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La disciplina dei trasferimenti nel calciomercato

Se guardiamo agli effetti socio-economici complessivi della sentenza Bosman, rileviamo come le società sportive siano incentivate ad un ricorso sempre più frequente al mercato delle cessioni dei contratti per le prestazioni dei giocatori, al fine di evitare che ingenti investimenti risultino improduttivi; infatti, è da questo momento che il numero delle cessioni ha iniziato a moltiplicarsi in misura esponenziale, e che le federazioni hanno dovuto adeguarsi, aggiungendo, alle tradizionali sessioni estive, altre aperture del mercato durante il corso della stagione agonistica223.

La normativa che disciplina i trasferimenti dei calciatori è individuabile nelle N.O.I.F.224 e nel Regolamento F.I.F.A. sullo status e sui trasferimenti

dei calciatori, il quale prevede, in particolare, un sistema elettronico di regolamentazione dei trasferimenti, denominato TMS (Transfer Matching

System), introdotto per una maggior trasparenza dei trasferimenti a livello

internazionale; si tratta di una procedura obbligatoria per tutti i trasferimenti internazionali dei calciatori che conferisce alle federazioni ed alle società sportive un criterio di gestione dati informatico che gestisce e controlla i trasferimenti internazionali.

La normativa internazionale prevista dal Regolamento F.I.F.A. sullo status e sui trasferimenti dei calciatori rileva anche in tema di tesseramento, in quanto viene prevista la presenza del cosiddetto Certificato di Trasferimento Internazionale (CTI o transfert), in assenza del quale il calciatore professionista autorizzato a giocare presso una società affiliata ad una federazione nazionale non potrà essere tesserato presso una

223 Vedi M. Miccio, Comunicazione, evoluzione e denari nel calcio, in Analisi Giur. dell’Econom.,

2005, pp. 521 e ss.

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A tal proposito, oltre alle disposizioni delle N.O.I.F. che abbiamo già richiamato, occorre precisare che, in tema di trasferimento di un calciatore, rileva anche l’articolo 95 bis delle N.O.I.F., derubricato “Disciplina della concorrenza”, che prevede espressamente che, per i calciatori con contratto pluriennale non in scadenza a fine stagione, soltanto la società titolare del cartellino può decidere se cedere, con il consenso dei calciatori stessi, il relativo contratto di prestazione sportiva, e che sono vietati i contatti e/o le trattative, dirette o tramite terzi, tra una società terza e tali calciatori senza preventiva autorizzazione scritta della società titolare del cartellino; invece, per quanto riguarda i calciatori con contratto in scadenza a fine stagione, la norma prevede che fino al 31 dicembre sono vietati i contatti e le trattative, dirette o tramite terzi, tra tali calciatori e società terze; a partire dal 1 gennaio saranno, invece, consentiti i contatti e le trattative tra calciatori e società terze, nonché la stipula di accordi preliminari; in ogni caso, la società che intenda concludere un contratto con un calciatore dovrà informare per iscritto la società di appartenenza di quest’ultimo prima di avviare la trattativa con lo stesso.

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società affiliata ad un’altra federazione nazionale; il CTI è rilasciato dalla federazione nazionale che il calciatore desidera abbandonare, e, in caso di rifiuto da parte di quest’ultima, è prevista la possibilità per il calciatore di rivolgersi alla F.I.F.A., che potrà emettere un CTI provvisorio225.

Tornando al mero trasferimento del calciatore, esso226 può avvenire a titolo definitivo o temporaneo, soltanto nei due periodi stabiliti annualmente dalle singole federazioni ai sensi delle N.O.I.F. e del Regolamento F.I.F.A. Le più comuni tipologie di cessione del contratto del calciatore, che possono verificarsi nell’ambito nel calciomercato, si suddividono in:

a) cessione a titolo definitivo;

b) cessione a titolo definitivo con inserimento della cosiddetta “clausola

di recompra” a favore della società cedente.

c) cessione a titolo temporaneo;

d) cessione a titolo temporaneo con diritto di riscatto; e) cessione a titolo temporaneo con obbligo di riscatto;

Nel proseguo della trattazione tali tipologie di trasferimento verranno analizzate nel dettaglio.

225 Vedi R. Stincardini, La cessione del contratto: dalla disciplina codicistica alle peculiari ipotesi di applicazione in ambito calcistico, op. cit., p. 135.

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Considerando l’abolizione dell’accordo di partecipazione (o istituto della cosiddetta “comproprietà”), che, come possiamo ricavare da R. Stincardini, La cessione del contratto: dalla

disciplina codicistica alle peculiari ipotesi di applicazione in ambito calcistico, op. cit., p. 139 e ss.,

consentiva alla società cedente e a quella cessionaria la possibilità di concludere, nel contesto giuridico-pratico di una cessione di contratto sportivo, un ulteriore accordo tra loro in forza del quale la società cessionaria, contro un corrispettivo, attribuiva a quella cedente il diritto di partecipare a quelli che sono letteralmente definiti gli «effetti patrimoniali conseguenti alla titolarità del contratto»; l’accordo di partecipazione presupponeva necessariamente la cessione del contratto sportivo; più precisamente, la società cedente, attraverso tale accordo, entrava al 50% nel rapporto contrattuale intercorrente fra il calciatore ceduto e società cessionaria, acquistando la metà dei diritti. Tramite l’accordo di partecipazione le due società non realizzavano una vera e propria cessione a titolo definitivo; infatti, la società cedente restava titolare del 50% dei diritti, ed aveva la possibilità di riscattare l’altro 50% decorsa la durata dell’accordo economico, mentre la società cessionaria aveva diritto a tesserare il calciatore e, quindi, ad usufruire, a titolo temporaneo ma in maniera esclusiva, delle sue prestazioni atletiche ed agonistiche. La durata dell’accordo di partecipazione era annuale; alla scadenza di tale termine la compartecipazione doveva obbligatoriamente essere risolta a favore di una delle due società, fissando un termine per esercitare il riscatto a mezzo di offerta in busta chiusa. Infine, l’accordo di partecipazione poteva essere rinnovato, con il concorso delle volontà delle due società e del calciatore. In Italia questo tipo di trasferimento è stato abolito dalla F.I.G.C. nel maggio del 2014, con la possibilità di rinnovare soltanto le comproprietà già esistenti e di non crearne di nuove; il 25 giugno 2015 si è avuta l'ultima risoluzione delle cosiddette “comproprietà”.

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4.5.1) Cessione a titolo definitivo e clausola di “recompra”

Con la cessione a titolo definitivo il calciatore si trasferisce presso un’altra società sportiva, estinguendo così ogni rapporto con il club cedente ed andando a stipulare un nuovo contratto di lavoro con la società acquirente. Tali trattative hanno visto negli ultimi anni l’inserimento dei cosiddetti

bonus, ossia parti variabili del corrispettivo del trasferimento che sono

condizionati al raggiungimento di determinati risultati sportivi da parte del calciatore o/e da parte del club acquirente227.

Infine, può capitare che le parti, nell’ambito della trattativa di cessione del calciatore, inseriscano bonus in caso di futura rivendita del calciatore; ciò significa che, nel caso di vendita del calciatore ad altro club, il “primo cedente” avrà diritto ad una determinata somma o ad una percentuale sul trasferimento, consensualmente pattuita tra le parti.

Inoltre, può essere prevista una cessione a titolo definitivo con l’introduzione contrattuale di una “clausola di recompra”; tale clausola è un diritto di opzione, a favore della società cedente, in forza del quale viene conferita alla medesima la possibilità di “riacquistare” il calciatore ceduto. Con l’introduzione della “clausola di recompra”, la società cedente monetizza subito per la cessione del giocatore, ma si cautela nel caso in cui vi sia una futura ed eventuale “esplosione” nel rendimento sportivo di quest’ultimo, potendo di fatto riacquistare le prestazioni sportive di quel determinato calciatore ad una somma predeterminata entro un termine consensualmente pattuito228.

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A seconda del blasone dei club che hanno negoziato la cessione, i bonus possono essere legati alla permanenza nel campionato di appartenenza, al raggiungimento di un piazzamento in una delle competizioni europee, fino alla vittoria del campionato e/o di altre competizioni; relativamente ai bonus legati ai risultati sportivi dei calciatori, si intendono sia i risultati di squadra, come sopra descritti, che quelli individuali.

228 Sulla disciplina relativa ai bonus e alla “clausola di recompra” vedi G. Del Re, Le regole del calciomercato, pubblicato il 1 agosto 2017, disponibile on line all’indirizzo web

109 4.5.2) Cessione a titolo temporaneo

La cessione temporanea di un contratto di prestazione sportiva di un calciatore, così come quella definitiva, determina l’estinzione dell’originario rapporto di lavoro vigente con la società cedente, al quale se ne sostituisce uno nuovo e distinto con la società cessionaria; la finalità dell’istituto, altrimenti noto come “prestito”, è quella di valorizzare la formazione dei giovani promettenti che, per eccesso di numero, non hanno spazi di impiego nel club di provenienza, mettendoli a disposizione di una società che consenta loro un impiego formativo più costante229.

La cessione temporanea è prevista e regolamentata unicamente dalle carte federali, segnatamente dall’articolo 103 delle N.O.I.F., secondo i seguenti tratti salienti.

Innanzitutto, l’accordo deve avere una durata minima pari a quella che intercorre tra i due periodi dei trasferimenti, ed una massima pari ad una stagione sportiva.

La cosiddetta formula del “prestito” potrà essere a titolo gratuito o oneroso, e contenere delle clausole che prevedano un premio di valorizzazione a favore della società cessionaria o un premio di rendimento a favore della società cedente; l’onerosità o la gratuità del “prestito” concerne il pagamento, o meno, di un quantitativo per il trasferimento temporaneo.

L’articolo 103 delle N.O.I.F. prevede espressamente la possibilità di inserire nella cessione temporanea la formula del diritto o dell’obbligo di riscatto. La formula del diritto di riscatto consente al club che ha ottenuto il prestito di scegliere se acquistare a titolo definitivo il calciatore ad un corrispettivo predeterminato ed entro un determinato termine; pertanto, la società sportiva che ha ceduto il calciatore con la formula del “prestito” con diritto di riscatto non dovrà fare altro che attendere l’eventuale decisione del club che ha ottenuto il prestito di acquistare definitivamente quel determinato calciatore230.

229

Vedi R. Stincardini, La cessione del contratto: dalla disciplina codicistica alle peculiari ipotesi di

applicazione in ambito calcistico, op. cit., p. 143.

230 La normativa prevede anche l’ipotesi di un “contro-riscatto” a favore del club che cede in

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Se nella formula della cessione a titolo temporaneo del calciatore viene inserito non un diritto, ma un obbligo di riscatto, così come disciplinato dall’articolo 103 comma 3-bis delle N.O.I.F., si palesa un’ipotesi di contratto preliminare ad esecuzione differita, in forza del quale il calciatore, in futuro ed al verificarsi di determinate “condizioni sportive” specificatamente pattuite tra le parti, verrà ceduto alla società acquirente; in questo caso il

club che ha ottenuto il “prestito” non potrà scegliere se acquistare o meno

a titolo definitivo il calciatore, ma sarà costretto a farlo al verificarsi di determinate condizioni.

Al fine di ridurre il numero eccessivo dei cosiddetti “prestiti” è stato stabilito che le Leghe possano limitare il numero dei calciatori che ogni società può tesserare per cessione temporanea di contratto, nonché disciplinare le modalità d’impiego ed i limiti di età.

Infine, per ragioni di completezza, occorre ricordare che in sede internazionale, in base all’articolo 10 del Regolamento F.I.F.A. sullo status e sui trasferimenti dei calciatori, i “prestiti” sono considerati al pari delle cessioni definitive, e che quindi ad essi si applicano tutte le regole stabilite per queste ultime (forma scritta ad substantiam, sottoscrizione delle due società e del calciatore, rilascio del CTI).

4.5.3) Clausola rescissoria

Le società sportive, dalla ormai nota sentenza Bosman, hanno iniziato gradualmente a perdere potere contrattuale in sede negoziale; infatti, non è più sufficiente la sottoscrizione di un contratto di prestazioni sportive per garantire ad un club le prestazioni di un proprio calciatore fino alla scadenza del contratto231.

Questa situazione ha spinto le società di calcio, per rendere ancor più stabile il rapporto contrattuale con i propri tesserati, ad utilizzare uno

231 Questo è dovuto, in particolare negli ultimi anni, all’ingresso nel mondo calcistico di nuovi

proprietari multi-miliardari, come ad esempio gli sceicchi del Manchester City e del Paris Saint Germain, o alle superpotenze economiche della Cina.

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strumento fino a quel momento poco utilizzato, ovvero la cosiddetta “clausola rescissoria”232.

Con tale clausola le società sportive, oltre a predeterminare un prezzo per la cessione delle prestazioni sportive del calciatore, hanno riacquisito parte del potere negoziale disperso, potendo permettersi di sottoscrivere un contratto di lavoro sportivo, ad ingaggio ridotto rispetto alle richieste economiche del calciatore, con la “promessa” di una cessione futura ad un costo concordato con quest’ultimo (o con il suo procuratore) mediante l’attivazione, appunto, di tale clausola rescissoria233.

La possibilità dell’inserimento di tale clausola non è disciplinata, né tanto meno prevista, dalla normativa e dai moduli federali; pertanto, qualora le parti volessero avvalersi di tale istituto, dovranno prevederla in un apposito allegato che, ai fini della validità dello stesso, dovrà essere obbligatoriamente depositato unitamente al contratto di lavoro sottoscritto tra il club ed il giocatore.

La clausola impropriamente detta rescissoria, in ambito calcistico, trova il suo fondamento normativo nel Regolamento F.I.F.A. sullo status e sui trasferimenti dei calciatori.

All’articolo 13 di tale Regolamento, la F.I.F.A. sancisce il principio cardine per cui un contratto fra un calciatore professionista ed una società sportiva può aver fine solo alla sua scadenza o per mutuo consenso, prevedendone, all’articolo 14, la possibilità di risolvere tale contratto senza incorrere in conseguenze di sorta (come il pagamento di un’indennità o l’imposizione di sanzioni sportive) in presenza di giusta causa (come ad esempio nel caso di mancato pagamento dello stipendio o quando sono state disputate dal calciatore meno del 10% delle gare ufficiali durante una stagione); in caso di risoluzione del contratto senza giusta causa, l’articolo 17 del Regolamento F.I.F.A. prevede per la parte inadempiente il pagamento di

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Nel rispetto delle definizioni civilistiche del nostro ordinamento, si dovrebbe parlare di “clausola risolutiva” piuttosto che rescissoria; infatti, la rescissione di un contratto presuppone un’anomalia (stato di pericolo o lesione) verificatasi al momento della conclusione del contratto; diversamente, si parla di risoluzione quando i motivi sopraggiungono alla conclusione del contratto, per inadempimento di una delle due parti, per impossibilità sopravvenuta o per eccessiva onerosità.

233 Come affermato da G. Del Re – F. Cesarola, Come funziona la clausola rescissoria, pubblicato il

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un’indennità, da quantificarsi secondo alcuni criteri oggettivi definiti in sede di ricorso.

Il comma 2 dell’articolo 17 del Regolamento F.I.F.A. parla in modo esplicito della validità di una “clausola rescissoria” nel momento in cui definisce che “l’ammontare dell’indennità può essere prevista nel contratto o può essere

stabilita fra le parti”; dunque, la F.I.F.A. sembra quasi incentivare l’uso di

tali clausole in caso di risoluzione senza giusta causa234.

Nello specifico, l’importo dell’indennità è dovuto dal calciatore che intende risolvere anticipatamente il suo contratto, in quanto contraente e legittimato all’azionamento della clausola; nella pratica, tale somma viene pagata dalla società che ne vuole acquistare i diritti, spesso negoziando modalità di pagamento ed anche importo235.

Ritornando all’ordinamento italiano, la clausola impropriamente detta rescissoria trova la sua validità giuridica negli articoli 1382-1384 del cod. civ., in cui viene definita “clausola penale” la somma, stabilita all’interno di un contratto e concordata tra le parti, dovuta a titolo di risarcimento per l’inadempimento dell’obbligazione ed indipendentemente dalla prova del danno.

4.5.4) Clausola risolutiva espressa

Strettamente connessa alla natura del contratto di lavoro sportivo è la dibattuta questione dell’applicabilità a tale contratto della clausola risolutiva espressa.

Si è già detto che la disciplina del rapporto di lavoro sportivo presenta peculiarità che rendono tale rapporto una materia speciale, per la quale è stata necessaria la predisposizione di una disciplina, almeno in parte, altrettanto speciale; la l. 91/1981 non esaurisce, però, la regolamentazione del rapporto di lavoro sportivo, dovendosi ritenere che ad esso siano

234

Come affermato da B. Minerva, Come funziona la clausola rescissoria?, pubblicato il 5 maggio 2017, disponibile on line all’indirizzo web www.gianlucadimarzio.com, pp. 1 e ss.

235 Alcuni esempi di pagamento della suddetta clausola rescissoria sono stati quello da parte della

Juventus per l’allora calciatore del Napoli Higuain nel 2016, quello da parte ancora della Juventus per l’allora calciatore della Roma Pjanic, ma soprattutto quello riguardante il trasferimento

record del calciatore Neymar, per cui il Paris Saint Germain ha deciso di pagare la clausola

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applicabili tutte le norme del codice civile e della legislazione del lavoro che non siano incompatibili con le peculiarità della fattispecie236.

Quindi, anche per la clausola risolutiva espressa si dovrà valutare tale compatibilità, partendo dal tratto caratterizzante del rapporto di lavoro sportivo che, come abbiamo già evidenziato in precedenza, consiste nella previsione di un termine di durata del contratto; ricordiamo, infatti, che la legge del 1981 consente, all’articolo 5, che il contratto di lavoro subordinato dello sportivo professionista contenga l’apposizione di un termine finale non superiore a cinque anni.

Ciò premesso, possiamo procedere con la disamina della normativa codicistica vigente in materia.

L’articolo 1456 cod. civ. afferma che «i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso in cui una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite; in questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva».

La clausola risolutiva espressa rientra nei cosiddetti elementi accidentali del contratto, ovvero quegli elementi non essenziali attraverso i quali le parti ampliano il contenuto del loro accordo, e si inserisce nel più ampio quadro della cessazione dei rapporti contrattuali, in particolare nella regolamentazione della risoluzione per inadempimento; essa consiste, infatti, in una pattuizione contrattuale nella quale vengono indicate una o più obbligazioni alle quali le parti conferiscono una particolare rilevanza, con la conseguenza che, qualora anche una soltanto delle predette obbligazioni non venga adempiuta secondo le modalità stabilite, la parte non inadempiente avrà la facoltà di porre termine al rapporto con effetto immediato, manifestando la propria volontà di avvalersi di tale clausola risolutiva espressa.

La regolamentazione generale sin qui esposta va, tuttavia, armonizzata con la disciplina sportiva, la quale, talvolta, prevede deroghe in ragione della specificità dell’attività svolta.

Ebbene, con riferimento al contratto di lavoro sportivo, come abbiamo visto, il comma 1 dell’articolo 4 della l. 91/1981 stabilisce espressamente

236 Così come sostenuto da R. Stincardini, La cessione del contratto: dalla disciplina codicistica alle peculiari ipotesi di applicazione in ambito calcistico, op. cit., p. 138.

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che il contratto tra lo sportivo professionista e la società destinataria delle sue prestazioni debba essere stipulato sulla base del contratto-tipo, predisposto conformemente all’Accordo Collettivo che ogni tre anni deve essere stipulato dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate; sul punto è indispensabile notare che gli accordi collettivi tra Lega Nazionale Professionisti e associazioni di categoria nulla dispongono in materia.

Il codice disciplina la clausola risolutiva nell’ambito della risoluzione contrattuale, ma, naturalmente, non individua il contenuto, che pertanto può essere vario.

In ragione delle argomentazioni sopra esposte, possiamo ritenere ipotizzabile l’applicazione dell’istituto della clausola risolutiva espressa ex articolo 1456 cod. civ. anche nell’ambito del rapporto di lavoro sportivo, al fine di far fronte alle esigenze contrattuali delle società, nonché dei lavoratori sportivi237.

4.5.5) Fair play Finanziario

Con il termine di Fair Play Finanziario si intende quell’insieme di regole e criteri di monitoraggio elaborati dalla U.E.F.A. con l’obiettivo di migliorare la capacità economica e finanziaria dei club, attraverso una disciplina nella gestione dei bilanci.

Il Financial Fair Play, introdotto dal Comitato Esecutivo U.E.F.A. nel 2009, è intervenuto per tentare di porre un freno ai fallimenti che minavano l’integrità sportiva delle competizioni calcistiche238.

In seguito a questa serie di eventi, la U.E.F.A. ha deciso, quindi, di porre rimedio a tale problematica attraverso un regolamento economico-

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Vedi R. Stincardini, La cessione del contratto: dalla disciplina codicistica alle peculiari ipotesi di

applicazione in ambito calcistico, op. cit., p. 139. 238

Due esempi sono il fallimento del Valencia nel 2008, una delle società più titolate di Spagna, ed il fallimento del club scozzese dei Rangers nel 2012; il Valencia registrò un debito di 547 milioni di euro che vennero inizialmente colmati attraverso un programma di austerity che portò alla cessione di David Villa al Barcellona per 40 milioni di euro; i Rangers fallirono soprattutto per

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