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La prova: il problema della consulenza tecnica »

Nel documento Il processo di mediazione (pagine 102-124)

L’art. 8, 4° comma del d.lgs. 28/2010, stabilisce espressamente che “quando non può procedere ai sensi del comma 1, ultimo periodo288, il

mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell'organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti”.

Si prevede cioè la possibilità che, nei casi in cui la conciliazione della controversia comporti possedere particolare competenze, sia possibile

per il mediatore, anche se in realtà è l’organismo che provvede289, nominare un esperto, che equivale ad un consulente tecnico ed è un professionista esterno290. La disposizione ha determinato qualche

perplessità alla luce del fatto che, nella prassi conciliativa, l’utilizzo della

consulenza tecnica doveva considerarsi eccezionale, salvo il caso in cui

fosse preordinata alla conclusione dell’accordo, dato che una risoluzione

amichevole della controversia era ben lontana dalla valutazione della fondatezza giuridica delle pretese e quindi dalla necessità di accertamenti tecnici291. Con la disciplina introdotta dal decreto, il legislatore opera un cambiamento di prospettiva attribuendo al mediatore la scelta di

288All’interno del 1° comma si specifica che, nel caso in cui l’oggetto del contendere riguardi

specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari.

TISCINI, Il procedimento di mediazione per la conciliazione delle controversie civili e

commerciali, cit., § 11 parla di ordine logico nella scelta tra co-mediazione e nomina di un

esperto, dovendosi preferire, in caso di necessità di specifiche competenze tecniche in ausilio al mediatore, la nomina di un altro mediatore e, solo subordinatamente, quella di un consulente.

289SANTI, Commento all’art. 8, op.cit., 236.

290 ARMONE, Mediazione e processo nelle controversie civili e commerciali: risoluzione negoziale delle liti e tutela giudiziale dei diritti, cit., 623 il quale afferma che sia il comma 1

che il comma 4 dell’art. 8 sono disposizioni che rispondono all’esigenza di supplire a possibili

carenze tecniche del mediatore, ma nel primo caso il mediatore ausiliario è collaboratore del

mediatore e fa parte dell’organismo.

291 SANTI, op.cit., 236 cita alcuni possibili esempi di utilizzo della consulenza tecnica:

“Poteva darsi, ad esempio, il caso di un committente in lite con l’appaltatore sulla corretta

esecuzione delle opere, che si accordava per farsi rifare alcuni lavori da stabilire in un nuovo capitolo da redigersi da un tecnico incaricato congiuntamente dalle parti contendenti. E’

evidente che, in questo caso, l’intervento del perito non ha nulla a che fare con l’accertamento dei fatti, dei torti e delle ragioni, ma è già parte dell’accordo o comunque in funzione di esso.

Oppure si poteva immaginare, ancora, la necessità di dover procedere ad alcune misurazioni per valutare i contenuti di un impegno contrattuale che le parti stavano già negoziando in

nominare un consulente tecnico con lo scopo di formulare una proposta aggiudicativa e quindi procedere al compimento di accertamenti

determinati. Non si esclude, comunque, che l’intervento del tecnico

possa essere rilevante anche in una fase iniziale della mediazione, nei casi in cui un chiaro componimento aggiudicativo della lite appaia possibile, non dovendo però perdere di vista la necessità di arrivare ad una soluzione che soddisfi gli interessi delle parti, prescindendo dalla sua corrispondenza alla definizione della lite secondo diritto292. La nomina del consulente determina comunque uno svilimento della figura del mediatore, dato che sarà la perizia del tecnico ad assumere rilevanza

nella determinazione dell’incontro della volontà delle parti293. La norma non prevede espressamente che sia necessario il consenso delle parti per la nomina del consulente, anche se non trattandosi di una procedura aggiudicativa o arbitraria, sarebbe comunque preferibile. Trattandosi di una possibilità che è già disciplinata da una norma, spetterà ai singoli regolamenti di procedura adottati dagli organismi prevedere la necessità o meno del consenso delle parti: è possibile che la nomina del consulente

sia subordinata all’accordo di tutte le parti, che s’impegnino a sostenere

gli eventuali oneri in egual misura, salvo diverso accordo294, oppure può

essere sufficiente l’adesione di almeno una parte all’impegno sottoscritto

a sostenere gli oneri295. Il compenso del consulente rappresenta sicuramente un costo aggiuntivo alla mediazione, che sarà posto a carico delle parti della procedura296, e l’art. 8, comma 4, nell’ultima parte lascia ai regolamenti dei singoli organismi la previsione delle modalità di calcolo o di liquidazione dei compensi spettanti agli esperti. L’ausilio del consulente tecnico in mediazione ha sicuramente delle affinità con la

292SANTI, op.cit., 237. 293TISCINI, op. cit., § 11.

294Si esprime in tal senso l’art. 7 del Regolamento del Servizio di conciliazione della CCIA di

Firenze.

295Come prevede l’art. 5 del Regolamento dell’Organismo di conciliazione dell’Ordine degli

avvocati di Milano.

disciplina prevista all’art. 696 bis c.p.c.297, che regolamenta la consulenza tecnica preventiva allo scopo di conciliare la lite. La differenza che viene riscontrata tra le due discipline riguardava

l’utilizzabilità degli accertamenti del consulente nel caso di fallimento del tentativo. L’art. 696 bis c.p.c., al comma 4, prevede espressamente

che, su richiesta di ciascuna delle parti sia possibile acquisire agli atti del successivo processo, la relazione depositata dal consulente, mentre parrebbe che gli accertamenti effettuati nel procedimento di mediazione, anche in ragione della tutela della riservatezza, dovessero rimanere estranei per il giudice, che potrebbe anche disporre una nuova consulenza. Tale prospettiva rischia di poter modificare alla luce del recente orientamento elaborato dalla giurisprudenza di merito. In

particolare il Tribunale di Roma, sezione XIII, con l’ordinanza depositata

il 17 marzo 2014 ha affermato che la relazione redatta dal consulente tecnico nel corso di un procedimento di mediazione, che si concluda senza accordo, può essere prodotta nel successivo processo ad opera di una delle parti senza con questo violare le regole sulla riservatezza298. Nel caso specifico, la controversia, per la quale era stato esperito il

procedimento di mediazione, riguardava l’assunta responsabilità medica

per le conseguenze nefaste che la ricorrente aveva subito a seguito di un intervento. La parte istante aveva chiamato in mediazione soltanto la

297Art. 696 bis c.p.c. “L'espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere

richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell'articolo 696, ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti. Se le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della conciliazione. Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell'espropriazione e dell'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Il processo verbale è esente dall'imposta di registro. Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito. Si applicano gli articoli da 191 a 197, in quanto compatibili”.

298MARINARO, Se la mediazione fallisce la consulenza tecnica è riutilizzabile in giudizio, in www.diritto24.ilsole24ore.com, 23/03/2014.

struttura ospedaliera presso la quale era stato effettuato l'intervento chirurgico in questione e, d'accordo con le parti, il mediatore aveva ritenuto di far realizzare una consulenza tecnica ad un esperto. Il tentativo di mediazione non era andato a buon fine e la parte danneggiata aveva instaurato il successivo processo davanti al Tribunale di Roma, chiamando in giudizio non solo la struttura sanitaria, ma anche il medico ritenuto responsabile e la compagnia di assicurazioni (quale terza chiamata). La relazione peritale effettuata durante il procedimento era

stata allegata agli atti di causa da parte dell’attrice, determinando la netta

opposizione delle controparti. In particolare il medico e la sua assicurazione per il fatto di non essere stati parti nel procedimento, non

potendo collaborare ai fini della nomina del consulente; e l’azienda ospedaliera che, come si legge nell’ordinanza, ha sollevato tre ordini di ragioni che determinerebbero la “possibile collisione fra la produzione della relazione del consulente nonché la sua eventuale ammissione ed utilizzo in giudizio e la struttura e gli sbarramenti del procedimento di mediazione di cui al decreto legislativo 28/2010”299. In particolare si lamenta la violazione del 1° comma dell’art. 10 del d.lgs. 28/2010, che

sancisce l’inutilizzabilità nella causa delle dichiarazioni rese e delle

informazioni acquisite durante il procedimento di mediazione; lo scontro

con le prescrizioni dell’art. 9, che pongono un generale obbligo di riservatezza in capo a chiunque operi nell’ambito della mediazione; infine si sottolinea come tale principio ispirerebbe l’intero procedimento di mediazione, come conferma la disposizione del 2° comma dell’art. 10.

Il giudice, primo ad occuparsi di tale problematica dall’entrata in vigore del decreto, ha ritenuto legittima ed ammissibile la produzione dell'elaborato del consulente tecnico esterno, sulla base del necessario

bilanciamento tra l’esigenza di garanzia della riservatezza del procedimento di mediazione e l’esigenza di economicità e utilità delle

attività che si compiono all’interno di un processo. In particolare il

Tribunale chiarisce come non sia possibile riscontrare nel decreto la presenza di uno specifico divieto, in quando quelli previsti dalla legge riguarderebbero esclusivamente le dichiarazioni delle parti. Si afferma

espressamente che “l’attività del consulente in mediazione, all’esito degli accertamenti che compie (che non potranno consistere nel raccogliere e riportare dichiarazioni delle parti o informazioni provenienti dalle stesse, perché questo non è un suo compito e non rientra fra le attività

che deve espletare, come del resto è previsto espressamente nell’ambito

della causa dove la possibilità di acquistare informazioni dalle parti da parte del C.T.U. è subordinata ad espressa autorizzazione del giudice, ex art. 194 c.p.c.), si estrinseca (ed esaurisce) nella motivata esposizione dei risultati dei suoi accertamenti tecnico-specialistici”. Sulla base di

queste considerazioni il Tribunale conclude per la generale utilizzabilità

di tali dichiarazioni “secondo scienza e coscienza con prudenza, secondo le circostanze e le prospettazioni, istanze e rilievi delle parti”, sia per

fondare le sentenza, che per costruire la base conoscitiva e motivazionale

della proposta del giudice ai sensi dell’art. 185 bis c.p.c.. Nell’ordinanza

si conclude, con riferimento allo specifico caso in esame del giudice, di

non poter trarre elementi di utilità dalla relazione dell’esperto prodotta in

giudizio, neppure in relazione alle parti tra cui si è svolto il procedimento

di mediazione, ritenendo che “invece di rispondere solo come dovuto ed in modo diretto, ai tre appropriati quesiti formulati dalle parti e dal

mediatore a verbale del 21/2/2012, l’esperto incaricato si perdeva con

irrilevanti e inammissibili divagazioni”, e si dispone una nuova consulenza tecnica d’ufficio.

CAPITOLO III

LA DISCIPLINA DEI REGOLAMENTI DI PROCEDURA DI

ALCUNI ORGANISMI DI MEDIAZIONE

SOMMARIO: 1. Le caratteristiche dei mediatori: i casi d’incompatibilità, i criteri di designazione e di sostituzione. – 2. L’introduzione della mediazione: le regole per

l’avvio del procedimento. – 3. La partecipazione delle parti al procedimento; la disciplina dell’assistenza tecnica. – 4. La disciplina della consulenza tecnica. – 5. La

riservatezza del procedimento.

1. Le caratteristiche dei mediatori: i casi d’incompatibilità, i criteri di designazione e di sostituzione.

A differenza di quanto stabilito nella normativa adottata dal legislatore, che, letteralmente, prevede come unica caratteristica applicabile al

mediatore quella dell’imparzialità, i regolamenti di procedura degli

organismi di mediazione hanno chiarito come in questa figura centrale del procedimento, debbano essere riscontati anche gli elementi

d’indipendenza e di neutralità300, nell’attività di assistenza per la composizione delle controversie civili e commerciali, vertenti su diritti disponibili, tra due o più soggetti, comprese le liti tra imprese e tra imprese e consumatori301. Si dichiara302 come il mediatore sia chiamato a svolgere la propria attività improntando il proprio comportamento a probità e correttezza, in modo che il procedimento sia condotto con imparzialità e indipendenza, e debba avere un comportamento tale da preservare la fiducia che le parti hanno riposta in lui, rimanendo immune

300Il titolo III del regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Lucca, al punto h),

stabilisce che al momento dell’accettazione dell’incarico, il mediatore deve sottoscrivere un’apposita dichiarazione che segue la seguente formula: “In relazione all’affare assegnatomi

con atto del responsabile dell’organismo del (va indicato l’organismo e la data di assegnazione

dell’affare) dichiaro che non sussistono circostanze o fatti inficianti l’indipendenza, la

neutralità e l’imparzialità dovute per lo svolgimento dell’incarico. Dichiaro, altresì, di non

avere avuto con le parti del procedimento di mediazione alcun rapporto di parentela o affinità o rapporto pregresso di affari o controinteresse né di aver prestato opera di consulenza prima

dell’incontro designato. Parimenti mi obbligo a comunicare a codesto organismo qualsiasi

circostanza intervenuta successivamente che possa avere il minimo effetto o impedisca di svolgere adeguatamente le mie funzioni”. Il regolamento è consultabile al sito

www.ordineavvocati.lu.it.

301Regolamento del Servizio di conciliazione della CCIA Firenze.

da influenze e condizionamenti esterni di qualunque tipo. Per la tutela di queste garanzie, si fa divieto al mediatore di assumere diritti ed obblighi connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, ad

eccezione di quelli strettamente connessi alla prestazione dell’opera o del

servizio303, di contattare personalmente le parti e i loro procuratori, per qualunque motivo, di percepire, direttamente dalle parti stesse, somme di

denaro o altro corrispettivo, anche in nome e per conto dell’organismo304. Gli stessi regolamenti si occupano anche di stabilire una dettagliata

elencazione delle cause d’incompatibilità che impediscono al mediatore

di poter accettare la nomina: se il mediatore ha in corso rapporti o relazioni di tipo professionale, commerciale, economico, familiare o

personale con una delle parti; se non è in regola con l’aggiornamento

professionale obbligatorio previsto per legge e/o con gli ulteriori requisiti di aggiornamento o formazione che eventualmente siano stati stabiliti

dall’organismo; se è stato momentaneamente sospeso dalle liste dei mediatori dell’organismo; se, trattandosi di avvocato mediatore, una

delle parti del procedimento è assistita da un professionista suo socio o associato, ovvero che esercita negli stessi locali305. Il regolamento dell’Organismo di mediazione forense di Lucca, (titolo III, lettera d.), specifica che avere rapporti con una delle parti significa intrattenere con questa un incarico di natura professionale, esserne socio o coniuge, parente o affine entro il terzo grado, esserne cliente o dipendente,

debitore o creditore. Se l’incarico professionale fosse precedente al

procedimento, deve essere cessato da almeno tre anni e non devono esistere ragioni di credito o debito. Nel Codice Etico (art. 7), allegato al

regolamento, trattandosi di un organismo costituito dall’ordine forense, si

specifica che fanno parte integrante e sostanziale del codice stesso le

303Così si esprime il Codice Etico allegato al regolamento dell’Organismo di mediazione

forense di Milano.

304Art. 6, comma 5 del regolamento dell’organismo Concilialex.

disposizioni previste dal Codice deontologico forense, attualmente in

vigore, in tema di mediazione. In particolare si fa riferimento all’art. 62 il quale prevede, al comma 3, che “Non deve assumere la funzione di mediatore l’avvocato: che abbia in corso o abbia avuto negli ultimi due

anni rapporti professionali con una delle parti; se una delle parti sia assistita o sia stata assistita negli ultimi due anni da un professionista di lui socio o con lui associato ovvero che esercita negli stessi locali. In ogni caso, costituisce condizione ostativa all’assunzione dell’incarico di mediatore la ricorrenza di una delle ipotesi di ricusazione degli arbitri

previste dal codice di rito”. Nel comma 4 si sancisce invece che “L’avvocato che ha svolto l’incarico di mediatore non deve intrattenere

rapporti professionali con una delle parti: se non siano decorsi almeno

due anni dalla definizione del procedimento; se l’oggetto dell’attività non sia diverso da quello del procedimento stesso”. Uno degli aspetti più significativi dettati dall’autonomia regolamentare, è rappresentato dalle

scelte operate in materia di nomina del mediatore fermo che il legislatore

si limita a stabilire, all’art. 3 comma 2 del d.lgs. 28/2010, che il regolamento debba prevedere “modalità di nomina del mediatore che ne assicurino l’imparzialità e l’idoneità al corretto e sollecito espletamento

dell’incarico”. I vari regolamenti analizzati sanciscono metodi differenti per la designazione del mediatore per la singola controversia, anche se i criteri prevalenti sono quello di turnazione unito a quello di specializzazione sulla materia del contendere. Nel regolamento

dell’Organismo Prontiaconciliare s.r.l.306 si prevede che la nomina del mediatore avvenga in ragione di quello considerato più idoneo tra coloro che sono iscritti nella propria lista. Per rispettare i criteri imposti dal

legislatore, il responsabile dell’organismo raggruppa per categorie di massima i vari mediatori iscritti nell’elenco, avuto riguardo della

specifica competenza professionale di ciascuno (giuridico, giuridico-

economica, tecnico-scientifica, umanistica, medica, ecc.) e, all’interno di ognuna di esse, al grado di competenza in materia di mediazione di ciascun mediatore (valutando per esempio il periodo di svolgimento

dell’attività di mediazione, il grado di specializzazione, i contributi

scientifici redatti, il numero di mediazioni svolte, e quelle svolte con successo). Il responsabile deve prima di tutto individuare la natura della

controversia, e poi identificherà l’area di competenza professionale che

appare maggiormente idonea alla sua risoluzione. Se la lite rientra in un ambito ritenuto di normale gestione, si seguirà un semplice criterio di turnazione tra i mediatori inseriti in ogni singola categoria. Se, invece, il responsabile ritiene che la controversia abbia dei profili di alta difficoltà, procederà con la nomina di mediatori di pari rango di competenza; tra questi la selezione avverrà comunque seguendo il criterio di turnazione.

L’organismo dà alle parti la possibilità di scegliere il mediatore tra una lista di soggetti ritenuti idonei, tenendo in considerazione l’eventuale

preferenza espressa da queste, la specifica competenza tecnica o linguistica e la disponibilità del mediatore stesso. Se però le parti non comunicano concordemente un nominativo entro cinque giorni,

l’organismo provvederà a nominare il mediatore tra quelli indicati307. L’Organismo di mediazione forense di Roma, istituito dal consiglio

dell’ordine degli avvocati, ha adottato il proprio regolamento308, entrato in vigore in data 9 gennaio 2014, nel quale si sono previsti specifici criteri di designazione del mediatore (art. 6, comma 4). Il metodo utilizzato è quello della rotazione alfabetica, avuto riguardo comunque per le specializzazioni, le attività professionali prevalenti e il contenuto delle comunicazioni che periodicamente vengono inoltrate e sono

relative anche alla disponibilità o meno a prestare l’opera su specifiche

materie. Lo stesso criterio di turnazione c.d. qualificata è stabilito anche

307 L’intera disciplina è accolta anche dal regolamento dell’Organismo di Concililex (art. 5,

commi 6.2 e 6.3).

dal regolamento adottato dall’Organismo di conciliazione dell’ordine degli avvocati di Milano, (art. 4)309, dove si prevede comunque la

necessità di tenere di conto dell’oggetto, del valore della controversia e

della specifica competenza professionale di ciascun mediatore, a seconda di come è stata specificata dagli stessi nella domanda di iscrizione310. Dettagliate indicazioni sono previste anche nel regolamento

dell’Organismo di mediazione forense di Lucca, in cui, oltre a ribadire l’applicabilità di un criterio di rotazione contemperato da un criterio di specializzazione, si afferma che, nell’affidamento degli incarichi, sarà

data precedenza agli avvocati e ai praticanti che abbiano conseguito

l’abilitazione all’esercizio della professione di mediatore nei corsi di

formazione organizzati dalla Scuola Forense del COA ove ha sede

l’organismo, ovvero nei corsi organizzati dallo stesso COA, e solo in

caso di carenza di disponibilità o per altre esigenze, come il numero delle

controversie da trattare, il responsabile dell’organismo potrà attribuire

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