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La progettazione ottimizzata di sistemi CHP-DHN

2. Stato dell'arte delle metodologie di progettazione

2.7. La progettazione ottimizzata di sistemi CHP-DHN

La storia recente degli impianti CHP dice un po' questo: si sono favorite il più possibile iniziative finalizzate alla promozione di questa tipologia impiantistica in maniera spesso acritica, accontentandosi della generica implementazione di sistemi e della eventuale raccolta di incentivazioni, senza peraltro definire in maniera chiara un obiettivo progettuale.

Sistemi come i CHP mettono chiaramente in luce la differenza tra una progettazione legata semplicemente a specifiche tecniche progettuali (soddisfare puntualmente un determinato carico termico in determinate condizioni ambientali, ecc.) ed una progettazione ottimizzata, nella quale si ricerchi anche la massimizzazione o la minimizzazione di una specifica funzione obiettivo (es. energetica, economica, mista, ecc.).

Ad esempio, in un progetto dove si soddisfano banalmente le specifiche, non si apprezza la differenza tra un CHP di piccola dimensione integrato da un grosso boiler ed un CHP di taglia maggiore supportato da un sistema integrativo di dimensioni più piccole e che funziona solo poche volte durante l'anno, per fare fronte a particolari condizioni. Tuttavia, c'è da tener conto che una caldaia tradizionale presenta irreversibilità maggiori rispetto ad un'unità CHP. Dunque, a parità di specifiche soddisfatte, avere uno share di cogenerazione elevato significa anche avere un contenimento delle irreversibilità rispetto al caso di share molto basso.

Per far emergere anche alcuni aspetti di questo tipo, si può ricorrere alla progettazione ottimizzata. In sostanza, questa consiste nella definizione di un problema in cui si hanno delle funzioni obiettivo ed alcune condizioni al contorno che vanno a costituire dei vincoli. Qualsiasi scelta non è dunque libera, ma vincolata. Questo concetto è importante perché è quello che crea la distinzione fondamentale tra una progettazione volta soltanto al rispetto delle specifiche ed una progettazione ottimizzata: nella prima i vincoli sono proprio le specifiche progettuali, mentre nella seconda sono delle condizioni che garantiscono di ottenere in output delle soluzioni ottimali.

La progettazione ottimizzata risulta ancor più efficace qualora si adotti una strategia mirata al conseguimento di molteplici obiettivi. Infatti, integrando più funzioni obiettivo nella fase di progettazione è possibile ottenere una scelta di compromesso, che realizzi un ottimo generale senza provocare effetti negativi dovuti ad una visione troppo specifica che tralasci la visione d'insieme. Nell'ottica di un sistema in generale, e nel nostro caso di un sistema CHP-DHN, è quindi fondamentale tenere di conto di tutte le variabili che possono condizionare la corretta progettazione, ma è anche opportuno operare delle scelte che soddisfino tutti gli obiettivi senza penalizzazioni pesanti su alcuni di essi.

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Per chiarire ancora meglio il concetto di ottimizzazione vincolata, si vogliono presentare alcuni esempi di possibili vincoli progettuali:

 la frequenza di accensioni e spegnimenti: il numero di volte in cui l'impianto CHP viene acceso e spento in un certo periodo deve essere soggetto ad un limite inferiore, altrimenti si potrebbe ottenere un funzionamento, in particolare ai carichi parziali, caratterizzato da frequenti transitori, con conseguente calo di prestazioni e riduzione della durata di vita dei componenti;

 il risparmio di energia primaria: secondo la direttiva europea 2004/8/CE [51], la cogenerazione ad alto rendimento (CAR) è definibile tale se consegue un risparmio di energia primaria pari almeno al 10% rispetto alla produzione separata, dunque è naturale imporre un limite inferiore al PES;

 gli incentivi: se esistono delle forme di incentivazione di cui poter usufruire nel rispetto di alcuni requisiti tecnici, è opportuno considerare la possibilità di inserire un vincolo che garantisca il rispetto di essi, per trarne un vantaggio economico.

Alla luce di quanto visto nei precedenti paragrafi, si è provveduto a realizzare uno schema gerarchico più dettagliato per quanto riguarda la progettazione ottimizzata di sistemi CHP per reti di teleriscaldamento. In particolare, sono stati sviluppati due schemi: il primo mette in evidenza i vincoli progettuali cui si è soggetti nella progettazione ed i possibili obiettivi conseguibili (Fig. 2.10); il secondo individua le scelte progettuali da fare e le variabili da determinare ad ogni livello della progettazione (Fig. 2.11).

Se è vero che passando dal livello più alto a quello più basso si definisce un numero sempre maggiore di variabili, e quindi in un certo senso si vincolano le scelte successive, diminuendo il numero di gradi di libertà nella progettazione, è vero anche che più si scende nel dettaglio impiantistico e maggiore è il numero di variabili che occorre definire per completare il quadro progettuale.

Questo concetto, in effetti, sta alla base dello schema a livelli gerarchici: nell'approccio di sistema si hanno poche variabili ma ampia libertà nelle scelte; nella fase di progetto nominale si hanno già dei vincoli importanti, ma aumenta in maniera consistente il numero di variabili in gioco; nel livello più basso, corrispondente al progetto operativo, poiché si tiene conto di condizioni di esercizio diverse da quelle nominali, anche se il profilo impiantistico è già ben definito entra in gioco un numero consistente di variabili che incrementano notevolmente la complessità del sistema.

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I possibili obiettivi e i vincoli progettuali riportati in Fig. 2.10 sono la base di partenza da cui sviluppare un metodo di progettazione ottimizzata di sistemi CHP-DHN: infatti, i primi possono andare a costituire le funzioni obiettivo, mentre i secondi divengono le condizioni cui i risultati dell'ottimizzazione devono sottostare.

È interessante notare che alcuni tipi di vincoli e di condizioni al contorno individuabili per i sistemi in analisi sono soggetti ad una possibile variazione nel corso della vita di un impianto o, banalmente, del suo funzionamento. Ad esempio, la gestione della produzione quando il carico termico è diverso da quello nominale, in una logica di regolazione tramite variazione delle portate nello scambiatore di centrale che alimenta la rete di teleriscaldamento, è un elemento da tenere nella dovuta considerazione nella fase di progettazione. Infatti, è noto che uno scambiatore di calore viene dimensionato per operare in determinate condizioni opportunamente scelte e che, al variare di queste condizioni, si modifica il funzionamento e con esso la potenza termica effettivamente scambiata.

Ciò è dovuto al fatto che il coefficiente di scambio termico di un fluido operante in uno scambiatore è funzione del numero di Nusselt, e dunque del numero di Reynolds, il quale dipende dalla velocità del fluido stesso. Attuando una regolazione tramite variazione della portata si agisce sulla velocità del fluido, e ciò comporta un effetto anche sul coefficiente di scambio. Ne consegue dunque che, per condizioni di funzionamento diverse da quelle di progetto, si dovrà agire sulla regolazione tenendo presente questo aspetto.

La relazione di dipendenza del coefficiente di scambio convettivo di un fluido dalla portata è individuabile partendo dalla relazione:

(dove è la dimensione caratteristica) poiché, secondo la correlazione di Colburn:

Essendo il numero di Reynolds definito come:

e la portata massica esprimibile come:

con sezione di passaggio del fluido, se si trascura la dipendenza dalla temperatura della densità e della viscosità dinamica , e avendo le grandezze geometriche determinate dall'impiego di un'apparecchiatura già dimensionata e dunque non modificabili, si ottiene:

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Da qui, indicando col pedice una generica condizione di carico diversa da quella nominale, si può ottenere l'espressione del coefficiente di scambio convettivo del fluido in funzione di quello di progetto, della portata nominale e della portata -esima:

Si può dunque concludere che la potenza scambiata non varia linearmente con la portata del fluido, ed è importante, in fase di progettazione, tener conto di questo aspetto in vista di una modulazione dell'impianto per adattarsi ai carichi termici parziali.

Un altro esempio di vincolo progettuale che può variare nel corso della vita dell'impianto è quello dato dalle caratteristiche della domanda. Concentrando l'attenzione sul lato termico, se si fa riferimento ad una rete di teleriscaldamento, è naturale pensare che si possa verificare la necessità di collegare nuove utenze alla rete. In tal caso, è opportuno che l'impianto di produzione sia capace di soddisfare un carico termico maggiore di quello previsto in fase progettuale, e che la rete di distribuzione abbia la capacità adeguata per rifornire un nuovo bacino di utenza senza compromettere il corretto funzionamento del sistema e mantenendo l'equilibrio idraulico.

Un'estensione della rete può comportare la necessità di introdurre nuove sottostazioni di scambio secondarie, nuove sottostazioni di pompaggio, ed eventualmente anche nuove unità CHP per raggiungere la quota di potenza termica richiesta. Questi elementi, tuttavia, insieme alla possibilità di estendere fisicamente la rete attraverso nuovi rami di distribuzione e di allacciamento, sono legati anche ad alcuni aspetti tecnici che devono essere trattati già nella fase di progettazione iniziale, ossia ben prima di giungere ad una loro eventuale entrata in gioco in una modifica impiantistica successiva. Tra questi si individuano: la previsione di punti di allaccio di riserva; la presenza di un territorio con caratteristiche tali da consentire di estendere la rete; gli spazi e le autorizzazioni per collocare nuove sottostazioni di dimensioni opportune; le configurazioni d'impianto tali da poter inserire nuove unità cogenerative; ecc. Ecco che allora, ad un livello di progettazione di sistema prima, e nominale poi, è opportuno prevedere queste possibili modifiche nell'arco della vita utile dell'impianto e della rete, per evitare di realizzare un sistema ottimale per i carichi ad esso assegnati, ma che risulti rigido a qualunque tipo di modifica costruttiva ed operativa dettata da esigenze di vario tipo.

A questo punto è opportuno fare un'osservazione che metta in luce i vantaggi del metodo che si vuole proporre nel presente lavoro, ma che riconosca anche i limiti cui questo può trovarsi soggetto al momento dell'applicazione a casi reali. La metodologia sviluppata in questo

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studio, infatti, si propone di affrontare la progettazione di sistemi CHP-DHN con una visione sistemica, ossia partendo dal presupposto che si abbia totale libertà nelle scelte progettuali già dal livello alto dello schema gerarchico di cui si è parlato finora. Questo comporterebbe l'avere a disposizione tutti gli strumenti per una progettazione ottimale completa, ossia che parta dalle scelte iniziali e giunga fino alla gestione fuori dalle condizioni operative nominali. Tuttavia, per vari motivi, spesso questo tipo di approccio non è applicabile ai sistemi reali, in quanto generalmente si parte da alcune specifiche di progetto assegnate, che esse abbiano a che fare con l'impianto di produzione, con le utenze da alimentare, o con entrambi. Questo tipo di situazione porta da subito a limitare l'ottimizzazione soltanto ad alcuni livelli dello schema gerarchico introdotto e solo ad alcuni aspetti della progettazione ad esso connessi (vincoli, obiettivi conseguibili, scelte progettuali, variabili da determinare).

Consci di questo fatto, si procederà nel seguito allo sviluppo di una metodologia generale per la progettazione ottimale di sistemi CHP-DHN: laddove essa sarà applicabile nel suo insieme, si potrà procedere a farlo; laddove invece si presentassero situazioni in cui non sia completamente applicabile così come definita, sarà invece opportuno modificarla, utilizzarla in parte o restringerne il campo di impiego in base alle specifiche di progetto di volta in volta assegnate.

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