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LA PROTEINA CD11b POTENZIALE BERSAGLIO TERAPEUTICO

CAPITOLO TERZO

3. STUDI SULLE POSSIBILI TERAPIE DELLA GBS

3.4 LA PROTEINA CD11b POTENZIALE BERSAGLIO TERAPEUTICO

La scoperta è frutto di una ricerca americana svolta dalla University of Alabama at Birmingham (UAB). In base a quanto emerso da questo studio, condotto dagli scienziati statunitensi dell'UAB School of Medicine e pubblicato di recente sulla rivista Acta Neuropathologica, la proteina nota col nome di 'integrina alfa-M' (CD11b) sembra avere un ruolo cruciale proprio nella patogenesi dell'AIDP.

Nell'AIDP, la variante più comune della GBS, i leucociti attaccano la guaina mielinica che circonda e isola i nervi, dando il via ad un processo di 'demielinizzazione' che

I ricercatori della UAB School of Medicine, diretti dal prof. E. Ubogu, hanno inizialmente esaminato alcuni frammenti di tessuto nervoso estratti da 3 individui adulti con AIDP, notando che, nelle zone di tessuto colpite da una significativa demielinizzazione, erano presenti leucociti in grado di esprimere la proteina CD11b. A questo punto, gli scienziati americani hanno condotto una serie di esperimenti su un modello murino di AIDP, inibendo la produzione di CD11b nelle prime fasi della malattia.

Gli esemplari di topo incapaci di generare la proteina manifestavano non solo un minor grado di demielinizzazione e di perdita assonale, ma anche una ridotta debolezza e infiammazione.

Per ottenere una conferma di questi risultati e comprendere il meccanismo che permette ai leucociti di migrare nei nervi e provocare i danni che caratterizzano l'AIDP, Ubogu e colleghi hanno usato sofisticate tecnologie di microscopia a contrasto di fase.

In questo modo, i ricercatori hanno potuto osservare che queste cellule immunitarie sono in grado di attraversare la 'barriera emato-nervosa' (BNB, Blood Nerve Barrier). Grazie all'attività della proteina CD11b, alcuni leucociti finiscono per aderire alle pareti dei vasi sanguigni situati nelle parti più interne dei nervi, accumulandosi e dando origine al progressivo deterioramento della guaina mielinica che protegge gli assoni. Secondo i ricercatori della UAB School of Medicine, gli esiti dello studio, pur essendo di carattere preliminare, sembrano indicare che CD11b possa rappresentare un potenziale bersaglio terapeutico per il trattamento dell'AIDP o di altre malattie infiammatorie dei nervi periferici.

“Se trovassimo il modo di bloccare o inibire la proteina CD11b, potremmo limitare il traffico anomalo dei leucociti, l'infiammazione, la demielinizzazione e la perdita di

assoni che si verificano nell'AIDP, migliorando la risposta dei pazienti”, spiega il prof. Eroboghene Ubogu.

“Un altro approccio potrebbe consistere nel rimuovere dalla circolazione sanguigna i leucociti positivi a CD11b, in modo che non possano più provocare danni nervosi. In ogni caso, i nostri risultati suggeriscono che questa proteina possa essere un elemento chiave nello sviluppo di farmaci specifici per la sindrome di Guillain-Barré”.

CONCLUSIONI

Dai dati raccolti per la stesura di questa tesi, ho avuto modo di constatare che la sindrome di Guillain-Barrè, pur essendo annoverata tra le malattie rare (la percentuale di casi è ritenuta bassa, 1 caso/100.000 persone), colpisce comunque più di 120 mila persone ogni anno e 3 mila di esse muoiono. La percentuale di persone colpite appare più incisiva se si pensa alla severità con cui si manifesta questa malattia e alle terribili sofferenze a cui sono sottoposte le migliaia di persone che ogni anno la contraggono. La lettura di diari di pazienti colpiti dalla Sindrome e l’esperienza diretta di mio padre, ha suscitato in me una maggior consapevolezza su ciò che rappresenta questa patologia: un totale isolamento dal mondo esterno, dove il tempo sembra non trascorrere mai, e una concreta impossibilità di comunicare con altre persone, stanti le condizioni in cui si viene a trovare il soggetto colpito dalla totale paralisi del corpo (vengono infatti a mancare anche le semplici funzioni che diamo per scontate come la lacrimazione e la salivazione). Il pericolo di vita in caso di GBS, sebbene non sottovalutabile, fortunatamente è diminuito nel corso degli anni grazie all’introduzione di nuovi protocolli di cure come la ventilazione assistita. L’introduzione di questa terapia ha segnato un’evoluzione fondamentale nella prognosi di GBS, in quanto ha portato un notevole aumento delle possibilità di sopravvivenza, fino al 25% circa. La terapia attraverso plasmaferesi o tramite iniezione di immunoglobuline per via endovenosa, inoltre, ha portato alla diminuzione della percentuale di pazienti che necessitano di ventilazione assistita (dal 27% al 14%), risultando anche in un miglioramento della disabilità a 4 settimane dall’inizio del trattamento e la riduzione della disabilità residua oltre a riuscire a prevenire la morte. Gli studi che hanno rivestito un’importanza maggiore sono sicuramente quelli collegati al Campylobacter jejuni. Basti pensare che il 50 % delle cause che determinano lo sviluppo della sindrome di Guillain-Barrè sono di

derivazione batterica e virale e che il 76 % delle batteriche sono date appunto dal Campylobacter jejuni. È quindi di notevole rilievo la scoperta che la patogenesi di tale sindrome è data probabilmente dal mimetismo molecolare da parte dei lipooligosaccaridi del Campylobacter jejuni, responsabili diretti della malattia.

Ritengo infatti che, qualora si arrivasse a determinare tutti i sierotipi di Campylobacter jejuni che possono scatenare GBS, una volta diagnosticata una generica campilobatteriosi associata ad uno di questi sierotipi, si possa procedere a terapie preventive contro l’esordio dei fenomeni autoimmuni riuscendo, quindi, ad avere il controllo almeno sulla metà dei fattori scatenanti GBS. In questo modo si potrebbe avere una notevole riduzione del numero di persone colpite ed un conseguente risparmio di vite umane. Addirittura, pensando in maniera più globale si potrebbe gettare le basi per capire i meccanismi che intervengono in altre malattie autoimmuni. Sulla base di queste rilevanti scoperte, ritengo che sarebbe opportuno dare sempre più maggiore attenzione a questa sindrome che rende la persona colpita totalmente inerme. Attualmente, nel WorldWideWeb, sistema di informazione maggiormente utilizzato per la ricerca di informazioni riguardanti la sindrome, data la mancanza di testi specifici, esistono numerosi siti che spiegano la GBS in modo generale e superficiale.

Ho riscontrato anche una notevole carenza di siti internet e la totale mancanza d’informazioni, in lingua italiana, che trattino questa malattia in modo approfondito ed esaustivo: dalla scoperta alle possibili cure, passando per la patogenesi, la comparsa dei sintomi e le associazioni di supporto. Queste ultime appaiono come un generico elenco in qualche sito, mentre invece si dovrebbe provvedere alla realizzazione di un vero punto di riferimento completo di informazioni scientifiche sulla GBS che possa essere fonte di consulenza per i pazienti, oltre ad offrire incontri con specialisti capaci di

comunicazione con il malato e di rappresentare un sostegno concreto, ed anche emotivo, per il malato medesimo.

CON GLI OCCHI DI UN FIGLIO: LA SINDROME DI GUILLAIN –

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