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Le responsabilità professionali nei confronti della società

2. Il mandato professionale dell’assistente sociale

2.1 Il Codice Deontologico e le responsabilità professionali dell’Assistente Sociale

2.1.4. Le responsabilità professionali nei confronti della società

Particolare rilevanza viene data con il Titolo IV alle Responsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti della società.

Viene qui sottolineato, con 8 articoli, dall’art. 33 all’art.40, il ruolo fondamentale che ricopre l’assistente sociale nella partecipazione e promozione del benessere sociale.

Il Codice qui pone l’attenzione sulla tridimensionalità del processo di aiuto del servizio sociale75, coinvolto sia nei rapporti con gli utenti, sia nella relazione con l’organizzazione del

servizio sia nella comunità.

Il servizio sociale mira a costruire processi che producano uguaglianza e giustizia sociale, rapporti fiduciari con l’utenza, a dar voce a chi non ha gli strumenti per far valere i propri diritti. Si pone come promotore e accompagnatore di processi di cambiamento, individuale, comunitario, istituzionale e si impegna nelle complesse transazioni tra i soggetti e il loro ambiente.

L’identità del servizio sociale si caratterizza così come pratica riflessiva che mira a creare le condizioni di cittadinanza sociale76 e consente all’assistente sociale di assumere un

ruolo politico e culturale all’interno dell’istituzione e all’interno della società.

Il Titolo IV apre con l’art. 33: “L’assistente sociale deve contribuire a promuovere una

cultura della solidarietà e della sussidiarietà, favorendo o promuovendo iniziative di partecipazione volte a costruire un tessuto sociale accogliente e rispettoso dei diritti di tutti; in particolare riconosce la famiglia nelle sue diverse forme ed espressioni come luogo privilegiato di relazioni stabili e significative per la persona e la sostiene come risorsa primaria”.

In questo articolo vengono ripresi i valori di solidarietà e di partecipazione. Il primo deve spingere l’assistente sociale a operare per e con la comunità, con l’obiettivo di diffondere il significato di un atteggiamento solidale, di costruire una rete di collaborazioni e un’unione comunitaria, che permettano di creare un ambiente rispettoso dei diritti di tutti in egual misura.

Lo sviluppo di comunità e famiglia e la funzione sociale e politica dell’assistente sociale si presentano i temi centrali dell’art. 33. Il promuovere e sollecitare iniziative che volgano a

75Pieroni G., Dal Pra Ponticelli M. , Introduzione al servizio sociale. Storia, principi, Deontologia, Carocci, 2005 76Filippini S., Bianchi E. (a cura di), Le responsabilità professionali dell’assistente sociale, Carocci Faber, 2013

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formare reti di comunità e un tessuto sociale solidale si presenta un ruolo fondamentale dell’agire professionale e rispetta l’idea stessa della professione che, già come si è detto, non vuole “curare” ma valorizzare l’autonomia e l’autodeterminazione degli individui. Nella pratica risulta quindi indispensabile creare comunità, reti sul territorio, attraverso la collaborazione con il Terzo Settore e il volontariato, “aiutando le persone ad aiutarsi”.

Il valore della partecipazione invece tende a riprendere il concetto di autodeterminazione, come adesione e coinvolgimento attivo nell’intervento, non sono individuale ma anche comunitario, e fa riferimento alla responsabilità che l’individuo assume nei processi volti a raggiungere obiettivi collettivamente determinati77. Esso assume

significato sia in quanto valore da promuovere e incentivare durante gli interventi professionali ma anche come strumento con cui affrontare le varie domande sociali. Favorire la partecipazione significa rendere consapevoli i cittadini dei propri diritti e del proprio potere all’interno della società per determinare il cambiamento e aumentare il senso di responsabilità delle persone. L’art. 33 ma soprattutto l’art. 34 chiede di “sviluppare la

conoscenza e l’esercizio dei propri diritti-doveri nell’ambito della collettività e favorire percorsi di crescita anche collettivi…”. Un concetto di cittadinanza attiva, già sottolineato nel Titolo III,

ma che qui prende significato all’interno del concetto di appartenenza a una collettività. In un momento storico come quello attuale, è da considerarsi peculiarità fondamentale della professione, in quanto corrisponde alla promozione di una giustizia sociale che sempre più viene soffocata dal contesto politico ed economico.

Partecipare quindi perché vengano riconosciuti e rispettati i diritti civili, politici e sociali delle persone. Olivetti Manoukian scrive:

“I diritti non sono garantiti soltanto dall’essere scritti. Da varie parti si moltiplicano iniziative di rinforzo delle leggi che li dichiarano e di vigilanza rispetto a violazioni che avvengono nella normalità della vita quotidiana. I diritti soggettivi sono tutelati attraverso la costruzione di condizioni che permettano effettivamente di esercitarli.”78

Ecco quindi che il ruolo dell’assistente sociale assume un valore politico e culturale, guidato da un doppio mandato, professionale e istituzionale. Essi sono parte di un’istituzione e hanno il compito di lavorare affinché vengano garantite o costruite le condizioni tali per l’esercizio dei diritti di cittadinanza ma, allo stesso tempo, devono far conoscere e riconoscere

77Ibid. 78Ibid.

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anche quelli che sono i doveri che i cittadini hanno all’interno della collettività, aspetto altrettanto parte del concetto di cittadinanza.

Per promuovere solidarietà e partecipazione però “l’assistente sociale non può

prescindere da una precisa conoscenza della realtà socio-territoriale in cui opera, da una adeguata considerazione del contesto culturale e di valori, identificando le diversità e le molteplicità come una ricchezza da salvaguardare e da difendere, contrastando ogni tipo di discriminazione”. (art. 35)

L’importanza di conoscere il contesto in cui si lavora, tenendo in considerazione le peculiarità e le diversità, permette all’assistente sociale di realizzare interventi adatti e efficaci, non solo per il singolo per la comunità stessa.

In questo articolo, durante l’ultima revisione del Codice, si è considerato opportuno riaffermare l’importanza di contrastare ogni forma di discriminazione, già presente nell’art. 8: si deve considerare questo tema molto attuale e sempre più incisivo nella società odierna, a cui proprio la professione di servizio sociale non può che essere attenta e sentirsi coinvolta.

Altre due responsabilità vengono attribuite all’assistente sociale con l’art. 36 e 37. L’art. 36 afferma il compito dell’assistente sociale di contribuire alla “promozione, sviluppo,

sostegno di politiche sociali integrate favorevoli alla maturazione, emancipazione e responsabilizzazione sociale e civica di comunità e gruppi marginali e di programmi finalizzati al miglioramento della loro qualità di vita, favorendo, ove necessario, pratiche di mediazione e integrazione”.

L’assistente sociale, o meglio, la professione nelle sue forme organizzative e rappresentative deve impegnarsi per incidere, per quanto possibile, a scelte di politica sociale giuste e eque e lavorare affinché a tutti sia riconosciuta la possibilità di vivere dignitosamente.

Con questo articolo si mette in evidenza l’importanza dell’assistente sociale di saper programmare, progettare e organizzare i servizi, riflettendo sui bisogni e avendo la possibilità di restituire all’organizzazione in cui lavora e alle persone per cui agisce proposte e risposte adeguate alle richieste del contesto.

E questo viene ripreso chiaramente dall’art. 37 del Codice Deontologico.

“L’assistente sociale ha il dovere di porre all’attenzione delle istituzioni che ne hanno la responsabilità e della stessa opinione pubblica situazioni di deprivazione e gravi stati di disagio non sufficientemente tutelati, o di iniquità e ineguaglianza”

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L’assistente sociale deve porsi come sentinella sociale per l’istituzione, con il dovere di portare alle amministrazioni, ai dirigenti e all’opinione pubblica i bisogni e le domande che arrivano nel servizio, di essere promotori di proposte e di cambiamento. Proporre interventi e politiche equi e giusti, attenti ai reali bisogni della comunità e non alla ricerca di consensi e clamori politici. Viene ripreso così il concetto di “advocacy” come l’impegno di tutelare i diritti delle fasce deboli e marginali di popolazione e di sostenere la garanzia dei diritti collettivi. La tendenza sempre più frequente da parte delle amministrazioni di non voler vedere o di creare confusione sulle reali necessità delle persone deve essere contrastato dall’assistente sociale, attraverso la restituzione costante del lavoro quotidiano, di domande e richieste con cui vengono a contatto, anche quando si è consapevoli dell’impossibilità da parte dell’organizzazione o dell’ente di rispondere adeguatamente.

La crisi finanziaria del paese, l’aumento della disoccupazione e dei problemi finanziari delle diverse famiglie hanno portato a una crescita della domanda di sostegno da parte dei cittadini ai servizi sociali, i quali però dispongono di sempre meno risorse economiche disponibili, fortemente inadeguate alle domande. Ecco che il poter portare avanti le responsabilità che il Codice mette in evidenza in questo Titolo può risultare complesso, creando frustrazione nel professionista, consapevole dell’impossibilità di rispondere al bisogno di tutti e di promuovere politiche di prevenzione e reale sostegno.

Il lavoro concreto oggi con l’utenza sembra inoltre impegnare il professionista nel contenere le emergenze, soprattutto attraverso l’erogazione di contributi economici, unico sostegno spesso offerto dalle amministrazioni. La dimensione operativa nei confronti della comunità e società, promossa dal Titolo IV ha così senza dubbio perso rilevanza negli ultimi anni, vedendo i professionisti concentrati soprattutto sulla presa in carico individuale dell’utenza79. Questo è sicuramente dovuto al periodo di grande difficoltà economica che le

famiglie stanno affrontando ma anche frutto, a volte, di indicazioni e indirizzi politici volti a contenere i ruoli professionali dell’assistente sociale e a seguire logiche assistenzialiste e dell’emergenza.

La spinta assistenzialista comunque non permette di rispondere adeguatamente e coprire tutte le domande che arrivano all’interno degli uffici ma, soprattutto, deresponsabilizza sempre più le amministrazioni, che preferiscono leggere i bisogni come

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necessità del singolo caso, cercando di minimizzare o nascondere i reali problemi sempre meno da loro controllabili.

Conseguentemente a questo, l’assistente sociale nel suo agire quotidiano sembra incontrare forti contraddizioni tra il proprio mandato professionale e le priorità e le direttive da parte dell’organizzazione di cui fa parte. Direttive che spingono al controllo degli individui più che a interventi di promozione di autonomia e partecipazione attiva, politica e sociale.

Il poter e saper partecipare e contribuire agli orientamenti delle politiche si presenta un ruolo fondamentale per la professione, seppur si sviluppi sul delicato confine tra ruolo tecnico e politico del professionista80. La possibilità di essere condizionati da scelte politiche,

andando contro i valori deontologici, o di non voler essere per nulla influenzati e quindi rifugiarsi nel tecnicismo della professione si presentano alcuni dei rischi nei quali il professionista può incorrere, soprattutto in questo momento storico e organizzativo dei servizi.

Ad ogni modo, il Codice deontologico puntualizza più volte questa forte responsabilità professionale, riprendendola nuovamente anche con l’art. 39. Il concetto di giustizia sociale viene ripreso e si chiede al professionista di “contribuire a una corretta e diffusa informazione

sui servizi e sulle prestazioni per favorire l’accesso e l’uso responsabile delle risorse, a vantaggio di tutte le persone, contribuendo altresì alla promozione delle pari opportunità”.

Si è già visto come l’assistente sociale, nelle relazione con l’utente, detenga potere istituzionale, teorico, legale, professionale. Il dare e ricevere informazioni rappresenta sicuramente una forma di potere e, per questo, è indispensabile sia esercitata a vantaggio di tutti in egual modo. Ricevere informazioni corrette e precise permette alle persone di far valere ed esercitare i propri diritti. Questi diritti prendono forma anche attraverso la possibilità di accedere ai servizi e alle prestazioni esistenti, senza un’inutile spreco di tempo e risorse per cercare risposte adeguate ai propri bisogni.

In modo operativo questo avviene attraverso l’attività di segretariato sociale, attività non sempre promossa dalle istituzioni o esercitata attentamente dai professionisti, nel quale il professionista si prende del tempo per dare informazioni, orientando le persone verso i servizi o le risorse territoriali presenti. Seppur sottovalutata, questa responsabilità è promossa anche dalla legge 328/2000 in cui, tra i livelli essenziali di assistenza da garantire in qualsiasi territorio, si istituisce l’attività di segretariato sociale con funzione di informazione e consulenza, al singolo e alle famiglie.

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Tutto il Titolo IV mette in evidenza la complessità delle responsabilità che l’assistente sociale assume nei confronti della comunità81.

La crisi economica e sociale rende ancora più complessa l’implementazione di questa funzione, mettendo ancora più in evidenza le contraddizioni tra mandato professionale e mandato istituzionale. L’analisi degli articoli mostra come i cambiamenti organizzativi dei servizi e la mancanza di risorse da parte delle amministrazioni evidenzino ancor più il ruolo sociale e politico che la professione ricopre. Il saper partecipare alla formulazione delle politiche sociali, analizzare criticamente le politiche e utilizzare la propria autonomia professionale, il proprio Codice e gli spazi discrezionali per attivarle permette di comprendere l’importanza di questo Titolo e di questa funzione per la comunità professionale degli assistenti sociali.