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IN RETE SULL ' ESERCIZIO DELLA POTESTÀ IMPOSITIVA

2. L'approccio alla regolamentazione tributaria del fenomeno da parte dei governi e delle organizzazioni internazionali. I principi ispiratori della politica

2.3. La posizione del'UE con particolare riguardo all'imposizione indiretta

radicali indicate in precedenza sembra essere allo stato, praticabile. Ciò non tanto per ragioni di ordine sistematico quanto piuttosto di ordine pratico. In una visione pragmatica di conservazione dell'esistente ed improntata ad un'analisi "costi-benefici", si è rilevato che le modifiche comporterebbero uno stravolgimento dei vigenti principi eccessivamente gravoso, realizzabile in tempi lunghi e non giustificabile anche alla luce del fatto che il commercio elettronico, pur dovendo essere costantemente monitorato, non ha determinato una significativa erosione delle entrate erariali degli Stati.265

2.3. La posizione del'UE con particolare riguardo all'imposizione indiretta.

Per quanto attiene all'Unione Europea, va considerato che la presenza di un tributo di matrice comunitaria qual è l'Imposta sul valore aggiunto,266 e il meno asfittico ambito di azione che caratterizza gli organi comunitari nelle imposte indirette rispetto alle dirette (posto che l'armonizzazione delle prime costituisce uno degli obbiettivi del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, già Trattato CE)267 hanno favorito lo studio delle problematiche riguardanti l’imposizione indiretta. Particolare rilievo assume in questo contesto la comunicazione COM (98) 374 del

265 In realtà, la domanda che l'OCSE fa (e si fa) circa esigenza di dotarsi di regole "universali e condivise" suona per molti versi retorica, posto che (come evidenziato dallo stesso TAG) non è affatto semplice ripensare integralmente principi recepiti in molti ordinamenti statali e che cambiamenti radicali quali quello – ad esempio – di abbandonare la nozione di stabile organizzazione per criteri alternativi di ripartizione delle potestà impositive statali potrebbe avere effetti indesiderati.

266 Sull’Iva, quale imposta comunitaria, A. FANTOZZI, Corso di diritto tributario, Torino, 2003, pag. 471 e - diffusamente - A. COMELLI, Iva nazionale ed Iva comunitaria, Padova, 2000, pag. 3. L’IVA ha realizzato il massimo livello di armonizzazione e di influenza della legislazione comunitaria nel quadro delle legislazioni fiscali degli Stati membri, per cui – ancorché non sia espressione della potestà impositiva dell'UE ma dei singoli Stati membri, può definirsi propriamente tributo comunitario sotto il profilo strutturale e funzionale, posto che una parte del gettito costituisce risorsa propria dell'UE.

267 Il che costituisce il corollario di un Trattato che ora come allora limita l'ambito operativo degli organismi comunitari in tema d'imposizione diretta agli interventi strumentali e strettamente necessari al buon funzionamento del mercato interno (cfr. art. 113 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, di seguito TFUE). Le competenze dell’UE in materia tributaria non sono generali ma limitate espressamente alla sola armonizzazione fiscale delle imposte indirette, ancorché nei settori che non sono di esclusiva competenza l’UE possa intervenire in forza dei principi di sussidiarietà e proporzionalità e con l'adozione unanime dei relativi provvedimenti normativi in sede comunitaria. Cfr. C. SACCHETTO, Armonizzazione e coordinamento fiscale nell'Unione Europea, op. cit., ove ulteriori riferimenti bibliografici.

17 giugno del 1998,268 finalizzata a preparare il contributo dell'UE e dei suoi Stati membri in materia di imposizione indiretta per la conferenza di Ottawa,269 ma che già traccia in modo netto gli orientamenti che negli anni successivi avrebbero orientato la politica fiscale comunitaria in tema d'imposizione indiretta nel commercio elettronico. Partendo dalla dichiarazione comune UE-USA sul commercio elettronico del 5 dicembre 1997, in cui si era concordato circa il fatto che "le imposte sul commercio elettronico devono essere chiare, coerenti, neutrali e non discriminatorie" e rilevato che nella dichiarazione di Bonn sottoscritta il 6 luglio 1997 da 29 paesi, gli Stati sottoscrittori hanno condiviso il principio che non debbono esservi imposte discriminatorie sull'uso delle reti globali di informazione, la Commissione rileva che (coerentemente) il regime dell'IVA si applica a tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi destinate al consumo all'interno dell'UE, a prescindere dai mezzi di comunicazione o dalle forme di commercio utilizzati per la loro effettuazione.

Tracciando il quadro di una prospettiva coerente con gli impegni e delle dichiarazioni congiunte sottoscritte in ambito internazionale, si rimarca la necessità che il sistema dell'IVA risponda alle esigenze di certezza del diritto, semplicità e neutralità indispensabili per contribuire allo sviluppo del commercio elettronico.

In particolare, la certezza del diritto implica che lo svolgimento delle attività commerciali avvenga in un contesto in cui norme chiare e coerenti minimizzano i rischi di contenziosi e oneri fiscali imprevisti.

La semplicità consente di ridurre al minimo indispensabile gli oneri amministrativi collegati al rispetto della normativa e in questo quadro si riteneva fondamentale la previsione dell'imposizione all'origine e un unico Stato di registrazione ai fini IVA presso cui provvedere agli adempimenti fiscali e alle detrazioni. Infine, la neutralità comporta, da un lato, che le conseguenze dell'imposizione siano le stesse per le operazioni riguardanti beni e servizi,

268 Comunicazione della Commissione COM (98) 374, Commercio elettronico e tassazione indiretta, del 17 giugno 1998, approvata il successivo 6 luglio dal Consiglio Ecofin.

269Le linee guida (nel documento gli "Orientamenti") indicate nella Comunicazione per l’applicazione della disciplina delle imposte indirette al commercio elettronico sono state poi recepite dal Comitato fiscale OCSE nel rapporto presentato alla conferenza di Ottawa e approvato dallo stesso comitato nel 2000

indipendentemente dalla forma di commercio usata o dal fatto che la cessione o prestazione sia effettuata on-line oppure off-line, e dall'altro che le conseguenze dell'imposizione dovrebbero essere le stesse per i beni e i servizi acquistati all'interno o all'esterno dell'UE.

In sostanza, certezza, semplicità e neutralità divengono paradigmi essenziali per garantire la parità delle condizioni di concorrenza per tutti gli operatori sul mercato globale in via di sviluppo e per evitare distorsioni su tale mercato.

Le ulteriori considerazioni svolte dall'organo comunitario si articolano in orientamenti che sono stati poi esposti nella Conferenza di Ottawa e tra i quali spicca anzitutto il "no" fermo a nuovi tributi nell'ambito del commercio elettronico.270

La posizione sul punto appare scontata in chiave comunitaria, posto che un tributo concorrente con l'IVA nell'ambito del commercio elettronico (i.e. avente il medesimo presupposto impositivo) sarebbe inammissibile ai sensi dell'art. 401 della direttiva 2006/112/CE e pregiudicherebbe la piena attuazione delle libertà economiche fondamentali sancite dall'UE, espressione di un mercato pienamente concorrenziale e dunque privo di distorsioni (anche fiscali).271

270Nella delibera del Consiglio europeo Ecofin del 6 luglio 1998, di poco successiva al documento in commento, si confermò l'orientamento stabilendo il divieto di introdurre imposte aggiuntive Iva e dichiarando che era necessario adeguare la normativa esistente alla nuove esigenze tecnologiche. Sul punto si segnala l'istituzione di un gruppo di studio - all’interno della Commissione europea - denominato “e-europe” che ha condotto la Commissione stessa all’emanazione di una comunicazione (dell’8 dicembre 1999) dal titolo “e-Europe - An information society of all”; nelle delibere emesse, a seguito delle discussioni del Consiglio europeo tenute ad Helsinki (del 10 dicembre 1999) e a Lisbona (del 23 marzo 2000). Specificamente per tutti i documenti e gli studi condotti sul tema, A. URICCHIO-M. GIORGI, Commercio elettronico e vendita telematica di servizi finanziari: prime considerazioni dopo la direttiva comunitaria n. 31/2000, in “Dir. prat. trib.”, 2001, pag. 264; C. GARBARINI, Profili impositivi delle operazioni di commercio elettronico, in “Dir. prat. trib.”, 1999, I, pag. 1413; M. AUJEAN, Il commercio elettronico internazionale e l’Iva, cit., pag. 146.

271 Art. 401 «Ferme restando le altre disposizioni comunitarie, le disposizioni della presente direttiva non vietano ad uno Stato membro di mantenere o introdurre imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e qualsiasi imposta, diritto o tassa che non abbia il carattere di imposta sul volume d'affari, sempreché tale imposta, diritto o tassa non dia luogo, negli scambi fra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.». Sul punto è nota la vicenda che ha interessato IRAP. La giurisprudenza comunitaria ritiene esistente una duplicazione con l’IVA sulla base di alcuni indici rivelatori, quali l’applicazione in modo generalizzato a tutte le operazioni commerciali relative a beni o servizi, l'incidenza in misura proporzionale al prezzo di beni o servizi, la riscossione in ogni fase del processo produttivo o distributivo, l’applicazione al valore aggiunto di beni e servizi, deducendo dall’imposta dovuta per tale transazione quella già assolta in occasione dell’operazione commerciale a monte (cfr. le conclusioni dell’Avvocato generale del 14 marzo 2006 nella causa C-475/03, Banca Popolare di Cremona, in Il Fisco, 2006, n. 13, fasc. 1, 4971 e la sentenza della

Meno scontata è, invece, l'affermazione (orientamento n. 2) – invero perentoria e non supportata da argomenti giuridici pienamente convincenti – che la trasmissione elettronica è un servizio. Certamente nel caso di specie ad un'esigenza di sistematicità e coerenza della disciplina IVA e alla problematicità della distinzione tra cessioni di beni e prestazioni di servizi nell'ambito del commercio elettronico on line si è sovrapposta la tutela dell'UE in sede di politica commerciale.

In effetti, una spinta decisiva all'adozione di una nuova disciplina comunitaria delle operazioni di commercio elettronico diretto l’ha data la necessità di evitare distorsioni della concorrenza nel settore dell'e-commerce che favorissero operatori economici extra-UE, poiché molte delle prestazioni di servizi online B-to-C rese da questi ultimi a consumatori finali residenti nell'UE erano assoggettate ad imposta nel luogo d'origine nel quadro della normativa UE vigente pro tempore (il che comportava che in tal caso non fosse prevista l'applicazione dell'IVA) mentre le corrispondenti operazioni poste in essere dagli operatori economici UE nei confronti di soggetti domiciliati al di fuori dell'UE risultavano imponibili in forza del criterio della residenza del fornitore. 272

Al fine di ovviare a questo fenomeno distorsivo, la Commissione evidenziava la necessità di alcune modifiche che in futuro avrebbero concretamente inciso sulla disciplina IVA. Le operazioni aventi ad oggetto prodotti (video, dvd, etc.) inviati tramite canali commerciali tradizionali (o rientranti nel commercio elettronico indiretto) avrebbero continuato ad essere trattate ai fini IVA come cessioni di beni gravati (eventualmente) da dazi doganali all'importazione all'entrata nel territorio comunitario o, ricorrendone i requisiti, come prestazione di servizi. Per contro, i medesimi prodotti sarebbero stati trattati ai fini IVA come servizi se forniti per via elettronica (i.e. in formato digitale). I servizi prestati mediante commercio Corte di giustizia del 3 ottobre 2006, in Rass. Trib. n. 1 del 2007, pag. 307 ss., con nota di R. SCHIAVOLIN, L'Irap non è un'imposta sulla cifra d'affari, pag. 315 ss..

272 Sul punto G. MELIS, Commercio Elettronico, in Digesto delle Discipline Privatistiche, Sezione Commerciale, Aggiornamento, Torino, 2008, pag…. Sulle conseguenze che prima delle modifiche apportate dalla direttiva n. 2002/38/CE del 7 maggio 2002 (recepita in Italia con d. lgs. 1° agosto 2003, n. 273) ai criteri di territorialità Anteriormente a tale modifica, la distorsione fiscale citata comportava che le imprese UE per restare concorrenziali dovessero delocalizzare la prestazione di servizi elettronici presso in proprie consociate extra - UE, talvolta costituite ad hoc: cfr. MOCCI, Commercio elettronico diretto: IVA come fattore distorsivo della concorrenza e risposta dell’Unione Europea, in il fisco, 2003, n. 25, 1, pagg. 3905 ss.

elettronico o altri mezzi che sono prestati per essere fruiti nell'UE sarebbero stati tassati nell'UE a prescindere dalla loro origine, mentre i medesimi servizi, prestati da operatori UE per essere fruiti fuori dell'UE, non sarebbero stati assoggettati all'IVA nell'UE (ma l'IVA sulle operazioni a monte sarebbe risultata detraibile). Altro orientamento prospettato dalla Commissione nella citata comunicazione e strettamente correlato a quello relativo alla qualificazione delle operazioni on-line rilevanti ai fini IVA come prestazioni di servizi è stato quello (centrale) di assicurare la neutralità, da intendersi nel senso di evitare distorsioni sul piano concorrenziale tra operatori economici UE ed extra-UE in relazione alle operazioni commerciali telematiche.

Tuttavia, sotto certi aspetti, detta neutralità non si è ancora integralmente realizzata, posto che alcune operazioni compiute on line (ci riferiamo alla vendita di prodotti editoriali in formato digitale) scontano l'aliquota ordinaria in luogo di quella ridotta prevista per le operazioni aventi ad oggetto i corrispondenti prodotti tradizionali (in cartaceo).273

Conclusivamente, l'UE ha sottolineato la necessità di facilitare l'osservanza della normativa garantendone la praticità e la fattibilità dell'applicazione. Tuttavia, stante il carattere "globale" del commercio elettronico, è necessario che si crei a livello internazionale un consenso e una cooperazione che premetta di elaborare strumenti condivisi atti a facilitare l'osservanza della normativa. Per tutti gli operatori nel campo del commercio elettronico l'osservanza della normativa deve essere resa il più possibile facile e semplice, devono esserne garantiti il controllo e l'applicazione274 e il sistema fiscale e i suoi strumenti di controllo devono consentire l'assoggettamento all'imposta delle prestazioni di servizi fruite all'interno dell'UE in via telematica tanto dalle imprese quanto dai consumatori finali. La facilitazione della gestione delle formalità fiscali, improntate a criteri di equità e certezza del diritto e dirette a consentire la realizzazione di tutto il potenziale del commercio elettronico, passa anche attraverso la possibilità di

273 Tra i tanti che hanno stigmatizzato tale profilo, cfr. G. CORABI, E-commerce ed imposizione indiretta nell'Unione europea: riflessioni a margine delle proposte di modifica della VI Direttiva, op. cit., pag. 13790 e ss.

274 «La normativa dovrà essere limitata al minimo e occorrerà evitare l'imposizione di obblighi sproporzionati se si vorrà consentire lo sviluppo del commercio elettronico. Dovranno però essere fornite garanzie di efficace controllo dell'imposta.»

consentire che le operazioni di fatturazione e contabilità avvengano per via elettronica. In seguito la fatturazione senza supporto cartaceo sarebbe diventata una caratteristica del commercio elettronico e le amministrazioni fiscali avrebbero dovuto dare agli operatori che partecipano al commercio elettronico la possibilità di adempiere agli obblighi fiscali tramite dichiarazioni IVA e tenuta di una contabilità IVA in forma elettronica. L'importanza delle linee guida sin qui esaminate appare evidente sol che si ponga mente al fatto che esse hanno tracciato il cammino poi percorso dalla Commissione nell'implementazione della successiva disciplina IVA del commercio elettronico. Ci riferiamo alla direttiva 2002/38/CE, introduttiva di un regime particolare per i servizi prestati tramite mezzi elettronici (e le cui disposizioni sono poi confluite nella direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006, che ha rielaborato e riformulato la disciplina comunitaria dell’IVA) e alla direttiva comunitaria n. 2008/8/CE,275 intervenuta con l’obiettivo di semplificare e omogeneizzare la disciplina Iva.276Particolare importanza assume la recente implementazione della disciplina sulla fatturazione elettronica a livello comunitario. La prima implementazione del nuovo sistema di fatturazione elettronica si era avuta con la direttiva n. 2001/115/CEE, il cui recepimento per il tramite del dal d. lgs. 20 febbraio 2004, n. 52 ha comportato la modifica dell'art. 21, comma 3°, del d.p.r. n. 633 del 1972.

Nello specifico, la direttiva del 2001/115/CEE ha disciplinato le modalità di emissione della fattura per mezzo di strumenti tradizionali ed elettronici, il contenuto, le modalità di trasmissione e conservazione (anche nelle forme dell'archiviazione elettronica), cercando di contemperare le esigenze di controllo

275 Produttiva di effetti a decorrere dal 1° gennaio 2015. Nelle more dell’approvazione definitiva del provvedimento di recepimento della normativa comunitaria (poi intervenuto con d. lgs. 11 febbraio 2010 n. 18) la Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 58 del 31 dicembre 2008 ha illustrato il contenuto della direttiva n. 2008/8/CE, le cui disposizioni erano direttamente applicabili già a decorrere dal 1° gennaio 2010. Sulla direttiva 2008/08/CE con particolare riguardo al c.d. reverse charge (meccanismo d'inversione contabile del tributo citato), uno dei temi centrali del meccanismo applicativo del tributo negli ultimi anni, si veda L. SALVINI, Il reverse charge nelle prestazioni di servizi transnazionali, in Corr. trib. n. 12 del 2010, pagg. 936 ss. 276 Quest'ultima, mentre individua il criterio territoriale d'imposizione che nelle interviene nelle operazioni B-to-B (tra un soggetto passivo nazionale ed un soggetto passivo estero) nello Stato di residenza del committente del servizio, e quello B-to-C (ossia nelle prestazioni di servizi tra un fornitore soggetto passivo IVA ed un privato consumatore) nello Stato di stabilimento del prestatore del servizio ai sensi dell'art. 45 della direttiva 2006/112/CEE come modificata dalla n. 2008/8/CE, conserva la deroga per le prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici, cui continua ad applicarsi il criterio dell'imponibilità dello Stato del committente.

delle autorità fiscali degli Stati membri con le esigenze di snellezza e efficienza proprie degli operatori economici. La fattura elettronica può essere definita come quel documento informatico che viene predisposto in forma elettronica con modalità che garantiscano l’integrità dei dati contenuti e l’attribuzione univoca del documento al soggetto emittente, senza necessità di provvedere alla stampa su supporto cartaceo.277 Tramite la fatturazione elettronica, l’emittente dovrà assicurare l’attestazione della data, l’autenticità dell’origine e l’integrità del contenuto. Indispensabili al fine di garantire l'assolvimento di tali requisiti sono l'apposizione su ogni fattura (o sull'insieme delle fatture di cui risulta destinatario il medesimo soggetto) «del riferimento temporale278 e della firma elettronica qualificata279dell’emittente o mediante sistemi EDI280 di trasmissione elettronica» (cfr. art.. 21, comma 3, d.p.r. n. 633 del 1972). La direttiva n. 2010/45/UE – adottata dal Consiglio dell'UE il 13 luglio 2010 e recante modifiche alla direttiva n. 2006/112/CE relativa al sistema comune dell'IVA in ordine alle norme sulla fatturazione.281 La direttiva 2010/45/UE, originata delle considerazioni della Commissione UE in ordine ad alcune criticità inerenti la fatturazione, intende

277 Per un recente sintetico esame delle prospettive della fatturazione elettronica si rinvia a P. CENTORE, La Commissione UE anticipa l’Agenzia delle entrate spiegando la nuova fattura IVA, op. cit.; A. MASTROMATTEO e B. SANTACROCE, Fatturazione elettronica: dalla sottoscrizione digitale ai controlli interni di gestione, op. cit., in cui è reperibile ulteriore bibliografia.

278 Il riferimento temporale (da non confondersi con la "marca temporale"), è un’informazione, inclusiva di data ed ora, associata ad uno o più documenti informatici. La definizione (riportata anche dall'Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 45/E del 2005 in tema di fatturazione, elettronica e non) è contenuta all’art. 1, comma 1, lett. m), del D.P.C.M. 30 marzo 2009, relativo alle "Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme digitali e validazione temporale dei documenti informatici." Tale Il decreto da ultimo citato sarà a breve sostituito da un nuovo regolamento, in pubblica consultazione dal 4 al 21 luglio 2011 sul sito web di DigitPa - www.digitpa.gov.it, da recepirsi con un D.P.C.M. di prossima pubblicazione, contenente le «Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, firme elettroniche qualificate, firme elettroniche digitali e validazione temporale dei documenti informatici».

279La firma elettronica qualificata è un tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e realizzata tramite un dispositivo sicuro per la creazione della firma. La definizione è dettata dall’art. 1, comma 1, lett. r), del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, recante il CAD - Codice dell’amministrazione digitale.

280 L’EDI è un sistema di trasmissione dati caratterizzato, principalmente, dallo scambio diretto di messaggi commerciali tra sistemi informativi, a mezzo di reti di telecomunicazioni nazionali ed internazionali. Le parti interessate devono attenersi all’Accordo predisposto dalla Commissione europea con il quale è stato definito un modello di base contrattuale. Cfr. per un commento: P.L. Agostini e V.U. Vavalli, «La fatturazione elettronica mediante Electronic Data Interchange (EDI)», in il fisco n. 12/2008, pag. 2141.

281 Gli Stati membri, destinatari della direttiva, dovranno recepire le nuove disposizioni in modo tale da renderle effettive a partire dal 1° gennaio 2013 (art. 2 della direttiva).

fissare delle regole precise ai fini dell’individuazione degli obblighi cui sono tenute le imprese in tema di fatturazione, prefiggendosi tra l'altro, lo scopo di eliminare oneri e costi che ostacolano il ricorso alla fattura elettronica da parte delle imprese.282 A tal fine, la direttiva stabilisce il principio secondo cui «ogni soggetto passivo stabilisce il modo in cui assicurare l'autenticità dell'origine, l'integrità del contenuto e la leggibilità della fattura» (art. 233 della direttiva n. 2006/112/CE, come modificato dalla direttiva n. 2010/45/UE).283 Tra gli strumenti finalizzati a garantire tali requisiti sono presenti ora non solo la trasmissione elettronica dei dati (EDI) e la firma elettronica avanzata, ma anche adeguati controlli di gestione «che creino una pista di controllo affidabile tra una fattura e una cessione di beni o una prestazione di servizi». Gli Stati membri possono chiedere che alla conservazione elettronica delle fatture si accompagni quella dei dati che garantiscono l’autenticità dell’origine e l’integrità del contenuto di ciascuna fattura. La direttiva introduce una nuova definizione di “fattura elettronica”. Non si parla più di «trasmissione o messa a disposizione per via elettronica» dei dati oggetto di fatturazione ma (cfr. art. 217 della direttiva

282Tra le ragioni che spingono ad un più ampio impiego della fatturazione elettronica c'è sicuramente la notevole riduzione dei costi amministrativi delle imprese.

283 Articolo 233

«1. L'autenticità dell'origine, l'integrità del contenuto e la leggibilità di una fattura, sia essa cartacea o elettronica, sono assicurate dal momento dell'emissione fino al termine del periodo di