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3.2) LA PEDAGOGIA NERA E LA TRASMISSIONE DEL SAPERE DEL PADRE

La donna diventando madre diventa importante e funzionale alla comunità mafiosa, Zagari62 sottolinea : “Infatti, è la nascita di figli maschi che consente di avere materiale umano con cui sostituire e rimpiazzare le inevitabili perdite(…) le donne servono a fare proliferare la famiglia dell’Onorata Società, Mamma Matrigna perennemente gravida”63

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Funzionali, dunque, diventano i matrimoni che si trasformano in vere e proprie strategie matrimoniali tese a rafforzare gruppi già coesi o che in precedenza avevano avuto conflitti.L’offerta del “sangue virginale” della donna promessa ad uomo del clan avversario andava a compensare il sangue sparso all’interno delle faide.64 I matrimoni con persone non facenti parte dell’organizzazione, invece, non sono ben visti e spesso fortemente ostacolati in quanto destabilizza la compattezza culturale che fa parte dell’organizzazione.

Un buon matrimonio non solo porterà a rafforzare ed ad ingrandire il prestigio delle due cosche che si imparentano ma creerà eredi, soldati fedeli.

59J.Dickie, Onorate società, Laterza, Bari, 2011, p. 165. 60 Ibid, p.165.

61 Ibid, p. 13. 62

Collaboratore di giustizia in precedenza affiliato alla ‘ndrangheta.

63A. Zagari, Ammazzare stanca.Autobiografia di uno ‘ndranghetista pentito, Periferia, Cosenza 1992 cit in R.Siebert, Le

donne, la mafia, Il Saggiatore, Milano, 1994, p.83.

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Il “sapere del padre” così lo hanno chiamato “diversi collaboratori di giustizia riferendosi alla funzione educatrice della donna di mafia, utilizzate come veicolo di conoscenza che spesso non appartiene a loro. Un sapere e un potere che le vuole mute, sottomesse e prive di desideri.”65

Questa capacità di consenso si radica così nel tessuto sociale attraverso la donna, la madre che veicola quella che possiamo definire "educazione criminale" o il cosiddetto " Sapere del padre" contribuendo così ad un controllo a tappeto del territorio e alla produzione di modelli culturali mafiosi manipolati e aggiustati a quel tipo di ambiente.L'educazione viene così manipolata e strumentalizzata divenendo un indottrinamento alla vita criminale.

La famiglia diventa modello organizzativo delle proprie attività criminali.66I vincoli di parentela,infatti, diventano vere e proprie strategie matrimoniali aumentando il potere della cosca, così il requisito per la donna, soprattutto quella camorrista che vuole fare carriera,è il sangue o il matrimonio.

Non si diventa donne d' onore ma si nasce o attraverso il matrimonio (più forte è nella 'ndrangheta dove il familismo è più forte).“La cultura materna, quindi, ri-creerebbe un condizione di dipendenza e protezione che (come già detto nell'introduzione)non ha più senso di esistere (..). In questo caso la cultura materna diventa offerta della continuità protettiva e sovrabbondante pretesa di fedeltà ed obbedienza.(...) Nel pensare mafioso la famiglia si istituisce attorno alla finalità accuditiva comune a tutte le famiglie, solo che in esso tale finalità non è suscettibile d'evoluzione, ciò fa sì che la sola architettura culturale possibile in famiglia sia quella materna. Questa, attraverso il tema transpersonale dell'insicurezza rinforza il bisogno di accudimento e protezione che può essere soddisfatto solo in famiglia e sola dalla famiglia.

La cultura materna obbliga i figli ad una condizione di dipendenza da tutto ciò che è famiglia o che ad essa assomiglia, li costringe alla ricerca di un protettore e rende praticamente impensabili configurazioni relazioni fondate su quanto non assomiglia allo scambio protezione contro fedeltà ed obbedienza.”67

“Nella famiglia mafiosa la socializzazione primaria, cioè quella che si realizza all'interno del gruppo familiare, offre un sistema di valori alternativo e prevalente rispetto a quello proposto dalle agenzie educative deputate alla socializzazione secondaria”.68

Proprio in questo processo è fondamentale la famiglia perché ha la funzione di mediare con il mondo esterno selezionando ciò che può formare e plasmare il bambino a immagine e somiglianza di quello che la famiglia vuole che il bambino assimili e diventi.

Il bambino si identifica con chi si prende cura di lui introiettando la figura materna e paterna. Di fatto, dopo l'apprendimento del modello culturale, dato dall’osservazione e l'emulazione, il bambino introietta, facendo proprio tale modello.

In teoria nel corso del suo sviluppo, il bambino si staccherà dalla famiglia per entrare nella fase della socializzazione secondaria. Schematizzando, nelle famiglie mafiose il passaggio dalla socializzazione

65 Intervista a Leonardo Messina del 1997 cit in A.Dino, Narrazioni al femminile di Cosa Nostra in Meridiana n. 67,

Donne di mafia (2010), p.60

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A.Puglisi, Donne,mafia ed antimafia, DG editore, Roma, 2005

67 Contributo di I.Fiore in G.Lo Verso, La mafia dentro. Psicologia e psicopatologia di un fondamentalismo, Franco

Angeli, Milano, 2005, p.35.

68P.LBerger, T.Luckmann, La realtà come costruzione sociale,citato in G.Casarrubea, P.Blandano, L'Educazione

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primaria a quella secondaria è del tutto assente.69 Le famiglie mafiose, infatti, cercano di mantenere l'educazione all'interno della cerchia famigliare in modo che i propri giovani non siano influenzati, facendo si che l'indottrinamento sia ben fissato. Di conseguenza, l'individuo sviluppa una condotta conforme oppure deviante, a seconda dei modelli sociali favorevoli o contrari alla legalità con i quali viene a contatto.

Dal punto di vista psico-pedagogico Winnicott ( famoso pediatra e psicoterapeuta)dichiarava che se la madre non è in grado di adeguarsi opportunamente ai progressi del bambino, questi sviluppa una modalità di adattamento e di compiacenza alle "pressioni materne, cioè alle iniziative e alle richieste della madre, e la sua spontaneità man mano si perde. Winncott chiamò "falso Sè" questo tipo di sviluppo difensivo: “maggiore è il "disadattamento" tra madre e bambino, maggiori saranno la distorsione e il blocco della personalità”.70

Le madri inconsciamente o consciamente preparano così le basi per la trasformazione della personalità dei propri figli.L'inizio della formazione dell'Io comporta dapprima una dipendenza quasi assoluta dall'Io supportivo della figura materna e l'ambiente diventa essenziale nel quale il bambino sviluppa i suoi primi meccanismi mentali primari.“(....)Ciò che più influenza la vita di un bambino è l'insieme delle azioni e delle reazioni non meditate della madre e degli altri parenti e amici; non sono una o due azioni ben meditate a sortire il maggiore effetto”71.Dunque le madri stesse fanno parte del meccanismo, anch'esse figlie,sorelle, spose di mafiosi sono state indottrinate da bambine ed è proprio il loro bagaglio culturale- educativo che riversano sui loro figli inconsciamente a costituire il "sapere del padre".“Però (..)non si può parlare della formazione del Sè e della prima realtà interna senza parlare del concetto di "holding"(che è tenere, sostenere, ma soprattutto, contenere. E' l' holding che delimita la prima realtà interna del bambino e protegge la continuità del suo essere che lo esporrebbe a una "impensabile angoscia".

Le continuità delle prime cure, l'holding offerto da una madre sufficientemente buona, consente al bambino di rischiare il crudo momento dell' "Io sono", che è sempre gravato da profonde angosce persecutorie (..)”.72 Nel nostro caso, la madre espone il bambino facendo sì che l' “Io sono” non si sviluppi correttamente e facendo posto come vedremo all' “Io sono come gli altri”.Si tratta di bambini estremamente fragili che sacrificano i loro sentimenti considerati inadatti al contesto, desiderosi di attenzione e considerazione che poi riescono a realizzare nella "famiglia mafiosa".

Il bambino maturo desidera, gli è necessario, poter mettere alla prova con la ribellione il codice accettato, anche solo per sapere come stanno le cose tra lui (o lei) e la comunità.73

Se, nella prima infanzia è l'Io materno a sostenere quello del bambino nelle fasi successive è il bambino stesso che si rende indipendente attraverso l'introiezione delle cure materne, attraverso la fiducia nell'ambiente e un equilibrato inserimento nella società attraverso anche fisiologiche "ribellioni".

E' da precisare che quando si parla di cure materne non si intendono quelle alimentari e fisiche, ovvero la pulizia del corpo, l'allattamento, svezzamento e così via, ma cure di natura affettivo/psicologiche.

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O. Ingransci, Donne d'onore, storie di mafia al femminile, Mondadori, Milano, 2007, p. 9.

70D.Winnicott Prefazione I Bambini, Cortina Raffaello, Milano, 1997, p. 4. 71D.Winnicott, I Bambini, Cortina Raffaello, Milano, 1997 , p. 44.

72D.Winnicott, Prefazione Il bambino deprivato, Cortina Raffaello, Milano, 1986, p. XV-XVI. 73

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In definitiva noi siamo ciò che scegliamo, noi siamo unici proprio in virtù a come ci relazioniamo nell’ ambiente e agiamo su di esso. Nell' ambiente mafioso manca appunto la scelta e l'individuo da agente si ritrova ad essere agito, schiacciato dall'ambiente non potendo esprimere la propria personalità. Un aspetto del disturbo nella formazione dell'Io prodotto da deficienze ambientali è la dissociazione che si osserva nei casi bordelaine tra il vero e i falso Sè .(...)osservando gli aspetti di questa dissociazione nelle persone sane e in condizioni di vita sane ( il Sè privato riservato alle intimità e il Sè pubblico adattato alla socializzazione)(..) sul versante della malattia vedo il vero Sè come una potenzialità, nascosta e protetta dal falso Sè, compiacente, che è quindi un'organizzazione di difesa basata sulle varie funzioni dell'apparato dell'Io e sulle tecniche di conservazione del Sè.74 Il Bambino all' interno del mondo mafioso, così, anestetizzando il suo "Io sono" non reagisce, cresce nel silenzio e obbedienza non sviluppando completamente il suo Sè in quanto il suo Sè è l'organizzazione mafiosa stessa nella quale si identifica. Da qui la mancanza di senso di colpa. Freud nelle sue prime formulazioni distinse l'Id, ovvero le pulsioni instintuali, e l'Io, ovvero la parte del Sè che entra in contatto con l'ambiente. L'Io cerca di modificare l'ambiente per poter soddisfare le pulsioni dell'Id, e nel 1933 in L'Io e l'Id Freud utilizzò il termine SuperIo per intendere ciò che è accettato dall'Io ai fini del controllo dell'Id.In termini di Io-Id il senso di colpa è un'angoscia di tipo speciale, un'angoscia sentita a causa del conflitto tra amore e odio. La colpa significava poter sopportare, gestire, sostenere questo tipo di conflitto, un confitto necessario che faceva parte della vita. Un senso di colpa indica dunque che l'Io sta venendo a patti con il SuperIo e l'angoscia matura in senso di colpa.75Dunque se L'Io non si sviluppa in modo soddisfacente e risulta indebolito e non organizzato per far fronte alle pulsioni dell'Id in mancanza di condizioni favorevoli va a mancare quel senso morale e si fa necessario un codice morale facendo sì, però, che la socializzazione che ne può derivare risulti instabile a lungo andare. Non c'è sentimento di colpa, di responsabilità quando si crede di non infrangere nessuna legge. Il crimine viene considerato e viene vissuto in maniera "normale”, non viene messa in discussione la persona, ma una normale attività professionale.

Saverio Morabito, pentito della 'ndrangheta, racconta:"Io facevo il malavitoso e cercavo di farlo ogni giorno meglio perchè la ritenevo una professione come un'altra, anche se andava oltre i limiti della legalità. E ogni giorno cercavo di perfezionarmi nel mio campo, come uno che entra in una grossa azienda da impiegato e negli anni, per la sua bravura, brucia tutte le tappe diventa amministratore delegato. Ce la fa perchè ha saputo mantenere i rapporti giusti, ha saputo trattare, non si è tirato indietro di fronte ai problemi".76

La vita privata e quella pubblica diventano un 'unica cosa, non è scindibile ma nello stesso tempo si separa dalla società circostante. Il mafioso sopprime tutti quei sentimenti che non sono funzionali all’organizzazione diventando “un uomo invisibile a se stesso”77

e l’odio delle qualità femminili “ agisce da meccanismo di difesa psichico. Si tratta di una strategia per evitare di riconoscere una parte inaccettabile di

74

Prefazione D.Winnicott, Sviluppo affettivo e ambiente, Armando Editore, Milano, 2002, p.6.

75S.Freud L'Io e L'Id cit in Winnicott, Sviluppo affettivo e ambiente, Armando Editore, Milano, 2002, pp. 11-26. 76M. Schermi, Crescere alle mafie .Per una decostruzione della pedagogia mafiosa, Franco Angeli, Milano, 2010,

p.23.

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sé (…)”78“(…) l’universo femminile suscita una certa paura: paura del corpo della donna in quanto incarna

una tentazione minacciosa per la disciplina e la coesione dell’organizzazione, paura della propria componente femminile”79

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Questa diffidenza nasce da un pensiero collettivo delle organizzazioni mafiose che reputano le donne incapaci di uccidere, inoltre “una donna che viene colpita negli affetti più cari, non ragiona più. Non c’è omertà che tenga, non c’è più Cosa Nostra, non ci sono più argomenti e le regole che la possano tenere a freno” spiega Antonio Calderone80

Si vengono a creare due mondi con propri codici, linguaggi, storia e possiamo dire una vera e propria pedagogia. Questa pedagogia viene definita da Mario Scherni come una discrescita mafiosa :

"la discrescita mafiosa sarebbe la china assunta dal crescere sottoposto a una pedagogia intenta all'esclusiva realizzazione della "canonicità" ("sii come gli altri") e, quindi, al sistematico evitamento dell' "eccezione" ("sii come te stesso").Sia pure entro certi limiti, la pedagogia mafiosa così polarizzata, assume i caratteri delle pedagogie totalitarie: gli interessi, gli obiettivi, le credenze del clan vanno senz'altro custoditi e protetti dalle minacce singolari che ciascun componente potrebbe portare. Ciò di cui si tratta è un crescere, un farsi biografia segnato irrimediabilmente, radicalmente dall'appartenenza a quel contesto mafioso. E sembra costretto (...) a una discrescita. In senso personale: le mafie formano un certo modo di sentire il proprio stare al mondo.(..)Un mondo esterno separato da sè (..) insieme di risorse da consumare, qualcosa di cui si può abusare, che non riguarda.(..)In senso sociale: tra mondo esterno e quello interno, le mafie costituiscono un mondo intermedio, l'unico accettato e abitato,in quanto "regno delle mafie", dove non ci si confonde con gli altri, ma anche dove non si è nessuno in particolare. Qui le mafie provvedono a preordinare un ordito di legami sociali solido, un "regno delle mafie" (più in là: Comunità mafiosa), costituito perlopiù da legami di sangue, non scelti e nè discutibili.(...) In questo sembrerebbe prevalere una comunità di affetti (oikos), su una comunità dei diritti e delle scelte (polis), laddove la posizione di ciascuno non è data dalla giustizia (Ricoeur 2000), o dal bene (Arendt 1958) ma dal sentimento solidificato e sancito dal legame familiare.

In senso morale: le mafie, temendo gli uomini e le donne, costruiscono l'uomo:

-lo dotano di un pensiero "dogmatico", grazie al quale poter fermare il mondo in qualcosa di definito e controllabile ;

-lo (de)sensibilizzano attraverso un "sentire codificato", un sentire mafioso (LoVerso e Lavanco 1995) grazie al quale filtrare e interpretare la realtà;(..)” 81

La comunità mafiosa, dunque, appare come una comunità totalitaria nella quale il bambino diventa il soggetto perfetto nel quale inculcare un indottrinamento di tipo militare e assoluto che non solo diventerà parte del suo bagaglio culturale ma lo plasmerà a piacimento dell'organizzazione, di fatti solo in questo modo essa continua a sopravvivere, i mafiosi non fanno i mafiosi, sono mafiosi.

78

Ibid, p.88.

79M. Schermi, Crescere alle mafie .Per una decostruzione della pedagogia mafiosa, Franco Angeli, Milano, 2010,

pp.86-87.

80R.Siebert, Le donne, la mafia, Il Saggiatore, Milano, 1994, p.91. 81

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Infatti “ la mafia, pari alle dittature totalitarie, reca a sé il diritto sulla vita e la morte; dove vige la “legge” mafiosa esiste la pena di morte”82

Non è un caso se sistemi totalitari come il fascismo, il nazismo, il comunismo abbiano puntato sulla famiglia(socializzazione primaria) e sulle istituzioni scolastiche ed extra-scolastiche (socializzazione secondaria), se per essi gli adulti erano soggetti da svuotare, indottrinare il bambino si presentava come un foglio bianco sul quale scrivere la propria ideologia.

Nei sistemi totalitari come nel mondo militare al soggetto non è dato pensare ma obbedire, l'ordine prima si esegue e poi si discute.Il soggetto non si sente così responsabile delle proprie azioni, si spara contro un bersaglio non un altro uomo.

La famiglia diventa il SuperIo dell'individuo, essa manipola il singolo divenendo coscienza dello stesso, indicando la morale alla quale obbedire, indicando i sentimenti che si devono o non si devono provare, annullando le fisiologiche ribellioni che rafforzano l'Io, eliminando ogni possibilità di scelta che di fatto lo renderebbe unico e diverso .Si assiste così all'individuo, all'interno della famiglia mafiosa, con un Io indebolito a causa dell'ambiente e di una educazione materna che si sono sostituiti allo stesso che è alla ricerca costante di una propria identità che riesce a trovare solo identificandosi nella famiglia di appartenenza, l'Io fa posto al Noi.

Palese diventa la differenza tra una donna nata e cresciuta in contesti mafiosi e donne cresciute in contesti non mafiose e legatesi solo in età adulta ad uomini mafiosi.

Nelle prime, duri da estirpare sono i codici, i linguaggi che da madre reiveicolerà,un esempio classico è Ninetta Bagarella, donna istruita e cosciente di ciò che faceva il marito, moglie di Totò Riina che ai mass media affermò : “Sono sempre stata con mio marito i miei figli in questi anni. Ho badato io stessa ai ragazzi,per l’educazione e lo studio. Sono tornata perché qui loro devono crescere.(…) Mio marito non è quello che voi dite. È una persona squisita. Auguro a tutti di essere come lui, un padre esemplare. Troppo buono, vittima delle circostanze.” 83

nelle seconde l’emancipazione, ovvero riprendendo la definizione di Siebert 84, una riflessione interiore, una riflessione che tende a recuperare il proprio “vero Sé”, diventa più facile da intraprendere, come il caso di Carmela Iuculano, si rende conto dopo il matrimonio in che famiglia è entrata e come può media fino ad accorgersi grazie alle figlie che stava sbagliando e che la scelta giusta era denunciare il padre.

In questo caso la scuola ha svolto un grande lavoro considerando anche che la Iuculano pur sottomettendosi a determinati valori comunque non li accettava come suoi , infatti come già citato Winnicott spiegava proprio questo “(....)Ciò che più influenza la vita di un bambino è l'insieme delle azioni e delle reazioni non meditate

82 Umberto Santino cit in R.Siebert, Le donne, la mafia, Il Saggiatore, Milano, 1994, p.12. 83

L. Madeo, Donne di mafia, vittime, complici e protagoniste, Mondadori, Milano, 1994, p.83.

84 Per Siebert l’emancipazione è : “la capacità per la donna di competere con la figura maschile e acquisire autonomia

dal loro controllo, autonomia che investe, oltre le scelte economiche e culturali, anche quelle soggettive e della libera disposizione sul proprio corpo” in R.Siebert, Tendenze e prospettive, in G.Gribaudi, Traffici criminali , Camorra, mafie

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della madre e degli altri parenti e amici; non sono una o due azioni ben meditate a sortire il maggiore effetto”.85

Per Carmela essere a conoscenza degli illeciti del marito non significava condividere e accettare i valori che lo spingevano a delinquere , infatti lo spiegava chiaramente nel momento in cui venne interrogata durante il processo dall’avvocato della difesa: “ Avvocato: “lei, prima della sua, come dire scelta di campo di collaborare con la giustizia, riteneva e si qualificava donna d’onore?”

Teste- Iuculano “ Assolutamente no. Io mi ritenevo la moglie di mio marito e in quel momento stavo facendo il mio dovere di moglie, (…)”

Avvocato “ Però condivideva le scelte di suo marito (…)”

Teste-Iuculano “ Eh o le condividevo o le condividevo cosa dovevo fare? Andavo via? Ci avevo provato più di una volta ad andare via, non mi era riuscito(…) certo che ero cosciente! Però per me, ripeto, io stavo facendo il ruolo di moglie, ha capito? “

Avv. “Benissimo. Quindi condivideva. Teste-Iuculano “ Certo che ero cosciente.”86

Quando Carmela riuscì a comprendere che essere cosciente e non dissociarsi formalmente ribellandosi significava di fatto condividere lei stessa capisce che deve fare qualcosa e ce anche il marito è in tempo per ritornare sui suoi passi . “ (…) mi ero accorta finalmente che io ero una mamma (…) i miei figli devono vedere cosa è il bene e cosa è il male.”87

I ricordi sono filtrati in un ottica diversa, il linguaggio usato per descrivere i fatti diventano un “vestito” per le donne cresciute nel contesto mafioso difficile da togliersi se non lacerandosi, in quanto mettendo tutto in considerazione è difficile rimettersi in gioco appropriandosi di linguaggi, codici, valori sconosciuti.

Diverso, seppur difficile è per le donne cresciute in contesti non mafiosi per le quali il ritorno alla “normalità” appare come una prospettiva confortante anche se c’è la consapevolezza che denunciare significa rinunciare ad una vita libera pur sotto una sorveglianza.

Negli ultimi anni queste differenze non sono sfuggite ai magistrati di Reggio Calabria, soprattutto al presidente del tribunale dei minori di Reggio Calabria Roberto di Bella, come del resto una sorta di “intuizione/attenzione” ha fatto si che si prendesse in considerazione l’aspetto pedagogico nel contrasto alle