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La discrezionalità nel processo politico amministrativo

Il concetto di discrezionalità assume diverse accezioni nel dibattito sull’attuazione delle politiche e per questo numerose si presentano le definizioni offerte dalla letteratura. Le discipline, quali la sociologia, la giurisprudenza, il diritto amministrativo e le politiche sociali, offrono definizioni molto differenti tra loro, basandosi su aspetti normativi e concetti diversi. Esse si sviluppano intorno alla possibilità di scelta, alla distinzione tra giudizio e discrezionalità normativa, alla violazione di norme, consapevole o inconsapevole.

Nel testo “Introduzione all’analisi delle politiche pubbliche” di Hill e Ham (1995), il tema viene affrontato attraverso accezioni diverse del concetto, definendo la discrezionalità come:

- Responsabilità decisionale stabilita dalle norme. E’ il caso in cui le norme delegano a professionisti specializzati o tecnici la responsabilità di decidere su aspetti di loro competenza, possedendo strumenti e abilità specifiche.

- Interpretazione delle norme. In un contesto organizzativo numerosi, poco chiari o ambigui si presentano gli obiettivi da raggiungere, non sufficienti le risorse fornite, inadeguati gli strumenti; il sistema di regolazione formale lascia così spazio a interpretazioni normative che permettono di modellare la rigidità e l’astrattismo delle norme alla specificità e concretezza del caso.

- Violazione delle norme. La fase di implementazione delle politiche spesso definisce l’inadeguatezza di norme o la difficoltà di applicazione di esse e costringe l’operatore ad andare oltre i vincoli stabiliti dalla regolazione stessa in relazione al suo ruolo.

La discrezionalità sembra così assumere una forte rilevanza in un contesto caratterizzato da una complessità di casi, di compiti e di ruoli e dalla necessità di delegare responsabilità, perdendo così la possibilità di un totale controllo.

Un tema che si inserisce nella relazione tra individui di una stessa organizzazione, gerarchicamente definiti e regolati da norme, ma anche nella relazione tra attori interni e soggetti esterni e nel rapporto con l’utenza durante la fase di implementazione delle norme.

Negli studi dell’organizzazione fin qui presi in esame e nelle poche affermazioni fin qui fatte, forte si presenta il rapporto fra norme e discrezionalità. Ripercorrendo gli autori citati, la discrezionalità assume significati e rilevanze diverse. Gouldner pone attenzione sulla necessità, da parte di coloro che occupano posizioni gerarchicamente superiori, di delegare responsabilità nella macchina burocratico-amministrativa a lavoratori a loro subordinati, ma spesso con maggiori competenze. Queste situazioni creano interdipendenze tra individui,

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creando la possibilità che i superiori si trovino a dipendere dai loro subordinati. L’autore così mostra come l’approccio top-down delle relazioni gerarchiche e il potere esercitato dai superiori per limitare la discrezionalità dei loro dipendenti venga ribaltato dallo sviluppo di norme che, viceversa, limitano la libertà discrezionale dei superiori e tutelano gli interessi e i ruoli dei subordinati.

Anche Crozier, analizzando i rapporti gerarchici e di potere all’interno dell’organizzazione, riprende questo aspetto e definisce due possibili tipi di potere discrezionale:

“Il primo è determinato dai fattori di incertezza relativi al compito stesso, il secondo dalle norme che sono state stabilite per rendere questo compito più razionale e più prevedibile. Fino a che esisterà un margine di incertezza nello svolgimento del compito, il più umile dei subordinati conserverà un minimo di potere discrezionale (…). Ma allo stesso tempo, un complesso di norme imposte autoritariamente tende a ridurre al minimo questo arbitrio dei subordinati, lasciando al superiore incaricato di farle rispettare il margine di tolleranza necessario perché possa conservare un potere di pressione e di trattativa.”42

Entrambi gli autori appaiono influenzati dalle diverse funzioni delle norme e trattano il tema della discrezionalità come lo strumento utilizzato dai diversi attori per tutelare il proprio ruolo e allo stesso tempo l’elemento per limitare la libertà delle parti avverse.

Si allontana da questo tipo di analisi la definizione di discrezionalità fornita dagli studi di Lipsky, non più affrontata attraverso il rapporto con le norme, ma semplicemente considerata un elemento sempre presente nell’agire professionale. Attraverso l’analisi delle strategie e dei comportamenti attivati dagli street level bureaucrats, Lipsky sottolinea come i burocrati di strada lavorino quotidianamente con la complessità dei casi e l’imprevedibilità dei comportamenti, con bisogni nuovi e che cambiano continuamente. Questo rende impossibile lavorare attraverso procedure standardizzate e preconfezionate come l’organizzazione richiederebbe e spinge gli operatori a interpretare norme e mettere in atto interventi con componenti di discrezione, creando spazi di autonomia nel loro agire quotidiano. Lipsky scrive:

“Workers operates as individuals with individuals in unobserved settings that create a

space for them to act in some autonomy”43

42 Crozier M., Il fenomeno burocratico, Etas Editore, 1978, p. 180

43Lipsky M., Street-Level Bureaucracy. The Dilemmas of the Individual in Public Service, Russell Sage Foundation, 1980, p. 34

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Secondo l’autore inoltre l’organizzazione burocratica stessa determina e influenza la presenza di queste forme discrezionali attraverso l’autonomia che essa stessa attribuisce ai diversi dipendenti, soprattutto se con ruoli professionali istituzionalmente riconosciuti; i sistemi di regolazione che guidano le pubbliche amministrazione, caratterizzate spesso da incoerenze e poca chiarezza, che lasciano spazio a diverse interpretazioni normative da parte degli operatori; l’intento consapevole del burocrate di approfittare della propria autonomia e della confusione normativa vigente all’interno dell’organizzazione, perseguendo obiettivi diversi e contradditori rispetto a quelli definiti dall’amministrazione e interessi (anche personali) senza la possibilità di un controllo diretto e una sanzione.

Gli attori possono quindi trovarsi in situazioni di autonomia professionale e quindi utilizzare quella discrezionalità tecnico-professionale, attribuita attraverso competenze e abilità specifiche. Una discrezionalità che potrebbe essere definita come “legittima” e professionale. Ma, possono trovarsi anche di fronte a norme contradditorie, ambigue che mettono gli operatori nella situazione di dover scegliere tra la norma e l’interpretazione della norma, creando situazioni di dilemma negli operatori o di paralisi dell’organizzazione.

La componente discrezionale, nell’analisi di Lipsky, ma anche in autori successivi, appare una componente inevitabile della professionalità dell’operatore. Il confine tra le diverse accezioni di discrezionalità diventa così molto sottile. Difficile definire quando si possa parlare di discrezionalità “legittima” o, al contrario, di abuso di questo potere in organizzazioni strutturate attraverso norme che dovrebbero rappresentare garanzia di tutela ed equità di trattamento dei cittadini.

Appare quindi davvero complesso stabilire quale sia il grado accettabile di discrezionalità e controllare come e quanto essa venga esercitata.

Il rapporto norme e discrezionalità si presenta un’esperienza continua seppur possa sembrare che le norme tendano a eliminarla. Il linguaggio delle norme infatti non è tale da poter prevedere tutte le possibili situazioni. Per questo sarà sempre possibile da parte del professionista possedere un certo grado di discrezionalità nella loro applicazione. Lo studio del processo di implementazione e delle scelte di coloro che attuano le norme deve quindi soffermarsi sui processi sociali interni all’organizzazione e anche sulle abilità, credenze e formazioni dei professionisti.

Di fronte alle affermazioni fatte finora si può concludere sottolineando come la discrezionalità possa sorgere dalle ambiguità create, volutamente o no, dal sistema di regolazione delle norme e dalle politiche attivate. Difficilmente può inoltre essere controllata,

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a causa del ruolo ricoperto da coloro che, quotidianamente, implementano le norme e le politiche. Per questo è da considerarsi un tema vivo nella quotidianità dell’agire professionale, dai confini molto labili e strettamente collegato all’uso o alla violazione delle norme.

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