione non aveva generato fino ad ora fenomeni distorsivi, poiché il Paese della fonte coincideva tendenzialmente con quello di destinazione. Ma attraverso la maggiore facilità di comunicazione e l’evoluzione tecnologica, questa situazione è profondamente mutata: così per i servizi offerti, inizialmente senza assoggettamento ad imposta, dalle società access providers, che garantiscono l’accesso ad Internet a soggetti residenti in uno Stato, disponendo nello stesso Stato di una attrezzatura automatica (server), che a certe condizioni può essere classificata come sede d’affari della stessa impresa che lo utilizza (se fisso e con un legame economico-funzionale non temporaneo con il luogo ove è utilizzato, secondo il potere di gestione che l’impresa esercita sullo stesso) e che può costituire, sulla base dell’ultima revisione del Commentario all’art. 5 del Modello OCSE, stabile organizzazione. Per questi e per altri servizi, tra i quali vanno inclusi anche quelli di fornitura on-line di beni smaterializzati alternativi alle tradizionali forme di cessioni di beni, l’attuale normativa Iva potrebbe determinare evidenti disparità di trattamento fra imprese residenti e non residenti; ciò favorirebbe l’adozione di politiche di localizzazione dell’attività in Paesi esteri, in base a valutazioni di ordine fiscale, con evidenti conseguenze sulla base imponibile e sull’occupazione. Nello studio di van Zadelhoff vengono individuate due possibili soluzioni alternative e di modifica dell’attuale sistema. Una prima ipotesi è rappresentata dal prevedere l’imposizione di questi servizi nello Stato di destinazione, in applicazione di quanto previsto dall’art. 9, sezione 3, della VI Direttiva n. 77/388/CEE. Questa soluzione presenta, però, evidenti gli inconvenienti di carattere operativo, come nel caso di impossibilità del prestatore di individuare il luogo di effettiva fruizione del servizio o di difficoltà per un soggetto estero ad assolvere l’obbligo tributario, in ciascun Paese comunitario nel quale opera; inoltre, non va trascurata la complessità per l’Amministrazione finanziaria di individuare l’effettuazione dell’operazione da parte di un soggetto non residente e di controllare, conseguentemente, la corretta applicazione dell’imposta. L’evidente difficoltà di imporre la tassazione, dovuta al venire meno dei parametri fisici dell’operazione, posti a garanzia del corretto funzionamento del meccanismo impositivo, hanno portato l’Autore a propendere per la non imponibilità dei suddetti servizi, anche in considerazione del fatto che alcuni di questi sostituiscono beni fisici che, in alcuni Stati membri, sono tassati con aliquota ridotta o pari a zero; l’eventuale perdita di gettito fiscale potrebbe essere bilanciata, a parere dell’Autore, da un’imposta sostitutiva di nuova concezione. La Commissione europea ha sostenuto un indirizzo differente da quello appena esposto, dichiarando espressamente la volontà di non procedere all’istituzione di nuove imposte indirette, ma ritenendo opportuna un’attenta analisi della nuova realtà del commercio elettronico, al fine di stabilire in che misura questa renda necessario un adeguamento delle attuali disposizioni in materia di Iva.”
275 La disciplina in commento non risulta, invece, applicabile ai servizi di radiodiffusione e di televisione che
individuati i servizi erogati attraverso mezzi elettronici in un’ampia gamma di ipotesi, al fine di creare un quadro esemplificativo. Tali servizi sono: “la fornitura di siti web e web-hosting, comprese le gestioni a distanza di programmi ed attrezzature; la fornitura di programmi e loro aggiornamento; la fornitura di immagini, di testi e di informazioni; l’accesso e la messa a disposizione di banche dati; la fornitura di musiche, film, giochi, compresi i giochi di sorte e d’azzardo; le manifestazioni o programmi politici, culturali, artistici, sportivi, scientifici e d’intrattenimento; la formazione a distanza”. Viene, poi, ricordato che non è considerabile come servizio elettronico la semplice comunicazione tra fornitore di un servizio e il suo cliente tramite posta elettronica. Inoltre, il regime di tassazione introdotto dalla Direttiva n. 2002/38/CE per le attività di commercio elettronico “diretto” ha efficacia solo nei casi in cui venga pagato un corrispettivo a fronte del servizio prestato ed è richiesto pertanto che le transazioni avvengano a titolo oneroso276.
Partendo da tale assunto, il legislatore ha cercato di uniformare il trattamento impositivo applicabile alle prestazioni di servizi realizzate on-line a quelle eseguite tradizionalmente277.
La Direttiva n. 2002/38/CE non contiene una revisione dell’art. 9 della VI Direttiva Iva e, di fatto, non ha modificato il principio generale della territorialità contenuto nell’art. 9, par. 1, che ha continuato ad applicarsi, salvo espressa disposizione specifica di deroga. Il luogo della prestazione di servizi, dunque, corrispondeva a quello in cui il prestatore ha fissato la propria sede (principio di imposizione all’origine) a meno che non sia disposto altrimenti. La “vecchia” normativa comunitaria, infatti, permetteva agli operatori non residenti di effettuare in ambito UE delle prestazioni di servizi senza addebito d’imposta, mentre per gli operatori residenti veniva previsto l’obbligo di assoggettare ad Iva tutte le transazione effettuate e, quindi, anche quelle realizzate nei confronti di soggetti non residenti in uno Stato membro278.
276 Cfr. art. 2, par. 1, della Sesta direttiva Iva recepito nell’ordinamento italiano nell’art. 3, 1° comma del Dpr
n. 633 del 1972.
277 DI PACE M., Commercio elettronico: verso una nuova regolamentazione dell’Iva, in Il Fisco, 2002, n. 28. 278 MOCCI G., Commercio elettronico diretto: ecco perché l’Iva è un fattore distorsivo della concorrenza, in
Il Fisco, 2000, n. 48, pag.14361 ss. Secondo cui: “È evidente che il regime attuale implica notevoli svantaggi per gli operatori residenti nell’Unione europea. Infatti, i servizi forniti da un operatore non residente nell’Unione europea ad un cliente residente nell’Unione europea (non soggetto ad Iva) non sono soggetti all’applicazione dell’imposta mentre gli stessi servizi, se forniti da un operatore residente nell’Unione europea ad un cliente extracomunitario, sono tassati nell’Unione europea. A ciò si aggiunge che il consumatore comunitario sarebbe inciso dall’Iva se acquisisce il servizio da un prestatore dell’Unione europea mentre non subirebbe imposizione in caso di acquisto presso soggetto extracomunitario. La diffusione del commercio elettronico, e la sua conseguente smaterializzazione dei prodotti digitali, ha senza dubbio evidenziato l’inadeguatezza della attuale normativa doganale per gestire il fenomeno delle transazioni web ai fini Iva. Inoltre, la dematerializzazione delle transazioni via rete ha comportato la consegna all’acquirente di beni per il trasferimento dei quali, sino ad ora, era necessario un supporto materiale: la forma cartacea del libro, la pizza della pellicola cinematografica, il nastro della musicassetta, il CD-ROM della banca dati o il supporto magnetico del software….vi è dunque il superamento delle
Prevedendo l’applicazione del principio di tassazione all’origine, in mancanza di altre disposizioni, si creavano gravi distorsioni della concorrenza: implicava per le imprese comunitarie uno svantaggio competitivo rispetto agli operatori non comunitari; creava un potenziale incentivo a localizzare le imprese fuori dal territorio dell’UE; ed infine incentivava i clienti comunitari ad approvvigionarsi da prestatori extracomunitari eludendo l’applicazione dell’imposta.
Precedentemente alla Direttiva n. 2002/38/CE, la maggioranza dei servizi prestati tramite mezzi elettronici rientrava nell’ambito applicativo del par. 1 dell’art. 9 della Sesta Direttiva Iva, con le conseguenze appena evidenziate279.
Il legislatore comunitario ha, quindi, ribaltato il luogo di tassazione in favore al luogo di consumo. Tale criterio, peraltro, era già previsto nell’art. 9, par. 2, lett. c), garantendo che i servizi fossero tassati nell’UE se trasmessi all’interno di essa, e che non fossero soggetti ad imposizione se trasmessi all’extra UE280. La metodologia adottata per i servizi prestati tramite mezzi elettronici è stata l’integrazione di tale caso nel “vecchio” art. 9, par. 2, lett. e), quindi come ipotesi di deroga al principio generale contenuto nell’art. 9, par.1, della Sesta Direttiva Iva, mantenendo però il criterio impositivo adottato nell’originale formulazione.
Ne consegue che, sia i servizi già elencati nel vecchio art. 9, par. 2, lett. e), che quelli nuovi aggiunti (servizi prestati tramite mezzi elettronici), vengono ad essere assoggettati allo stesso criterio di territorialità, ossia il luogo in cui il destinatario del servizio ha posto la sede della propria attività (principio di destinazione)281.
formalità doganali. È infatti stato correttamente rilevato che ai beni trasmessi via Internet non deve essere applicato il trattamento doganale, dal momento che non esiste alcuna materiale importazione di merci”.
279 MONTI A., La direttiva sul regime Iva applicabile la commercio elettronico, in Diritto e pratica
tributaria internazionale, 2003, fasc. 1, pag. 152 ss. “L’interpretazione prevalente faceva rientrare i servizi prestati tramite mezzi elettronici all’interno dell’art. 9 (1), il quale costituisce criterio residuale (secondo l’interpretazione che si ricava dalla Corte di Giustizia europea). In base a tale interpretazione, il caso dei servizi trasmessi on line non poteva essere previsto dal par. 2 dell’art. 9 poiché, all’epoca della stesura della Sesta direttiva Iva, la trasmissione dei servizi on line non era prevedibile e di conseguenza disciplina bile. Viceversa, chi sosteneva che ai servizi prestati tramite mezzi elettronici si applicasse l’art. 9 (2) faceva rientrare tali servizi all’interno della lett. e) nel trattino riguardante l’«elaborazione di dati e fornitura di informazioni».Tuttavia seguendo tale ultima interpretazione, la direttiva avrebbe perso gran parte della propria importanza, limitando gli effetti ai servizi trasmessi da operatori economici di paesi terzi a soggetti non Iva residenti in uno Stato membro”.
280 L’art. 9 della Sesta direttiva Iva, ai par. 2, 3 e 4, contiene il gruppo principale di specifiche eccezioni
all’art. 9, par. 1, prevedendo la tassazione nel luogo di consumo. In sostanza si sottraggono certi servizi alle operazioni citate nel par. 1. L’art. 9, par.2, lett. e) della Sesta direttiva Iva è la norma che meglio risponde alle finalità della direttiva, poiché disciplina servizi generalmente caratterizzati da una potenziale elevata mobilità.
281 Il vecchio art. 9, par. 2, lett. e) stabiliva che: “il luogo delle seguenti prestazioni di servizi, rese a
destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità, ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile per il quale si è avuta la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale: – cessioni e concessioni di diritti d’autore, brevetti, diritti di licenza, marchi di fabbrica e di commercio e altri diritti analoghi; – prestazioni pubblicitarie; – prestazioni fornite da consulenti, ingegneri, uffici, studi, avvocati, periti contabili ed altre prestazioni analoghe nonché elaborazione di dati e fornitura di informazioni; – obblighi di non esercitare interamente o parzialmente una attività professionale, o un diritto di cui alla presente lett. e ); –
A seguito delle modifiche apportate dalla Direttiva n. 2002/38/CE è possibile sintetizzare i criteri del luogo di tassazione per la fattispecie dei servizi prestati tramite mezzi elettronici282 in tal modo:
- operazioni verso Paesi extra-UE: per i servizi trasmessi a destinatari, siano essi operatori economici o consumatori finali, stabiliti al di fuori dell’Ue, il luogo di tassazione è quello della sede del destinatario. Pertanto, tali servizi non sono soggetti all’Iva comunitaria, ma potrebbero essere assoggettati all’imposta di consumo prevista dal Paese destinatario;
- operazioni verso l’UE: per i servizi trasmessi da un soggetto stabilito al di fuori dell’Unione europea ad un destinatario stabilito nella Comunità, il luogo di tassazione è quello della sede del destinatario e le operazioni sono, quindi, imponibili nell’UE. Tuttavia, se il destinatario è un soggetto passivo, l’imposta è dovuta dal soggetto passivo comunitario destinatario dei servizi, ai sensi dell’art. 21, par. 1, lett. b); invece, se il destinatario è un consumatore finale (soggetto non passivo) residente in uno Stato membro, l’imposta è dovuta dal soggetto extra-UE (secondo un regime speciale283).
- operazioni intracomunitarie284: il prestatore e il destinatario del servizio sono stabiliti in due diversi Stati dell’Unione europea. Per i servizi prestati tra soggetti passivi
operazioni bancarie, finanziarie e assicurative, comprese le operazioni di riassicurazione, ad eccezione della locazioni di casseforti; – messa a disposizione di personale; – prestazioni di servizi rese dagli intermediari che agiscono in nome e per conto altrui, quando intervengono nelle prestazioni di servizi di cui alla presente lett. e ); – la locazione di un bene mobile materiale, ad esclusione di qualsiasi mezzo di trasporto; – prestazioni di servizi di telecomunicazione”.
L’art. 1, par. 1, lett. a) della direttiva in esame stabilisce che all’art. 9, par. 2), lett. e), siano aggiunti i due trattini seguenti: “– servizi di radiodiffusione e di televisione, – servizi prestati tramite mezzi elettronici, inter alia quelli di cui all’allegato L”.
282 Per la disamina dei criteri e delle modifiche introdotte con la Direttiva n. 2002/38/CE vedasi:
GARBARINI C., La disciplina fiscale del commercio elettronico: principi ispiratori, problematiche applicative e prospettive di sviluppo, in Diritto e pratica tributaria, 2000, fasc. 5, pag. 11205 ss. GARBARINI C., Commercio elettronico e imposta sul valore aggiunto, in Diritto e pratica tributaria, 2003, fasc. 3, pag. 485-514. MICELI F., La territorialità Iva nelle “operazioni telematiche”, in Rassegna tributaria, 2004, fasc. 2, pag. 581-611. FICOLA S., SANTACROCE B., Commercio elettronico: identificazione del prestatore e del committente, in Corriere tributario, 2012, fasc. 15, pag. 1145 ss. CELLI R., FERRAGUTO A., La disciplina Iva in ambito UE delle operazioni di commercio elettronico diretto, in Il Fisco, 2002, n. 45. RAVIOLA D., Commercio elettronico: scenario economico e legislazione tributaria dell’Unione europea, in Il Fisco, 2002, n. 36.
283 FICARI V., Regime fiscale delle transazioni telematiche, in Rassegna tributaria, 2003, fasc. 3, pag. 870-
893. “È evidente che, in un caso del genere, non si può pretendere dal soggetto privato, non titolare di partita Iva, l’assolvimento dei relativi obblighi e in particolare il versamento dell’imposta; pertanto l’imposta è dovuta direttamente dal prestatore extracomunitario. In questa ipotesi, per evitare che il prestatore extracomunitario nomini un rappresentante fiscale in ogni Stato in cui effettua cessioni, la direttiva prevede un “regime speciale” secondo il quale il prestatore si può identificare direttamente in un Paese qualsiasi della UE per assolvere l’imposta relativa a tutte le vendite fatte nella Comunità. L’art. 74 quinquies del DPR 633/72 recepisce nell’ordinamento italiano le modalità operative di questo regime speciale. In particolare il soggetto extracomunitario che si avvale di tale regime deve presentare, ai sensi del comma 1 dell’art. 74 quinquies, prima dell’effettuazione delle operazioni, un’apposita dichiarazione che gli permetterà l’attribuzione da parte dell’Amministrazione di uno speciale numero identificativo”.
284 Con l’espressione “operazioni intracomunitarie”, nonostante ci si riferisca, in genere, alle sole operazioni
comunitari stabiliti in Paese diversi il luogo di imposizione è nello Stato dell’UE del destinatario, il quale assume la responsabilità del pagamento dell’imposta; mentre, per i servizi prestati da un soggetto passivo comunitario ad un soggetto non passivo comunitario (ossia, ad un consumatore finale) residente in un altro Stato membro, il luogo di tassazione è nello Stato dell’UE dove ha sede il fornitore285;
- operazioni nazionali: quando il prestatore e il destinatario del servizio sono stabiliti nello stesso Stato membro, il luogo della prestazione è quello della sede del fornitore. La Direttiva fin quì esaminata è stata recepita con D.Lgs n. 273/2003 dal legislatore nazionale ed inoltre è confluita nella Direttiva Comunitaria 2006/112/CE del Consiglio “relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto”286. Nonostante le modifiche apportate, sono rimasti non pochi aspetti problematici: la Direttiva, ad esempio, fa riferimento al concetto di effettiva utilizzazione quale criterio di individuazione del luogo di consumo, senza però darne una definizione287; non sono stati risolti i problemi delle
consumatori (soggetti non passivi).
285 MONTI A., La direttiva sul regime Iva applicabile la commercio elettronico, in Diritto e pratica
tributaria internazionale, 2003, fasc. 1, pag. 152 ss. “In ordine alle cessioni di beni effettuate in ambito comunitario a favore di privati consumatori, il principio di territorialità basato sull’origine subisce diverse deroghe. Una di queste si verifica nell’ipotesi di vendita a privati in base a cataloghi o per corrispondenza poiché, in tal caso, l’operatore commerciale è obbligato ad applicare l’imposta nel paese di destinazione al di sopra di una certa soglia di volume di affari. Infatti, la possibilità di effettuare acquisti a distanza indirizzerebbe la richiesta dei consumatori finali verso operatori residenti in Stati che applicano l’aliquota meno elevata ed allo stesso tempo spingerebbe gli operatori a collocarsi in tali Stati. Si tratta di un regime Iva particolare di difficile applicazione, anche per la presenza di limiti di valore diversi da paese a paese e differenti a seconda che si tratti di acquisti «a distanza» o di vendite «a distanza» (per l’Italia pari rispettivamente a euro 27.889 ed a euro 79.534). Riguardo a tale aspetto, è da segnalare che la necessità di monitorare costantemente le proprie operazioni per controllare il superamento dei limiti (cui è collegata la modifica del regime Iva applicabile) induce l’operatore economico a non tener conto dell’avvenuto superamento degli stessi, continuando ad agire applicando in fattura l’Iva del proprio paese. Il che mette le amministrazioni che dovrebbero riscuotere l’imposta nell’impossibilità di avere notizia della nuova situazione oggettiva, considerata la mancanza di interesse dello Stato membro del fornitore a vedere dirottato un gettito Iva nel paese comunitario dell’effettivo consumo”.
286 In data 11/12/2006 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della UE la Direttiva n. 2006/112/CE, che
riscrive la VI direttiva (direttiva n. 77/388/CEE del 13/06/1977) al fine di tener conto delle diverse e sostanziali modifiche che l’hanno interessata nel corso degli anni. Dunque, con tale direttiva, si è proceduto alla rifusione delle norme che costituiscono il sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (cosiddetta “Sesta direttiva Iva”). La nuova direttiva 2006/112/CE costituisce pertanto una sorta di testo unico di tutte le norme sul sistema comune dell’ Iva, razionalizzando e coordinando le numerose e sostanziali modifiche intervenute nel tempo. Il nuovo testo è entrato in vigore dal 1° gennaio 2007 in tutti i Paesi dell’Unione europea.
287 GARBARINI C., La disciplina fiscale del commercio elettronico: principi ispiratori, problematiche
applicative e prospettive di sviluppo, in Diritto e pratica tributaria, 2000, fasc. 5, pag. 11205 ss “La scelta legislativa di ricorrere al concetto di effettiva utilizzazione e di effettivo impiego aumenta ulteriormente le difficoltà applicative della direttiva. Benché tale concetto sia comunitario, la Sesta direttiva Iva non ne fornisce una definizione. Ogni singolo Stato dà la propria interpretazione senza stabilire degli orientamenti generali. Il concetto di effettiva utilizzazione e di effettivo impiego può dare luogo, quindi, a una costante incertezza interpretativa per la sua ambiguità e per la conseguente difficoltà di individuare concretamente il luogo in cui la prestazione deve ritenersi utilizzata e impiegata. Inoltre, l’ampia libertà lasciata agli Stati membri nella determinazione del luogo di effettiva utilizzazione ed effettivo impiego delle prestazioni di servizi può fare sì che le soluzioni adottate a livello nazionale da ogni singolo Stato possono risultare confliggenti. L’incertezza interpretativa di tale concetto è ulteriormente accresciuta se riferita ai servizi prestati tramite mezzi elettronici. Per tale tipologia di prestazioni, infatti, in assenza di ulteriori precisazioni, l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego possono potenzialmente avvenire ovunque. Sarebbe stato quindi