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III. «The bazungu made our history»

6. La nascita della storiografia ganda

La costruzione di nuove auto-rappresentazioni, di nuove identità, passò anche nel regno del Buganda dal processo di alfabetizzazione avviato dai missionari anglicani e cattolici. L’insegnamento della lingua inglese, della scrittura e, in modo particolare, di discipline come la storia, furono il punto di partenza per una nuova concettualizzazione del passato e inaugurarono la produzione di storie locali, attraverso le quali i Baganda

have not simply produced, inscribed, and voiced historical knowledge and cultural practices in reaction to some overpowering European or Western tradition, they have been producing their own introspections and constructions of the past and culture, and discoursing their own identities (Pawliková 2016, 193).

Pochi anni dopo l’avvio dell’istruzione pubblica, infatti, nel Buganda fiorì la tradizione storiografica che gettò le basi per la costruzione di una nuova “tradizione”, fondata sulla stabilizzazione storica del passato e fortemente influenzata dalla stagione coloniale. In questo contesto fu determinante l’attività di alcuni capi ganda, i quali crearono un ponte fra la tradizione storiografica introdotta dall’istruzione di matrice cristiana e le tradizioni orali locali. Da ciò nacquero opere dal carattere fortemente ibrido, sia nella forma che nel contenuto, attraverso le quali gli autori, come dei «passeurs culturels» (Tachot-Gruzinski 2001), costruirono nuove narrazioni capaci di sfruttare gli strumenti forniti dalla cultura dei colonizzatori e adattarle ai propri scopi politici.

Da questo incontro culturale nacquero numerose opere – alcune delle quali mai pubblicate –, che consentirono agli autori di esplorare il passato del Buganda mediante un approccio storiografico, pur mantenendo il carattere plurale e parziale tipico delle tradizioni orali. Così come nel processo di trasmissione della memoria collettiva, le opere di questi autori furono in effetti influenzate, in modo sostanziale,

dalla loro soggettività, espressione di un determinato credo religioso e, conseguentemente, dalla fazione politica cui essi appartenevano. Come descritto in precedenza, infatti, gli eventi della seconda metà del XIX secolo condussero verso la

formazione di veri e propri partiti politici, ispirati alle tre confessioni maggioritarie del Buganda coloniale, ovvero la religione anglicana, quella cattolica e quella musulmana. Le posizioni conflittuali di queste tre fazioni sfociarono, alla fine del secolo, in una cruda guerra civile, dalla quale il partito anglicano uscì vincente, determinando l’affermazione politica dei capi ad esso legati. Dal clima conflittuale di questo periodo deriva, probabilmente, il forte condizionamento subito dagli storici ganda direttamente impegnati negli scontri politici: il loro coinvolgimento determinò il carattere marcatamente parziale delle loro opere, espressione della loro visione politica del passato.

Al fine di comprendere la natura dei lavori pubblicati nel Buganda all’inizio del

XX secolo, ritengo importante sottolineare che la parzialità degli autori non sia da

leggere come l'effetto di un uso inconsapevole della ricerca storica o una ridotta consapevolezza degli strumenti e della metodologia propri di tale disciplina. Al contrario, a me pare che l'esplosione di interesse nei confronti della storiografia, in un periodo conflittuale come quello che condusse verso la formazione dello stato coloniale e la ricollocazione delle forze politiche, riveli quanto gli intellettuali ganda agirono con estrema padronanza dei mezzi a disposizione, comprendendone le potenzialità all’interno di un contesto sociale in transizione.

Per questo motivo, Michael Twaddle afferma che i gruppi impegnati in questo conflitto politico-religioso «would each take great care to manufacture specialized historiographies of the pre-colonial kingdom which suited their current political purposes» (Twaddle 1976, 90). Da parte sua, Pawliková-Vilhanová evidenzia come i Baganda colsero da subito la valenza politica della pratica storiografica e, pertanto, intrapresero un lavoro di ricostruzione del passato finalizzato alla legittimazione e alla difesa della loro parte politica, producendo delle opere storiche fortemente influenzate dalle idee espresse dalla loro fazione. Inoltre, l’autrice descrive le

modalità secondo cui le ricostruzioni storiche furono concretamente impiegate nella vita politica del contesto coloniale, mostrando il valore da esse assunto nel tentativo di influenzare le scelte degli amministratori britannici (Pawliková 2014). Neil Kodesh evidenzia, inoltre, «the efforts of Baganda Christian writers to domesticate biblical teachings and consolidate their position at the apex of the reconstituted political order» (Kodesh 2010, 65). Infine, i lavori di Jonathon Earle mettono in luce il modo in cui le varie religioni giocarono un ruolo centrale tanto nell’interpretazione del passato quanto nei conflitti politici. Secondo l’interpretazione dell’autore, gli intellettuali ganda che operarono nel periodo coloniale assunsero il ruolo di «political historians, innovators who spliced regional historiographies with new types of source material to recast older ways of thinking about mobility, solidarity and power» (Earle 2017b, 2). Nello stesso lavoro, inoltre, Earle chiarisce come «in twentieth-century Buganda, the textual and epistemological boundaries between supposedly “sacred” and “secular” ideologies and types of literature were anything but rigid» (Ivi, 13), mettendo ancora una volta in luce il legame che la storiografia strinse con la religione, risultandone inevitabilmente condizionata.

Un resoconto estremamente dettagliato delle prime opere storiografiche in luganda è stato fornito da John Rowe (1969) sull'Uganda Journal38. Michael Twaddle

(2011), più recentemente, ha invece suddiviso questa prima letteratura locale in tre fasi, corrispondenti a tre generazione di storici, ordinati a seconda del percorso di istruzione intrapreso. La prima di queste tre generazioni comprende i Baganda che parteciparono all’avvio dell’istruzione cristiana, coloro i quali seguirono quel percorso di alfabetizzazione intrapreso dai missionari al fine di diffondere in modo più efficace il loro messaggio religioso e contrastare l'influenza esercitata dall'Islam

38 In questo saggio, Rowe elenca in modo dettagliato le opere pubblicate in luganda nella prima

metà del XX secolo. L'autore cita volumi storiografici e biografici, diari di viaggio, pamphlet politici

e articoli apparsi su periodici locali, così come opere private mai pubblicate. In questa sede, mi limiterò a citare le opere più significative.

mediante la lingua e la scrittura araba. Apolo Kaggwa, fra i primi Baganda convertiti dai missionari anglicani, è certamente l'autore più importante e prolifico di questo periodo e la sua influenza, come tenterò di descrivere più avanti, risulta ancora oggi centrale nella conoscenza del passato precoloniale del regno. Fra le sue opere spiccano Basekabaka be Buganda (I re del Buganda), Ekytabo Kye Mpisa za Baganda (I costumi dei Baganda), e Ekitabo Ky’Ebika bya Abaganda (I clan dei Baganda), pubblicate rispettivamente nel 1901, 1907 e 1908, in un’epoca dunque successiva alle guerre civili di religione. La prima di queste tre opere è tutt'oggi considerata imprescindibile per lo studio della storia del Buganda e rappresenta il primo libro scritto e pubblicato in luganda.

Fra i primi autori ganda figurano anche nove cronisti, autori di brevi racconti sulla vita di Semei Kakungulu, principale rivale di Kaggwa durante la guerra civile; Batalomayo Zimbe, autore di Buganda ne Kabaka (Il Buganda e il Kabaka), pubblicato nel 1939; Hamu Mukasa, capo molto influente e vicino ad Apolo Kaggwa, presente a corte già durante il regno di Mutesa I e autore del primo glossario luganda e di

numerose altre opere. Fra queste, Simuda Nyuma, pubblicata in più volumi fra il 1938 e il 1942, presenta un titolo significativo per un lavoro storiografico: Non tornare indietro. In quest'opera, Mukasa alterna la narrazione storica con indicazioni morali fondate sul messaggio cristiano, senza tralasciare ammonimenti nei confronti di chi segue pratiche o credenze originarie dell’epoca precoloniale.

La seconda generazione di autori comprende intellettuali formatisi nelle scuole e nei seminari in un’epoca successiva. Se nella fase precedente figuravano quasi esclusivamente autori di religione anglicana, l'istituzione e l'affermazione dell'istruzione pubblica determinò la formazione di intellettuali appartenenti ad altre fazioni, capaci di offrire una visione storica alternativa, se non opposta, a quella di Apolo Kaggwa. In questo gruppo Michael Twaddle inserisce il capo dei principi ganda (sabalangira) Gomotoka, autore di numerosi articoli, pubblicati sui periodici dei missionari cristiani e sui quotidiani dell'epoca, così come di Makula (Tesoro) e Magezi Ntakke (La saggezza delle termiti), opere sulla storia e i costumi dei

Baganda scritte dal punto di vista di uno storico cattolico. Gomotoka, infatti, è definito da Twaddle un «controversialist», un autore polemico che oppose il suo punto di vista «against […] the Protestant biases of Apolo Kaggwa’s earlier vernacular accounts of conflicts in the later nineteenth century» e che si batté contro l'invasione in questa regione dei coloni britannici, appoggiati, nella prima parte del

XX secolo, dal programma politico-economico del Protettorato (Twaddle 2011, 241-

242). Accanto a Gomotoka, inoltre, è doveroso citare John Miti, che scrisse, senza mai pubblicare, Ebyafayo by a Buganda (Breve storia del Buganda).

La terza generazione di storici attivi nel Buganda in epoca coloniale comprende gli autori che beneficiarono dell'istituzione della prima università della regione, il Makerere College. Nata come scuola tecnica nel 1921, ottenne lo status di università nel 1949. Qui si formarono in modo particolare Eridadi Mulira e Michael Nsimbi. Il primo, autore di una biografia su Apolo Kaggwa (Sir Apolo Kaggwa) commissionata dalla famiglia di quest'ultimo, il secondo, autore di Amannya Amaganda n'Ennono Zaago (I nomi ganda e le loro origini).

Nonostante l'imponente esplosione di interesse dimostrato dai Baganda nei confronti della storiografia, attraverso le numerose opere pubblicate nella prima metà del XX secolo, la pluralità delle storie raccontante rimase in secondo piano

rispetto alla produzione di Apolo Kaggwa. Infatti, sebbene l'introduzione della scrittura e dell'istruzione pubblica certamente abbiano incentivato la ricerca sul passato del regno e la costruzione di rinnovate interpretazioni degli eventi, gli effetti più incisivi di queste novità furono costituiti dalla canonizzazione di una versione egemone e sostenuta politicamente dalla fazione religiosa che ottenne il potere alla fine del XIX secolo, ovvero il partito anglicano guidato proprio da Apolo Kaggwa.