Capitolo III: Il Burkina Faso, una storia incompleta
3.3 La nascita del Paese degli Uomini integri
Come già detto il 4 agosto del 1984 l’Alto Volta assunse il nuovo nome di Burkina Faso, che secondo la lingua indigena vuol dire “patria degli Uomini Integri”. La scelta di tale nome è esemplificativa per delineare il percorso di rinascita del paese. Sankara volle, infatti, anche attraverso il nome, ribattezzare il suo popolo, sottolineandone l’orgoglio e
55
l’identità nazionale e cancellando, in questo modo, il legame con il passato colonialismo e post-colonialismo.
L’ascesa al potere di Sankara, pur avvenendo con le medesime modalità dei suoi predecessori, mostrò fin da subito risultati positivi per l’economia e ne giovò anche l’identità nazionale del paese. Infatti, nel periodo di governo di Sankara, dal 1983 al 1987, il paese visse una fase di cambiamenti positivi, una rinascita che interessò non solo l’economia, ma anche l’intera società attraverso una rinascita del profondo orgoglio di questo popolo che ne ha permesso l’ascesa della propria identità, a lungo messa da parte. Per tali ragioni, sul piano della politica interna, Sankara improntò la sua attività in tre linee guida: piena indipendenza del paese dagli aiuti esteri, aumento della qualità della vita del suo popolo e lotta alla corruzione della classe politica.
Uno degli esempi relativi alla sua politica di miglioramento della vita dei burkiné, fu la massiccia campagna di vaccinazione che ridusse drasticamente la mortalità infantile, insieme all’imposizione di elementari misure igieniche e alla campagna sulla contraccezione per arginare il fenomeno dell’HIV. Scelta quest’ultima, se si pensa al periodo, in netto anticipo sui tempi, tant’è che l’allora direttore dell’UNICEF espresse il suo forte compiacimento99. A ciò aggiunse la necessità di alfabetizzazione della
popolazione, l’inclusione delle donne nella vita della società e il divieto di pratiche ritenute arcaiche, quali l’infibulazione.
Per quanto riguarda invece la necessità di allontanare il paese dalle influenze economiche dei paesi esteri, Sankara puntò ad una sorta di autarchia, attraverso l’autosufficienza alimentare e la riforma agraria, improntata quest’ultima sulla nazionalizzazione delle terre e sulla modernizzazione delle tecniche di lavoro agricolo.
Infine, per quanto riguarda la politica interna, tentò di riformare le istituzioni, cercando di eliminare il cancro della corruzione della classe dirigente e eliminando tutti i privilegi di cui godevano le più alte cariche dello Stato, risultando inflessibile e pronto a dare in prima persona l’esempio, condannando senza troppi indugi anche illustre personalità del mondo burkiné. Molti politici furono processati per corruzione; la politica purificatrice si attenuò nel settembre 1984 “Non possiamo essere la classe dirigente ricca in un paese povero”. Tale frase sintetizza perfettamente il suo operato in tal senso.
Nel 1985 scoppiò una breve guerra di confine col Mali, presto ricomposta con la mediazione dei paesi africani occidentali. Il regime, poi, forte ormai del consenso popolare, concesse a molti esiliati politici eminenti di rientrare in patria.
56
Il giovane rivoluzionario improntò la propria campagna di rinascita del paese anche a livello internazionale, attraverso il rifiuto del pagamento del debito estero imposto dai paesi europei. Tale posizione venne espressa in maniera chiara e definitiva nel 1986, durante il discorso al Vertice dell’Organizzazione per l’Unità africana (Oua), tenutosi ad Addis Abeda.
In tale discorso, Sankara analizzò le origini del debito africano, puntando il dito verso il mondo occidentale, verso la maniera di operare durante il post-colonialismo e individuando come unica soluzione di rinascita per i paesi africani la necessità di non pagare i debiti. Questa affermazione poggiava le basi su una questione morale e civile, individuando validi motivi, storici e culturali, per cui i paesi occidentali avevano l’obbligo di azzerare tali debiti:
“Il problema del debito va analizzato prima di tutto partendo dalle sue origini. Quelli che ci hanno prestato il denaro sono gli stessi che ci hanno colonizzati, sono gli stessi che hanno per tanto tempo gestito i nostri stati e le nostre economie; essi hanno indebitato l’Africa presso i donatori di fondi. Noi siamo estranei alla creazione di questo debito, dunque non dobbiamo pagarlo” E ancora:
“Il debito non può essere rimborsato prima di tutto perché, se noi non paghiamo, i prestatori di capitali non moriranno, possiamo esserne certi; invece, se paghiamo, saremo noi a morire, possiamo esserne altrettanto certi. Quelli che ci hanno portato all’indebitamento hanno giocato, come al casinò: finché ci guadagnavano, andava tutto bene; adesso che hanno perduto al gioco, esigono che li rimborsiamo. Signor presidente, diciamo: hanno giocato; hanno perso; è la regola del gioco; e la vita continua”.
Tutte queste riforme, indubbiamente innovative per l’epoca e per l’Africa, si inserirono però in un contesto politico molto fragile e prematuro, ancora lontano da una piena acquisizione dell’idea di Stato improntato sulla democrazia. La politica fortemente dirigista voluta da Sankara, infatti, causò non pochi malumori, soprattutto da parte della popolazione delle città. Ben presto i malumori che serpeggiavano anche all’interno dello stesso gruppo dirigente, sfociarono in un colpo di stato, capeggiato da Blaise Comparé. Il
57
15 ottobre del 1987 un commando massacrò il Presidente, un’altra dozzina di ufficiali e personalità a lui vicine. Secondo alcuni, dietro al colpo di Stato vi fu l’intervento della Francia, la quale non nascose mai la propria ostilità nei confronti del Presidente Sankara. Blaisè Comparé revisionò la precedente politica di austerità e si riavvicinò ai paesi occidentali. Tra il settembre e dicembre del 1988 ci furono altri due colpi di Stato che però fallirono.
Nel marzo del 1990 si ebbe il primo Congresso del “Fronte Popolare”, organizzazione politica capeggiata da Compaorè. Questo congresso decretò il varo di una nuova Costituzione, che avvenne nel giugno 1991, l’applicazion così di una politica di “Capitalismo di Stato” e l’elezione di un Comitato Esecutivo del Fronte.
Sconfessati i principi marxisti del precedente governo, Compaorè introdusse subito il multipartitismo, sollecitò gli investimenti stranieri ed allineandosi ai dettami del Fondo Monetario Internazionale liberalizzò l’economia. Successivamente vinse le elezioni presidenziali del 1991.
Nel gennaio 1994, persistendo le difficoltà economiche, il Presidente nominò premier M. C. R. Kaborè, che fu contestato poco tempo dopo dai sindacati, i quali, nell’aprile dello stesso anno, decretarono uno sciopero generale di tre giorni.
Nelle elezioni amministrative del 1995 Compaorè vide affermarsi l’Organizzazione per la Democrazia Popolare – Movimento del Lavoro, sua creatura, e nel febbraio 1996 questa Organizzazione entrò a far parte di un altro raggruppamento politico, favorevole a Compaorè, il “Congresso per la Democrazia ed il Progresso”, di cui divennero presidente A. Bognessan Yè e vice-presidente Kaborè. Quest’ultimo però lasciò l’incarico di premier a D. Ouedraogo, ed assunse la carica di Consigliere della Presidenza della Repubblica. Le elezioni legislative del 1997 furono ugualmente vinte da Compaorè il quale, due mesi prima, con un emendamento alla Costituzione, era riuscito a far eliminare il limite al numero dei mandati presidenziali. Nel novembre 1998 Compaorè vinse pure le elezioni presidenziali. Nell’ambito internazionale sono rimaste sempre strette e codiali le relazioni con la Francia.
Il 31 ottobre del 2014, per arrivare alla storia recente, a seguito delle sollevazioni popolari che si sono avute per effetto di una legge costituzionale che sanciva la possibilità di ulteriori mandati presidenziali, Compaoré si dimise, con l’aiuto dei francesi, lasciando così il paese ad una giunta militare provvisoria.
Il 2015 è un anno pieno di avvenimenti importanti per la politica burkinabé; viene eletto un Presidente civile, Michel Kafando, poi, nel marzo 2015, dopo ventotto anni
58
dall’uccisione, viene dato avvio ad un'inchiesta sulla morte dell'ex Presidente Thomas Sankara100, con la riesumazione, a maggio, dei corpi degli assassinati. Questa notizia fece
scuotere nuovamente le acque del Paese e si giunse ad un nuovo colpo di Stato ad opera di Gilbert Diendéré e del redivivo Campaoré che fecero arrestare tutti i capi del governo. Intanto, il processo e le indagini sulla morte di Sankara portarono ad emettere un mandato di cattura internazionale per Campaoré, ritenuto responsabile della morte del Capitano Sankara. Con la seconda modifica della Costituzione, nel 2014, ad opera di Campaoré, che permetteva la rielezione del Capo di Stato nelle elezioni dell’anno seguente, inizia una nuova fase di destabilizzazione del paese che porta centinaia di migliaia di persone a manifestare a Ouagadougou, contro questa decisione del governo. In seno a questa guerra civile ci fu anche l’arresto di Diendéré e il ritorno alla democrazia.