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La partecipazione all'opera di rieducazione

La liberazione condizionale è concessa << al condannato a pena detentiva che

ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione >>49. Proprio il concetto di partecipazione ha dato luogo a una disputa circa la sua effettiva portata, in quanto da un lato richiama << comportamenti esteriori

oggettivamente determinati >> e dall'altro evoca una << adesione psicologica al trattamento, sintomatica di un coefficiente di risocializzazione >>50. Il problema è strettamente dipendente dalla ratio che si attribuisce all'istituto: ricompensa per aver collaborato al trattamento penitenziario, ovvero privilegio per essere stato positivamente influenzato dall'opera di rieducazione?

La Corte di cassazione abbracciò la seconda ricostruzione, e nel periodo antecedente la riforma di cui alla legge n. 663 del 1986, richiese da parte del condannato << un ravvedimento improntato alla revisione delle motivazioni

che lo avevano indotto a scelte criminali >>51. Anche dopo la modifica intervenuta nel 1986 la Corte mantiene il proprio orientamento: in una pronuncia del marzo 1988 si legge << non è richiesta soltanto la buona

condotta carceraria, che costituisce la norma di comportamento del detenuto, ma anche una partecipazione attiva di quest'ultimo alla pronta e costante adesione alle regole che disciplinano la vita carceraria, un assiduo impegno, attraverso l'attività di lavoro, di studio, di solidarietà sociale e di buoni rapporti con gli altri detenuti e con il personale di custodia, sintomatici

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Art. 54 o.p., comma 1

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Giostra - Della Casa - Grevi, Ordinamento penitenziario commentato, a cura di F. Della Casa, 2011, pag. 692

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dell'evoluzione della sua personalità verso modelli socialmente validi, del ravvedimento improntato alla revisione delle motivazioni che lo avevano indotto a scelte criminali ed, infine, del progressivo abbandono dei disvalori sui quali tali scelte si fondavano >>52.

L'orientamento dominante della Suprema Corte si mantiene pressoché costante

negli anni, incurante di alcune sentenze devianti53, ma non è condivisibile.

Il punctum dolens della disputa è, a ben vedere, l'esatta determinazione del presupposto di merito richiesto per la concessione della riduzione di pena. L'art. 103 comma 2° reg. esec. ricollega la partecipazione a parametri precisi, cioè all'impegno dimostrato dal detenuto << nel trarre profitto dalle

opportunità offertegli nel corso del trattamento e al mantenimento di corretti e costruttivi rapporti con i compagni, con la famiglia e la comunità esterna >>.

La norma originaria54 faceva riferimento solo all'<< atteggiamento >>, mentre

quella attuale55, riferendosi ai << rapporti >>, sposta la valutazione da un dato

soggettivo (l'atteggiamento appunto) ad uno oggettivo tipizzato. Da ciò la dottrina ha dedotto che la partecipazione deve attenere alla condotta esteriore e avere natura << squisitamente fattuale >>, prescindendo da atteggiamenti interiori di carattere psicologico. Non presuppone alcuna diagnosi di risocializzazione già conseguita, ma soltanto l'adesione del condannato al processo.

La stessa Corte di cassazione nel frattempo ha mutato orientamento,

52 Cass. sent. 9 marzo 1988 53

Cass. sent. 7 luglio 1989

54

Articolo 94 reg. esec. 1976

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ricostruendo l'istituto della liberazione anticipata attraverso un confronto con le altre misure alternative: << Mentre per la concessione dell'affidamento in

prova al servizio sociale ovvero alla semilibertà si richiede che, attraverso la partecipazione all'opera di rieducazione, il condannato abbia concretamente e positivamente avviato quel processo di revisione critica dei disvalori che hanno determinato la condotta deviante, per la concessione della liberazione anticipata, invece, è sufficiente la predetta partecipazione, a prescindere dai risultati della stessa56 >>.

La giurisprudenza più recente, forse per temperare quelli che considera gli

eccessi del giudizio semestralizzato, è costante nel ritenere che << la valutazione per semestri non deve essere intesa in senso rigido ed

esasperato, giacché la valutazione negativa relativa a un semestre non può non riverberarsi in senso sfavorevole su quella dei semestri contigui, specie ove le condotte censurabili si rivelino particolarmente gravi e sintomatiche>>57. Per i provvedimenti di diniego delle riduzioni fondati su

comportamenti tenuti in semestri contigui è però richiesta una motivazione più puntuale.

La liberazione anticipata è dunque uno strumento di trattamento progressivo, che incentiva con un premio il detenuto che partecipi alla rieducazione, non il detenuto che la raggiunga.

56

Cass. Sez. I, 30 gennaio 1995 57

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L'accertamento della partecipazione all'opera di rieducazione è compiuto dal giudice. La motivazione, così come l'indagine, deve essere attenta e approfondita, in particolare nel caso di rigetto dell'istanza per mancanza del requisito soggettivo. La condotta, così come formulata nel nuovo art. 103 comma 2°, esclude che il requisito della partecipazione all'opera di rieducazione possa essere ritenuto insussistente per la sola circostanza che il

condannato << continui a proclamare la sua estraneità ai fatti 58>>. Anche la

revoca di un beneficio precedentemente accordato non costituisce di per sé motivo ostativo all'accoglimento della richiesta di liberazione anticipata, come del resto non lo esclude un'infrazione disciplinare, ma occorre una valutazione compiuta dal giudice circa l'avvenuta interruzione dell'opera di rieducazione del condannato.

Il giudizio sulla partecipazione dell'opera di rieducazione deve essere necessariamente condotto attraverso un duplice criterio di relativizzazione,

soggettivo e oggettivo. Sotto il profilo soggettivo viene in rilievo << la personale capacità di rispondenza del detenuto agli stimoli e alle

opportunità >>59: la valutazione giudiziale dovrà tener conto del quoziente intellettivo, delle condizioni di salute, dell'estrazione sociale, della cultura e della preparazione personale del detenuto. Sotto il profilo oggettivo la valutazione dovrà tener conto della quantità e qualità degli strumenti concretamente predisposti dall'Amministrazione penitenziaria e disponibili per quel detenuto. Vale la pena sottolineare come l'arricchimento e l'affinamento

58

Giostra - Della Casa - Grevi, Ordinamento penitenziario, a cura di F. Della Casa, cit. pag. 694

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degli strumenti di rieducazione predisposti dall'Amministrazione penitenziaria costituiscono elemento privilegiato di misurazione del comportamento del detenuto: dove l'azione dell'Amministrazione è elementare, il detenuto avrà facilmente accesso al beneficio, concretizzandosi la partecipazione all'opera

di rieducazione nella mera assenza di rilievi disciplinari negativi; viceversa,

ove gli strumenti della rieducazione siano opportunamente articolati, il detenuto sarà vagliato circa il modo e l'intensità con cui egli abbia saputo fruire delle opportunità offertegli.

Con la legge 10 ottobre 1986, n. 663 si è dunque superata l'idea che la partecipazione all'opera di rieducazione, richiesta come requisito per la liberazione anticipata, fosse riferita unicamente alla posizione dei detenuti in stabilimenti penitenziari per il solo fatto che fino a quel momento questa fosse l'unica modalità possibile di esecuzione della pena, con il corollario che l'unico trattamento valutabile fosse quello attuato all'interno dell'istituto. Per partecipazione s'intende la ripetizione di atteggiamenti e di attività ai quali è attribuito il valore di comportamento conforme a un progetto di vita socialmente corretto, il cui primo presupposto è l'adesione alla disciplina carceraria. Il relativo accertamento sul piano psicologico richiede un'indagine profonda, perchè non sempre all'adesione alle regole può attribuirsi un significato univoco. I comportamenti da valutare devono essere rapportati in primo luogo alle capacità recettive individuali, in quanto l'inosservanza delle regole indipendente dalla volontà non giustifica un giudizio negativo. Di questa considerazione non tiene conto l'indirizzo della Corte di legittimità,

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secondo il quale il beneficio non può essere concesso quando, per qualsivoglia ragione, anche inerente all'organizzazione penitenziaria, il trattamento non sia stato attuato (ma non sarà mai ritenuto inesistente, perchè il detenuto sarà sempre e comunque soggetto a delle regole di vita all'interno dell'istituto), mancando oggettivamente la realizzazione del fine. Tra le insufficienze dell'offerta rieducativa si collocano, oltre alle possibili inadeguatezze, anche le limitazioni conseguenti alla sottoposizione del condannato a particolari regimi carcerari.

La valutazione che il giudice è chiamato a compiere non deve limitarsi alla mera valutazione della condotta carceraria, estrinsecatasi nell'assenza di rilievi disciplinari, ma deve focalizzarsi anche sulla partecipazione all'opera di rieducazione. Non deve limitarsi all'assenza di atteggiamenti negativi, ma deve accertare la presenza di atteggiamenti positivi. Allo stesso modo è da censurare la prassi, piuttosto diffusa, per la quale il giudice, chiamato a decidere sulla scorta di una documentazione che reputa non sufficiente, non attende le necessarie acquisizioni e adotta una decisione di rigetto allo stato

degli atti, che qui integra un non-giudizio. La liberazione anticipata richiede

un giudizio sull'avvenuta partecipazione all'opera rieducativa, un giudizio basato su fatti, verso cui sono irrilevanti l'atteggiamento verso la condanna e la protesta d'innocenza. Non si richiede un giudizio prognostico sulla possibilità di reinserimento sociale né sul grado di pericolosità sociale dell'interessato. Il diritto alla concessione dell'abbuono è collegato necessariamente ed esclusivamente al comportamento tenuto. L'eventuale convinzione personale del giudice sui risultati conseguiti è estranea al giudizio.

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Al principio della valutabilità dei comportamenti tenuti nel corso dell'esecuzione della pena si collega il problema dell'ipotesi di reato contestato con la formula del "reato tuttora permanente" e deciso con sentenza di condanna. Al condannato potrà essere riconosciuto il beneficio della liberazione anticipata per quanto concerne il periodo trascorso in custodia cautelare? Per giurisprudenza costante della Corte di cassazione, la permanenza in reato associativo, in caso di contestazione aperta, cessa con la sentenza di primo grado che accerta la responsabilità dell'imputato, dunque dà per scontato che questi abbia proseguito nella sua condotta delittuosa anche nel periodo compreso tra l'arresto e la pronuncia. Inoltre, poiché la contestazione, di cui fa parte l'indicazione della data di consumazione, è parte integrante della pronuncia, anche su questa si formerà il giudicato e non sarà possibile modificarla. Ciò che conta tuttavia è il comportamento tenuto dal ristretto durante il periodo di custodia cautelare: la Corte ha annullato la decisione di un tribunale di sorveglianza che, ritenendosi obbligato ad attendere l'esito del processo, aveva dichiarato di non potersi pronunciare sulla richiesta di liberazione anticipata riferita ai semestri antecedenti all'emissione di una misura cautelare, e ha affermato che il giudice di sorveglianza deve, in tale ipotesi, autonomamente e con effetti limitati alla propria decisione, accertare l'effettività e la durata del rapporto criminoso, incompatibile con la partecipazione all'opera di rieducazione e dunque alla riduzione di pena.

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6. La partecipazione nella detenzione extramuraria e nei diversi

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