• Non ci sono risultati.

La disciplina delle obbligazioni presuppone sempre un inadempimento

Nel documento Il controllo del datore di lavoro 2.0 (pagine 17-20)

Sezione I - La natura giuridica del controllo nel diritto delle obbligazioni

3.1 La disciplina delle obbligazioni presuppone sempre un inadempimento

Per rispondere ai due quesiti appena posti si crede di dover procedere confrontando il controllo a posteriori e quello in itinere.

Il controllo a posteriori può essere definito come controllo sull’adempimento-prodotto (sull’adempiuto): il prestatore ha già tenuto il comportamento che costituisce oggetto della prestazione; la verifica del corretto adempimento avviene senza possibilità d’intervenire al fine di adattare la prestazione alla richiesta26.

Questo tipo di controllo ha significato solo e in quanto potrà costituire il fondamento per agire per la responsabilità patrimoniale del debitore.

Il controllo in itinere può essere definito come controllo sull’adempimento-prestazione (sull’adempiendo): il prestatore sta ancora tenendo il comportamento che costituisce oggetto della prestazione e il creditore può verificare “in corso d’opera” la correttezza del comportamento, rispetto a quanto richiesto, così determinando, all’occorrenza, la modifica della condotta, adattandola all’interesse in obbligazione (il corretto adempimento).

Come detto, in quest’ultimo caso, il controllo opera su una prestazione che non si è ancora esaurita, nella quale, cioè, il risultato non è stato raggiunto, quindi non può ammettere un confronto tra quanto prestato e quanto dedotto in obbligazione, per la naturale parzialità del risultato; ne deriva che il creditore può solo verificare se quanto sta facendo il debitore risulti astrattamente idoneo a realizzare il risultato finale, senza poter agire contro comportamenti che facciano presumere il mancato raggiungimento del risultato stesso.

La facoltà di controllo sulla prestazione si è fatto discendere dall’art. 1181 c.c. ma se ne può rinvenire fondamento diffusamente nel codice civile, specialmente negli artt. 1176, 1178, 1197, 1200, 1218, 1258, 1460; 1393; 1477; 1578; 1587; 1662; 1683; 1713; 174627.

Quasi tutta la normativa indicata si riferisce alla prestazione cui è tenuto il debitore ovvero al presupposto per agire avverso l’inadempimento; quasi tutta, perché l’art. 1662 c.c. è l’unica fonte che espressamente stabilisce un fondamento legale alla facoltà di controllo della prestazione in

modificative, sostitutive, censorie, che la regola del suo potere contempla»

26Parla di controllo successivo - ma con il medesimo significato - G. ROMANO, Interessi…, cit. p. 64 27Cfr. A. Gᴇɴᴛɪʟɪ Il controllo.., cit. p. 25 ss.,

corso di svolgimento: «il committente ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato» (co. 1)».

«Quando, nel corso dell'opera, il creditore accerta che l’esecuzione della prestazione non procede secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d'arte, il committente può fissare un congruo termine entro il quale l'appaltatore si deve conformare a tali condizioni; trascorso inutilmente il termine stabilito, il contratto è risoluto, salvo il diritto del committente al risarcimento del danno (co. 2)».

La tutela segue il meccanismo della diffida ad adempiere, per cui il creditore attribuisce un termine entro cui adempiere, spirato il quale il rapporto viene sciolto; tra i due istituti, però, corre una evidente differenza: mentre il controllo del committente opera in corso di esecuzione, la diffida ad adempiere si riferisce espressamente all’inadempimento della prestazione.

In pratica il controllo di cui all’art. 1662 c.c. è espressamente inteso come controllo in itinere, laddove il controllo di cui all’art. 1454 c.c. (diffida ad adempiere) è, invece, espressamente inteso come controllo a posteriori.

In entrambi i casi si è in presenza di rimedi stragiudiziali diretti a incidere sul comportamento del debitore, non conforme al risultato; tuttavia nel solo caso dell’appalto il legislatore ha scelto di svolgere un bilanciamento tra gli interessi attuali delle parti, considerando la peculiare natura dell’attività svolta.

Il fine della norma è ben chiaro e già lo ha espresso la Suprema Corte in una risalente sentenza:

«il particolare rimedio risolutorio previsto dall'art. 1662 comma secondo cod. civ. oltre a costituire una deroga alla norma generale sulla risoluzione per inadempimento di cui all'art. 1453 cod. civ. perché si riferisce ad una obbligazione in corso di attuazione, differisce da quello previsto per il caso di inadempimento finale dall'art. 1668 comma secondo cod. civ., perché la risoluzione è ammessa anche quando l'opera non sia del tutto inadatta alla sua destinazione e quindi anche quando l'inadempimento sia temporaneo e di scarsa importanza e si presenti pertanto solo allo stato di pericolo»28.

Partendo dalla massima enunciata si può facilmente capire come la tutela offerta dall’ordinamento sia chiaramente ispirata all’effettività della tutela. La Suprema Corte conclude per la risoluzione del rapporto ma, a ben vedere, la norma è ispirata al principio di conservazione degli effetti, per cui se il debitore non è in grado di conformarsi alle condizioni contrattuali come intimato dal creditore, allora quest’ultimo avrà interesse all’estinzione del rapporto, che non gli può procurare alcuna utilità.

La logica che ispira il controllo in itinere del committente è, allora, quella di «garantire l'esatto adempimento dell'appalto, ma non anche [di] fungere da accettazione dell'opera, e non esclude, pertanto, la responsabilità dell'appaltatore per vizi o difformità dell'opera stessa»29.

In buona sostanza, il controllo in itinere del committente è diretto a garantire che il rapporto si concluda con la soddisfazione dell’interesse per cui è sorto.

L’art. 1662 c.c., sebbene fondi certamente un diritto al controllo, non è di per sé sufficiente a legittimare un sistema30 che ammetta tale diritto come generalizzato; inoltre questa norma dev’essere ben definita e contestualizzata nello specifico rapporto in cui dispiega la propria funzione.

28Cass. 04 marzo 1993 n. 2653, in MGC, 1993, p. 433 29Cass. 27 marzo 2003 n. 4544, in MGC, 2003, p. 626

30Ancora una volta si v. A. GENTILI, Il controllo.., cit. p. 25 ss., il quale esprime efficacemente il concetto, dicendo che «se il discorso astrae dai singoli casi e dalle loro ragioni, il fatto è che, mentre è certo che non ne basti una, nessuno ha mai chiarito quante rondini ci vogliano per fare primavera».

In primo luogo il contratto di appalto dà luogo a una prestazione a esecuzione non istantanea;

ne discende la già menzionata esigenza del creditore di verificare se il comportamento del debitore possa realizzare lo scopo per cui l’adempimento è richiesto31.

In tal proposito, si deve notare che il diritto di controllare l’esecuzione dei lavori ha una finalità specifica, cioè di imporre all’appaltatore di svolgere la prestazione in modo conforme allo scopo da perseguire.

Ciò avviene in quanto il committente non può essere direttamente responsabile della direzione e dell’organizzazione del lavoro; infatti, se così fosse, si avrebbe a che fare con un appalto fittizio, in cui il committente si ingerisce nell’autonomia dell’appaltatore, fino ad annullare la sua sfera di autonomia contrattuale-organizzativa.

Del resto la stessa definizione di appalto prevede che organizzazione, rischio e mezzi devono essere imputati all’appaltatore (art. 1655 c.c.) così escludendo il committente dall’esecuzione dei lavori e, quindi, dal controllo.

Data questa esclusione viene da chiedersi: il committente quale tutela può avere contro il comportamento dell’appaltatore non compatibile con l’adempimento?

La soluzione è data proprio dalla disciplina dell’appalto, specificamente dal menzionato art.

1662 c.c. che recupera un margine d’interferenza (non d’ingerenza) del committente nell’esecuzione dei lavori.

Ragionando in questi termini - e data la specialità della disciplina in parola - non si crede che il diritto al controllo previsto per l’appalto possa essere esteso a fattispecie analoghe.

Analogamente all’art. 1662 c.c., anche l’art. 2224, co. 1 c.c. stabilisce, nel caso del cd. contratto d’opera, che «se il prestatore d’opera non procede all’esecuzione dell’opera secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte, il committente può fissare un congruo termine, entro il quale il prestatore deve conformarsi a tali condizioni»32.

Anche in questo caso si può giungere a conclusioni analoghe a quelle viste per l’appalto.

Il prestatore d’opera, per definizione (art. 2222 c.c.) esegue la prestazione in autonomia, precisamente «senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente»; ciò significa che tra l’organizzazione del committente e quella del prestatore d’opera non vi è comunicazione.

Anche in questo caso allora può essere posta la medesima domanda formulata per il committente appaltante: il committente quale tutela può avere contro il comportamento del prestatore d’opera non compatibile con l’adempimento?

La risposta dev’essere nuovamente la medesima: l’art. 2224 c.c. recupera un margine d’interferenza (non d’ingerenza) del committente nell’esecuzione dei lavori.

Anche per il caso del contratto d’opera deve, quindi, concludersi per la non estensibilità della disciplina del controllo ad altre fattispecie.

Tra le due fattispecie analizzate vi è più di un punto in comune: entrambe sono riferite alla esclusività dell’organizzazione del debitore ed entrambe consentono al committente di fissare un termine per la corretta esecuzione dei lavori.

Riportandoci a quanto detto in precedenza pare confermata l’ipotesi iniziale per cui il debitore ha diritto di adempiere come ritiene (organizzazione dell’appaltatore o prestatore); tuttavia, nei casi menzionati, il creditore non deve attendere che sia realizzato l’inadempimento per contestare 31V. CIANFLONE e GIOVANNINI, L’appalto di opere pubbliche, Milano, 1999, 31, ove si afferma che l’appalto «trova la sua ragion d’essere, di fronte alla compravendita, nella necessità o opportunità che il bene meglio risponda alle particolari esigenze del committente».

32P. ICHINO, Il contratto di lavoro, vol. II, in P. Schlessinger (diretto da), Trattato di diritto civile e commerciale, Giuffré, 2000, p. 226

l’inadeguatezza della prestazione a soddisfare il proprio interesse, potendo fissare un termine per la conformazione del debitore ai termini contrattuali.

Questa regola è fissata espressamente dalla legge per le fattispecie di appalto e prestazione d’opera e incide indirettamente sull’oggetto del contratto.

Il potere di controllo attribuito al committente si atteggia più come un potere di impartire delle direttive di massima, che possono risultare simili a delle indicazioni da seguire. In questo senso il potere di controllo è diretto alla definizione di un parametro di adeguamento della prestazione dovuta, cioè incide sulla prestazione stessa.

Oltre alla funzione di adeguamento, il potere di controllo in parola attribuisce al creditore un potere di estinzione del rapporto con fissazione del termine entro cui conformarsi. Ebbene, in questo modo il committente può anche anticipare l’estinzione del rapporto non all’inadempimento ma alla mancata conformazione, che non colpisce necessariamente l’intera obbligazione.

3.2 La facoltà di controllo ha fondamento positivo nell’art. 1461 c.c., come inteso dalla più

Nel documento Il controllo del datore di lavoro 2.0 (pagine 17-20)