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La promozione turistica nell'ambiente alpino

Nel documento Cronache Economiche. N.346, Ottobre 1971 (pagine 42-50)

Franco Prilli

Si ritiene opportuno preliminarmente sta-bilire i limiti del presente contributo alla ri-cerca della definizione dei problemi relativi all'assetto del territorio alpino. Tali limiti deri-vano, sia dall'approccio chiaramente di tipo urbanistico che qui si vuole svolgere, sia dalla impossibilità di poter dibattere in questa sede l'intera problematica che l'argomento impor-rebbe di chiarire.

Si desidera anche precisare che la presente ricerca, ritrova la propria giustificazione nella volontà di offrire e di illustrare un confronto fra le esperienze italiane e quelle francesi, sia sotto l'aspetto conoscitivo e metodologico, sia quale premessa alla delineazione di un modello del-l'assetto territoriale dell'arco alpino occidentale.

Questa possibilità di confronto fra le diffe-renti esperienze italiane e francesi, potrebbe essere anche di prezioso ausilio nel

contempora-L'arch. Franco Prini, urbanista.

neo momento dell'avvio in Italia della pianifica-zione regionale, intesa come unico strumento a t t o a razionalizzare le pericolose tensioni at-tualmente in atto sul territorio alpino italiano.

Ci limiteremo pertanto a prendere in esame sinteticamente lo sviluppo dell'ambiente e delle realtà socio-economiche delle stazioni alpine italiane, il ruolo che il turismo ha giocato, evidenziando le congestioni prodotte e succes-sivamente passando in rassegna alcune espe-rienze di pianificazione urbanistica si tenterà di suggerire alcune indicazioni operative, sempre nel campo urbanistico, per canalizzare lo svi-luppo di tali aree turistiche in un quadro più ampio rappresentato dalle necessità di ade-guare lo sviluppo socio-economico delle popo-lazioni alpine a quelle delle comunità urbane economicamente più progredite.

1. L'ambiente e le realtà socio-economiche del territorio alpino.

1.1. Strutture paesaggistiche.

I processi naturali, per alterare le condi-zioni di convivenza e di sopravvivenza delle associazioni fenomeniche, e quindi determi-nare le trasformazioni del paesaggio, devono assumere necessariamente dimensioni macro-scopiche, e si t r a t t a di processi che si com-piono nel corso di millenni. Per cui si può constatare una sostanziale persistenza, una ti-pica immutabilità nelle caratteristiche di fondo dei paesaggi naturali delle valli alpine. Non alla medesima scala del tempo agiscono i processi prodotti dall'uomo. Gran parte delle aree di insediamento umano si possono definire pae-saggi umanizzati, ove è avvenuta una completa sostituzione dell'assetto territoriale naturale spontaneo con nuove combinazioni fenomeni-che, artificialmente instaurate dall'uomo.

L'assetto fisico del territorio alpino trae la sua matrice dalla orografia e dai principali ele-menti geografici ed in secondo ordine dagli insediamenti umani.

La presenza della n a t u r a è cosi dominante che gli insediamenti umani costituiscono un contrappunto di esaltazione della medesima, anche se, nelle aree del fondovalle, è avvenuta una sostanziale trasformazione d'ordine funzio-nale delle strutture del paesaggio naturale per servire al soddisfacimento dei bisogni umani.

La vegetazione e le colture agricole pastorali (nell'alta e media valle) che si sovrappongono alle strutture geografiche sono altamente qua-lificate e rappresentano specifici caratteri del paesaggio alpino, sino a dove, venendo a man-care le condizioni di vita ambientale, non di-vengono sovrastate dal regno delle vette, dalle pareti rocciose e dai ghiacciai.

Le pinete allora cedono il luogo alla flora sfavillante di colore dall'alta montagna (rodo-dendri, arbusti e fiori alpini). Infatti va notato che la particolare differenzazione zonale del territorio montano, dipende dal diverso asso-ciarsi e combinarsi in progressione altimetrica delle componenti naturali. Differenzazione che si manifesta attraverso i diversi aspetti del manto vegetale (dal bosco deciduo di latifo-glie, alle foreste di aghifolatifo-glie, al cespuglieto e al pascolo erbaceo sino al limite inferiore delle nevi persistenti).

Si possono notare cosi precise variazioni alti-tudinali di comportamento della fenomenologia climatica morfogenetica, pedogenetica che hanno condizionato in modo decisivo anche l'insedia-mento umano.

1.2. Caratteri generali degli insediamenti.

Un'impronta singolarmente rilevante nel pae-saggio montano è costituita dal modo di inse-diarsi dell'uomo nella montagna, sia con modalità e manifestazioni che rivelano un diretto condi-zionamento dell'ambiente sia con espressioni tipicamente autonome e di volontà gestuale.

Gli aspetti tradizionali, della presa di pos-sesso dell'uomo sulla montagna si presentano in modo abbastanza uniforme ed omogeneo in t u t t e le zone montuose delle Alpi.

Si t r a t t a di gruppi umani numericamente esegui ed etnicamente divisi e incomunicanti: ad ogni vallata o ad ogni bacino idrografico cor-risponde spesso lo stanziamento di un popolo con usanze e linguaggio diverso da quelli dei popoli finitimi, ciascuno di essi ulteriormente frazionato in piccole comunità di villaggio occu-panti preferibilmente un territorio esteso dal fondovalle alle cime (si osservi a proposito l'at-tuale a n d a m e n t o topografico dei confini comu-nali in modo da realizzare, con l'utilizzazione della zonizzazione altimetrica, l'autosufficienza economica).

Villaggi permanenti compatti ma piuttosto radi, dunque, e situati sui primi terrazzi vallivi (raramente in fondovalle per i pericoli di allu-vioni improvvise o di scorribande di nemici) e con sedi temporanee sui versanti, sempre meno numerose col progredire dell'altimetria, destinate a s f r u t t a r e il prato, o t t e n u t o aprendo ampie radure nella foresta, e il pascolo in

sin-cronia con il progressivo ritiro stagionale del manto nevoso, le pratiche agricole essendo cir-coscritte all'area altimetricamente più bassa.

Le strutture fondiarie sono caratterizzate dal regime privatistico della proprietà nel-l'area agricola e in quella del bosco di latifoglie, per altro non infrequentemente alternato da zone di bosco e pascolo comune, di cui oggi solo in qualche caso sopravvivono le estese proprietà comunali che investono parte dei boschi di conifere più elevati e delle zone di alpeggio.

La proprietà fondiaria privata è sottoposta ad un sistema di trasmissione ereditaria che ne pro-voca la polverizzazione ed il frazionamento.

La rete delle vie di comunicazioni (pedo-nali) era molto fitta sui versanti, quindi secondo l'altimetria; molto rada invece nel fondovalle. 1.3. Sviluppo socio-economico.

Ma la struttura del tipico paesaggio alpino illustrata precedentemente è precaria ed ina-deguata di fronte alle moderne spinte evolu-tive economiche e sociali, che intervengono sul correlativo assetto territoriale.

Nell'ultimo trentennio nell'intero arco alpi-no, a seguito dell'instaurarsi di più continue e dirette relazioni con l'ambiente di pianura in fase di industrializzazione, favorito anche dalle costruzioni di strade, si ruppe il secolare isola-mento della montagna. Vi si introdussero usanze prima ignorate e vi si importarono beni a buon mercato che resero palesemente antieconomiche alcune attività produttive prima fra t u t t e l'agricoltura.

L'arretratezza tecnologica ha f a t t o scadere la redditività delle pratiche produttive tradi-zionali e l'importanza acquisita dai fondovalle come vie di traffico ha f a t t o sorgere qualche attività nuove, specie commerciale; per cui si verificò dapprima una migrazione a valle che congestionò le sedi permanenti e provocò, in seguito, un vero e proprio esodo verso la pia-nura con riduzione della popolazione m o n t a n a talvolta fino a 50-60% e con l'abbandono di interi villaggi. o o

Contemporaneamente l'ambiente umano del-le pianure prese coscienza di quello di monta-gna: fu avviato l'approccio turistico e la valo-rizzazione per il tenq:>o libero.

L'aspetto più importante dal punto di vista della salvaguardia ambientale è costituito dal processo di trasformazione dovuto dal ripopo-lamento stagionale della montagna.

Anche per il paesaggio alpino si j^roduce un consumo di massa, attraverso la parteci-pazione e la fruizione della stessa da parte di sempre più larghi strati di popolazione u r b a n a . Questo consumo avviene in due modi: sotto

forma residenziale breve per la pratica degli sport invernali, più prolungata per la villeg-giatura estiva e sotto forma nomade per la semplice escursione.

Da questo afflusso di masse urbane, i monta-nari hanno derivato due stimoli essenziali al mutamento del loro tradizionale modo di vita. Da una parte hanno adottato modelli di con-sumo definiti « forestieri » dall'altra da una auto-sufficienza economica, sono passati all'uso della moneta con forme di risparmio e di investimento produttivo. Tutto ciò produce una trasforma-zione dall'interno al modello sino ad allora equilibrato del paesaggio montano; abbandono delle attività di produzione, con conseguente affiorare di preoccupanti fenomeni di sottoc-cupazione, disoccupazione e quindi emigrazione; formazione di zone economicamente depresse; a d a t t a m e n t o delle zone alle nuove funzioni del tempo libero stagionale come rinnovata fonte di reddito.

Da un lato quindi, abbandono dei versanti che rimangono trascurati e pressoché deserti per t u t t a l'annata, con evidente rottura delle condizioni di squilibrio precedentemente con-seguite, come mostrano la rovina delle abita-zioni, la frequenza di fenomeni di dissesto del terreno, la degradazione dei prati e dei pascoli, invase anche da detriti di falde, l'abbandono della rete pedonale. Dall'altro lato si osserva la concentrazione degli insediamenti nel piano, con destinazione ad area edificabilc di gran parte dei terreni di fondovalle, per utilizzare l'incremento di valore fondiario.

2. Le stazioni alpine italiane e il ruolo del turismo.

2.1. Origini e sviluppo delle stazioni alpine.

Le origini delle stazioni alpine si possono individuare nella prima nascita di attrezzature ricettive, all'interno di villaggi precostituiti, e destinate agli « appassionati » della montagna, intesa sia come possibilità di praticare escur-sioni su roccia sia per una villeggiatura e co-munque, riferito ad un mercato ristretto di turisti, con preferenza per la stagione estiva. Negli ultimi decenni si è potuto assistere ad una vera esplosione del mercato turistico invernale lungo t u t t o l'arco alpino italiano, producendo un fortissimo incremento alle at-trezzature ricettive di tipo alberghiero e agli impianti di risalita, ma s o p r a t t u t t o determi-nando una minacciosa espansione dell'attività edilizia residenziale. Ciò è stato favorito dal f a t t o che la maggior parte delle stazioni alpine si trovano a distanze contenute, da una a due

ore di auto, da città come Torino, Milano, ecc., tra le più popolate e le più ricche italiane.

L'alto grado di accessibilità determinato soprattutto da un valido sistema autostradale, ha prodotto un forte turismo pendolare di fine settimana, e la conseguente domanda di attrez-zature ricettive che, per una certa fascia di popolazione a reddito medio-alto, è sfociata nella richiesta di appartamenti condominiali.

La stragrande maggioranza delle stazioni italiane si è sviluppata al di fuori di ogni disegno organico, attraverso caotici interventi di ridottissime dimensioni, e presentando le seguenti caratteristiche:

a) assenza di una programmazione e di una politica dell'assetto del territorio, perché sino alla entrata in vigore della cosiddetta « Legge ponte » urbanistica gli amministratori pubblici adottavano una politica del « lasciar fare » in qualsiasi modo purché si facesse;

b) gli impianti e le attrezzature di risalita venivano a t t u a t i da gruppi di privati che consi-deravano questi interventi economici fini a se stessi, senza alcun legame con la valorizzazione fondiaria dei terreni edifieabili, e solo troppo tardi si sono accorti delle differenti redditività dei singoli impianti di risalita;

c) le costruzioni ricettive e residenziali vennero edificate comunque e ovunque, da pic-coli operatori economici con il presupposto di rapinare il più velocemente possibile il plusva-lore delle aree. Il postulato per tali speculazioni fu quello di addebitare i costi di urbanizzazione alle comunità valligiane;

d) le comunità valligiane locali furono pressoché estranee alle vere iniziative econo-miche, essendo relegate in una forma di colo-nialismo che permetteva solo l'attività consi-derata addirittura folcloristica di maestri di sci o di bottegai di specialità gastronomiche. Non vi è dubbio che questo tipo di sviluppo fu la conseguenza di una pressoché totale man-canza di assunzione di precise responsabilità da parte degli amministratori pubblici, che d'altra parte, a loro difesa, non erano né preparati a resistere a tali pressioni, né in fondo possede-vano strumenti adeguati per razionalizzare lo sviluppo medesimo.

2.2. Il tempo libero ed il ruolo del turismo. Lo sviluppo delle stazioni alpine, preceden-temente illustrato, ha prodotto un rapido de-grado dalle preesistenze ambientali alpine; una distruzione delle risorse, e fenomeni di con-gestione in assenza di una saturazione delle capacità delle attrezzature ricettive e degli impianti di risalita con la formazione di stazioni alpine a sviluppo ipertrofico circondate da zone

di esodo demografico e di depressione econo-mica.

Un'ottica di sviluppo economico, ristretto all'ambito territoriale, coincidente con il terri-torio amministrativo, non ha permesso di per-venire ad un'organico sviluppo del fenomeno turismo, dimenticando sia le ragioni di conti-guità territoriale sia le ragioni di omogeneità tipologica e motivazionale afferenti alla do-manda turistica che impone integrazione ter-ritoriale per uniformità dei fattori geomorfo-logici, delle direttrici di accesso e delle risorse e vocazioni.

Attualmente in Italia si sta affermando una nuova sensibilità circa il ruolo del turismo quale strumento di redistribuzione del reddito fra le varie zone della regione e quale fattore di sviluppo di molte aree più arretrate.

Gli obiettivi di espansione e di moderniz-zazione delle aree turistiche, sono finalizzati per costituire fonti di reddito integrativo per le popolazioni residenti in queste aree, e per rispondere alla crescente domanda di turismo estivo ed invernale, ponendo in emergenza le trasformazioni che caratterizzano il turismo attuale.

Lo sci non può più essere inteso fine a se stesso come occasione di creare consumatori di attrezzi e abbigliamenti sportivi, m u t u a n d o una tipica immagine della civiltà dei consumi. Né d'altra parte il tempo libero può essere giudi-cato solo come evasione o fuga. Siamo in una fase in cui non è più sufficiente una a s t r a t t a razionalizzazione delle destinazioni degli usi del suolo. Occorre un salto di qualità nel proces-so di pianificazione e nella elaborazione del-l'assetto del territorio alpino, poiché non si può più proporre per lo sviluppo della montagna un modello di vita cittadino.

2.3. Le risorse.

In Italia non si sono avute le nascite di nuove stazioni alpine tipo quelle francesi, (siano esse definite della seconda o della terza genera-zione), ad eccezione di pochi esempi di stazioni alpine nella regione Trentino-Alto Adige create da società a capitale misto (cioè con finanzia-menti privati e apporto di terreni messi a disposizione delle autorità comunali).

Si è assistito e tollerato, sino a ieri, interventi ed iniziative da parte di operatori privati, per lo più su scala ridotta ed al di fuori di qualsiasi razionale valorizzazione delle risorse, in q u a n t o le stesse risorse di carattere ambientale e pae-saggistico erano ritenute inesauribili.

Inoltre la maggior parte delle stazioni alpine italiane si sono sviluppate con un modello del tipo a macchia d'olio a t t o r n o ai vecchi villaggi.

Le risorse che queste stazioni turistiche pos-sedevano erano le seguenti:

a) Risorse naturali:

— ampi spazi aperti, grandiosità del pa-norama, paesaggio ridente;

•— preziose distese di prati e di boschi; — facile accessibilità di molte mète alla portata di molti turisti;

b) Risorse paesistiche:

— presenza di insediamenti urbani di-sposti nel fondovalle o lungo una « cornice » in modo da costituire paesaggio gli uni rispetto agli altri;

— presenza di piccoli centri urbani a dimensione umana che possono essere recepiti unitariamente, colti nella loro interezza;

— valore ambientale omogeneo di tali centri e valore architettonico rilevante di nume-rosi complessi edilizi;

e) Risorse per il tempo libero:

•— spazi verdi per il tempo libero estivo a contatto diretto con gli elementi della natura; — impianti di risalita e campi sciabili; d) Risorse ricettive:

— attrezzature alberghiere ed extra-alber-ghiere;

— patrimonio di edifici potenzialmente trasformabili in alloggi per i villeggianti me-diante restauro architettonico e ripristino am-bientale.

Ma troppo facilmente nella passata fase di sviluppo delle stazioni alpine si dimenticò che il turista ricerca paesaggi naturali non spinto da soli impulsi romantici o da un mero inte-resse culturale verso ciò che è spontaneo e naturalistico. Ne va in cerca per motivi ben più validi, in certo senso esistenziali e biologici; la necessità sempre più impellente di evadere da moduli di vita urbana e s o p r a t t u t t o metro-politana; il bisogno di dimenticare la routine, le convenzioni, la dimensione disumana imposta dal vivere di città; 1 impulso a liberarsi dai condizionamenti frustranti e dalla intricatezza ostile degli ingranaggi sociali cittadini. Ogni immagine o richiamo e, peggio, ogni ricostru-zione di modi di vivere e di aspetti formali urbani non possono che suscitare una latente irritazione ed un moto di repulsione da parte dei turisti che cercano nel luogo di villeggiatura un ambiente per spaesarsi e per rigenerarsi.

Inoltre i turisti cercheranno di esercitare avendo finalmente davanti a sé la grande oc-casione annuale del tempo libero quelle attività all'aria aperta che in città gli sono negate e cioè gli sports, i giochi all'aperto e le altre occu-pazioni del t e m p o libero in piena n a t u r a .

Dalla consapevolezza di questa nuova qua-lità del turismo alpino e s o p r a t t u t t o dalla presa di coscienza della necessità di salvaguar-dare gli ambienti naturali intesi sia come beni per l'intera comunità nazionale sia come risorse specifiche delle popolazioni alpine, si fa strada il concetto che gli interventi entro tali ambienti e l'uso delle loro risorse devono essere v a l u t a t i con oculatezza, cioè si deve agire nel senso di qualificare il patrimonio delle risorse esistenti e potenziali, mentre occorrerà guar-darsi dal procurare depauperamenti e degrada-zioni. In concreto sarebbe pericoloso ritenere che sia lecito qualche uso improprio e impru-dente delle risorse.

3. Nuovi strumenti e approcci metodologici per lo sviluppo delle stazioni alpine.

3.1. Necessità di una politica progr ammalar ia. Il pericoloso svilupjno delle stazioni alpine nel recente passato, ha indotto ad un ripensa-mento ed alla ricerca di strumenti a t t i a cana-lizzare tale sviluppo.

Già da tempo si era suggerita la necessità e indispensabilità di una politica programma-toria sull'assetto del territorio in generale ed in particolare per le aree turistiche soggette a forti pressioni.

Ma solo recentemente il benefico affermarsi delle motivazioni ecologiche, ha permesso la diffusione di una coscienza dell'ambiente e quindi la necessità di operare con strumenti idonei per la sua salvaguardia.

E d in questo nuovo clima di sensibilizza-zione degli amministratori pubblici e della opinione nazionale che la « legge ponte » urba-nistica impone per t u t t i i comuni l'adozione di piani regolatori o programmi di fabbricazione che regolino l'uso del territorio, prevedendo i fabbisogni di insediamenti, di a t t r e z z a t u r e e i n f r a s t r u t t u r e per gli a t t u a l i residenti e turisti e per il loro prevedibile sviluppo individuando u n a gerarchia ed u n a politica di interventi. Di f a t t o però questa politica di program-mazione urbanistica sta faticosamente avvian-dosi t r a enormi difficoltà sia di carattere pro-cedurale sia per i vasti interessi economici che coinvolge.

T u t t a v i a la tendenza per il f u t u r o in Italia è quella di evitare la creazione di « oasi nel deserto » cioè di forti investimenti localizzati in poli di sviluppo turistico e senza che questi producano un irraggiamento indotto sull'intero territorio m o n t a n o circostante.

I n altri termini il problema del turismo come settore economico p o r t a n t e del territorio

alpino 11011 può essere considerato solo sotto l'angolazione di creare aree per il tempo libero destinate alle comunità metropolitane e cioè con ottica di tipo colonialistico. Si sta ora t e n t a n d o di ribaltare il problema. Poiché la maggior risorsa economica della popolazione alpina italiana consiste nella vocazione turi-stica, occorre predisporre un processo di pia-nificazione che, formulati gli obiettivi di svi-luppo socio-economico delle aree, attui un mo-dello di assetto del territorio adeguato alle giuste esigenze delle comunità alpine.

Sotto il profilo di razionalizzare le tendenze in a t t o per le aree turistiche, esistono due pos-sibili tipi di sviluppo:

a) aree turistiche integrate nelle quali vi

è concentrazione di fattori di attrazione (alta suscettività territoriale delle risorse) e di atti-vità turistiche (vasta attrezzatura ricettiva e alta s t r u t t u r a occupazionale per gli investimenti attuali). Queste aree sono suscettibili di forti incrementi alla condizione che ne sia raziona-lizzato il processo di sviluppo, onde evitare feno-meni di congestione che per altro non permet-tono la saturazione delle risorse e delle attrez-zature ove sempre basso è il tasso di utilizza-zione delle attrezzature ricettive e degli im-pianti di risalita;

b) aree di sviluppo estensivo nelle quali è

necessario l'intervento coordinato degli opera-tori pubblici, al fine di sollecitare la valorizza-zione turistica per il raggiungimento della soglia

Nel documento Cronache Economiche. N.346, Ottobre 1971 (pagine 42-50)

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