CAPITOLO 2: LA STABILE ORGANIZZAZIONE NEL COMMERCIO
3.1 Introduzione all’imposizione indiretta
3.1.1 La qualificazione ai fini Iva delle operazioni di commercio elettronico
Nell’ambito dell’e-commerce è di prioritaria importanza individuare i presupposti impositivi ai fini Iva considerando gli aspetti delle cessioni e acquisizioni telematiche rispetto a quelle compiute attraverso l’economia tradizionale. Per le operazioni di commercio elettronico è stata rilevata una palese difficoltà non solo per l’inquadramento delle transazioni tra vendite di beni o prestazioni di servizi, ma anche, e soprattutto, in merito al presupposto territoriale, ponendosi il problema se il luogo di imposizione dovesse coincidere con il luogo in cui avviene il consumo o con il luogo di origine, ossia il luogo della sede dell’impresa fornitrice.
Le maggiori difficoltà sono sorte in merito alla forma di commercio elettronico diretto, in quanto, i beni oggetto delle transazioni sono beni immateriali e digitali che difettano del normale requisito materiale, inoltre, sempre in merito a questa forma di commercio, risulta più problematica, ai fini della determinazione del luogo impositivo, l’individuazione del luogo del soggetto percettore (ove sia richiesta l’imposizione nel luogo d’uso) e l’individuazione del luogo di svolgimento delle attività del fornitore (ove sia richiesta l’imposizione all’origine).
In dottrina la preoccupazione è stata quella di trattare le due forme di commercio, elettronico e tradizionale, allo stesso modo nel pieno rispetto del principio di non discriminazione, in quanto un trattamento diverso tra operazioni idealmente identiche poteva recare un vantaggio o uno svantaggio ad una di esse234. Come evidenziato nella
COM 98/374, si è inteso procedere all’adeguamento dell’Iva alle operazioni di e- commerce nel rispetto del principio della neutralità dell’imposizione sia in termini di neutralità rispetto alla forma di commercio utilizzata, che nel rispetto della neutralità territoriale, garantendo l’uniformità di trattamento per beni e servizi acquistati all’interno e all’esterno della Comunità europea235.
dei soggetti (artisti, professionisti ed imprenditori) coinvolti nell’attuazione dell’imposta. L’evoluzione della normativa del sistema Iva e la produzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia sul tema conducono a non dubitare della natura dell’Iva di imposta sul consumo. La Comunità europea ha infatti in ogni occasione ribadito tale natura e risolto ogni questione interpretativa sulla base della considerazione che il presupposto dell’Iva fosse il consumo”. FALSITTA, Corso istituzionale di diritto tributario, Padova, 2012.
234 “Sul punto si evidenziano, in particolare, gli studi concretizzatisi: nell’Internet tax Freedom Act del 13
marzo 1997, con il quale si era ribadito il divieto di istituzione di tasse di accesso ad Internet o comunque di imposizioni discriminatorie sul commercio elettronico; nella delibera del Consiglio Europeo Ecofin del 6 luglio 1998 che aveva invece stabilito il divieto di introdurre imposte aggiuntive Iva, dichiarando invece di dover adeguare la normativa esistente alla nuove tendenze tecnologiche; nell’iniziativa di istituzione di un gruppo di studio – all’interno della Commissione europea – denominato “e-europe” che ha condotto la Commissione stessa all’emanazione di una comunicazione (dell’8 dicembre 1999) dal titolo “e-Europe – An information society of all”. MICELI F., La territorialità Iva nelle “operazioni telematiche”, in Rassegna tributaria, 2004, fasc. 2, pag. 581-611.
Tuttavia, alcuni autori sostengono che non sempre vi sia il rispetto di tali principi. Ad esempio una probabile violazione del principio di neutralità è ravvisabile nella pubblicazione e vendita di periodici on-line, cui è applicata l’aliquota Iva ordinaria (22%), essendo qualificata come prestazioni di servizi; mentre nella vendita di pubblicazioni cartacee, considerata cessione di beni, è applicata l’aliquota Iva del 4%236.
In merito a questo caso, l’Agenzia delle entrate ha ribadito che l’agevolazione dell’Iva prevista per i prodotti editoriali si applica solamente ai formati cartacei237, in ragione
della maggiore funzionalità e fruibilità del formato digitale, facilmente duplicabile e spostabile, con minori costi in termini di produzione e distribuzione238.
Per quanto attiene alla qualificazione delle operazioni occorre distinguere tra operazioni di commercio elettronico indiretto da quelle di commercio elettronico diretto.
In merito alle prime, il mezzo telematico viene utilizzato solo a fini intermediativi nella richiesta e offerta del bene o servizio, che non sono digitalizzati, ma avvengono con la consegna o prestazione secondo le forme tradizionali. Non risulta difficile richiamare per tali transazioni il regime fiscale delle vendite a distanza e per corrispondenza alla luce delle affinità delle fattispecie239, infatti la consegna si intende perfezionata al momento
della consegna materiale del bene e quindi la tassazione deve avvenire nei modi “tradizionali”240.
posti a garanzia del corretto funzionamento del meccanismo impositivo, hanno portato, l’Autore Van Zadelhoff, a propendere per la non imponibilità dei suddetti servizi, anche in considerazione del fatto che alcuni di questi sostituiscono beni fisici che, in alcuni Stati membri, sono tassati con aliquota ridotta o pari a zero; l’eventuale perdita di gettito fiscale potrebbe essere bilanciata, a parere dell’Autore, da un’imposta sostitutiva di nuova concezione. La Commissione europea ha sostenuto un indirizzo differente da quello appena esposto, dichiarando espressamente la volontà di non procedere all’istituzione di nuove imposte indirette, ma ritenendo opportuna un’attenta analisi della nuova realtà del commercio elettronico, al fine di stabilire in che misura questa renda necessario un adeguamento delle attuali disposizioni in materia di Iva”. RANGO F., La tassazione indiretta del commercio elettronico e il nuovo regime transitorio, in Il Fisco, 2002, n. 26.
236
DE LUCA A., Iva e commercio elettronico, in Dialoghi di diritto tributario, 2004, fasc. 11, pag. 1587 ss.
Secondo l’autore è criticabile la decisione UE di considerare, ai fini Iva, le transazioni di commercio elettronico diretto sempre e comunque prestazioni di servizi, perché potrebbe generare distorsioni fiscali non indifferenti.
237 Risoluzione n.186/E, del 30 settembre 2003. L’Agenzia afferma che non è possibile applicare le
agevolazioni Iva ai periodici e i prodotti editoriali on-line perché questi sono inquadrati nella disciplina Iva sul commercio elettronico introdotta con la Direttiva 2002/38/CE64.
238 ADONNINO P., L’attuazione nell’ordinamento interno della Direttiva n. 2002/38/Ce in tema di regime
dell’Iva applicabile ai servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici, in Rivista di diritto tributario, 2004, fasc. 1, pag. 803-821
239
FICARI V., Regime fiscale delle transazioni telematiche, in Rassegna tributaria, 2003, fasc. 3, pag. 870-
893.
240 RAPISARDA F., Profili doganali relativi alle vendite via web, in Il Fisco, 2013, fasc. 1, pag. 674-684. Per
tali fattispecie: - non è obbligatoria l’emissione della fattura, a meno che non sia richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione, come disposto dall’art. 22, comma 1, n. 1), del D.P.R. n. 633/1972; - non sono soggette all’obbligo di certificazione fiscale (mediante scontrino o ricevuta) ai sensi dell’art. 2, comma 1), del D.P.R. n. 696/1996. È previsto l’obbligo di annotazione delle operazioni nei registri Iva (registro dei corrispettivi e/o registro delle fatture emesse). Se è istituito il registro dei corrispettivi (art. 24 del D.P.R. n. 633/1972), vi andrà annotato l’ammontare dei corrispettivi delle operazioni effettuate.
Le operazioni di commercio elettronico diretto sono, invece, considerate e vengono assimilate alle prestazioni di servizi, in quanto ogni operazione si svolge unicamente on- line attraverso la vendita di beni e servizi dematerializzati. Tale scelta è stata ripresa dalla Direttiva n. 2002/38/CE, conformemente a quanto indicato nelle proposte di direttiva e sulla base della Direttiva n. 77/388/Cee (o VI Direttiva), riportando nell’allegato L un elenco a titolo esemplificativo dei servizi prestati tramite mezzi elettronici, rinominati in “servizi telematici”. In sostanza, l’UE non ha ritenuto opportuno affrontare il problema della qualificazione giuridica delle transazioni di beni digitali, considerando tali trasmissioni come cessioni di beni immateriali, che ai sensi dell’art. 6 della VI Direttiva, sono qualificate come prestazioni di servizi, annullando il tradizionale dualismo beni/servizi.
La scelta è stata oggetto di numerose critiche. Già nella presentazione della proposta di direttiva si era fatto notare241 come la qualificazione delle operazioni di commercio elettronico diretto unicamente come prestazioni di servizi comportasse un difetto di “imparzialità”. Tale difetto è ravvisabile sia in un trattamento difforme di fattispecie analoghe, che in un trattamento uniforme di fattispecie differenti. Si pensi come i beni trasmessi on-line (ad esempio: musica, immagini, testo, informazioni, software) e i beni immateriali tradizionalmente intesi (ad esempio: diritti d’autore, marchi, modelli, invenzioni industriali) siano ricompresi nella categoria di beni immateriali, ma la loro qualificazione giuridica segua criteri diversi a causa delle difficoltà applicative del concetto di materialità e immaterialità ai beni digitali242. La Comissione europea, infatti, è
241 MICELI F., La territorialità Iva nelle “operazioni telematiche”, in Rassegna tributaria, 2004, fasc. 2, pag.
581-611.
242 Sul punto vedasi: SALLUSTIO C., Commercio elettronico diretto e imposizione sui redditi. Beni digitali,
beni immateriali e «dematerializzazione» dell’attività d’impresa, 2012. Secondo cui “..con riferimento ai beni digitali si era posto il problema della loro collocabilità o meno nell’alveo dei beni materiali o immateriali da cui discendono importanti conseguenze…sul profilo della territorialità dell’operazione, sull’imponibilità delle cessioni all’esportazione e sulle operazioni intracomunitarie…In realtà la tendenza a sovrapporre la nozione di bene immateriale alla c.d. dematerializzazione ad usare il termine bene immateriale come endiadi per definire ciò che non può essere toccato discende probabilmente da un equivoco di fondo causato di una malintesa lettura della distinzione di origine romanista tra beni tangibili e intangibili. Se è vero che il mezzo attraverso il quale si esteriorizza l’opera non è "tangibile", non è corretto parlare di immaterialità in quanto il formato digitale rappresenta un diverso modo di esteriorizzazione del bene, parimenti fisico. Orbene, autorevole dottrina si era chiesta se la concatenazione specifica di byte in cui si estrinseca l’opera dell’ingegno nel trasferimento telematico potesse qualificarsi come bene e aveva risposto positivamente al quesito. Rilevato che «dalla definizione [di bene di cui all’art. 810 c.c.] può trarsi la nozione di bene giuridico in generale, inteso come qualsiasi entità materiale o ideale giuridicamente rilevante», che nella nozione di bene giuridico rientrano sia i beni materiali che immateriali e che quelli materiali si identificano nelle cose del mondo fisico percepibili con i sensi o strumenti materiali, ne aveva dedotto che nulla osterebbe alla qualificazione del byte come bene materiale, che consta di impulsi elettrici, magnetici, ottici, percepibili attraverso una serie di strumenti (il modem e il computer)…non dovrebbero esservi ostacoli nell’ammettere che la loro trasmissione in via telematica configura una cessione di beni ai sensi dell’art. 2 del d.p.r. n. 633 del 1972 quando la loro sequenza individua un bene digitalizzato (un brano musicale, un libro, un filmato, etc.) che "viaggia" in rete in pacchetti I.P.182 e la cui decodifica a destinazione (tramite modem e PC) consente la fruizione del prodotto acquistato. Tale impostazione, corretta in un’ottica interpretativa legata al dato normativo nazionale, portava però ad una conclusione contrastante con l’art. 25, lett. a), della direttiva IVA che, come si è detto, qualifica come prestazioni di servizi le
ricorsa ad un nuovo criterio distintivo per i beni digitali, basato sulla modalità di consegna, o trasmissione, secondo il quale se effettuata off-line trattasi di cessioni di beni, mentre se è on-line costituisce prestazioni di servizi. È proprio questa diversa qualificazione giuridica la causa del difetto di “imparzialità”243. In tal senso, si pensi ad esempio all’operazione di acquisto di un brano musicale, che se effettuato off-line, quindi con l’acquisto di un cd-rom, è considerata una cessione di beni; mentre se effettuato on- line, quindi con formato digitale, è considerata una prestazione di servizi. È chiaro, quindi, come due operazioni analoghe vengano trattate in modo difforme. Analogamente, i beni immateriali tradizionali seguono il criterio distintivo della materialità/immaterialità, prescindendo dalla modalità di trasferimento degli stessi; se così non fosse, ad esempio, l’acquisto di diritti d’autore off-line si qualificherebbe come cessione di beni. Ne segue che all’interno della categoria dei beni immateriali coesistono due criteri distintivi, confondendo due piani concettuali che sarebbero ben distinti se si esaminassero i diritti trasferiti244: di fatto, un conto è acquistare musica, altro è acquistarne i diritti relativi di
sfruttamento commerciale.
Altri autori245 hanno, invece, sostenuto che la classificazione delle operazioni telematiche
come prestazioni di servizi abbia il pregio di conferire un inquadramento generale. Optando per una doppia qualificazione delle operazioni di commercio elettronico diretto, quindi sia prestazioni di servizi che cessioni di beni, vi sarebbe un’eccessiva frammentazione delle transazioni con notevoli problemi applicativi, per quanto riguarda quali beni, servizi, o diritti su di essi siano da considerarsi cessioni di beni o prestazioni
operazioni svolte nelle forme del commercio elettronico diretto. Sarebbe stato opportuno che nel recepire la direttiva fosse stata prevista una definizione di “prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici” ricavata dall’allegato alla direttiva o che si fosse precisata l’espressione “beni immateriali” recata nell’art. 2, al fine di escludere dalla disciplina della cessione di beni immateriali le transazioni rientranti nell’e-commerce diretto. Così non è stato, anche se ora, l’art. 7, par. 2, lett. a), del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011, introduce un elemento di certezza per il futuro. Infatti, tale disposizione, finalizzata ad evitare l’insorgere o il perpetrarsi di divergenze interpretative relative a particolari nozioni e profili della direttiva IVA, ha finalmente stabilito in modo espresso ed inequivocabile che «la fornitura di prodotti digitali in generale, compresi software, loro modifiche e aggiornamenti» rientra nell’ambito applicativo delle prestazioni di servizi elettroniche…Si torna quindi al tema dell’idoneità delle esistenti categorie concettuali del diritto tributario a regolamentare il commercio elettronico, come testimonia il fatto che la dottrina tributaria si chiede se l’inclusione nella categoria delle prestazioni di servizi delle operazioni on line rilevanti ai fini IVA non testimoni piuttosto la perdita di rilievo della distinzione tra cessione di beni e prestazione di servizi”.
243
MONTI A., La direttiva sul regime Iva applicabile la commercio elettronico, in Diritto e pratica
tributaria internazionale, 2003, fasc. 1, pag. 152 ss.
244 Questa è la posizione seguita dal Department of Treasury U.S.A., Selected tax policy implications of
global electronic commerce, 1996. Secondo cui tutti i prodotti digitalizzabili (es: immagini, musica, testo, software, informazioni) sono protetti dalla legislazione sui diritti d’autore su opere artistiche o letterarie, il cui elemento caratterizzante è il contenuto della transazione su Internet, per cui risulta fondamentale l’analisi dei diritti che vengono con essa trasferiti perchè sono questi che dovrebbero essere posti alla base della qualificazione delle operazioni.
245 ADONNINO P., L’attuazione nell’ordinamento interno della Direttiva n. 2002/38/Ce in tema di regime
dell’Iva applicabile ai servizi di radiodiffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici, in Rivista di diritto tributario, 2004, fasc. 1, pag. 803-821.
di servizi, causando una possibile infinità di interpretazioni, che condurrebbero ad un’analisi casistica.
Una parte della dottrina246, invece, ha rilevato come il sistema stia portando ad un
avvicinamento delle due categorie, arrivando a proporre l’unificazione delle operazioni in un’unica categoria generale e, per alcuni, addirittura una ricostruzione della nozione di bene giuridico. Questa visione estrema si fonda sulla ratio che il sistema del commercio elettronico pone nuove esigenze, ossia beni che per le loro intrinseche caratteristiche sono destinati ad essere qualificati nella categoria onnicomprensiva dei servizi.
L’art. 5 della sesta Direttiva considera cessioni di beni solo le cessioni che hanno ad oggetto beni materiali che sono concretamente individuabili, mentre l’art. 6 considera prestazioni di servizi tutte le operazioni che non rientrano tra le cessioni di beni, quindi la qualificazione opera con carattere residuale. L’art. 2 del Dpr n. 633/72, invece, considera come cessioni di beni “gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere”, quindi beni materiali e non; mentre, nell’art. 3 le prestazioni di servizi sono “prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”. Se la Direttiva opera con una separazione netta tra le due fattispecie, la norma nazionale lascia aperte ed irrisolte alcune questioni; infatti, considerando tra le cessioni quelle di beni di ogni genere, compresi i beni immateriali, la distinzione tra commercio elettronico diretto e indiretto perde significato perché riconducibile in ogni caso alle cessioni di beni immateriali effettuate tramite mezzi elettronici.
La Direttiva 2002/38/CE, che ha modificato la sesta direttiva, e il successivo Decreto legislativo 273/2003, in recepimento della stessa, hanno considerato tra le prestazioni di servizi quelle prestate tramite mezzi elettronici, precisando che per i “servizi elettronici” e i “servizi forniti tramite mezzi elettronici” si deve fare riferimento all’art. 9, par. 2, lett. e) ultimo trattino, ossia ai servizi prestati tramite mezzi elettronici elencati nell’allegato L della Direttiva. In tal modo, non viene data una vera e propria definizione, ma si rileva solo il mezzo con con cui tali servizi sono prestati.
La modifica, così apportata, risulta coerente e compatibile con l’art. 6 della precedente Direttiva, secondo cui dai servizi di commercio elettronico diretto (on-line) si escludono
246 FICARI V., Regime fiscale delle transazioni telematiche, in Rassegna tributaria, 2003, fasc. 3, pag. 870-
le cessioni di beni materiali del commercio elettronico indiretto (out-line) in cui si ha la consegna fisica del bene. 247