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per la localizzazione industriale

Nel documento Cronache Economiche. N.346, Ottobre 1971 (pagine 37-42)

Sergio Ricossa

1. Gli elementi " irrazionali " della localiz-zazione industriale.

Sebbene le scienze organizzative abbiano molto progredito negli ultimi decenni, portando a disposizione delle industrie nuove discipline come la « ricerca operativa », la localizzazione industriale continua ancora oggi a essere decisa troppo spesso su basi scarsamente « razionali ». È vero che, analizzando casi pratici, la scelta di una località appare sempre motivata; ma la motivazione il più delle volte sembra tener conto di un numero molto limitato di elementi informativi, oppure sembra dare un peso ec-cessivo a certi elementi, a scapito di altri. Gli elementi strettamente economici e quelli tec-nici sono, per esempio, e forse per ragioni tra-dizionali, anteposti di solito a quelli sociolo-gici, ambientali e politici. Per contro, eccezio-nalmente, quando si t r a t t a di sfruttare imme-diate agevolazioni legali, ecc., gli elementi poli-tici possono predominare al punto da oscurare t u t t i gli altri, non senza rischio e inconvenienti a medio e lungo termine.

Un altro errore comune, s o p r a t t u t t o per le piccole industrie in espansione, è quello di cercare la localizzazione ottima in ambiti geo-grafici molto ristretti, cioè limitati dalle cono-scenze personali dell'imprenditore. Anche le aziende di maggiori dimensioni possono esclu-dere a priori, del t u t t o arbitrariamente, vaste zone, restringendo le ricerche ai territori sui quali le informazioni sono più a p o r t a t a di mano o nei quali si è già avuto occasione di operare in passato. Ne consegue una scarsa mobilità degli investimenti, il che tende a per-petuare e anzi a inasprire le differenze econo-miche da regione a regione.

Talvolta la razionalità è solo apparente. Per esempio, certe localizzazioni lungo le auto-strade non rispettano un calcolo di conve-nienza dei trasporti, ma sono semplicemente il riflesso di un desiderio (soddisfatto a caro prez-zo!) di reclamizzare se stessi, ponendo la sede in un luogo di grande traffico, esposto alla vista di moltitudini. Non si può escludere che tale

luogo sia davvero il migliore, ma è forte il sospetto che la scelta sia viziata dalla mega-lomania.

Ancora un esempio di « irrazionalità » è la localizzazione fatta, consciamente o inconscia-mente, in funzione del comodo jnersonale di coloro che decidono. E ovvio che costoro pos-sono essere dispiaciuti dal cambio di abitazione, dall'allontanamento da luoghi cari, da mag-giori fatiche di viaggio, ecc.; ma è altrettanto ovvio che l'interesse privato dei dirigenti può trovarsi in contrasto con l'interesse dell'azienda. E in mancanza di procedure il più possibile obbiettive e a vasto raggio, il pericolo che

l'interesse dei primi predomini sull'interesse della seconda è un pericolo reale.

Si t r a t t a appunto di diffondere procedure di tal genere, sia nell'industria e sia negli or-gani pubblici che influiscono sulle localizzazioni. Perché l'« irrazionalità » è presente ovunque. Si t r a t t a inoltre di cambiare mentalità: bisogna smettere di considerare i problemi di localizza-zione come problemi settoriali o strettamente zonali. Essi hanno, come vedremo, una loro « globalità ».

2. Le nuove esigenze di razionalità.

Se da un lato non si è andati molto avanti, in pratica, nel razionalizzare le scelte delle sedi, dall'altro sono enormemente cresciute, negli ultimi tempi, le esigenze di impiegare migliori metodi di decisione. La civiltà industriale, evol-vendosi, raggiungendo elevati livelli di reddito, estendendo le sue manifestazioni a t u t t i gli aspetti della vita umana, ha sollevato nuovi pro-blemi, che esigono nuove soluzioni. Sono essen-zialmente i problemi connessi alle grandi concen-trazioni urbane, all'inquinamento dell'ambiente e all'aspirazione dei cittadini a vivere meglio, non solo nel senso di disporre di una maggiore q u a n t i t à di beni, ma in un senso più squisita-mente qualitativo.

Hanno pure contribuito ad aumentare l'im-portanza che le decisioni siano « razionali » fenomeni come l'ampliamento dei mercati, e il progresso tecnico, che riduce le distanze effet-tive, ma che moltiplica, nel bene e nel male, la potenza delle decisioni. Sebbene permanga una folla di p i c c o l e industrie, le grandi industrie sono ormai il supporto dell'economia moderna. Le grandi unità produttive, bisognose di una fìtta ed estesa rete di collegamenti, aumentano anche la dimensione dei problemi di localizzazione.

La risposta a questi caratteri della civiltà industriale odierna è venuta sotto la forma della « programmazione », con il pili attivo intervento delle autorità pubbliche in veste di coordina-trici e di guide. Ma se le autorità pubbliche mancano esse stesse degli strumenti in" grado di « razionalizzare », o non sono capaci di usarli, o mancano della giusta mentalità, t u t t i i problemi rimangono insoluti. La « program-mazione » resta una pura espressione verbale. Per questo è urgente una. rassegna di questi strumenti, cui segua il loro perfezionamento e la diffusione del loro uso, come primi passi verso una nuova concezione dello spazio.

3. Qualche aspetto degli studi in corso.

Non è nostro intento una rassegna completa dei modelli teorici di localizzazione; desideriamo piuttosto riferire alcune impressioni t r a t t e da

un esame della letteratura specializzata. Come accade in altri campi affini, i modelli teorici di localizzazione tendono a ricevere una veste matematica, di cui un esempio è la « program-mazione lineare » applicata al caso della scelta della sede ottima, nonché della dimensione di una pluralità di stabilimenti, della composi-zione della loro producomposi-zione, dei modi di distri-buzione, e del volume degli stocks. Altri recenti esempi riguardano tecniche matematiche del tipo « P E R T » o comunque basate su una catena o una sequenza di decisioni, passando da scelte di base a scelte più analitiche.

I contributi che il linguaggio matematico può dare sono ormai ben conosciuti; tuttavia non bisogna tacere sui limiti delle nuove meto-dologie. Questi limiti sono, a nostro parere, l'eccessivo grado di astrazioni dei modelli, e la loro insistenza sugli elementi quantificabili a scapito di t u t t i gli altri. È bensì vero che la matematica applicata correttamente permette di trovare con precisione il punto di ottimo relativo alle ipotesi di partenza e ai dati dispo-nibili. Ma talvolta può essere preferibile un punto non di ottimo (di sub-ottimo o di second best), che soddisfi però ipotesi meno restrittive e che sia corredato da una maggior massa di informazioni attendibili, anche se non t u t t e quantificabili. Abbiamo bisogno non solo di matematica, ma anche di fantasia, di imma-ginazione, di larghe vedute.

Le reazioni psicologiche della popolazione e dei dipendenti, l'immagine dell'impresa in una certa comunità o regione, la collaborazione o, al contrario, l'ostilità che l'impresa può incon-trare in dati luoghi sono elementi magari non quantificabili, ma egualmente importanti. Se è impossibile o difficile inserirli in uni modello matematico, non per questo vanno dimenticati. E insomma, la carenza principale degli studi sulla localizzazione ci pare, oggi come oggi, non di tipo teorico, ma di tipo pratico. Intendiamo dire che la raccolta, l'elaborazione, l'aggiornamento e lo s f r u t t a m e n t o delle informazioni di ogni ge-nere, in un quadro sistematico, vanno curati assai più dell'invenzione di nuovi modelli teo-rici. Tali informazioni, a loro volta, debbono essere la base per innovare a fondo nel modo di organizzare il territorio e i sistemi di vita. La classificazione dei dati occorrenti non può essere sottoposta a schemi troppo rigidi. Però, può essere di qualche utilità ricordare, pur senza pretesa di completezza, alcuni impor-t a n impor-t i gruppi di informazione. Ne elenchiamo otto, in una tabella a doppia e n t r a t a : ogni riga è dedicata ad un gruppo di informazione, e ogni colonna ad un aspetto particolare del-l'informazione stessa.

GRUPPI

Terreni industriali Beili capitali, im-pianti Lavoro Energia Materie prime e semilavorati Trasporti di merci Mercati di vendita Amministrazione generale

ASPETTI ECONOMICI ASPETTI COLLATERALI E INFRASTRUTTURE

Ampiezza delia scelta : co-sto; condizioni di acqui-sto (num. venditori, ecc.); possibilità di rivalutazione Costi e tempi di costru-zione, installacostru-zione, manu-tenzione; possibilità di riconversione, vendita o affitto

Qualità; costo

Tipi; costo; sicurezza dei rifornimenti

Costi; tempi di riforni-mento sicurezza dei rifor-nimenti

Tipi; costi; tempi; sicu-rezza

Accessibilità dei clienti; dimensioni e sviluppo del mercato locale; concorren-za con altri venditori Disponibilità, qualità e co-sto dei quadri direttivi

Lavori di adattamento; rischi di disastri naturali: raccordi

Servizi tecnici disponibili; problemi di eliminazione dei rifiuti

Elementi demografici; di-soccupazione e sottoccu-pazione; manodopera po-tenziale (femminile, ecc.); scuole e servizi professio-nali; abitazioni e terreni residenziali; trasporti di persone; parcheggi; servizi sanitari; sei-vizi ricreativi Allacciamenti; fonti alter-native ; possibilità di espan-sione dei consumi Possibilità di espansione dei consumi; organizzazio-ne dei fornitori Servizi di immagazzina-mento, carico, scarico, as-sicurazione, ecc. Organizzazione dei clienti; servizi commerciali (pub-blicità, ecc.); infrastrut-ture commerciali (borse, mercati organizzati, ecc.) Servizi organizzativi (con-sulenze, ecc.) comunica-zioni, istituzioni

finan-ziarie |

ASPETTI PUBBLICI

Piani territoriali ; norme di edificabilità; espropriaz. Piano di sviluppo; agevo-lazioni per gli investimen-ti ; regolamentazione dei nimori, ecc.

Politiche di immigrazione e residenziali ; agevolazioni per la manodopera; norme sul lavoro

Interventi pubblici nella produzione e nel trasporto ( e l e t t r o d o t t i , gasdotti, ecc.); monopoli legali; tas-sazione

Regolamentazione dei mer-cati; problemi doganali e daziari; monopoli legali Piani di sviluppo; gestioni pubbliche

Regolamentazione del com-mercio

Efficienza e collaborazione degli enti pubblici, strut-tura fiscale

ASPETTI SOCIO-POLITICI

Ambiente (paesaggio, cli-ma, ecc.); problemi di congestione; altri usi dei terreni

Problemi di inquinamen-to; problemi estetici (ar-chitettonici)

Costo della vita; ambiente sindacale; laboriosità; mo-bilità; orari e altre abitu-dini di vita; ambiente culturale; pregiudizi: in-traprendenza; altri usi del-la manodopera in concor-renza coi nostri Interesse per risorse locali Interesse per risorse locali ; altri usi locali in concor-renza coi nostri Tenore di vita della po-polazione; gusti locali; rit-mo dello sviluppo econo-mico locale

Rischi politici; atteggia-menti verso l'industrializ-zazione; ricettività del-l'ambiente; clima culturale

4. Suggerimenti per un'azione in ccmune tra te parti interessate alle informazicni.

La tabella fornisce un'idea della vastità delle informazioni che occorrono per localizzare razio-nalmente una industria. L'opera di raccolta e di aggiornamento dei dati richiede il concorso di diversi specialisti (economisti, tecnici, giu-risti, urbanisti, sociologhi, ecc.), e non ha senso se non è organizzata in modo da servire diversi. Un solo utente, che fosse anche il rilevatore dei dati, andrebbe incontro a costi eccessiva-mente alti, e forse a difficoltà insormontabili nel procurarsi le informazioni.

D ' a l t r a parte è evidente che, qualora fosse disponibile in modo semplice e rapido (per esempio con l'ausilio di un ordinatore elettro-nico), presso un apposito « centro », una buona parte, anche se non la totalità, di quelle infor-mazioni, gli utenti sarebbero numerosi. Indu-strie ed enti pubblici con compiti di

program-mazione del territorio non mancherebbero di rivolgersi al « centro » per ottenere, con una spesa relativamente modesta, un prezioso pa-trimonio di dati.

Il « centro », a sua volta, pur se dovesse avere una sua autonomia, dovrebbe attingere a più fonti pubbliche e private dei dati; cosic-ché dal lato della raccolta delle informazioni l'attività appare non meno collettiva, basata sulla cooperazione, dell'attività, dal lato del-l'uso. Se poi si potesse organizzare il « centro » in modo internazionale, tenendo conto della decrescente importanza delle frontiere in zone come il Mercato Comune (questa nostra confe-renza lo dimostra), ne deriverebbero effetti im-portanti anche sul piano della armonizzazione dell'economia di regioni contigue di diversi Paesi legati da accordi di stretta collaborazione.

Non entriamo in ulteriori dettagli sull'ipo-tetico « centro » (ci risulta che un progetto del genere è stato predisposto, in forma molto

det-tagliata, dalla Somea, Società per la matema-tica e l'economia applicate, per conto del Centro studi della confederazione generale dell'industria italiana). Vediamo invece, brevemente, quali sono le parti della tabella più interessanti e chi potrebbe collaborare alla loro realizzazione pra-tica.

A tal fine è opportuno tener conto di alcune tendenze che caratterizzano in misura più o meno importante le moderne economie indu-striali, e di cui si è già fatto cenno, in parte, al paragrafo 2. Esse sono:

a) La tendenziale scarsità di forze di la-voro e la loro crescente onerosità.

b) La ricerca da parte della popolazione di nuove forme di vita, in cui il « benessere qualitativo » predomina sul benessere <c quanti-tativo ».

c) Le continue rivoluzioni tecnologiche. d) La concezione « ecologica » della poli-tica economica.

Circa il punto a), notiamo che la collabora-zione dei sindacati nel valutare i dati di loca-lizzazione è quanto mai auspicabile. Ciò attri-buisce importanza a organismi, come le Camere di commercio italiane, dove sia le categorie imprenditoriali e sia i lavoratori sono rappre-sentati. Attribuisce pure importanza alla possi-bilità di disporre di riserve di lavoro studen-tesco o femminile, magari stagionale o a tempo parziale, sebbene l'uso di queste riserve imponga una particolare organizzazione aziendale e del mercato del lavoro. Si profila pure, di fronte ai limiti e agli inconvenienti dell'emigrazione di persone, l'opportunità di portare i capitali dove il lavoro è meno scarso, s o p r a t t u t t o nel caso di produzioni ad alta intensità di lavoro: problema importante per l'Italia, dove il Sud costituisce una vasta zona depressa, ma presente un po' ovunque e talvolta risolto su scala mondiale. Ci riferiamo alle imprese americane emigrate dal Nord al Sud degli Stati Uniti o addirittura nel Messico, nella Corea meridionale, nella Cina nazionalista.

Circa il punto b), sembra ormai altamente probabile che la grande città industriale, come è Torino, per esempio, non possa avere un f u t u r o facile. La grande città del f u t u r o sarà quasi certamente una città « terziaria » o « quater-naria >i, cioè produttrice di servizi, e non una città industriale. Le ragioni si trovano princi-palmente nella impossibilità di evitare l'inqui-n a m e l'inqui-n t o il'inqui-n ul'inqui-n ambiel'inqui-nte u r b a l'inqui-n o di gral'inqui-ndi di-mensioni, con molte industrie (fra cui magari industrie pesanti), specialmente se il clima in-vernale freddo implica un intenso riscalda-mento delle abitazioni e delle fabbriche. È

dubbio che la città « terziaria » o « quaternaria » a m m e t t a zone residenziali su vasta scala. Ci si deve orientare, piuttosto, verso insediamenti industriali e zone residenziali extraurbane, o meglio verso complessi di media dimensione, come numero di residenti, e con scarsa conge-stione. Non si vuol dire che saranno i sobborghi delle grandi città ad avere queste caratteri-stiche; saranno complessi più lontani, al riparo dagli inconvenienti delle attuali megalopoli, ma al tempo stesso privi degli aspetti negativi che ha ancora oggi la vita in provincia.

L'integrazione tra centri residenziali, centri industriali e centri di servizi avverrà in una regione di parecchie decine di chilometri qua-drati. Naturalmente si dovrà trovare il modo, che la tecnica moderna fa sperare non troppo arduo, di spostarsi rapidamente all'interno della regione. Comunque, i tempi di trasporto, col sistema attuale delle grandi città industriali, sono talmente faticosi (si pensi alla congestione del traffico urbano, ai parcheggi introvabili, alle « code » per il rientro domenicale, alle vicissitudini dei lavoratori « pendolari »), che è quasi impossibile peggiorare la situazione.

Una riforma degli orari e del calendario lavorativo e scolastico va studiata in funzione di questi nuovi principi di localizzazione. A questo proposito si deve osservare che l'Italia è particolarmente arretrata (si pensi all'assurdo delle vacanze estive concentrate in agosto). Più in generale, occorre un cambiamento nelle abi-tudini di vita, anche attraverso un'opera pro-pagandistica da parte di enti, fra i quali le Camere di commercio sembrano indicatissime. Aspetti del t u t t o nuovi assume, in questa prospettiva, il problema, importante in Pie-monte, dell'uso dei territori pre-alpini e alpini. La loro destinazione non può essere studiata isolatamente, ma è una parte di un assai più vasto programma di riassetto territoriale, in cui le sedi delle industrie, delle abitazioni, dei centri turistici, e di svago, ecc. sono interdi-pendenti. Il decentramento, la auspicabile tra-sformazione progressiva di Torino in città di servizi, aprono nuove possibilità di sviluppo dei territori pre-alpini e alpini, anche a prescin-dere da un ritorno agli insediamenti industriali nelle vallate. L'importante è avere chiaro in mente dove si vuole arrivare, e non guastare con soluzioni improvvisate e irreversibili altre e migliori soluzioni.

Veniamo al punto e), concernente il pro-gresso tecnologico. Qui interessa s o p r a t t u t t o quello nel campo dei trasporti di persone. La rivoluzione p o r t a t a dall'automobile privata era suscettibile di aumentare enormemente i gradi di libertà dell'uomo, ma è stata guastata da

i/isullicienze infrastnitturali e psicologiche. Per esempio, il problema dei parcheggi non ha rice-vuto la dovuta attenzione, o l'ha ricevuta troppo tardi; analogamente, se in Italia, e anche in Piemonte, si è fatto parecchio per le auto-strade, si è lasciata l'opera incompiuta (man-canza di raccordi, di attraversamenti rapidi delle grandi città, ecc.). Ma è sul piano psico-logico che le carenze sono più preoccupanti: l'automobile implica nuovi modi di vita, e nuovi criteri di localizzazione, sia industriale, sia residenziale, che non sono stati compresi. Per cui, dopo che la congestione automobili-stica ha rivelato tutti i suoi mali, si è cominciato a combattere l'automobile, invece di combat-tere la incapacità di organizzare una sistema-zione territoriale in funsistema-zione dell'automobile.

Cosi dicendo non intendiamo negare l'im-portanza dei mezzi pubblici. Nella organizza-zione decentrata del territorio che noi abbiamo in mente i mezzi pubblici sono indispensabili, è ovvio; ma essi devono essere efficienti e coor-dinati (non in contrasto) coi mezzi privati. La tecnica moderna offre possibilità, nel campo dei trasporti pubblici, che non sono state finora sfruttate. Di conseguenza i trasporti pubblici hanno un costo eccessivo e tempi eccessivi. Lasciamo stare i mezzi ancora sperimentali, come i trasporti su cuscino d'aria. Vediamo il caso degli aerobus, che non presenta più alcun problema tecnico, ma solo un problema orga-nizzativo e psicologico.

All'estero (pensiamo al servizio Boston, New York, Filadelfia, Washington e viceversa), ab-biamo dei casi meritevoli di studio, perché senza dubbio estensibili a zone come la pianura padana, da Torino verso est, e fors'anche a zone internazionali, da Torino verso ovest, a Grenoble e Lione.

Gli aeroporti di media e piccola dimensione devono moltiplicarsi e divenire di uso comune, cosi come i collegamenti rapidi tra gli aeroporti e i centri abitati. Per contro devono essere ridotte certe forme superate di trasporto pub-blico come l'incredibile treno Torino-Parigi (circa 8 ore, a parte i ritardi), o radicalmente modificate dal punto di vista tecnico. Il che

avverrà solo sotto la spinta di una opinione pubblica consapevole e di una azione degli enti che, come le Camere di commercio, presiedono al progresso economico.

L'ultimo punto, il punto d), riconferma l'op-portunità di una impostazione globale delle questioni di localizzazione industriale, e dopo quanto abbiamo già detto circa l'inquina-mento, ecc. non richiede ulteriore trattazione nella nostra rapida panoramica.

•5. Conclusioni.

La localizzazione industriale come feno-meno esclusivamente tecnico-economico è una impostazione da abbandonare. L'obiettivo deve essere l'organizzazione di vasti territori sotto il profilo industriale, residenziale e dei servizi in modo da assicurare nuove forme di vita, più confortevoli e più adatte a sfruttare il progresso tecnico-economico. Cioè, se alla base del rinnovamento c'è questo progresso, bisogna estendere la nostra attenzione fino alle conse-guenze più remote e indirette, altrimenti avremo dei settori della vita sociale che restano indietro di decenni, se non di secoli, come grado di civiltà, rispetto ad altri settori.

Il compito non facile richiede uno sforzo comune, privato e pubblico, innanzi t u t t o per la raccolta delle informazioni, base necessaria, anche se non sufficiente, per razionalizzare le scelte di localizzazione. Richiede inoltre un m u t a m e n t o psicologico, in parte già avvenuto, ma incompleto, nel modo di considerare lo spazio e di organizzare la propria vita nel territorio. Dalla concezione medioevale, per cui l'orizzonte era costituito dalle mura di cinta del borgo, si deve passare a una concezione moderna, per cui Torino dovrebbe essere nel raggio di azione quotidiana di qualunque mila-nese, e Milano dovrebbe essere lo stesso per qualunque torinese.

Raccogliere le informazioni è questione di pazienza e di metodo. Cambiare i modi di vita è questione di fantasia e di convincimento. E n t r a m b e le cose attendono l'apporto di uomini

Nel documento Cronache Economiche. N.346, Ottobre 1971 (pagine 37-42)

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