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1.6. Alberto Pariani: biografia

1.6.4. La 2^ guerra mondiale

Nel 1940 l’Italia entrò in guerra e Pariani fremeva, sperava di venire richiamato; ma nel febbraio del 1943 gli giunse una comunicazione che sembrava collocarlo definitivamente a riposo: venne iscritto nella riserva per limiti d’età. Il generale nei suoi diari lascia trasparire la sofferenza per questo riposo forzato, ma come dice egli stesso «i comandi non si chiedono, si

247 Ivi, p.28; CROCIANI, voce “PARIANI, Alberto”; Wikipedia, voce “Alberto Pariani” 248 TRIMELONI, Il Generale, pp.29-30

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accettano senza discutere», e lui da vero militare, accettò il destino249.

Ma il futuro per lui aveva in serbo ancora qualche colpo di scena; appena un mese dopo il ricevimento della missiva, un’altra comunicazione giunse da Roma: veniva chiamato d’urgenza nella capitale da Mussolini.

La situazione nei Balcani era disastrosa e il Duce aveva bisogno di un uomo risoluto e di un soldato affidabile, che conoscesse la situazione in Albania. Il Pariani viene inviato a Tirana il 17 marzo del 1943, come luogotenente generale del re. Nel ruolo di viceré d’Albania resterà però pochi mesi: il 6 settembre di quello stesso anno fu richiamato d’urgenza a Roma: era stato scelto come ambasciatore a Berlino, per dimostrare ai tedeschi che la caduta di Mussolini non cambiava i rapporti di alleanza.

Il generale Pariani descrisse in un memoriale250, che intitolò Ore amare, gli

avvenimenti confusi di quei giorni. Il 7 settembre era già a Roma, si recò presso gli Affari Esteri per capire qual è la natura della sua missione in Germania, ma nessuno gli sapeva rispondere. L’8 ha udienza col Re alle 9.30, e mentre il generale cerca di informare il Sovrano riguardo la situazione albanese e italiana, Vittorio Emanuele III aveva un atteggiamento scostante: gli parlò del tempo, raccontandogli barzellette ed aneddoti locali. In quella stessa giornata saltarono gli appuntamenti che aveva col ministro tedesco Raun, con il conte Acquarone, ministro di Casa Reale e con il Capo del Governo. Pariani scrive «ebbi la sensazione che succedeva intorno a me qualcosa di antipatico»251.

Apprese della firma dell’Armistizio prima per bocca della moglie, la quale aveva ricevuto una telefonata con la comunicazione da trasmettere al marito, che a sua volta era stata trasmessa da Radio America; poco dopo la notizia fu ripresa e confermata da Radio Roma, attraverso il comunicato di Pietro Badoglio.

Pariani confidò al suo memoriale: «In me ebbe subito presa una nera

249 Ivi, pp.33-34 250 PARIANI, ms. 3405 251 Ibidem

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sensazione di avvilimento. Tutta una vita per niente!!!»252. Sempre all’interno

del medesimo scritto il generale continuava a riflettere, cercando spiegazioni per questo improvviso, repentino e maldestro cambio di rotta; si preoccupava anche della mancata comunicazione degli ordini, di cui soffrirà l’esercito nei giorni a venire, causando così la morte di tante persone, che poteva essere evitata.

Fra le riflessioni che compongono lo scritto, vi è un’interessante confidenza che il generale annota titolandola “Peggio el tacon del buso”. Una persona di sua fiducia, tale M, sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito, raccontò al militare le ragioni che avevano portato alla firma di un armistizio così iniquo, precipitoso e che gettavano sull’onore italiano l’onta del tradimento, come sottolineava il Pariani. Secondo tale versione, la resa dell’otto settembre fu il frutto di un ricatto dell’esercito di liberazione anglo-americano, il quale il 3 settembre aveva siglato un accordo con l’Italia da applicarsi nel caso in cui l’esercito di liberazione avesse «effettuato uno sbarco tale da rendere pregiudiziale la presenza dei Tedeschi in Italia». Tale contratto nella sua versione originale era sine data, ma in seguito allo sbarco a Salerno, il Comando Anglo-americano rilesse in maniera differente i termini dell’intesa, richiedendone l’esecuzione immediata. Badoglio allora riunì lo Stato Maggiore, il quale decise che lo sbarco non poteva essere considerato pregiudiziale. A questo punto la parte opposta passò alle minacce: se non fosse stato accettato e pubblicato l’Armistizio entro l’8 settembre, «Roma sarebbe stata bombardata con 1000 aeroplani già pronti all’uopo»253. Si chiuse così,

malamente, la carriera militare del generale Alberto Pariani.

1.6.5. Il processo e l’esperienza politica

Egli tornò a Malcesine, dove fu arrestato dagli americani il 28 aprile del 1945, in seguito ad una condanna in contumacia dell’Alta corte di Giustizia per «atti rilevanti a favore del regime fascista»; venne rinchiuso presso il carcere di Procida (NA). Gli fu offerta la grazia ma la rifiutò, continuando a chiedere che

252 Ibidem 253 Ibidem

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gli fosse concesso un processo. Nel 1947 a Roma si svolse finalmente il processo d’appello254 , dove venne assolto con formula piena «per non aver

commesso i fatti».

A questo punto Pariani poteva definitivamente ritirarsi dalla vita politica, ma avendo ancora energie da spendere, sceglie di dedicarsi al suo paese: Malcesine. Nel 1952 si presentò infatti come capolista alle elezioni amministrative, che vinse quasi all’unanimità. Il suo programma era semplice: rilanciare Malcesine, in modo da farle guadagnare un ruolo di tutto rispetto, principalmente nel campo turistico.

In un’intervista riportata da Fernando Zanon, ne Il Sindaco255, alla domanda riguardante il suo programma di massima, il Pariani rispondeva articolando il suo pensiero in cinque punti:

«Primo: la funivia del Baldo […]. Secondo: la strada delle Vigne […]. Terzo: un decoroso edificio scolastico a Campiano e nuovi, razionali asili nel capoluogo e nella vicina Cassone. Sistemazione di tutto il complesso del Castello scaligero […]. Quarto: ricerca e convogliamento delle acque sorgive […]. Quinto: costruzione di case popolari e di malghe…»

La sua carriera di sindaco ebbe però breve durata: morì infatti il 1° marzo del 1955, dopo 20 giorni di malattia. Il 14 febbraio era andato a Verona per sbrigare alcune pratiche municipali inerenti il progetto della funivia del Baldo, ma durante il viaggio di ritorno in corriera prese freddo e si ammalò256.

Egli riuscì a portare avanti, anche dopo la morte, il punto terzo del suo programma elettorale, facendo scrivere nel testamento che la sua casa diventasse un asilo pubblico257.

254 I cui atti, documenti e commenti redatti dal Pariani, sono conservati presso la biblioteca civica di Verona nel fondo Alberto Pariani, b.1, fasc.1 e fasc. 2.

255 ZANON, Il sindaco, pp.52-53

256 Alberto Pariani, p. 54; Onoranze, p. 57

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Metodologia

2.1. Premessa

L’archivio del fondo Alberto Pariani, come già detto in precedenza, non è giunto fino a noi con l’ordinamento originale. Possiamo avere conferma di questa ipotesi dall’analisi di almeno un paio di elementi: ossia le scatole di conservazione in cui l’archivio è attualmente conservato e un elenco, ritrovato all’interno della b. 10258.

L’archivio personale del generale è infatti composto da 12 scatole di cartone e legno, con chiusura a gancetto, che la biblioteca utilizza per tutti i fondi, alle quali si aggiunge una sola scatola di medesime dimensioni ma fattura differente, la b.11: ha il dorso stondato e presenta una chiusura semplice ad incastro senza gancio, è la busta contenente la documentazione relativa al processo Pariani. Possiamo quindi sicuramente affermare che il condizionamento delle prime 12 scatole è evidentemente avvenuto dopo il suo arrivo in Civica, mentre per la b. 11 si può ipotizzare che sia stata aggiunta successivamente, oppure che essa rappresenti il condizionamento originale del fondo.

Il rimaneggiamento del fondo risulta poi evidente dall’analisi dell’elenco ritrovato nella b. 10, intitolato “Inventario parziale fondo “A. Pariani”, collocato (provvisoriamente) in Sala Motta”; un dattiloscritto non datato, ma sicuramente coevo o immediatamente successivo alla consegna del fondo in Civica, che descrive tutto l’insieme della variegata raccolta Pariani. Da tale documento risulta che il fondo era originariamente suddiviso in 78 fra cartelle, buste e rotoli e conservato in sala Motta: ora tale fondo è frazionato

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in più parti, per tipologia bibliografica, documentaria, iconografica, etc., conservate perlopiù all’interno del magazzino Nervi. A parte alcune eccezioni, facenti parte soprattutto della sezione “Argomenti vari”, non risulta da tale elenco che i pezzi archivistici formassero una sezione indipendente dell’originario fondo Pariani, ma che in realtà essi siano stati composti dagli operatori della Biblioteca in modo “residuale”, dopo che erano stati prelevate le tipologie (bibliografiche, iconografiche, etc.) ritenute più “interessanti” ed omogenee ai fini dell’istituto.

Da notare quindi che non esisteva quindi un “vincolo archivistico” originario tra i 13 pezzi dell’archivio, in quanto creati artificialmente in epoca successiva al versamento in biblioteca, bensì esisteva un vincolo “di provenienza” tra tutti i 78 pezzi originari, in quanto aventi tutti la medesima origine.