7. L’INDUSTRIA DI TRASFORMAZIONE
7.1.3. La localizzazione degli impiant
La localizzazione geografica degli stabilimenti, che tuttora risultano dislo- cati in prevalenza nel Nord Italia (45,8%) ed in particolare in Emilia-Romagna (17,5%), che evidenziava, oramai da diversi anni, una lenta ma costante per- dita di importanza delle regioni settentrionali a favore delle regioni centrali e, in particolare, di quelle meridionali del Paese, subisce una battuta di arresto (tab. 7.6). Tra il 1981 ed il 2018, il calo totale, -45,1%, del numero di impianti risulta dalla riduzione nelle regioni del Nord (-68,9%) alla quale si contrap- pone la crescita nel Sud (68,4%) e nel Centro (7,1%). In termini di importanza percentuale, il Sud, attraverso questo processo di crescita era arrivato nel 2016 a superare numericamente le unità presenti nel Nord del Paese. Infine, il calo di 45 operatori, registrato nei dati del 2018, riporta quest’area indietro di 5 unità rispetto alle 889 presenti nel Nord del Paese. Il Centro, viceversa, si mantiene con fasi crescenti e decrescenti vicino alle posizioni assolute che aveva nel 1981. Considerando due periodi separati, tra il 1981 ed il 1990 e tra il 1991 ed il 2000, nel Nord Italia si evidenzia un calo attorno al 32% in am- Tab. 7.6 - Ripartizione per aree geografiche delle unità locali dell’industria lat- tiero-casearia in Italia nel 1981-2018
Nord Centro Sud Totale
1981 2.855 156 525 3.536 1991 1.930 159 661 2.750 2001 1.304 169 802 2.275 2011 962 162 847 1.971 2014 947 175 919 2.041 2015 904 165 897 1.966 2016 895 163 903 1.961 2017 910 163 929 2.002 2018 889 167 884 1.940
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bedue i periodi, mentre il numero di impianti al Sud e al Centro Italia cre- scono, anche se in maniera differenziata. A partire dal 2001, e fino al 2009, la consistenza nel Nord continua a diminuire, anche se ad un tasso minore, e rallenta il tasso di crescita al Centro e al Sud. Dal 2010 al 2018 l’andamento evidenzia dei cali e delle riprese che portano infine sia il Nord che il Sud sotto alle 900 unità, mentre al Centro la situazione è maggiormente alternante ma attorno ai 170 operatori. Si evidenziano dunque cambiamenti con intensità e variazioni differenziati per area e per anno. Tuttavia, se nell’area del Nord e Centrale, il calo è stato quasi sempre presente, molto più dinamica è la situa- zione nel Sud del Paese. In quest’area dopo un forte ridimensionamento, -148 aziende, continuato fino al 2011 (da 995 a 847 unità in tre anni) i numeri sono tornati prima a crescere, e poi ad oscillare attorno alle 900 unità.
Il percorso evolutivo rilevato nel periodo è stato, quindi, assolutamente diverso nelle tre aree del Paese, a causa delle differenti condizioni iniziali ed in risposta ad una domanda complessiva, che in alcune aree permane in cre- scita e, pertanto, sembrerebbe ancora ampiamente superiore alle capacità pro- duttive dell’industria di trasformazione locale. Questo divario tra domanda e offerta solo recentemente ha trovato un’ulteriore spinta al cambiamento nella oramai avviata evoluzione e modernizzazione del sistema distributivo locale, nella crescita della presenza di operatori nazionali ed esteri e nel rilancio di prodotti tipici o anche solamente del territorio.
Comunque, le successive correzioni apportate alle serie storiche da Istat non consentono di evidenziare andamenti sicuri. La diminuzione degli im- pianti può trovare, infatti, spiegazione nei processi in atto di concentrazione delle produzioni o con le più restrittive norme sanitarie e di controllo/sicu- rezza degli alimenti. Mentre l’andamento opposto non è sempre di facile in- terpretazione, al di là di quanto indicato prima, potrebbe essere legato ad un più generale processo di frazionamento del tessuto produttivo in atto nel Mez- zogiorno. L’attuale rallentamento degli andamenti potrebbe significare sia una stabilizzazione strutturale, sia una pausa riflessiva visti gli andamenti e le attuali difficoltà di reperimento della materia prima.
Di certo, rimane la crescita delle forme distributive moderne, anche nel Sud Italia, e gli intensi accordi ed acquisizioni multiregionali effettuati negli ultimi anni, che hanno fortemente contribuito a cambiare radicalmente lo sce- nario competitivo di riferimento. Inoltre, la ricerca del prodotto tipico/tradi- zionale da parte del consumatore e gli sforzi compiuti da organismi privati (si pensi anche alla grande distribuzione e non solo ad operatori locali) e pubblici per la valorizzazione delle produzioni del territorio, consentono alle imprese, anche di ridotte dimensioni, di trovare degli sbocchi su un mercato diverso da quello provinciale e regionale.
Alla luce di queste considerazioni, le differenze esistenti fra il Nord e il Centro-Sud del Paese (fig. 7.6) sono il risultato di un tessuto estremamente ricco di spirito imprenditoriale, capace di sfruttare le diverse condizioni am- bientali. Le imprese devono comunque confrontarsi con le diverse strategie che l’allargamento del mercato, il processo di globalizzazione e di personifi- cazione di massa dei consumi richiedono. In particolare alle imprese si do- manda un’offerta di beni e ancor più di servizi atti a soddisfare le sfaccettate esigenze del cliente finale, ma anche le sempre più pressanti necessità orga- nizzative, espositive e promozionali dettate dalla distribuzione.
Indirizzando l’analisi a livello della singola regione (tab. 7.7), i dati ripor- tano che, nel 2018, Lombardia, Puglia, Campania ed Emilia-Romagna, quasi a pari merito, sono in ordine crescente le quattro regioni italiane in cui si con- centrano il maggior numero d’unità locali produttive; singolarmente presen- tano oltre il 10% del numero totale di stabilimenti. Segue fortemente distan- ziato, con 120 unità locali, il Veneto. Sommando il peso di queste prime cin- que regioni, quelle con oltre 100 unità locali, si riscontra un livello di concen- trazione territoriale degli stabilimenti attorno al 64%.
La forte differenza numerica dell’Emilia-Romagna è riconducibile soprat- tutto alla particolarità delle strutture produttive del Parmigiano Reggiano. In- fatti, in Emilia-Romagna risiede il 42,5% del totale degli stabilimenti nazio- nali gestiti da cooperative e delle latterie turnarie e di prestanza, unità produt- tive dislocate ancora per circa l’82% nel Nord Italia. Questa forma societaria Fig. 7.6 - Ripartizione territoriale delle unità locali dell’industria lattiero-casea- ria operanti in Italia nel 1981-2018