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PIANIFICAZIONE STRATEGICA E SVILUPPO SOSTENIBILE: UN BINOMIO POSSIBILE?

2.3 Lo sviluppo sostenibile: approcci ed evoluzioni Inquadrato il probabile significato di strategia e di pianificazione

2.3.1 Lo sviluppo sostenibile in ottica manageriale

I temi legati alla contabilità per lo sviluppo sostenibile hanno rilevato, negli ultimi tre decenni, una sostanziale crescita di interesse da parte della comunità scientifica (Bebbington, 2001; Thomoson, 2007). Tuttavia, l’attenzione è stata indirizzata principalmente verso il settore privato, con particolare riferimento alle imprese, mentre minori risultano essere gli studi rivolti al settore pubblico (Ball 2002 e

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2004; Ball e Grubnic, 2007; Ball e Bebbington, 2008). Nell’ambito degli scritti promossi nel settore private, il focus principale ha riguardato l’impatto che la tematica genera nelle attività contabili e gestionali (Batley e Tozer, 1993; Gray et al., 1993; Milne, 1996; Bebbington e Thomson, 1996), con specifico interesse verso la sfera della rendicontazione socio-ambientale (Bebbington, 2001; Adams, 2002; Parker 2005; Adams e McNicholas, 2007) e del capitale intellettuale (Lev, 1999; Petty e Guthrie, 2000; Guthrie et al., 2004).

Non volendo qui fornire una approfondita disamina del concetto di sostenibilità e di sviluppo sostenibile, si ritiene comunque opportuno fissarne alcuni punti cardine, al fine di sintetizzare il mainstream alla base del presente lavoro. Come evidenziato da Bebbington e Gray (2001) la sostenibilità e lo sviluppo sostenibile sono una componente importante della storia umana, raggiungendo il livello di attenzione che le spettava dopo la pubblicazione del già citato Rapporto Brundtland. Con la conferenza di Rio de Janerio del 1992, tali concetti hanno subito un ulteriore impulso quali componenti imprescindibili nell’ambito delle politiche pubbliche, formalizzato poi nella Dichiarazione di Rio e in Agenda 21 (Grubb et al., 1993; Keating, 1993).

Dal momento della sua formale definizione ad oggi, comunque, tale nozione ha subito un’evoluzione continua. Quanto formulato dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo del 1987 ha quindi permesso di porre l’attenzione sulla necessità di coniugare, nella definizione dell’agenda politica, i bisogni economici e sociali delle persone, con la preservazione dell’ambiente naturale (Rogers et al., 2008).

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Al fine di meglio circoscrive le caratteristiche primigenie dello sviluppo sostenibile, possiamo qui affermare che esso è antropocentrico, ovvero l’uomo ne rappresenta l’origine e la fine; si basa sui bisogni e non i suoi voleri; infine, è intergenerazionale e intra-generazionale, assegnando infatti egual diritti tra le generazioni attuali, e tra queste e quelle che devono ancora nascere (Bebbington e Gray, 2001).

Cuore e sostanza dello sviluppo sostenibile sono quindi i suoi tre pilastri, ovvero società, economia e ambiente, meglio noti come triple botton line (Elkington, 1997), che ne riflettono l’idea di fondo, ovvero, persone, ambiente e sistema economico sono strettamente correlati. Se è vero che nel breve periodo tale relazione può non apparire così evidente, per svariate e sindacabili ragioni, la storia ha mostrato che nel lungo periodo non è possibile non ascoltare gli allarmi derivanti da eventi o fatti che ne mostrano in pieno l’importanza, la rilevanza e l’imprescindibilità (Strange e Bayley, 2008).

In riferimento al settore pubblico, Ball (2002 e 2004), Ball e Grubnic (2007), mettono in evidenza l’importanza che le ricerche sui principi e sulle pratiche sostenibili rivesto anche in tale ambito, facendo risaltare, tuttavia, la carenza in letteratura di ricerche specifiche. Infatti, il numero di studi accademici indirizzati all’analisi degli orientamenti sostenibili delle istituzioni pubbliche risulta limitato (Burritt e Welch, 1997; Bowerman e Hutchinson, 1998; Ball, 2005; Marcuccio e Steccolini, 2005), se comparato con quelli promossi in ambito privato (Gray, 2006). Pare così essere trascurato il sostegno che invece il settore pubblico potrebbe apportare allo sviluppo sostenibile nell’espletamento delle proprie funzioni e nell’erogazioni

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dei servizi connessi (Rees, 1988; Brugman, 1996; Bruff e Wood, 2000a; Williams, 2002; Kelly et al., 2004; Satterhwaite, 2005; Leuenberger, 2006; Willis, 2006; Ball e Grubnic, 2007). Lo sviluppo sostenibile è infatti un concetto che incorpora un enorme potenziale per generare cambiamenti che apportino migliorie sostanziali in termini di sviluppo umano e salvaguardia dell’ambiente, ma se questo non trova intima correlazione con la definizione delle politiche in tutti i livelli di governo, dall’internazionale al locale, il suo concreto raggiungimento rimane solo utopico (Strange e Bayley, 2008). Inoltre, il settore pubblico, dovendo creare, attraverso le sue politiche, valore ed utilità (Farneti, 2004), ha una responsabilità maggiore in termini di promozione di azioni che incoraggino e supportino lo sviluppo sostenibile. Incoraggiamento che a cascata si ripercuote anche sul settore privato, si pensi a tal proposito agli acquisti verdi (Ball e Grubnic, 2007).

Molte imprese, infatti, devono ancora riuscire dare chiara dimostrazione dell’effetto in termini sostenibili delle loro attività, mentre i governi nazionali e locali, essendo sottoposti ad innumerevoli guide, raccomandazioni e controlli, sembrano essere più agevolati e orientati a dare prova dell’impatto sostenibile delle proprie azioni e delle relative performance conseguite. Inoltre per il settore pubblico, la dimostrazione di essere trasparenti relativamente a queste questioni, rappresenta una variabili imprescindibile e legata alla sua stessa natura (Ball e Bebbington, 2008). Ancora, in termini complessivi la performance delle organizzazioni pubbliche è spesso correlata proprio al raggiungimento di obbiettivi socialmente sostenibili (Ball e Grubnic, 2007).

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Inquadrata l’importanza della tematica, entrando nel merito degli studi inerenti alla contabilità sostenibile, come già evidenziato, sono molte le ricerche legate all’aspetto delle rendicontazione, sia in campo internazionale che nazionale (si vedano tra gli altri Ball 2002; Bartocci 2003; Ball 2004; Giusepponi, 2004; Hinna, 2004; Tanese, 2004; Ball 2005; Farneti e Pozzoli, 2005; Ball e Grubnic, 2007; Ricci, 2007; Siboni, 2007; Ball e Bebbington 2008; Farneti et al., 2008; Frost e Seamer 2002; Sibilio Parri, 2007; Guthrie e Farneti 2008; Lamprinidi e Kubo, 2008; Larringa-Gonzales e Pèrez-Chamorro, 2008; Lewis, 2008; Marcuccio e Steccolini, 2005; Borgonovi e Rusconi, 2008; Russell e Thomson, 2008; Frey et al., 2009) mentre risultano limitati quelli concernenti lo studio della pianificazione delle strategie sostenibili (Bebbington, 2007; Mazzara et al., 2010a). In accordo con quanto affermato da Bebbington (2007, p. 6):

“(…)ciò che è meno chiaro è se, e se sì in che misura, si sostanzia il ruolo che lo sviluppo sostenibile nella preparazione delle attività organizzative. Se, cioè, le organizzazioni stanno cercando di ridefinire il loro contributo alla luce dello stesso, e se sia possibile rilevare la presenza di alcuni meccanismi interni che guidano le loro attività verso tale obiettivo. Ad esempio, si potrebbe immagine che lo sviluppo sostenibile sia parte integrante del processo di pianificazione strategica, così come di altri (…), ma questi [generalmente] non sono direttamente visibili al di fuori dell'organizzazione, c'è cioè meno informazioni di dominio pubblico su come le organizzazioni affrontando internamente lo sviluppo sostenibile”.

Infatti, le stesse ricerche sulla rendicontazione sostenibile nel settore pubblico, ne promuovono la produzione di ulteriori, in modo da incrementare il progresso dell’agenda sullo sviluppo sostenibile.

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In particolare, Ball (2002), enfatizza l’idea di costruire comunità sostenibili evidenziando il rischio che l’eccessiva focalizzazione su azioni di breve termine, al fine del raggiungimento dell’efficienza, vada a discapito di quelle di lungo periodo, quali quelle legate alla sostenibilità.