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CONSIDERAZIONI METODOLOGICHE E DISEGNO DELLA RICERCA

3.3 Obiettivi, ipotesi e disegno della ricerca

3.3.2 La metodologia prescelta: l’analisi del contenuto

Le prime applicazioni embrionali dell’analisi del contenuto in letteratura sono fatte risalire al ‘600, periodo nel quale si ritrovano studi con la finalità di analizzare, in maniera sistematica, il contenuto di alcuni testi sacri (Krippendorff, 1980). Altri esempi di proto-analisi del contenuto si hanno in tempi più recenti, i primi del ‘900, negli Stati Uniti; in tali studi si propone una analisi quantitativa della stampa quotidiana al fine di rendere conto dello spazio di stampa dedicato ad alcune predefinite categorie di notizie (Krippendorff, 1980).

Dopo queste prime applicazioni si verifica un crescente ricorso a tale tecnica di analisi, in chiave prettamente quantitativa, applicazione che da vita in Europa, durante gli anni ’60, alle prime correnti critiche sull’analisi del contenuto. Tra queste correnti, in particolare va sottolineato il contributo di Lasswell (1972), il quale sosteneva che l’oggetto dell’indagine, il testo, presentasse spesso elementi di forte complessità e una scarsa trasparenza che, accompagnata dalla presenza di molteplici codici e di continui rimandi, propri del processo comunicativo, non poteva trovare solo in alcuni elementi chiave, giusta sinterizzazione. L’autore evidenziava inoltre, la debolezza della procedura sul piano metodologico, che esigeva una sistematizzazione dal punto di vista del procedimento tecnico-implememtativo.

Al contrario di quanto avveniva nel periodo in cui scrive Lasswell l’analisi del contenuto oggi, si presenta come un variegato insieme di tecniche, nate in gran parte nel momento in cui le comunicazioni di massa hanno iniziato ad occupare un ampio spazio della vita pubblica, producendo messaggi sempre più complessi in

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grado di raggiungere e di influenzare un numero crescente di individui (Sofia, 2004).

Le caratteristiche che contraddistinguono l’odierna analisi del contenuto sono essenzialmente tre (Krippendorff, 2004):

- è un metodo che ha trovato negli anni fondatezza empirica grazie alla presenza di svariate ricerche che hanno permesso di definirne i confini;

- non si limita all’analisi degli aspetti tradizionali di tipo esclusivamente nozionale o simbolico;

- è stata costretta a sviluppare una metodologia propria, consentendo così ai ricercatori di pianificare, eseguire, comunicare, replicare e criticare le proprie analisi così come i relativi risultati.

Volendo giungere ad una formale definizione della stessa si possono riprendere le parole Krippendorff, uno dei più autorevoli studiosi di tale metodo, che definisce l’analisi di contenuto come “una tecnica di ricerca per realizzare valide e replicabili inferenze da un testo (o altri contenuti significativi) nel contesto del suo utilizzo” (Krippendorff, 2004, p. 18)54.

54Volendo fornire altre definizioni della tecnica si possono citare in questa sede le parole di Berelson

(1952, p.18), che definisce l’analisi del contenuto come una “tecnica di ricerca che consente di descrivere in modo obiettivo, sistematico e quantitativo il contenuto manifesto della comunicazione”. Tale definizione ha subito negli anni alcuni processi di critica relativamente al forte accenno all’aspetto quantitativo, lo stesso autore in anni più recenti affermava che tale tipo di analisi può essere considerata come un approccio quasi-quantitativo.

Ancora, Holsti (1969, p.14), suggerisce la seguente definizione “l’analisi del contenuto è la tecnica per fare inferenze da specifiche caratteristiche di un messaggio identificate obbiettivamente e sistematicamente”.

Invece, Weber (1990, p.9) l’identifica come un “metodo di ricerca che utilizza una serie di procedure per fare valide inferenze da un testo. Quest’ultimo possono riguardare che ha emanato il messaggio, il messaggio in se o la sua platea di riferimento”.

Infine, Rositi (1992) la definisce come un insieme di procedure di scomposizione analitica e di classificazione dei testi e di altri insiemi simbolici, orientate al controllo empirico di determinate ipotesi su elementi della comunicazione.

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In quanto tecnica, presuppone la presenza di specifiche procedure per la sua implementazione. Una tecnica scientifica, per essere tale, deve fornire risultati affidabili, che devono poter essere confermati alla luce di evidenze indipendentemente disponibili. Tali risultati devono poi poter essere la base per giungere a valide e replicabili inferenze55. Infine, il riferimento al testo va inteso non in forma ristretta e legata al solo contenuto di materiale scritto, ma anche in senso più ampio, comprendendo così immagini, suoni e mappe (Krippendorff, 1980).

In contrapposizione quindi con le prime definizioni del metodo che sostenevano la sua assoluta oggettività (si veda in particolare Berelson, 1952), Krippendorff (1980) pone l’accento sul criterio metodologico della replicabilità, in base al quale studiosi differenti, in unità di tempo diverse, possono giungere, utilizzando le stesse procedure, ai medesimi risultati.

In tale tipo di analisi la soggettività del ricercatore è molto ampia per cui l’unica cosa possibile è garantire la riproducibilità del procedimento, attraverso la definizione di chiare e precise regole, in modo tale che essa si stabilisca a garanzia di intersoggettività (Sofia, 2004).

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Relativamente al concetto di inferenza, si ritiene opportuno evidenziare che l’autore distingue tre tipologie di inferenze possibili: deduttiva, induttiva e abduttiva. Egli sostiene che nell’analisi del contenuto le inferenze di natura deduttiva e induttiva non rivestono un ruolo centrale, ma spesso e volentieri le inferenze effettuabili hanno natura abduttiva. Infatti le inferenze abduttive si generano attraverso due distinti domini “da un tipo particolare ad un particolare di un altro tipo”, proprio come nell’analisi del contenuto dove si parte da un determinato tipo di testo prodotto per scopi diversi per rispondere alle domande che il ricercatore si è posto. Per meglio comprendere tale concetto si può ricorre ad alcuni esempi di inferenze di tipo abduttivo: (1) fare inferenze sulla datazione di un documento in base ai vocaboli in esso utilizzati; (2) Si potrebbero fare inferenze sulle inclinazione religiose dei leader politici sulla base delle metafore utilizzate nei loro discorsi; (…); (3) si potrebbero fare inferenze sui problemi di una città sulla base delle lettere inviate dai cittadini al sindaco; (…); (4) si potrebbero fare inferenze sugli aspetti psicologici di uno scrittore sulla base delle immagini utilizzate nei suoi scritti; (…); infine (5) si potrebbero fare inferenze sulla inclinazioni politiche dei cittadini sulla base dei programmi televisivi che scelgono di guardare (Krippendorff, 2004, pp. 36-37).

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Inoltre, come evidenziato da Unerman (2000), aggiungere margini di soggettività nella ricerca, comunque, non necessariamente corrisponde ad una sua invalidazione. Molti aspetti dell‘analisi del contenuto, infatti, includono scelte soggettive, il ricercatore deve perciò scegliere i criteri di affidabilità che considera più appropriati per la sua particolare ricerca, motivando e specificando il significato e la natura di ogni sua assunzione.

La letteratura ha identificato due principali macro-tipologie di analisi del contenuto (Losito, 1996):

- semantica quantitativa, che comprende le tecniche di analisi che danno esito a classificazioni e computazioni di temi e/o parole;

- inchiesta, che raccoglie le analisi che hanno come presupposto la messa a punto di una scheda di rilevazione per la codifica delle informazioni contenute nel messaggio che si vuole studiare, le quali possono quindi essere oggetto di un successivo trattamento statistico.

La seconda macro-categoria, si può aggiungere che essa può ricondurre a se gli aspetti delle tecniche qualitative e quantitative. La scheda di analisi infatti, in quanto strumento di rilevazione standardizzato, logicamente organizzato, messo a punto tenendo conto della natura del materiale documentario o disposizione, permette di ottenere variabili numericamente determinabili e statisticamente quantificabili, non escludendo però la possibilità di valutare qualitativamente i documenti sottoposti ad analisi (Sofia, 2004).

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A tal proposito anche Holsti (1969) rifiutava la netta e rigida distinzione tra analisi quantitativa e qualitativa sostenendo appunto che l’aspetto qualitativo e quantitativo non sono due elementi dicotomici, ma collocati lungo un continuum ( Lazarsfeld e Barton, 1951)56.

Valutata la dimensione scientifica di tale tecnica di analisi, può essere utile discutere i casi in cui il suo utilizzo si rivela più adeguato. Come infatti affermato da Holsti (1969), essa è utile quando è problematico l’accesso ai dati e la loro analisi è limitata alle sole evidenze documentali. Inoltre, nel caso cioè sussistano limitazioni nel tempo e nello spazio che impediscano l’accesso diretto alla materia indagata, oppure nel caso in cui si debbano fornire dati supplementari (come mezzo ad esempio per testare i risultati di questionari o interviste). Ancora, il ricorso all’analisi del contenuto risulta utile quando nello studio sono rilevanti gli aspetti linguistici. Infine, nel caso in cui si sia in presenza di una mole notevole di materiale da indagare.